Tra buona fede e affidamento nell’operato del professionista si apre uno spiraglio di luce per il contribuente

Non può ritenersi sussistente l’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 10 quater D.lgs. 74/2000 dolo generico nel mero accertamento della condotta del contribuente che si limiti alla mancata vigilanza sull’operato del commercialista che sarebbe incorso in un errore contabile e non presti attenzione all’anomalo accrescimento del volume di affari, che lo avrebbe dovuto indurre a ritenere che tale evento era imputabile solo a quella erronea compensazione.

Questo l’importante principio di diritto affermato nella pronuncia della III Sezione della Cassazione n. 48211/2015, depositata il 4 dicembre scorso. Il caso. Con la sentenza in commento la Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto da un contribuente avverso la sentenza di condanna a tre mesi di reclusione per il delitto di utilizzazione in compensazione di crediti non spettanti, oltre la soglia di 50.000,00 € di penale rilevanza art. 10 quater del d.lgs. n. 74/2000 . Nei propri motivi di ricorso in Cassazione, la difesa lamenta, tra le altre doglianze, l’errata interpretazione della legge penale in quanto per la commissione del reato contestato pacificamente occorre il dolo generico, che non può certo ravvisarsi nella circostanza di fatto del mero utilizzo in compensazione di un credito esistente, anche se oltre la soglia prevista. Secondo il ricorrente tale violazione, infatti, poteva ricondursi eventualmente a un mero illecito amministrativo, sanzionato, dunque, solo in via tributaria Una norma in recente evoluzione. Come noto, significativo è stato l’intervento della recente riforma dei reati tributari sulla fattispecie di indebita compensazione prevista dall’art. 10 quater . Il legislatore ha, infatti, lasciato ferma la soglia di punibilità pari ad euro 50.000,00, ma è intervenuto sulla struttura della fattispecie operando una opportuna distinzione fra l’ipotesi in cui sia portato in compensazione un credito inesistente e l’ipotesi in cui detto credito sia meramente non spettante . La norma è ora articolata in due distinti commi che prevedono differenti fattispecie criminose. Nel primo comma si punisce l’indebito utilizzo in compensazione di crediti non spettanti”, per cui resta ferma la previgente sanzione da sei mesi a due anni di reclusione. Nel seconda comma, riservato alla indebita compensazione di crediti inesistenti”, il trattamento sanzionatorio è stato elevato da un minimo di un anno e sei mesi ad un massimo di sei anni. Si è pertanto assistito ad un significativo inasprimento del trattamento sanzionatorio per il credito inesistente , aggravamento che non opererà retroattivamente, ma consentirà per il futuro, da un lato, il ricorso sotto il profilo processuale alle intercettazioni telefoniche ed impedirà, dall’altro, sotto il profilo sostanziale, la non punibilità per tenuità del fatto e occasionalità della condotta. Crediti inesistenti” e crediti non spettanti”. Sarebbe sufficiente quanto appena menzionato per rendere conto della attuale consistenza e rilevanza della distinzione, solo apparentemente agevole, tra il concetto di credito non esistente e il concetto di credito non spettante. Tale distinzione si manifesta in tutta la sua rilevanza laddove si consideri che il novellato art. 13 d.lgs. n. 74/2000 prevede la non punibilità in luogo della previgente mera diminuzione di pena , per i soli delitti di cui agli artt. 10 bis , 10 ter e 10 quater , comma 1, nel caso di integrale pagamento del debito tributario – comprensivo di interessi e sanzioni – prima dell’apertura del dibattimento. Ciò vale, per esplicito dettato, anche se il pagamento avviene a seguito di speciali procedure conciliative, di adesione o di ravvedimento operoso. Il contribuente attraverso il pagamento di quanto dovuto può dunque elidere la penale rilevanza della propria condotta di compensazione di crediti non spettanti oltre la soglia di € 50.000,00. Qualora invece si tratti di crediti inesistenti potrà al più invocarsi il dettato dell’art. 13 bis del d.lgs. 74/2000, a mente del quale comma 1 è prevista la diminuzione della pena sino alla metà e la non applicabilità delle sanzioni accessorie nel caso di integrale pagamento del debito tributario, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento. La questione è di non poco conto. Nel caso di integrale pagamento del debito tributario, se si tratta di credito non spettante, si avrà l’estinzione del reato, per contro, nel caso di credito