Per condannare il già assolto va rinnovata l’istruttoria dibattimentale

Quando il giudice intende ribaltare la soluzione assolutoria in primo grado vanno almeno nuovamente sentiti i testi. La Cassazione si adegua alla più garantista giurisprudenza comunitaria ex art. 6 della CEDU.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 47793, depositata il 3 dicembre 2015. Il fatto. Per fatti di tentata estorsione e danneggiamento ex artt. 56, 629 e 635 c.p. i Giudici d’appello avevano condannato un imputato già assolto in primo grado sulla scorta del materiale istruttorio dibattimentale in quella sede processuale costituito. I Giudici d’appello non operano per la rinnovazione dell’istruttoria testimoniale, elaborano un percorso logico e motivazionale fondato sulla ritenuta differente attendibilità dei testi sentiti in primo grado, consultato il materiale cartaceo trasmesso in sede di gravame. L’imputato ricorrente in Cassazione contesta la violazione del principio del giusto processo ex art. 6, par. 1, della CEDU, in particolare sostenendo la negazione del doppio grado di giudizio su una risultanza processuale di colpevolezza ai suoi danni – potendo proporre l’imputato, avverso la condanna, solo ricorso di legittimità in Cassazione -, in violazione del principio accusatorio che eppure permea e costituisce principio ispiratore del nuovo codice di procedura penale. La Cassazione s’allinea alle sollecitazioni comunitarie, definendo in punto di requisiti che devono sostenere una soluzione processuale di condanna in luogo di quella assolutoria di primo grado, per l’effetto annullando la sentenza. L’effetto pienamente devolutivo ex art. 597 c.p. in caso di impugnazione della pubblica accusa della sentenza assolutoria. Crescono i diritti dell’imputato. Va da sé che già la giurisprudenza interna aveva elaborato il concetto di motivazione rafforzata” - in caso di riforma colpevolista di sentenza assolutoria di primo grado - particolarmente attenta alla confutazione degli elementi a discolpa dell’imputato e alla più analitica scomposizione dei dati istruttori e del percorso motivazionale che sostengono la condanna. D’altro lato all’imputato è consentito in secondo grado riproporre tutte le istanze respinte in primo grado e al giudice va riconosciuto il dovere di verificare anche le risultanze di primo grado non oggetto di specifica contestazione. La condanna oltre l’ogni ragionevole dubbio” per la prima volta in sede d’appello deve possedere dunque una persuasione argomentativa addirittura superiore a quella necessaria in primo grado per sostenere un giudizio di colpevolezza. Di seguito, prevale la più garantista Corte europea dei diritti dell’uomo. Per condannare il già assolto vanno nuovamente ascoltati i testimoni. Occorre l’assunzione diretta dei testimoni già sentiti in primo grado – eventualmente disposta ex officio dal giudice -, onde modificare il giudizio di attendibilità dei testi a fondamento di una nuova soluzione colpevolista. Ex art. 6, par. 1, della CEDU l’imputato ha il diritto di confrontarsi con i testimoni alla presenza del giudice chiamato a decidere, siccome solo l’assunzione orale è in grado di poter compiutamente garantire l’equo processo. Diversamente i giudici d’appello avevano rivisitato ex tabulas le risultanze testimoniali, senza disporne la rinnovazione, nonostante in altre occasioni la giurisprudenza di legittimità si era pronunciata in adesione alla giurisprudenza ex art. 6, par. 1, CEDU, da trasfondere nell’ordinamento interno ex art. 117, primo comma, della Costituzione. Di seguito la Cassazione annulla con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 novembre – 3 dicembre 2015, n. 47793 Presidente Gentile – Relatore Carrelli Palombi di Montrone Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 26/11/2013, la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Caltagirone del 18/1/2011, impugnata dal Procuratore della Repubblica di Catania, dichiarava R.M.S. responsabile dei reati a lui ascritti di cui ai capi A 110, 56 - 629 comma 2 cod. pen., B 110, 635 comma 1 cod. pen., unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa. 1.1 . La Corte territoriale accoglieva, nei termini sopra indicati, l'appello proposto dal P.M. avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui, tra l'altro aveva mandato assolto R.M.S. dai reati allo stesso ascritti. