Sciopero delle toghe e sospensione del termine custodiale di fase: fallisce il tentativo di revirement

La dichiarazione del difensore di adesione all'astensione dalle udienze proclamata da organismi di categoria non ha contenuto di istanza e costituisce, semmai, una causa di privazione per l'imputato di assistenza tecnica. Da ciò discende la duplice conseguenza del rinvio del procedimento e della sospensione dei termini custodiali. Il periodo di sospensione, però, non si computa ai fini del calcolo del termine di fase.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza n. 47193 depositata il 30 novembre 2015. E' trascorso un anno dal botta e risposta interno alla Cassazione ma ancora si ripropone il problema di come interpretare la dichiarazione del difensore di astensione dalle udienze, e di calibrarne gli effetti processuali. Il caso, stavolta, è quello di un imputato in custodia cautelare, scarcerato per decorrenza del termine massimo di fase, dal cui computo erano però rimasti fuori i periodi di astensione della difesa in conseguenza ad una delle tante iniziative di categoria affatto rare mentre si scrive, infatti, è appena iniziato un periodo di astensione dalle udienze . La Procura partenopea impugna, e chiede l'annullamento dell'ordinanza adottata dal locale Tribunale. Astensione del difensore vale o non vale per computare il termine custodiale di fase? Il provvedimento del Tribunale napoletano, grazie al quale per l'imputato si sono aperte le porte del carcere, si fonda su un orientamento giurisprudenziale del giugno 2014. In buona sintesi, secondo questo filone interpretativo, il difensore che aderisce legittimamente all'astensione dalle udienze, non è impedito” ma sta esercitando un diritto costituzionalmente riconosciuto. Fin qui nulla questio. Il problema è valutarne gli effetti, i precipitati, se così possiamo chiamarli, sul piano cautelare. L'udienza eventualmente fissata verrà certamente rinviata, ma il periodo di astensione si computa o non si computa ai fini della decorrenza del termine di fase? Ad avviso dell'orientamento espresso dalla Sesta Sezione della Cassazione nel giugno del 2014, e richiamato nel provvedimento del Tribunale napoletano, questo periodo va computato e l'unica conseguenza cautelare” derivante da una legittima adesione del difensore all'astensione dalle udienze è quella della sospensione del termine custodiale della fase del giudizio. Poichè, però, secondo questa interpretazione la declaratoria di astensione si risolve in una richiesta” rivolta dalla difesa al giudice, finalizzata a rinviare il procedimento, il tempo decorso verrà computato per individuare la scadenza del termine massimo di fase. Se alla declaratoria di astensione segue un diniego del giudice – per una delle tante ragioni che impongono la trattazione del procedimento nonostante l'agitazione delle toghe – l'eventuale cocciutaggine dell'avvocato, che non presenzi all'udienza, costerebbe all'imputato l'allungamento del termine massimo intermedio, dal quale è escluso, per l'appunto, il periodo di comunque necessario rinvio del processo. Le Sezioni Unite escludono sempre la rilevanza del periodo di astensione ai fini del termine di fase. Appena tre mesi prima della sentenza della Sesta Sezione, la Cassazione aveva ribadito, con la forza persuasiva della propria massima composizione, il suo classico orientamento le Sezioni Unite, infatti, prescindevano dalla legittimità o meno dell'adesione del difensore all'astensione proclamata dagli organismi di categoria. Questo orientamento è ribadito anche in una sentenza delle Sezioni Unite dell'ottobre 2014. Con una soluzione senza dubbio più semplice, ma senz'altro esposta a maggiori critiche delle difese, è ovvio! gli Ermellini affermavano un principio già noto alla giurisprudenza di legittimità lo sciopero dell'avvocato obbliga il giudice a rinviare il procedimento, ma l'interludio tra le due udienze non si conta ai fini del termine massimo di fase. Perchè? Intanto, vien fatto osservare, perchè la declaratoria di astensione non è un'istanza. E' una dichiarazione, appunto, che non consente al giudice alcun reale spazio valutativo poi perchè lo sciopero dell'avvocato priva – in effetti, è così – l'imputato della necessaria assistenza all'udienza. Venendo meno la difesa tecnica, quindi, il procedimento è comunque rinviato. L'unica ipotesi normativa, secondo le Sezioni Unite, che si presta a regolare il caso della protesta dei difensori è quella della sospensione per mancata partecipazione del difensore al giudizio. Urge chiarezza i due orientamenti sono troppo discordi. E' senz'altro da osservare che siamo in presenza di un vero contrasto giurisprudenziale, anche se può apparire piuttosto sfumato grazie alla presenza di una decisione delle Sezioni Unite, come abbiamo già detto, dell'ottobre 2014 quindi successiva a quella della Sesta, che porta – lo ribadiamo – la data di giugno dello stesso anno , a supporto” di quella antecedente. Un nuovo intervento delle Sezioni Unite ci appare comunque auspicabile, anche perché la sovrapposizione di sentenze pressocchè coeve consente agli interpreti di ritenerle tutte espressive di orientamenti credibilmente sostenibili. Adesso che è passato più di un anno dall'ultima pronuncia a Sezioni Unite, un intervento ulteriormente chiarificatore potrebbe definitivamente chiudere la partita.