inesistente la mera riduzione della pena sino alla metà. Una distinzione non agevole. Come ha puntualmente evidenziato l’Ufficio del Massimario della Cassazione nella Rel. n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015 sulla riforma dei reati tributari, è pronosticabile una non sempre agevole distinzione fra crediti non spettanti” e crediti inesistenti” . Sul punto, allora, preziosa la stessa indicazione fornita dal Massimario secondo cui, salvo errori, nel novero dei crediti inesistenti dovrebbero potersi includere, oltre ai crediti che risultano inesistenti sin dall’origine perché il credito utilizzato non esiste materialmente o perché, pur esistente, è già stato utilizzato una volta , anche quei crediti che non sono esistenti dal punto di vista soggettivo cioè dei quali è riconosciuta la spettanza ad un soggetto diverso da quello che li utilizza in indebita compensazione ovvero quelli sottoposti a condizione sospensiva. Per contro, nella categoria dei crediti non spettanti dovrebbero invece ricomprendersi, ad esempio, quei crediti utilizzati oltre il limite normativo, ovvero utilizzati in compensazione in violazione del divieto di compensazione per ruoli non pagati. Ma rilevante anche sotto il profilo del dolo. Nel caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, con conseguente annullamento della sentenza con rinvio, proprio evidenziando la intervenuta distinzione a livello normativo tra crediti inesistenti, ossia quelli fraudolentemente utilizzati in compensazione, e quelli non spettanti, tra i quali vanno inclusi i crediti esistenti, ma inesigibili. La differenziazione, come noto, rileva anche sotto il profilo tributario, dove il legislatore ha operato una diversificazione del trattamento sanzionatorio, punendo fino al 200 per cento l’utilizzo di crediti inesistenti d.lgs. n. 185/08 , mentre per la compensazione di crediti non spettanti è prevista una sanzione del 30 per cento. Sottolinea la Corte, caricando di ulteriore valenza la appena menzionata distinzione, che i giudici di merito, trattandosi di mero credito non spettante, avrebbero dovuto, quindi, valutare se, dinanzi al comportamento dell’imputato, poteva ravvisarsi ugualmente il dolo necessario per la commissione del delitto, non potendo lo stesso esaurirsi nella mancata vigilanza del contribuente sull’operato del commercialista che sarebbe incorso in un errore contabile . Per effetto di detta pronuncia si apre, dunque, un ulteriore logico potenziale profilo di discrimine l’inesistenza del credito, laddove dimostrata, è di regola collegata ad una creazione fraudolenta del medesimo e quindi lascia minor spazio al difetto dell’elemento soggettivo, mentre, per contro, la compensazione con un credito esistente, ma non spettante, lascia maggior spazio alla possibile buona fede del contribuente ovvero ad una mera condotta colposa del medesimo i.e. difetto di vigilanza sull’operato del commercialista , comunque non sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo richiesto dolo generico dall’art. 10 quater .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 gennaio – 4 dicembre 2015, n. 48211 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 30 settembre 2013 il Tribunale di Genova in composizione monocratica dichiarava S.P. , imputato del reato di cui all'art. 10 quater del D.Lgs. 74/00 reati accertati, quanto al capo A il omissis e quanto al capo B il omissis colpevole dei detti reati condannandolo, previa concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 13 del D.Lgs. 74/00 e ritenuta la continuazione, alla pena, condizionalmente sospesa e con il beneficio della non menzione, di mesi tre di reclusione. 1.2 Per l'annullamento della sentenza ricorre l'imputato a mezzo del proprio difensore, deducendo, con unico articolato motivo, l'inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale art. 10 quater del D.Lgs. 74/00 per avere il Tribunale affermato la responsabilità del S. per una condotta utilizzazione in compensazione di crediti in eccedenza rispetto ai limiti consentiti seguita dall'omesso versamento dell'imposta non inquadrabile nel paradigma normativo di cui all'art. 10 quater del D. Lgs. 74/00, ma, piuttosto, in quello previsto dall'art. 13 comma 1 del D. Lgs. 472/97. In particolare, la difesa lamenta che l'equiparazione operata dal Tribunale tra chi si procura liquidità omettendo di versare ritenute certificate e chi se la procura sfruttando il meccanismo della compensazione oltre i limiti di legge, è errata in diritto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. In punto di fatto va ricordato che al S. sono stati contestati due distinti reati di cui all'art. 10 quater del D. Lgs. 74/00 per avere lo stesso, nella sua qualità di legale rappresentante della Gitiesse Girotecnica s.r.l., omesso di versare le ritenute IRPEF e i contributi previdenziali per un ammontare superiore ad Euro 50.000,00 per gli anni di imposta 2007 e 2008, utilizzando in compensazione crediti IVA non spettanti in quanto eccedenti la misura massima consentita dall'art. 34 comma 1 della L. 388/00. 