E’ ricettazione se non si cancella nome e data dalla fede rubata e poi rivenduta

Il reato di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione con riferimento agli elementi strutturali, quali l’elemento soggettivo e l’elemento materiale, con particolare riguardo alla idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, quale indice caratteristico delle condotte di cui all’art. 648-bis c.p. riciclaggio .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 48316, depositata il 7 dicembre 2015. Il fatto. Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza applicativa della misura della custodia in carcere emessa nei confronti dell’indagato del reato di riciclaggio dal gip. Contro tale propone ricorso in Cassazione l’indagato lamentandosi del fatto che il Tribunale non ha riqualificato il fatto ex art. 648 c.p. ricettazione pur essendosi egli limitato a consegnare l’anello di provenienza furtiva all’esercizio commerciale compro oro, senza sovrapporre ostacoli alla identificazione della origine illecita del bene, infatti non aveva cancellato l’iscrizione della data e del nome dall’anello ed aveva consegnato al commerciante il suo documento d’identità, per operare la transazione. Ricettazione vs riciclaggio. I Giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso proprio con riferimento al motivo attinente alla qualificazione giuridica del fatto in termini di riciclaggio e non di ricettazione. Nel farlo i Giudici ribadiscono che il delitto di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione non con riferimento ai reati presupposti, ma in base agli elementi strutturali, quali l’elemento soggettivo – che implica il dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e il dolo generico nel delitto di riciclaggio – e l’elemento materiale, con particolare riguardo alla idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, quale indice caratteristico delle condotte di cui all’art. 648- bis c.p. riciclaggio . Nel caso di specie, il Tribunale ha individuato nella semplice attività di negoziazione della fede in oro la condotta tipica del reato di riciclaggio, senza tener conto che tale attività non ha comportato alcuna modificazione, trasformazione o sostituzione del bene che abbia fatto perdere le tracce della sua provenienza furtiva, tanto che nella fede risultavano ancora incisi il nome e la data di matrimonio della persona offesa, quest’ultima infatti riconosceva la fede proprio grazie a tali specifici elementi identificativi. Illogica, quindi, la motivazione del Tribunale del riesame, sicché appare necessario che il giudice intervenga nuovamente sul punto. Questa la ragione per la quale la S.C., qualificato il fatto come ricettazione, ha annullato l’ordinanza impugnata e rinviato al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 novembre – 7 dicembre 2015, n. 48316 Presidente Gallo – Relatore Aielli Ritenuto in fatto Con ordinanza del 2.3.2015 il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, confermava l'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, il 31.1.2015 che applicava nei confronti di B.A., la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di riciclaggio. Avverso la pronuncia dei Riesame proponeva ricorso per cassazione B.A. per mezzo del suo difensore, il quale eccepiva 1 la violazione dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p., in relazione all'articolo 648 bis c.p., in quanto il Tribunale non avrebbe motivato in ordine ali' ipotesi dei concorso dei B. nel reato presupposto 2 violazione dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p., in relazione all'articolo 273 c.p.p. e in relazione all'articolo 648 bis c.p., in quanto il Tribunale non avrebbe riqualificato il fatto ex articolo 648 c.p., pur essendosi limitato il B. a consegnare l'anello di provenienza furtiva, all'esercizio commerciale compro oro, senza frapporre ostacoli alla identificazione della origine illecita del bene, infatti non aveva cancellato l'iscrizione della data e del nome dall'anello ed aveva consegnato al commerciante il suo documento di identità, per operare la transazione. Considerato in diritto Il ricorso è fondato con riferimento al secondo motivo dedotto, attinente alla qualificazione giuridica del fatto in termini di riciclaggio e non di ricettazione. E' pacifico che B.A., si sia recato presso l'esercizio commerciale Euroro Italia sito in Reggio Calabria ed abbia ceduto un anello