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 luglio – 27 novembre 2015, n. 47193 Presidente Nappi – Relatore Micheli Ritenuto in fatto 1. Il 22/05/2015, il Tribunale di Napoli dichiarava la perdita di efficacia della misura cautelare della custodia in carcere disposta nei confronti di B.A. con ordinanza emessa dal Gip dello stesso Tribunale in data 05/05/2011. Il provvedimento era motivato sulla base della decorrenza del termine di fase previsto dall'art. 303 del codice di rito per il giudizio di primo grado, atteso che il decreto di rinvio a giudizio era intervenuto nei confronti del B. in data 12/03/2012 il Tribunale, giudice procedente, aveva emesso un'ordinanza secondo cui, in ragione della complessità del processo, il termine di fase anni 1 e mesi 6 doveva intendersi raddoppiato, ex art. 304, commi 2 e 6, cod. proc. pen., fino al 12/03/2015. Lo stesso giudice procedente, tuttavia, con provvedimento del 31/03/2015, aveva ritenuto di non computare nel termine de quo i periodi in particolare, 2 mesi e 23 giorni nei quali vi era stata astensione dei difensori, per avere essi aderito ad una iniziativa di categoria. Il Tribunale adito ex art. 310 cod. proc. pen. manifestava invece contrario avviso, osservando che - come più volte ribadito dalla recente giurisprudenza di legittimità, l'astensione del difensore dalle udienze non è riconducibile all'istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione dell'esercizio di un diritto di libertà il cui corretto esercizio deve essere valutato anche alla luce della normativa secondaria di cui al vigente codice di autoregolamentazione delle astensioni dall'attività forense che impone il rinvio anche delle udienze camerali” - le Sezioni Unite di questa Corte, in particolare, avevano affermato che l'astensione collettiva dall'attività giudiziaria da parte degli avvocati va qualificata come un diritto, e non semplicemente un legittimo impedimento partecipativo” - la relativa disciplina deve rientrare nell'ambito della previsione di cui all'art. 304, comma primo, lett. a , del codice di rito, come affermato da un recente arresto della giurisprudenza di legittimità Cass., Sez. VI, n. 36208 del 26/06/2014, ric. Bruzzise , poiché nel contesto del processo, in tanto può essere riconosciuto il diritto del difensore al rinvio per partecipare alla astensione, in quanto la stessa sia legittima, ovvero sia stata innanzi tutto comunicata al giudice e sia conforme alle regole [ ] in tema di limiti normativi e di autoregolamentazione” - tale conclusione appare avvalorata dal rilievo che, in presenza di una dichiarazione di adesione ad iniziative di astensione, il giudice è comunque chiamato ad operare delle valutazioni sull'eventuale rispetto dei termini di preavviso, sulla circostanza che il processo non si riferisca a reati prossimi alla prescrizione o non riguardi detenuti i quali non intendano accettare il differimento, ecc. , all'esito delle quali accoglierà o meno la richiesta di rinvio - l'ultimo intervento delle Sezioni Unite nella materia de qua sentenza n. 15232 del 30/10/2014, ric. P.o. in proc. Tibo ha confermato il concetto secondo cui l'astensione del difensore si traduce nell'esercizio di un vero e proprio diritto costituzionale e non di una mera libertà [ ], decretandone la definitiva affrancatura dal legittimo impedimento partecipativo pertanto, il difensore, che abbia esercitato il diritto di astenersi in conformità alla disciplina normativa di riferimento, avrà diritto al rinvio del procedimento o del processo con due correttivi funzionali ad evitare l'abuso del diritto la sospensione dei termini di prescrizione per tutta la durata del rinvio e la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare” - laddove, dinanzi al rigetto della richiesta di rinvio per l'inosservanza dei presupposti e delle modalità di esercizio dell'astensione, il difensore intenda comunque astenersi, non potrà riconoscersi esercitato un diritto, ma ricorrerà unicamente una ipotesi di mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di cui alla lett. b dell'art. 304, primo comma, cod. proc. pen. [ ], facendone conseguire l'allungamento dei termini di cui all'art. 304, comma 6, cod. proc. pen. oltre il doppio dei termini di fase. Di