2. Il Tribunale, muovendo dal testo dell'art. 10 quater del D.Lvo 74/00 il quale sanziona, con la pena di cui all'art. 10 bis stesso D. Lgs., anche chiunque non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'art. 17 del D. L.vo 9 luglio 1997 n. 241, crediti non spettanti o inesistenti, premessa la distinzione tra il concetto di crediti inesistenti intendendo per tali quelli fraudolentemente portati in compensazione dal contribuente, pur non essendo fondati su pretese esistenti - fenomeno della c.d. frode in compensazione , e la nozione di crediti non spettanti , tra i quali andrebbero ricompresi anche quelli, pur esistenti, ma inesigibili, ha ritenuto che anche i crediti posti in compensazione oltre i limiti previsti oggi dall'art. 34 comma 1 della L. 388/00 rientrano nella categoria dei crediti non spettanti. 2.1 È stata, quindi, disattesa la tesi difensiva secondo la quale la norma penale in questione - laddove di parla di crediti non spettanti - andrebbe interpretata in senso restrittivo pena la violazione dell'art. 25 Cost., nel senso che andrebbero considerati come non spettanti solo i crediti che esulano dal rapporto tributario fra contribuente ed Amministrazione finanziaria. 2.2 Il ragionamento del giudice genovese si fonda oltre che sul tenore letterale della norma, anche su un argomento di ordine logico-sistematico costituito dall'art. 27 comma 18 della legge 28.1.2009 n. 2, che ha mantenuto la sanzione, sul piano tributario, per i mancati versamenti tanto quando derivino da compensazioni indebite perché fondate su crediti inesistenti frode in compensazione , quanto nella ipotesi che derivino da compensazioni che pur fondate su crediti esistenti, sia avvenute oltre misura eccesso di compensazione così da definirsi pur esse indebite. 2.3 Da tale norma appare chiaro l'intento del legislatore tributario di continuare a ritenere illecita, sotto l'aspetto tributario, la condotta salvo un diverso trattamento sanzionatorio, meno grave nel caso delle compensazioni in eccesso di qualunque abuso nella compensazione, ivi compresa la c.d. compensazione oltre i limiti consentiti . 2.4 Ciò costituisce una implicita riprova del mantenimento della sanzione penale anche per le ipotesi come quella oggi in esame, ancorché la formula legislativa adoperata, per la sua genericità, possa dar luogo a qualche perplessità interpretativa. 3. La questione di diritto sottoposta oggi all'esame di questa Corte Suprema questione già prospettata al Giudice di appello che l'ha risolta in senso negativo rispetto alla linea difensiva consiste nel verificare se nella nozione - volutamente ampia - usata dal legislatore nell'art. 10 quater del D. Lgs. citato di crediti non spettanti rientrino quelli che vengono portati in compensazione dal contribuente quando essi superino i limiti imposti dall'art. 34 comma 1 della L. 388/00. 3.1 L'art. 10 quater del D. Lgs. 74/00 prevede, come è noto, la reclusione da sei mesi a due anni nei confronti di chiunque utilizzi in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del D. Lgs. n. 241/97, crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore, per ciascun periodo d'imposta, ad Euro 50.000,00, il richiamo all'art. 17 del D. Lgs. 471/97 fa sì che la indebita compensazione di cui all'art. 10 quater valga tanto per la compensazione c.d. verticale quella, cioè, riguardante crediti e debiti afferenti la medesima imposta , quanto per la compensazione c.d. orizzontale riguardante crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto il legislatore tributario dell'epoca aveva ampliato la gamma delle ipotesi di compensazione già previste dalle norme tributarie, estendendo tale facoltà anche a crediti e debiti di natura diversa nonché alle somme dovute agli enti previdenziali. 3.2 Ciò detto, occorre anche ricordare che il panorama normativo di riferimento è completato dall'art. 13 comma 1 del D. Lgs. 472/97 il c.d. ravvedimento operoso come modificato successivamente dall'art. 1 della L. 220/10, a tenore del quale la sanzione è ridotta, in caso di versamento di quanto dovuto nei termini previsti da tale norma, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza in misura variabile secondo i tempi di versamento. 