I testimoni riconoscono il rapinatore. Troppe però le incertezze e condanna in discussione

Decisive, secondo l’accusa, le dichiarazioni di due persone. Ma la difesa pone in evidenza la fragilità del riconoscimento fotografico. Necessario un approfondimento per valutare se si possa arrivare a una colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.

Riconoscimento fragile. Troppe incertezze nelle deposizioni di due testimoni. Così è seriamente in discussione la condanna nei confronti del rapinatore Cassazione, sentenza n. 47795/2015, Sezione Seconda Penale, depositata oggi . Rapina. Colpo in banca. Due uomini sotto accusa. A rendere ancora più fragile la loro posizione, poi, anche un arresto, anni prima, per un’altra rapina ai danni di un istituto di credito. Sulla colpevolezza di uno non ci sono dubbi lui stesso riconosce la propria colpa. Resta in bilico, invece, la posizione del complice. A renderla precaria, però, ci sono i riconoscimenti fotografici effettuati da due testimoni . E tale dato è ritenuto sufficiente dai giudici di merito per sancire anche la condanna del secondo uomo. Riconoscimento. Ma sono davvero così solidi i riconoscimenti ? A porre la domanda, nel contesto del ‘Palazzacio’, è il legale del presunto rapinatore. Elementi centrali nella linea difensiva sono le incertezze manifestate dai testimoni . Più precisamente, il primo ha dichiarato di riconoscere il rapinatore al 60 per cento , mentre il secondo addirittura solo al 30 per cento . Chiara l’ottica proposta dal legale i riconoscimenti non sono idonei a comporre un quadro indiziario grave . Difatti, nessuna misura cautelare è stata mai emessa sulla base del compendio probatorio valutato dal Giudice dell’udienza preliminare , aggiunge il difensore. Ora le obiezioni mosse nei confronti della decisione emessa in Appello vengono ritenute plausibili dai giudici della Cassazione. Detto in maniera chiara, il quadro indiziario a carico del presunto rapinatore viene considerato piuttosto debole . Ciò perché esso si basa sostanzialmente sull’individuazione fotografica ma tale individuazione è caratterizzata da una forte dose d’incertezza . Per i giudici, se il teste dichiara di riconoscere al 30 per cento , la logica permette di qualificare tale dichiarazione come disconoscimento . E anche se un altro teste dichiara di riconoscere il presunto rapinatore al 60 per cento , resta comunque, spiegano i giudici, un forte margine di incertezza . Appare evidente la fragilità del castello accusatorio nei confronti del secondo presunto rapinatore. E ciò non consente di arrivare a una condanna che vada oltre ogni ragionevole dubbio . Per questo motivo, la vicenda va esaminata nuovamente in Appello. Obiettivo è sciogliere i nodi principali e fare chiarezza sulle contestazioni a carico dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 novembre – 3 dicembre 2015, n. 47795 Presidente Gentile – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 15/7/2013, la Corte di appello di Milano, confermava la sentenza dei Gup presso il Tribunale di Lodi, in data 10/6/2009, che aveva condannato R.A. alla pena di anni cinque, mesi quattro di reclusione ed €. 1.800,00 di multa per i reati di rapina aggravata e ricettazione di ciclomotori in concorso. 2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti ed equa la pena inflitta. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia deducendo violazione della legge processuale con riferimento all'art. 192, 3° comma, manifesta illogicità dei ragionamento probatorio e travisamento della prova in relazione agli accertamenti sul DNA del materiale biologico rinvenuto sul luogo della rapina. Al riguardo si duole che l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato sia fondata esclusivamente sulla base di due soli riconoscimenti fotografici effettuati dai testi ad un anno di distanza dai fatti, con percentuali d'incertezza rilevanti il primo teste avendo dichiarato di riconoscere il R. al 60% ed il secondo al 30% . Tali riconoscimenti per la percentuale d'incertezza che li caratterizza e per l'assenza di elementi di riscontro, non sono idonei a comporre un quadro indiziario grave, tant'è vero che nessuna misura cautelare è stata mai emessa sulla base dei compendio probatorio valutato dal Gup. Eccepisce, inoltre, il travisamento della prova, con riferimento agli accertamenti sul DNA compiuti dal Ris dei Carabinieri. In proposito allega l'informativa del Ris dalla quale emerge che l'esame del DNA ha escluso che le tracce biologiche trovate sulla bottiglia di acqua minerale, repertata presso la filiale oggetto della rapina, appartenessero al R., mentre si è rivelato impossibile l'accertamento nei confronti del coimputato M Al contrario la Corte d'appello riteneva la compatibilità del DNA del M. con le tracce biologiche trovate sul posto e richiamava la compatibilità del profilo del DNA con i reperti riferibili ad una rapina commessa l'11/4/2006 ai danni dell'Agenzia del Banco dì Sardegna per la quale erano stati tratti in arresto il R. e il M Infine si duole che la Corte d'appello non abbia preso in considerazione le censure della difesa in ordine all'inattendibilità dei riconoscimenti effettuati dai due testimoni, i quali avevano fornito descrizioni differenti circa le caratteristiche fisiche dei soggetto identificato nel R. ed incompatibili con le caratteristiche reali dei soggetto. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato. 2. Emerge dagli atti che il quadro indiziario a carico dell'imputato è piuttosto debole. Esso sì basa sostanzialmente sull'individuazione fotografica effettuata dei due testi. Tuttavia tale individuazione è caratterizzata da una forte dose d'incertezza. Quando un teste dichiara di riconoscere al 30%, la logica impedisce di qualificare tale dichiarazione come riconoscimento del soggetto più che un riconoscimento è un disconoscimento. Quando un altro teste dichiara di riconoscere l'imputato al 60%, tale dichiarazione esprime un forte margine d'incertezza che può essere superato soltanto in presenza di robusti elementi di riscontro. Nel caso di specie gli ulteriori elementi indiziari utilizzati dai giudici del merito il fatto che il R. sia stato arrestato per aver compiuto un'altra rapina con il M., reo confesso della rapina oggetto del presente procedimento , non hanno valore di riscontro per mancanza di gravità indiziaria, sono elementi idonei ad alimentare sospetti, ma non possono concorrere ad integrare una prova. 3. In definitiva il percorso argomentativo della sentenza impugnata è viziato da gravi carenze logiche e le conclusioni non sono compatibili con il principio di cui all'art. 533 cod. pen. in base al quale l'imputato per essere condannato deve risultare colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio . 4. Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano per un nuovo giudizio nel quale la Corte territoriale procederà a rivalutare gli elementi a carico dell'imputato alla luce delle regole che governano la formazione della prova di cui all'art. 192 cod. proc. pen. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano per nuovo giudizio.