contro, l'ipotesi di cui alla lett. a - in cui, per quanto argomentato, deve rientrare anche l'adesione all'astensione - prevede la sospensione dei termini di custodia, ma non consente lo sforamento dei limiti posti dal richiamato articolo” - la diversa regolamentazione normativa risponde a criteri di ragionevolezza, in quanto le ipotesi di cui alla lett. b , contrariamente a quelle di cui alla lett. a [ ], sottendono un comportamento del difensore da cui deriva la previsione di un effetto [ ] che tiene conto della mancata partecipazione non autorizzata dal giudice, e dunque sanzionata, lato sensu, dal legislatore” - l'opzione interpretativa adottata, pur nella consapevolezza di una netta cesura rispetto alla pregressa giurisprudenza di legittimità”, appare giustificata alla luce del generale principio del favor libertatis . 2. Ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, che deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 303 e 304 del codice di rito penale. Premesso di condividere le osservazioni che il Tribunale ricava dai richiami alla giurisprudenza di legittimità circa la necessità di qualificare l'astensione collettiva dall'attività giudiziaria, da parte di un difensore, come un diritto vero e proprio, piuttosto che un legittimo impedimento partecipativo, il P.M. ricorrente fa rilevare che la lett. a dell'art. 304, comma 1, cod. proc. pen. prevede tra le cause di sospensione dei termini non solo l'impedimento evidentemente legittimo dell'imputato o del suo difensore, ma anche ogni altro rinvio che avvenga su richiesta dell'imputato o del suo difensore, salvo, in tale ultimo caso, quelli legati all'esercizio del diritto di difesa acquisizione della prova e termini a difesa” con il risultato, già a questo punto, di dover certamente escludere l'astensione dalle udienze dalla previsione in parola, atteso che una dichiarazione di astensione non si risolve affatto in una istanza. Inoltre, l'ipotesi che la lett. b coprirebbe i soli casi in cui un difensore non partecipi all'udienza confermando l'opzione di astenersi, malgrado il giudice abbia rilevato l'insussistenza dei presupposti per differire la trattazione del processo, relega il disposto normativo a casi di assoluta marginalità” e pare estendere il sindacato dei giudici in ordine alla legittimità dell'astensione non già ai soli requisiti formali della stessa [ ], ma addirittura a quelli sostanziali”. Ne deriva, pertanto, che assume rilievo centrale la distinzione fra i casi di legittimo impedimento e quelli di assenza di difesa la prima nozione indica una situazione in cui non vi è alcuna scelta da parte del difensore o dell'imputato, ma un'oggettiva impossibilità di partecipare all'udienza, mentre nel secondo caso, quale quello che si configura nell'ipotesi di adesione all'astensione collettiva, il difensore [ ] esercita un diritto di libertà che implica una scelta. Se questo diritto di libertà viene esercitato nel rispetto e nei limiti indicati dalla legge, costituisce una causa di rinvio del procedimento, con conseguente applicazione dell'art. 304, lett. b - anche nelle ipotesi in cui non sia codificato un rinvio per legittimo impedimento -, in caso contrario l'udienza potrà tenersi in assenza di quel difensore”. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Deve innanzi tutto ricordarsi che, secondo il disposto dell'art. 304 cod. proc. pen., i termini di durata massima della custodia cautelare sono sospesi, nella fase del giudizio - durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore, ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione e il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova od a seguito di concessione di termini per la difesa [comma primo, lett. a ] - durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori, che rendano privo di assistenza uno o più imputati [comma primo, lett. b ]. Il successivo settimo comma prevede che, nel computo dei termini di cui al capoverso precedente in punto di durata massima della custodia cautelare, di norma non superiore al doppio dei termini indicati dall'art. 303 per le varie fasi processuali , non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui alla anzidetta lett. b in definitiva, il rinvio di un dibattimento a causa del legittimo impedimento o della mancata partecipazione di un difensore comporta la sospensione dei termini di custodia cautelare, ma nel computo della durata massima il regime - fra un caso di legittimo impedimento, ed uno di mancata presentazione o partecipazione - torna a differenziarsi. 