3.3 Detta disposizione, a sua volta, è stata modificata dall'art. 1 comma 637 della L. 190/14 legge di stabilità 2015 con la quale è stata attuata una revisione sostanziale della disciplina del ravvedimento operoso in particolare, con decorrenza 1 gennaio 2015 risultano ampliati i vincoli temporali entro cui è possibile avvalersi dell'istituto, prevedendosi come unica causa ostativa all'utilizzo dello stesso solo l'avvenuta notifica dell'atto di constatazione dell'irregolarità tributaria e di irrogazione delle sanzioni. 3.4 Tuttavia l'istituto del ravvedimento operoso non ha una specifica refluenza sulla fattispecie penale per la quale opera, invece, l'art. 13 del D. Lgs. 74/00, in concreto applicata dal Tribunale ai fini sanzionatori. 3.5 Proseguendo nella ricognizione delle norme che interessano la fattispecie in esame, va fatto un cenno anche all'art. 27 comma 18 del D. L. 185/08 come modificato dalla legge di conversione n. 2 del 28 gennaio 2009, a tenore del quale viene punita con la sanzione amministrativa tributaria in misura variabile la condotta di chi opera indebite compensazioni, ferma restando la pari rilevanza ai fini penali delle compensazioni così dette orizzontali e verticali . 3.6 Dal complesso delle norme così indicate possono sin d'ora trarsi alcune conclusioni confortate dalla giurisprudenza formatasi sulla materia. 4. È stata, anzitutto, esclusa l'applicabilità del principio di specialità art. 19, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 tra il reato di indebita compensazione, previsto dall'art. 10-quater del D.Lgs. suddetto e l'illecito amministrativo introdotto dall'art. 27, comma 18, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2 , il quale punisce in via amministrativa l'indebita utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute, essendo del tutto diverse le condotte. Il quid pluris che caratterizza la norma penale è costituito, infatti, dalla condotta, diversa ed ulteriore, consistente nell'omesso versamento dell'imposta dovuta Sez. 3^ 11.11.2010 n. 42462, Ragosta e altri, Rv. 248753 . 4.1 La stessa decisione contiene anche un riferimento al concetto di compensazione in senso orizzontale e verticale la cui rilevanza penale è assolutamente uguale per entrambe le evenienze. 4.2 Non si rinvengono precedenti significativi sul tema delle compensazioni per crediti non spettanti laddove riferiti a crediti esistenti sul piano oggettivo ma in misura superiore ai limiti massimi previsti dall'art. 17 del D. Lgs. 471/97 come successivamente modificato dall'art. 34 comma 1 della L. 388/00. 4.3 L'istituto della compensazione tributaria, come ricordato dal Tribunale e come sottolineato dalla stessa difesa del ricorrente, è stato introdotto dall'art. 17 del D. Lgs. 9.7.1997 n. 241 che, allo scopo di semplificare l'attività della riscossione, ha ampliato il concetto di compensazione di stampo civilistico, introducendo una nuova tipologia di compensazione in ambito tributario non solo per crediti e debiti di natura tributaria omogenie, ma anche per crediti e debiti della medesima natura eterogenei. 4.4 Il rischio paventato dal Tribunale di evasione facilitata quale degenerazione del sistema introdotto dal legislatore tributario, fa sì che accanto ad una categoria di crediti di pronta definizione i crediti inesistenti si ponga una categoria ancora più ampia formata dai crediti non spettanti intesi in senso lato, tra i quali rientrerebbero, oltre quelli in senso soggettivo come dianzi accennato anche quelli in senso oggettivo come, per esempio crediti che, seppure formatisi in riferimento ad un determinato anno di imposta, possono essere tributariamente utilizzati solo nell'anno successivo . A quest'ultima categoria dovrebbero essere equiparati - secondo l'argomentazione prospettata dal Tribunale - anche quelli derivanti da una compensazione oltre i limiti fissati, oggi, dall'art. 34 comma 1 della L. 388/00 il quale prevede che, con decorrenza dal 1 gennaio 2001, il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 241/97 ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare corrispondenti ad Euro 516.456,90 , elevato ad Euro 1.000.000,00 per i subappaltatori che nell'anno precedente abbiano effettuato operazioni di reverse charge di cui all'art. 17 comma 6 lett. a del D.P.R. 633/72 per almeno l'80% del volume di affari. 