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame 2.1. violazione di legge nonché mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione all'art. 110 cod. pen. per essere stato ritenuto il concorso dell'attuale imputato nel reato di cui al capo a , evidenziandosi il travisamento della testimonianza della persona offesa e della teste V.G. . 2.2. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento al reato di cui al capo b dell'imputazione, evidenziando come dal dibattimento fosse risultato soltanto che il Ro. avesse posto in essere il danneggiamento della telecamera, non essendovi elementi per ipotizzare un concorso del ricorrente. Considerato in diritto 3. Il ricorso merita accoglimento per essere fondati i motivi proposti, imponendosi, per le ragioni che seguono, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Segnatamente entrambi i motivi attengono all'intervenuta dichiarazione di responsabilità del ricorrente per i reati allo stesso ascritti in accoglimento dell'appello proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice di prime cure. Deve, al riguardo ed in via preliminare, osservarsi che il processo penale vigente in Italia, quale delineato dal legislatore del 1989, prevede un giudizio di primo grado a struttura tipicamente accusatoria, nell'ambito del quale, quanto meno in linea generale, la prova viene acquisita, nel contraddittorio delle parti dinanzi al giudice imparziale e terzo ed al principio del contraddittorio, consacrato a livello costituzionale nell'art. 111 Cost., si affiancano a livello di legge ordinaria, come cardini del nuovo processo penale, i principi dell'oralità e dell'immediatezza. Nell'ambito di questo sistema processuale è stato, tuttavia, mantenuto, a differenza di quanto avviene nei cosiddetti sistemi accusatori puri, attraverso il giudizio di appello, il doppio grado di giurisdizione che consiste nella possibilità di ottenere sulla medesima imputazione una seconda pronuncia destinata a prevalere sulla prima nel rispetto dei limiti delle impugnazioni proposte dalle parti è prevista con il secondo grado di giudizio la possibilità di rivedere in peius o in melius la prima decisione. A ciò si può pervenire, in linea generale, attraverso l'esame del medesimo materiale probatorio formatosi in primo grado, essendo la possibilità di escutere testimoni o assumere nuove prove, attraverso la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, un'eccezione subordinata alla presenza di rigorosi presupposti. Nell'ambito di questo sistema delineato dal legislatore merita particolare attenzione, alla luce dei successivi interventi del legislatore, della Corte Costituzionale ed in particolare, per quel che nel seguito si dirà, delle pronunce della Corte Europea dei diritti dell'Uomo, l'ipotesi, che è quella di cui si discute nell'ambito del presente ricorso, della sentenza di assoluzione in primo grado riformata, in seguito all'impugnazione da parte del Pubblico Ministero, in una sentenza di condanna. Trattasi, difatti, di una situazione del tutto atipica sia rispetto al sistema accusatorio puro che con riguardo al principio del doppio grado di giurisdizione difatti, da un lato, l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato viene dichiarata sulla base di un esame cartaceo degli atti assunti in primo grado con conseguente compromissione della dialettica processuale delle parti nel momento di assunzione della prova e, da un altro lato, l'imputato si ritrova privato del doppio grado di giurisdizione, potendo, contro la sentenza in grado di appello proporre soltanto ricorso in Cassazione per motivi di legittimità, essendo di fatto preclusa una rivisitazione nel merito della decisione che lo ha riconosciuto colpevole. L'intervento del legislatore sul sistema, attuato con la legge n. 46 del 2006, non ha potuto sortire gli effetti auspicati da autorevole dottrina che aveva evidenziato le sopra esposte criticità soprattutto dopo l'entrata in vigore della nuova formulazione dell'art. 111 Cost., essendo stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Ciononostante la giurisprudenza di questa Corte di legittimità si era da tempo dimostrata sensibile alle problematiche di sistema fin qui evidenziate, enucleando, ancor prima degli interventi della giustizia sovranazionale, dei limiti precisi entro i quali poteva addivenirsi, in seguito all'impugnazione della parte pubblica, alla riforma in peius della sentenza di assoluzione in primo grado. Nella direzione ora segnalata si è affermato che, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato sez. U. n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231679 . Si è parlato al riguardo di motivazione rafforzata” per evidenziare come essa debba essere particolarmente pregante ed approfondita segnatamente si è, acutamente, precisato che la sentenza di appello di riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati sez. 6 n. 6221 del 20/4/2005, Rv. 233083 sez. 6 n. 22120 del 29/4/2009, Rv. 243946 . Nella direzione finora indicata effettivamente i giudici di appello, hanno dato conto, in modo logico, del ragionamento seguito, che li ha portati a riformare la decisione assunta dal giudice di prime cure, confutando gli argomenti posti a base della sentenza di primo grado, in forza dei quali si era pervenuti ad un'assoluzione dell'imputato dai reati ascritti, ai sensi dell'art. 530 comma 2 cod. proc. pen., per non avere commesso il fatto. Nella direzione segnalata sono state, attentamente, valutate, quanto al reato di cui al capo a , le dichiarazioni della persona offesa S.M. e della di lei figlia V.G. ed è stato oggetto di specifica riconsiderazione, con confutazione delle argomentazioni contenute nella decisione di primo grado, il ruolo assunto nella vicenda dall'attuale ricorrente. Ed anche con riferimento al reato di cui al capo b , sono state riconsiderate, sulla base dei canoni sopra evidenziati, le risultanze processuali con particolare riguardo alle immagini registrate dalle videocamere ed alla deposizione del mar. P. Ma ciò nonostante la sentenza impugnata non può superare le censure di legittimità di legittimità prospettate dal ricorrente, con particolare riferimento al reato di cui al capo a , in ordine alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa S.M. e della teste V.G. , in base alle quali i giudici di appello hanno ritenuto configurabile il concorso dell'attuale ricorrente nella tentata estorsione posta in essere dal coimputato, Ro.Sa. . Giudicato separatamente. Su specifico punto occorre, in primo luogo, soffermarsi sull'effetto devolutivo dell'appello proposto dalla parte pubblica avverso la sentenza di assoluzione, per precisare quali erano i diritti che l'imputato, assolto in primo grado, poteva fare vale nel giudizio di appello instaurato solo su iniziativa del Pubblico Ministero in una tale fattispecie questa Corte ha avuto modo di affermare L'appello del Pubblico Ministero contro la sentenza di assoluzione emessa all'esito del dibattimento, salva l'esigenza di contenere la pronuncia nei limiti della originaria contestazione, ha effetto pienamente devolutivo, attribuendo al giudice ad quem gli ampi poteri decisori previsti dall'art. 597 comma secondo lett. b cod. proc. pen Ne consegue che, da un lato, l'imputato è rimesso nella fase iniziale del giudizio e può riproporre, anche se respinte, tutte le istanze che attengono alla ricostruzione probatoria del fatto ed alla sua consistenza giuridica dall'altro, il giudice dell'appello è legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, non essendo vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello e non potendo comunque sottrarsi all'onere di esprimere le proprie determinazioni in ordine ai rilievi dell'imputato” sez. U n. 33748 del 12/7/2005, Rv. 231675 . Ed anche più recentemente ed in particolare dopo l'intervento della Corte Costituzionale sentenza n. 23 del 2007 , questa Corte ha avuto modo di affermare, anche in ragione del principio del ragionevole dubbio, che era stato introdotto dal legislatore con la già citata legge n. 46 del 2006, che nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio sez. 6 n. 46847 del 10/7/2012, Rv. 253718 sez. 6 n. 1266 del 10/10/2012, Rv. 254024 . Nella ora descritta