3. Questa Corte, con la pronuncia diffusamente richiamata nell'ordinanza oggetto dell'odierno ricorso, ha avuto modo di affermare che in tema di durata della custodia cautelare, l'astensione dei difensori dalle udienze, proclamato in conformità del codice di autoregolamentazione e prontamente comunicato al giudice, costituendo esercizio di un diritto di libertà, determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma primo, lett. a , cod. proc. pen., con la conseguenza che nel computo del limite temporale massimo pari al doppio dei termini di fase deve tenersi conto anche del periodo di tempo relativo al rinvio della udienza” Cass., Sez. VI, n. 36208 del 26/06/2014, Bruzzise, Rv 260150 . Nella motivazione della sentenza appena menzionata si evidenzia che se l'astensione del difensore, pur non concretizzando un caso di legittimo impedimento, costituisce pur sempre esercizio di un diritto di libertà, ciò non può che comportare la conseguenza che essa rientri nell'ambito della disciplina di cui alla lett. a dell'art. 304 difatti, dalla lettura della norma risulta che l'ipotesi di cui alla lett. a , nella parte relativa al rinvio dell'udienza disposto su richiesta del difensore che non abbia le caratteristiche del legittimo impedimento ma sia un rinvio che, si comprende, venga accettato dal giudice che, appunto su richiesta, pospone la trattazione, si adatta esattamente alla ipotesi di esercizio di un diritto. L'ipotesi di cui alla lett. b , invece, regola le situazioni in cui il difensore ometta di presenziare o si allontani, laddove ciò non sia previamente autorizzato dal giudice e quindi non si tratti del rinvio o della sospensione su richiesta della lett. a . Nei casi disciplinati dalla lett. b il rinvio diventa atto necessitato per la impossibilità di trattazione e la diversa disciplina degli effetti tiene quindi conto di tale diversità di presupposti [ ]. Va peraltro considerato che tale disciplina non incide in modo negativo sui termini di custodia in quanto, nel contesto del processo, in tanto può essere riconosciuto il diritto del difensore al rinvio per partecipare alla astensione in quanto la stessa sia legittima. Il che significa che sia innanzitutto comunicata al giudice e sia conforme alle regole già citate in tema di limiti normativi e di autoregolamentazione - queste ultime, in particolare, vengono in rilievo non direttamente ma perché valgono a qualificare come legittima l'astensione [ ]. Laddove tali limiti non siano rispettati, innanzitutto per la mancata comunicazione al giudice, poi per la violazione delle regole generali sul tempo di preavviso e, ancor di più, per il mancato rispetto delle norme di autoregolamentazione tra le quali la previsione che il diritto non sia esercitato per i processi prossimi alla prescrizione, con detenuti che non accettino il rinvio ecc, il giudice non disporrà tale rinvio. Laddove il difensore intenda comunque astenersi - salva ogni questione in ordine ai rapporti interni ad associazioni di categoria e ordine professionale - non potrà riconoscersi esercitato un diritto ma ricorrerà, semplicemente, una ipotesi di mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di cui alla predetta lett. b . In questo secondo caso, quindi, la astensione che non sia conforme alle regole ad essa applicabili non potrà costituire un diritto del difensore nel contesto del processo, e avrà come effetto l'allungamento dei termini di cui all'art. 304 c.p.p., comma 6”. 4. La sentenza Bruzzise risulta in contrasto con la precedente giurisprudenza di legittimità, costantemente orientata nel senso che la sospensione dei termini di durata massima di custodia cautelare, prevista dall'art. 304 cod. proc. pen., comma 1, lett. b , in caso di rinvio del dibattimento determinato dalla mancata presentazione, l'allontanamento o la mancata partecipazione all'udienza del difensore, concerne anche l'ipotesi in cui il rinvio del dibattimento sia determinato dall'adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamate dalla categoria forense” Cass., Sez. I, n. 623 del 18/12/2009, Cammarata v. altresì Cass., Sez. I, n. 6310 del 23/11/2000, Gravano . Deve peraltro rilevarsi, come correttamente segnalato dal P.M. ricorrente, che anche le Sezioni Unite di questa Corte, in epoca pressoché coeva alla suddetta sentenza Bruzzise, risultano avere ribadito la pregressa opzione ermeneutica infatti, il massimo organo di nomofilachia ha recentemente affermato che la disciplina normativa della materia relativa alla astensione collettiva dei difensori è attualmente interamente contenuta in norme di diritto oggettivo poste da fonti legislative e dalle competenti fonti di livello secondario o regolamentare, sicché non può residuare spazio se non in ipotesi veramente eccezionali ed in limiti molto ristretti per il riconoscimento di un autonomo potere giudiziale di bilanciamento dei valori costituzionali in possibile contrasto, e per ritenere ancora pienamente applicabile il principio - affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità in un contesto