4.5 Tale parificazione fa sì che la condotta di colui che si procura la liquidità non versando l'imposta dovuta sarebbe esattamente analoga a quella di chi se la procura utilizzando una indebita compensazione eccedente quei limiti previsti dal menzionato art. 34 della L. 388/00. 4.6 A tale conclusione il Tribunale perviene accomunando nel concetto di indebito tutto ciò che non è dovuto e dunque, anche crediti che, sia pure esistenti in quanto eccedenti un determinato limite, non spettano ai fini della compensazione. 4.7 In effetti l'espressione compensazione in eccedenza cui fa riferimento l'art. 34 comma 1 della L. 388/00 sembra essere concettualmente diversa dall'espressione credito non spettante , in quanto la non spettanza penalmente rilevante a stretto rigore parrebbe riferirsi al credito in quanto tale e non alla compensazione che, rispetto al primo che costituisce solo un dato oggettivo , rappresenta una operazione tributaria riferita pur sempre a crediti esistenti e spettanti, seppure non in vista di una compensazione. 4.8 Ritiene il Collegio che l'interpretazione di tale concetto risultante dal testo della sentenza impugnata, sia corretta sotto il profilo astratto, anzitutto perché il concetto di non spettanza include dal punto di vista logico, tutto ciò che non spetta, ovviamente dal punto di vista tributario ancora, per la intenzione del legislatore di mantenere ferma la sanzionabilità dal punto di vista tributario di tutte le condotte di compensazione indebita, comprese quindi quelle eccedenti i limiti consentiti, anche se devesi dar atto che nemmeno l'art. 27 comma 18 della L. 2/09 espressamente contiene riferimenti alla ipotesi in discorso. In effetti il legislatore tributario nel mantenere tale distinzione, ha comunque operato una diversificazione del trattamento sanzionatorio tributario tra le condotte fraudolente propriamente dette crediti inesistenti e quelle non fraudolente, punite meno gravemente ma è rimasto fermo il concetto che la non spettanza debba essere riferita non solo ai crediti che esulano dal rapporto tributario fra contribuente ed Amministrazione finanziaria ma anche a quelli che abbiano una attinenza con il rapporto tributario tra i detti soggetti. 4.9 Bisogna tuttavia dar atto che la giurisprudenza tributaria formatasi con riferimento alla fattispecie delle compensazioni in eccedenza non è uniformemente orientata nel senso della sanzionabilità di tale condotta così, ad esempio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio Sez. 20^, con decisione n. 183 pubblicata il 24 novembre 2009 ha escluso che l'ipotesi dell'omesso versamento conseguente a compensazioni in eccesso sia tributariamente sanzionabile in senso conforme la Commissione Tributaria Provinciale di Modena Sez. 3^ con decisione n. 49 del 4 giugno 2008, ritenendo che la compensazione dell'IVA oltre il limite massimo previsto non è autonomamente ed espressamente sanzionata dall'ordinamento. 4.10 Il riferimento alla normativa tributaria di settore non appare superfluo in questa sede se si pone mente all'intenzione del legislatore penale tributario di modificare la disciplina sanzionatoria attuale prevedendo una serie di agevolazioni per quelle condotte riferibili alle compensazioni per crediti non spettanti, escluse, invece, per quelle riferibili ai crediti inesistenti. 4.11 In questo direttrice si collocava già l'art. 13 dello schema di decreto legislativo sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente predisposto dal Governo e licenziato nel dicembre 2014, secondo il quale era prevista una modifica del corrispondente art. 13 del D.Lgs. 74/00, consistente nella diminuzione sino alla metà della pena prevista - per quanto qui rileva - dall'art. 10 quater del D.Lgs. 74/00 nel caso di estinzione prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado del debito tributario nella sua totalità mediante versamento di quanto dovuto. 