La Cassazione fa un breve ripasso del riciclaggio

Le operazioni finalizzate ad impedire in modo definitivo oppure a rendere difficoltoso l’accertamento in merito alla provenienza di denaro, beni oppure altre utilità, integrano l’illecito di riciclaggio. Il reato si configura anche nelle ipotesi di versamenti di denaro, di provenienza illecita, a favore di società controllate dall’imputato, attraverso l’utilizzo di conti di sponda”.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 48288/15, depositata il 7 dicembre. Il caso. La Corte d’Appello di Roma condannava un imputato per il reato di cui all’art. 648 bis c.p. riciclaggio , confermando la statuizione del giudice di prime cure. La Corte territoriale disponeva la confisca dei beni in sequestro, ai sensi dell’art. 12 sexies della l. n. 356/1992. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando vizio di motivazione del provvedimento impugnato in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 648 bis c.p. Il reato c’è conti di sponda” per il versamento di denaro di illecita provenienza. La Suprema Corte ha ribadito il proprio costante orientamento per cui le operazioni finalizzate ad impedire in modo definitivo oppure a rendere difficoltoso l’accertamento in merito alla provenienza di denaro, beni oppure altre utilità, integrano l’illecito di riciclaggio. Quanto sopra, hanno chiarito gli Ermellini, trova affermazione anche nel caso di versamenti di denaro di provenienza illecita a favore di società controllate dall’imputato, attraverso l’utilizzo temporaneo di c.d. conti di sponda”, nei quali le somme confluiscano senza lasciare traccia delle operazioni effettuate, in assenza di riferimenti circa la provenienza o la destinazione del denaro. La Corte di legittimità ha, peraltro, precisato come nel caso di applicazione dell’art. 12 sexies, l. n. 356/1992, non si configura un’ablazione di denaro riconducibile ad una confisca per equivalente. La Suprema Corte ha evidenziato che, in tema di confisca, nel caso di sproporzione tra guadagni e patrimonio, opera una presunzione di accumulazione illecita patrimoniale, che può ritenersi superata con l’allegazione, da parte dell’interessato, di specifica documentazione, atta a testimoniare la provenienza del bene sequestrato. Ha, infine, chiarito il Collegio che l’onere di allegazione consiste nel provare la provenienza lecita del bene e non soltanto la non provenienza dello stesso da reato. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 novembre – 7 dicembre 2015, n. 48288 Presidente Gallo – Relatore Aielli Ritenuto in fatto Con sentenza in data 21/3/2013, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Roma del 14.10.2010 che, in esito al giudizio abbreviato, aveva condannato I.G.F. , alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa per il reato di cui all'art. 648 bis cod. pen., con confisca dei beni in sequestro ex art. 12 sexies L. 356/1992. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, in punto di sussistenza della responsabilità dell'imputato in ordine al reato di riciclaggio a lui ascritto, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo e in punto di applicazione della misura di sicurezza della confisca ex art. 12 sexies L. n. 356/92. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato, per mezzo dei difensori di fiducia, sollevando i seguenti motivi di impugnazione 1 vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di riciclaggio per violazione dell'art. 648 bis c.p. artt. 606 lett. c ed e c.p.p. . La Corte territoriale, ad avviso del ricorrente, non avrebbe considerato che l'I. era effettivamente creditore del C. , per la pregressa vendita di un terreno e di un appartamento, e per tali motivi si rivolgeva a lui rivendicando, con modi veementi, il pagamento del quantum dovuto dunque, a dire della difesa, non vi sarebbe alcun passaggio di denaro proveniente da delitto evasione fiscale e truffa ed il prospettato riciclaggio, costituirebbe un'illazione della Guardia di Finanza, cu i il giudice di merito avrebbe acriticamente aderito inoltre a parere della difesa sarebbe illogico ritenere che il presunto riciclatore I. , in luogo di agevolare il riciclante C. che gli affidava il denaro per ripulirlo, lo aggredisse verbalmente, affinché glielo consegnasse ed anche l'importo della somma in concreto sequestrata alla frontiera svizzera, pari a ad Euro 200.000,00, sconfesserebbe l'esistenza del riciclaggio, ipotizzato per Euro 850.000,00. 2 vizio di motivazione art. 606 lett. c ed e c.p.p., in relazione all'art. 648 bis c.p. , in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato atteso che l'I. , con la condotta de quo, intendeva solo recuperare il suo credito, inconsapevole, peraltro, del reato presupposto posto in essere dal trio bellunese C. , G. , Ca. . 