elaborazione si è inserita la decisione della Corte EDU Corte EDU, 5/7/2011, Dan contro Moldavia che ha ravvisato la violazione dell'art. 6 par. 1 della Convenzione per violazione dei principi del giusto processo, nell'ipotesi in cui il processo di appello, che aveva portato ad un ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado, si era svolto in assenza di qualsiasi attività istruttoria e sulla base del solo esame testuale delle prove assunte nel giudizio di primo grado. Segnatamente i giudici di Strasburgo, pur riconoscendo la piena compatibilità con i principi affermati dalla Convenzione della possibilità della condanna pronunciata dal giudice di appello in riforma di una pronuncia assolutoria in primo grado, hanno affermato che, laddove il diverso epilogo decisorio scaturisca, come quanto meno parzialmente avvenuto nel caso di specie, da una diversa valutazione di attendibilità di prove orali considerate decisive, l'art. 6 della Convenzione impone l'assunzione diretta da parte dei giudici di appello delle suddette prove orali, in ordine alle quali si ritiene di dovere modificare il giudizio di attendibilità espresso dai primi giudici. Ciò oggi rappresenta un principio che, in forza dell'art. 117 Cost. nell'interpretazione datane dalla Corte Costituzionale sentenza n. 113 del 2001 , deve trovare diretta applicazione nel nostro diritto interno in tal senso si è, appunto, affermato che le norme della CEDU, nel significato loro attribuito dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, integrano, quali norme interposte, il parametro costituzionale espresso dall'art. 117 comma 1 Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Deve ancora evidenziarsi che alla suddetta decisione della Corte EDU altre ne sono seguite che hanno ulteriormente ampliato e chiarito, sempre nella direzione sopra indicata, il principio del diritto ad un equo processo fissato dall'art. 6 della Convenzione. Così in particolare si è espressamente precisato che, in base al suddetto principio, l'accusato ha il diritto di confrontarsi con i testimoni alla presenza del giudice chiamato a decidere, con pieni poteri sulla valutazione del fatto e del diritto, sulla sua colpevolezza ed innocenza Corte EDU 5/3/2013, Manolachi contro Romania . In sostanza, precisano ancora i giudici di Strasburgo, il diritto all'equo processo è il diritto ad un'affidabile valutazione dell'attendibilità della prova orale, che può essere garantita solo dall'assunzione diretta della stessa da parte del giudice chiamato a decidere sulla responsabilità dell'imputato Corte EDU 9/4/2013, Fluera contro Romania . Ed ancora si è ribadito che è incompatibile con le garanzie convenzionali il ribaltamento della sentenza di assoluzione fondato su una mera rivalutazione della testimonianza assunta in primo grado, laddove non si sia proceduto alla nuova audizione dei testimoni, con l'ulteriore precisazione che a tale incombente il giudice di appello deve procedere anche d'ufficio in assenza di un'esplicita richiesta di parte Corte EDU 4/6/2013, Hani contro Romania . La giurisprudenza di questa Corte, chiamata a confrontarsi con i richiamati principi, si è trovata, in un primo momento, a doverne circoscrivere in modo netto e preciso gli ambiti di applicazione, evidenziando le fattispecie concrete alle quali si era riferita la Corte EDU e nell'ambito delle quali, soltanto, si era ritenuto indispensabile, in caso di ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado, risentire i testimoni già escussi in quel grado di giudizio. In sostanza si è precisato che, con riferimento al giudizio di appello, la violazione del principio stabilito dall'art. 6, par. 1 CEDU è ancorata al duplice requisito della decisività della prova testimoniale per pervenire, ribaltando l'esito assolutorio del primo grado di giudizio, ad un giudizio di penale responsabilità, e della necessità, ai medesimi fini, di operare una rivalutazione, in termini di attendibilità, della medesima prova testimoniale il tutto sulla base della semplice lettura delle dichiarazioni rese dai testi in questione nel giudizio di primo grado, senza procedere ad un nuovo esame degli stessi sez. 5 n. 38085 del 5/7/2012, Rv. 253541 sez. 2 