4.12 Va dato atto poi del fatto che nelle more del deposito della presente sentenza è stato predisposto altro decreto legislativo delegato in sostituzione di quello precedentemente menzionato, approvato dal Governo il 25 giugno 2015 e poi definitivamente trasfuso nel D.Lgs. 158/15 del 24 settembre 2015, nel quale, a conferma del mutato orientamento del legislatore, è stato ridisegnato l'assetto sanzionatorio relativo alla figura delittuosa di cui all'art. 10 quater del D.Lgs. 74/00. Viene ora diversamente sanzionata, come espressamente contemplato dall'art. 9 del detto D.Lgs., la fattispecie della compensazione indebita per crediti non spettanti rispetto a quella per crediti inesistenti, nel senso che, nel primo caso è prevista una pena compresa tra i sei mesi e i due anni di reclusione, mentre nel secondo caso la sanzione è compresa tra un minimo un anno e sei mesi di reclusione ed un massimo di anni sei anni - art. 9 dello schema di decreto legislativo . A rafforzare il concetto del mutato indirizzo legislativo va anche ricordato che l'art. 11 del predetto D.Lgs. con il quale è stato rivisitato l'originario testo dell'art. 13 del D.Lgs. 74/00, prevede al primo comma del novellato art. 13 una espressa causa di non punibilità, per quanto qui rileva, per il reato di cui all'art. 10 quater del D.Lgs. 74/00 prima escluso nel testo del precedente schema di decreto legislativo nel caso di integrale versamento del debito tributario prima dell'apertura del dibattimento di primo grado. 5. Ma al di là di tali notazioni, comunque sintomatiche dell'intento, oggi attuato, del legislatore di mettere ordine in una materia che prestava il fianco a più di una perplessità, resta il fatto che anche sul fronte dell'elemento soggettivo del reato la sentenza impugnata si espone a censure puntualmente dedotte dalla difesa e non adeguatamente valutate dal Tribunale. 5.1 Il giudice di merito, infatti, in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, che richiede il dolo generico, ha circoscritto la propria indagine alla mancata vigilanza da parte dell'imputato dell'operato del commercialista che a suo dire sarebbe incorso in un errore contabile ed alla insufficiente attenzione prestata, sempre dall'imputato, all'anomalo accrescimento del volume di affari che avrebbe dovuto indurre l'imputato a ritenere che tale evento era imputabile soltanto a quella erronea compensazione. 5.2 Ritiene il Collegio che la prospettazione della buona fede da parte della difesa avrebbe invece dovuto indurre il Tribunale ad approfondire il tema tenendo conto non solo delle oggettive difficoltà di interpretazione della norma a causa della generica formula adoperata dal legislatore, ma anche degli orientamenti emersi sullo specifico tema nella giurisprudenza tributaria formatasi sulla materia. 5.3 Ma vi è di più da parte del Tribunale non è stata attentamente valutata - pur se accennata - la questione relativa al versamento spontaneo della imposta dovuta in conseguenza del superamento del plafond di Euro 516.456,90. Il Tribunale da atto dell'avvenuto spontaneo versamento ma nulla specifica in ordine ai tempi in cui questo versamento è stato effettuato e, in definitiva, in ordine a quei limiti preclusivi previsti dall'art. 13 del menzionato D. Lgs. 471/97 tema, questo, che riporta alle considerazioni dianzi svolte in ordine alle recenti iniziative legislative intraprese per un riordino della materia delle compensazioni indebite dal punto di vista penale. 6. In questo senso appare pertinente, diversamente da come opinato dal Tribunale, il richiamo alla decisione di questa Suprema Corte che si è soffermata su un particolare aspetto dell'art. 13 del citato D.Lgs. 417/97. 6.1 Con tale decisione questa Sezione ha inteso precisare che - esclusa la possibilità di configurare nel caso di compensazioni indebite per crediti inesistenti l'ipotesi originariamente delineata della truffa ex art. 640 cod. pen. e ritenuta, invece, astrattamente configurabile la fattispecie delittuosa di cui all'art. 10 quater del D. Lgs. 74/00 - emergeva pacificamente la circostanza che non si trattava di crediti inesistenti, ma semplicemente di crediti non ancora validamente utilizzabili in compensazione e che l'imputato aveva provveduto a versare tempestivamente, vale a dire prima della scadenza del termine previsto per il versamento dell'IVA, le somme dovute che erano state inserite in un mod. F24 contenente, però, dati errati che avevano determinato la perseguibilità penale. Sulla base di tali argomentazioni la Corte Suprema ha ritenuto non configurato il reato per essere la condotta non riconducibile all'ipotesi delittuosa residua cioè quella di cui all'art. 10 quater del D. Lgs. 74/00 Sez. 3^ 12.9.2013 n. 37350, Scirocco n.m. . 6.2 Sulla base di tali considerazioni e tenuto conto che si versa in una ipotesi di ricorso per saltum si impone l'annullamento della sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Genova, che in tale sede dovrà più approfonditamente valutare la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato a carico dell'imputato, alla luce delle principi di diritto enunciati da questa Corte Suprema. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Genova.