3 vizio di motivazione per violazione di legge, segnatamente art. 12 sexies L. 306/92 ed illogicità della motivazione art. 606 lett. c ed e c.p.p., in quanto ad avviso del ricorrente la Corte d'Appello non avrebbe dovuto applicare l'istituto della confisca per equivalente, introdotto con L. 231/2007, entrata in vigore successivamente ai fatti di cui al processo. Con i motivi nuovi il ricorrente ribadisce la provenienza lecita del denaro confiscato, costituente provento di una più che ventennale attività professionale svolta dall'imputato, all'estero, come dimostrato dalla copiosa documentazione prodotta in primo e secondo grado, non scrutinata dai giudici di merito, documentazione che secondo la difesa, sarebbe decisiva tanto che il Procuratore Pubblico del Canton Ticino il 6.5.2015, emetteva nei confronti di I.F. un decreto di abbandono, assimilabile ad una sentenza di assoluzione. L'imputato, infatti, nella prospettazione difensiva, disponeva di ingenti risorse economiche per lo svolgimento della propria attività professionale di architetto all'estero e proprio perché residente all'estero ed iscritto all'AIRE, non era tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, pertanto a nulla rileverebbe il dato della mancanza di reddito in Italia, ai fini della ritenuta sproporzione. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va rigettato. Esso riproduce pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte d'appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera né specificatamente censura. La vicenda processuale prende le mosse da un'indagine della Guardia di Finanza di Belluno relativa ad un'associazione a delinquere finalizzata ad emettere ed utilizzare fatture per operazioni insistenti da scontare in banca per ottenere anticipazioni sui rispettivi importi. La condotta dell'I. si colloca, nella ricostruzione operata dalla Corte territoriale, nella fase di ripulitura del denaro allorquando avviene il trasferimento del denaro, proveniente da evasione fiscale e truffe, sui conti correnti di società estere anonime, e nel successivo trasferimento, operato con il concorso di T.C. - che eseguiva materialmente le consegne del denaro contante - alle società aventi sede in Italia, facenti capo all'imputato. Quanto al profilo oggettivo del reato la Corte territoriale, per affermare l'infondatezza della tesi difensiva in punto di insussistenza degli estremi del reato di riciclaggio ha, con argomentazioni ineccepibili, sia logicamente che giuridicamente, valorizzato il contenuto delle intercettazioni telefoniche ed ha sottolineato che tali conversazioni non potevano riferirsi ad un presunto credito che l'I. vantava nei confronti del C. per la vendita di un immobile in Taormina, poiché smentito dall'interrogatorio di T.C.P. del 20.3.2008 che asseriva di non conoscere affatto la coppia C. G. ed ammetteva di avere costituito, su indicazione dell'I. una società anonima in sul cui conto corrente aveva ripetutamente versato, per conto dell'I. , cospicue somme di denaro per un totale di 850.000,00 Euro, nonché di averle successivamente ritrasferite, almeno in parte, sul conto corrente della omissis facente capo sempre ad I.F. , il tutto riscontrato dal sequestro della somma di Euro 200.000,00 in contanti, avvenuto il 16.5.2007, al valico di frontiera con la quando T.C.P. veniva bloccato, mentre stava procedendo al passaggio materiale del denaro dalla in . Ad ulteriore riprova della illiceità dell'operazione la Corte indica le dichiarazioni del C. e del G. i quali ammettevano che l'I. , nel corso del tempo aveva ricevuto da loro cospicue somme di denaro e pur non essendo chiara la ragione di questi prestiti, la Corte esclude decisamente che potesse trattarsi della tranche di pagamento dell'immobile di che I. avrebbe venduto al C. in quanto tale operazione contrasterebbe con l'elementare regola commerciale che impone che il trasferimento del bene avvenga dopo l'integrale pagamento del prezzo. In ogni caso la Corte di merito, avvalendosi di un dato oggettivo, inequivoco e non contestato, ovvero il ricevimento del denaro da parte dell'I. dal C. ed il suo versamento sul conto della società anonima svizzera Althea, avente autonoma personalità giuridica, conclude per la piena configurabilità del delitto di riciclaggio ritenendo che l'imputato abbia in questo modo ostacolato l'accertamento della provenienza delittuosa del denaro. Trattasi di operazione senz'altro riconducibile al reato contestato atteso che, come affermato in maniera costante da questa Corte, integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista nell'aggirare la libera e normale esecuzione dell'attività posta in essere. Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabili i gravi indizi di reato in relazione ad una condotta consistita nella ricezione di somme di provenienza illecita su conti correnti personali e nella successiva effettuazione di operazioni bancarie comportanti ripetuti passaggi di denaro di importo corrispondente su conti di diverse società, oggettivamente finalizzate alla schermatura dell'origine delle disponibilità . Tale principio è stato affermato, anche con riferimento a fattispecie concernenti la effettuazione di versamenti di denaro di illecita provenienza in favore di varie società controllate dall'imputato, attraverso il temporaneo utilizzo di conti di sponda su cui affluisce in modo da non conservare traccia delle operazioni, mancando gli elementi identificativi sia della provenienza delle somme confluite nelle società, sia della destinazione di quelle dalle stesse defluite cfr. per tutte Cass. Sez. 2, n. 3397/2012, rv. 254314 . Quanto al profilo soggettivo la Corte ha evidenziato che tale dato è facilmente ricavabile dall'emissione da parte della Midas s.r.l. società riconducibile all'I. in favore della Aspen e della Alu Tekno s.r.l., società riconducibili al G. ed al C. , di due fatture di cui una sicuramente relativa ad operazione inesistente come ricavabile dagli interrogatori di Cr.Fr. e Cr.Ma. , utili a consentire ai predetti G. e C. di scontarla in banca, effettuare il versamento del denaro sul conto dell'Althea società anonima svizzera, affinché poi il denaro venisse riaccreditato sulla società italiana dell'I. per l'acquisito di terreni in pag. 6 della sentenza . A sostegno della consapevolezza della provenienza illecita del denaro da parte dell'imputato, la Corte richiama più elementi tra loro convergenti il contenuto di un colloquio telefonico tra I. e G. , il passaggio di consistenti cifre di denaro in contanti, operazione di per sé sospetta, la non razionale scelta dell'imputato, se in buona fede, di spostare le somme di denaro dall'Italia all'estero, per poi riaccreditarle su conti italiani. Da ultimo la Corte affronta il tema della confiscabilità del denaro ex art. 12 sexies L. 356/92 e sottolinea che nel caso di specie l’ablazione del patrimonio, è stata disposta non già quale confisca per equivalente ex lege 231/2007, ma quale misura di sicurezza, collegata alla pronuncia della condanna per i reati ivi espressamente previsti ed alla sproporzione tra tali beni dei quali il soggetto, non ha saputo giustificare la legittima provenienza e il suo reddito Sez. V, 7 gennaio 2008, n. 228 rv. 238871 pag. 7 della sentenza . Tale specifica motivazione il ricorrente non prende nemmeno in considerazione, limitandosi a ribadire la tesi già esposta nei motivi di appello e confutata, con diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella sentenza impugnata. Quanto poi alle considerazioni introdotte con i motivi aggiunti occorre ribadire, ponendosi nel solco della giurisprudenza di questa Corte che in tema di confisca, alla accertata sproporzione tra guadagni desumibili dal reddito dichiarato ai fini delle imposte e patrimonio scatta una presunzione iuris tantum di illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall'interessato sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene sequestrato in quanto acquistato con proventi proporzionati alla propria capacità reddituale lecita e, quindi, anche attingendo al patrimonio legittimamente accumulato. Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto immune da censure la motivazione con cui il giudice del merito aveva ritenuto insoddisfacenti le allegazioni del ricorrente a sostegno della liceità dell'acquisto dei beni sequestrati Sez. 2 Sez. 2,Sentenza n. 29554/2015, Rv. 264147 . Nel caso di specie la Corte di merito, con argomentazione puntuale e soddisfacente, ha ritenuto generica e non rilevante la copiosa documentazione allegata dalla difesa, poiché trattasi di documentazione prodotta in lingua francese che, seppure utile e dimostrare le commesse dell'I. e la sua attività professionale all'estero, risultava inconferente rispetto al thema decidendum in quanto non dimostrava la provenienza lecita dei beni e del patrimonio del soggetto, ma solo il suo impegno professionale. Ed infatti, come pure si ricava dalla produzione allegata all'odierno ricorso, I.G. risulta avere svolto ampia ed estesa attività professionale, quale architetto, anche a livello internazionale, ma non risulta che egli abbia prodotto reddito o conseguito profitti, compatibili con il patrimonio accumulato. D'altra parte che l'I. fosse soggetto produttivo di reddito all'estero e non fosse, in quanto iscritto all'AIRE, tenuto a presentare denuncia dei redditi in Italia, è un non fatto , inidoneo a superare la presunzione di illecita accumulazione, dovuta alla carenza di specifiche giustificazioni circa la provenienza lecita del patrimonio. A tal proposito questa Corte Sez. 2, Sentenza n. 29554 del 17/06/2015, Rv. 264147, ha affermato che la giustificazione credibile attiene alla positiva liceità della provenienza e non si risolve nella prova negativa della non provenienza dal reato per cui si è stati condannati. La sproporzione, quindi, come emerge dal dato testuale normativo e dalla stessa univoca giurisprudenza di legittimità, va calcolata avendo come punto di riferimento per il primo parametro, il reddito netto o l'attività economica ossia la sua capacità reddituale. La suddetta motivazione non si presta ad alcuna censura, tanto più ove si consideri che la motivazione, con il ricorso per cassazione, può essere censurata solo sotto il profilo della motivazione omessa o apparente. Tutto ciò comporta il rigetto del ricorso. Ne consegue a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.