in oro, di provenienza furtiva, ricavando l'ingiusto profitto di euro 100,00. Si duole il Berlingieri che il Tribunale nel confermare la misura cautelare massima, non abbia considerato che l'indagato, avrebbe potuto essere l'autore del presupposto furto, atteso che questo era stato consumato lo stesso giorno in cui veniva effettuata la vendita del bene. Con il secondo motivo il ricorrente contesta la qualificazione giuridica dei fatto sussumibile, a suo avviso, nella fattispecie di cui all'articolo 648 c.p. non 648 bis c.p Quanto al primo motivo occorre premettere che il provvedimento di riesame di una misura cautelare, è soggetto a censura di motivazione al pari di ogni altro impugnabile in Cassazione, nel limite obiettivo di cui all'articolo 606 comma 1 lett. e c.p.p., per cui il vizio deve risultare dal suo tenore. In caso di richiesta generica di riesame la motivazione che su un punto, quale le condizioni generali di cui all'articolo 273 c.p.p., offre la soluzione delle questioni che obiettivamente si prospettano a stregua degli elementi espressamente considerati, risponde alla funzione economica del provvedimento, risolvendo implicitamente tutte le altre astrattamente proponibili sulla scorta di una diversa lettura degli atti Sez. 5, 27.2.1997 n. 139 , rv. 207259 . Nel caso in esame il Tribunale ha articolato la decisione in punto di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei reato di riciclaggio, evidenziando che allo stato non vi erano elementi idonei a dimostrare che il B. avesse concorso nel reato presupposto . Tale valutazione il ricorrente si limita semplicemente a censurare, senza introdurre elementi concreti e specifici in grado di disarticolare la motivazione del Tribunale circa la non ricorrenza dei minore reato di furto in concorso, pertanto tale motivo di ricorso è inammissibile. Il secondo motivo, invece , è fondato. Occorre ribadire infatti che il delitto di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione non con riferimento ai reati presupposti, ma in base agli elementi strutturali, quali l'elemento soggettivo - che implica il dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e il dolo generico nel delitto di riciclaggio - e l'elemento materiale, con particolare riguardo alla idoneità ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene, quale indice caratteristico delle condotte di cui all'articolo 648 bis cod. pen. Sez. 2, 25940/2013,rv.256454 50950/2013rv. 257982 . Nel caso esaminato il Tribunale, pur richiamando la giurisprudenza di questa Corte in tema di elemento differenziale tra reato di riciclaggio e reato di ricettazione, individua nella semplice attività di negoziazione, della fede in oro, la condotta tipica del reato di riciclaggio, senza tener conto che tale attività non ha comportato alcuna modificazione, trasformazione o sostituzione del bene che abbia fatto perdere le tracce della sua provenienza furtiva, tanto più che sulla fede risultavano ancora impressi il nome e la data del matrimonio della p.o. , quest'ultima infatti riconosceva la fede che le era stata sottratta proprio grazie a tali specifici elementi identificativi. Soggiunge il Tribunale che I' attività di trasformazione sarebbe certa in quanto, a norma dell'articolo 128 comma 5 T.U.L. P.S , il titolare dell'esercizio commerciale, presso cui sono stati alienati i preziosi, ha la possibilità di fonderli dopo dieci giorni dalla negoziazione, facendo così disperdere le tracce della loro provenienza. Il richiamo a tale possibilità si appalesa del tutto inconferente e sul punto la motivazione è illogica, atteso che per valutare la condotta del B., Il Tribunale ha tenuto conto di una astratta previsione di legge non riconducibile in via diretta alla condotta dell'indagato, invero esauritasi nella vendita della fede, verso profitto . Ne deriva che il percorso motivazionale seguito dal Tribunale dei Riesame di Reggio Calabria, per ritener sussistenti i gravi indizi di colpevolezza dei reato di riciclaggio, presenta una significativa smagliatura, considerato l'argomento principale su cui erroneamente poggia, sicchè appare necessario che il giudice intervenga nuovamente sul punto. Alla stregua di quanto esposto il provvedimento impugnato va annullato con rinvio P.Q.M. Qualificato il fatto come ricettazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale dei Riesame di Reggio Calabria con integrale trasmissione degli atti.