normativo totalmente diverso, caratterizzato dalla mancanza di disciplina - che riconosceva al giudice un potere discrezionale di bilanciamento” il diritto vivente assicura invece opportuni meccanismi di predeterminazione per una valutazione comparata di quei valori di rango costituzionale, tanto che - fra l'altro – in caso di rinvio per astensione in un processo con imputati sottoposti a custodia cautelare, è anche pacifica l'operatività della sospensione dei relativi termini, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. b , cod. proc. pen.” Cass., Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014, Lattanzio . A fronte di tale argomento, pur tenuto presente dal Tribunale di Napoli, l'ordinanza impugnata si limita a segnalare che quello delle Sezioni Unite sarebbe non più di un obiter dictum rilievo, in verità, non condivisibile, trattandosi invece di una considerazione che la sentenza Lattanzio espone quale ragione di conferma dell'interpretazione ivi suggerita. Né sembra potersi convenire, ad avviso del collegio, con la tesi secondo cui il difensore che aderisca ad una astensione di categoria formuli una richiesta di rinvio da far rientrare nella residuale portata della più volte ricordata lett. a dell'art. 304, oltre i casi di legittimo impedimento. 5. Non vi è dubbio, infatti, circa l'impossibilità di ricondurre l'astensione del difensore dalle udienze nell'ambito del legittimo impedimento, essendo del tutto libera la scelta di aderire o meno ad una manifestazione proclamata da organismi di categoria. Da un lato, si tratta di situazioni giuridiche che ricevono chiara copertura costituzionale nell'ambito della libertà di associazione, e dall'altro riflettono determinazioni di natura necessariamente volontaria, che nulla hanno a che vedere con le ipotesi di assoluta impossibilità di presenziare contemplate dal codice di rito a riguardo, la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte appare oramai consolidata, fino al punto di dover ravvisare il diritto del difensore al differimento dell'udienza e ad inquadrare correlate ipotesi di nullità v. la sentenza Tibo, evocata anche dal Tribunale di Napoli . In mancanza di qualunque spazio di discrezionalità per il giudice, chiamato soltanto a verificare la sussistenza formale di una iniziativa indetta da associazioni di categoria e con i limiti che l'ordinamento ha inteso introdurre circa le possibilità di verifica da parte del giudice del rispetto dei termini e delle modalità di svolgimento dell'astensione, viste le competenze riservate a commissioni istituite ad hoc , la dichiarazione del difensore che vi aderisca non ha contenuto di istanza, e si risolve in una - seppure pienamente legittima, perché rispondente a un diritto riconosciutogli - mancata partecipazione all'udienza. In altre parole, la manifestazione da parte del difensore di aderire ad una astensione proclamata rappresenta una causa - sia pure contemplata e consentita dall'ordinamento - di privazione per l'imputato dell'assistenza tecnica che gli è dovuta ed ecco perché da un lato si impone la sospensione o il rinvio del processo, ma dall'altro si giustifica la sospensione dei termini custodiali ai sensi dell'art. 304 comma 1, lettera b . La più sottile distinzione su cui si sofferma il Tribunale di Napoli sulla base delle indicazioni della sentenza Bruzzise , fra ipotesi di richiesta legittima, sia pure se non correlata ad un impedimento, e casi di mancata presentazione o partecipazione che sarebbero comunque conseguenza di scelte arbitrarie o non autorizzate, confina del resto l'ambito applicativo della più volte ricordata lett. b a spazi del tutto residuali mentre l'interpretazione caldeggiata dal Procuratore della Repubblica con l'odierno ricorso appare coerente con le indicazioni della - assolutamente parallela - giurisprudenza di legittimità in tema di sospensione dei termini di prescrizione. Infatti, nei casi di impedimento a presenziare da parte del difensore o dell'imputato l'udienza non può essere rinviata oltre il sessantesimo giorno e, ove ciò avvenga, la sospensione della prescrizione non può comunque avere durata maggiore, dovendosi applicare la disposizione di cui all'art. 159, comma primo, n. 3, cod. pen., nel testo introdotto dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251” v. Cass., Sez. IV, n. 10926 del 18/12/2013, La China, Rv 258618 ma non altrettanto è a dirsi nelle ipotesi di rinvio per adesione del difensore ad astensioni collettive di categoria, che comportano la sospensione del termine prescrizionale per tutto il tempo necessario per gli adempimenti tecnici imprescindibili al fine di garantire il recupero dell'ordinario svolgersi del processo” Cass., Sez. IV, n. 10621 del 29/01/2013, M., Rv 256067 . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.