n. 46065 del 8/11/2012, Rv. 254726 sez. 5 n. 10965 del 11/1/2013, Rv. 255223 sez. 6 n. 16566 del 26/2/2013, Rv. 254623 . Quindi il principio è venuto affermandosi nella giurisprudenza di questa Corte anche in chiave positiva e non più limitata alla necessità di circoscriverne l'ambito di operatività in tal senso si è, appunto, detto che in caso di riforma in peius , da parte del giudice d'appello, della sentenza di assoluzione in primo grado laddove l'affermazione di penale responsabilità scaturisca da un diverso apprezzamento dell'attendibilità di prove orali considerate decisive, sussiste l'obbligo, in forza dell'art. 6 par. 1 CEDU, così come interpretato dalla Corte EDU, di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale sentendo nuovamente, nel contraddittorio delle parti, i suddetti testimoni sez. 2 n. 45971 del 15/10/2013, Rv. 257502 sez. 5 n. 47106 del 25/9/2013, Rv. 257585 . Passando a calare i principi sopra enunciati nel caso di specie deve rilevarsi che i giudici di appello sono pervenuti all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, quanto meno con riferimento al reato di cui al capo a , sulla base di una diversa valutazione delle testimonianze della persona offesa e della figlia della stessa, inserendosi proprio in quel segmento nel quale ormai deve considerarsi vigente nell'ordinamento il sopra richiamato principio stabilito dalla Corte EDU in sostanza la Corte territoriale, pur avendo ritenuto di valutare diversamente, rispetto al giudice di prime cure, le sopra richiamate prove orali, non ha avvertito la necessità di procedere, attraverso la riapertura dell'istruttoria dibattimentale, all'audizione dei suddetti testimoni, onde saggiarne, in attuazione del principio di oralità ed in particolare attraverso il metodo del contraddittorio, l'attendibilità. Ciò, per le ragioni sopra dette, si pone in violazione del principio del giusto processo stabilito dall'art. 6 par. 1 della CEDU, nell'interpretazione che alla norma convenzionale è stata data, nelle decisioni sopra citate, dalla Corte sovranazionale, vincolanti per il giudice italiano. Difatti dall'esame della sentenza impugnata si evince chiaramente la rilevanza e la decisività della valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dai suddetti testi, in assenza delle quali non sarebbe stato possibile per la Corte territoriale pervenire ad un'affermazione di penale responsabilità dell'imputato ciò comporta che, per potere adeguatamente dissentire dal giudizio di inattendibilità espresso in primo grado senza incorrere nel vizio di motivazione, era necessario l'esame diretto anche da parte dei giudici di appello dei testimoni. È proprio in ordine a questo specifico punto non può che convenirsi con i giudici di Strasburgo sulla particolare delicatezza e complessità del compito affidato al giudice chiamato a valutare l'attendibilità di un testimone a ciò consegue che, in aderenza ai principi propri del rito accusatorio, quanto meno in linea generale e con le previste eccezioni, per potere adeguatamente esprimere detto giudizio è indispensabile l'esame diretto delle fonti di prova orale da parte del giudice dello stesso chiamato a valutarne l'attendibilità, non essendo a tal fine sufficiente la mera lettura dei verbali delle dichiarazioni raccolte da altro giudice. La sentenza impugnata deve essere, per le considerazioni sopra esposte, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania, perché proceda a nuovo giudizio in ordine ai reati ascritti all'imputato. Al riguardo, in base a quanto previsto dall'art. 173, comma 2 disp. att. cod. proc. pen., il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto ove all'esito del giudizio di appello si intenda riformare in peius una sentenza assolutoria sulla base di una diversa valutazione dell'attendibilità di prove dichiarative assunte in primo grado, è indispensabile, in forza dell'art. 6 CEDU così come interpretato dalla sentenza della Corte EDU nel caso Dan c/Moldavia, procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per escutere direttamente i testi dinanzi al medesimo giudice chiamato a rivalutare la prova. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania per nuovo giudizio.