Sequestro preventivo impugnabile dal difensore solo se investito di procura speciale dalla società

Il difensore che propone reclamo contro il decreto di sequestro deve avere la procura speciale della società, in quanto è la società stessa, quale terzo interessato, legittimata a proporre l’impugnazione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 47016, depositata il 27 novembre 2015. Il caso. Il gip del Tribunale di Napoli disponeva sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, nei confronti dei legali rappresentanti di una società indagati in relazione ai delitti di cui agli artt. 416 c.p. e 8, comma 1 e 2 del d.lgs. n. 74/2000. Il Tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di riesame, confermava il provvedimento impugnato. La Corte di Cassazione interveniva annullando il provvedimento e rinviando la causa al Tribunale il quale dichiarava nuovamente inammissibile la richiesta di riesame. Un legale rappresentate della società ripropone ricorso in Cassazione. La legittimazione a proporre riesame contro il decreto di sequestro preventivo. I Giudici di legittimità rilevano che, prima ancora di esaminare la questione in merito alla possibilità di sottoporre a sequestro i beni societari, è necessario valutare la legittimazione degli indagati ad agire per la restituzione dei beni appartenenti alle società investite dal provvedimento di sequestro. Richiamano al riguardo l’art. 322 c.p.p., che attribuisce la legittimazione a proporre riesame contro il decreto di sequestro preventivo al soggetto al quale le cose sono state sequestrate, a colui che avrebbe diritto alla loro restituzione, all’imputato e dunque, sottolineano i Giudici, non anche all’indagato. Necessario il conferimento di autonoma procura speciale al difensore. Da ciò consegue che legittimato a proporre riesame contro il decreto di sequestro è solo la società cui i beni sono stati sequestrati, la quale agisce come terzo interessato. Costui è portatore di interessi civilistici per cui oltre a non stare personalmente in giudizio, ha un onere di patrocinio che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore. Nel caso di specie, osserva la Corte, i legali rappresentanti della società non hanno conferito autonoma procura speciale al difensore affinché proponga riesame in nome e per conto della società. Trova, pertanto, applicazione l’art. 591 c.p.p. e l’impugnazione è inammissibile essendo stata proposta da soggetto non legittimato. Aggiungono, poi, che tale inammissibilità può essere dichiarata in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in sede di giudizio di rinvio. Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite. Fonte www.ilsocietario.it

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 ottobre – 26 novembre 2015, n. 47016 Presidente Brusco – Relatore Blaiotta Motivi della decisione Il Gip del Tribunale di Napoli, con provvedimento del 15 aprile 2013, ha disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, in relazione ai delitti di cui agli artt. 416 cp. e 8, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000, fino alla concorrenza della Imposta evasa, delle somme presenti sui conti correnti intestati alle società Edirn Sicurity s.r.l., Ingeco s.r.l., Valdim Immobiliare, Istituto Scolastico Santa Croce cooperativa sociale, All Computer s.r.l., Computer Trading s.r.l., Information Technology & amp Job Consulting s.r.l., vedendo indagati dei predetti reati i rispettivi legali rappresentanti societari, D.M.F.P. , M.L. e G.M. , e in caso di incapienza, delle somme presenti sui conti correnti personali dei predetti legali rappresentanti. Il Tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sulle istanze di riesame avanzate nell'interesse dei prevenuti e sulle deduzioni presentate dal difensore di F.A. , legale rappresentante dell'Istituto Santa Croce, ha confermato il provvedimento impugnato. 2. Il provvedimento è stato annullato con rinvio dalla terza Sezione di questa Corte di cassazione. Per chiarezza si riporta il testo della parte centrale della pronunzia. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito indicati. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la recente pronuncia n. 10561/2014, risolvendo il contrasto giurisprudenziale esistente in tema di applicabilità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni appartenenti a persona giuridica per reati tributari, commessi dal legale rappresentante, hanno affermato i seguenti principi - è consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commessi dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica - non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio - non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili ai profitto di reato tributano compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato. Va, quindi, innanzitutto, ricercato il profitto del reato, per procedere, così come imposto dall'art. 322 ter c.p.p., al sequestro dello stesso ai fini della confisca diretta, che sia rimasto nella disponibilità della persona giuridica, oppure, in mancanza, presso gli organi della persona giuridica stessa. Soltanto nel caso in cui si riveli impossibile rinvenire il profitto del reato o dei beni riconducibili ad esso presso la persona giuridica, il rappresentante o altro soggetto non estraneo ai reato, è consentito il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per i reati da loro commessi e della medesima persona giuridica, quando questa costituisca uno schermo fittizio. Orbene, il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata ordinanza, consente di rilevare una lacunosità nella argomentazione motivazionale, adottata dal decidente il giudice del riesame, infatti, non specifica che quanto assoggettato a vincolo presso le diverse società o in capo ai singoli indagati rappresenta il profitto del reato tributario per cui si procede, limitandosi a ritenere corretto l'operato del Gip nel disporre il sequestro per equivalente fino alla concorrenza della imposta evasa delle somme presenti sui conti correnti bancari intestati alle persone giuridiche e, solo in caso di incapienza, sui conti correnti personali degli amministratori pro tempore. Questo Collegio, pertanto, ritiene di dovere annullare con rinvio l'ordinanza impugnata, affinché il giudice ad quem proceda al riesame della questione nell'ottica dei principi dettati dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite e dei rilievi sopra enunciati . 2.1 Nuovamente decidendo il Tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame. 3. Ricorre per cassazione D.M. . Si lamenta che il Tribunale di Napoli si è sostanzialmente sottratto al compito assegnatogli limitandosi a ritenere inammissibile il ricorso, disattendendo in pieno l'esame della misura cautelare adottata concernente beni peraltro acquistati trent'anni prima della commissione dei fatti di reato. Lo stesso Tribunale ha omesso di chiarire se quanto assoggettato a vincolo rappresentasse il profitto del reato tributario contestato. Oggetto di censura è pure la dichiarazione di inammissibilità. Si espone che i decreti di sequestro preventivo relativi alle diverse società facenti capo al d.M. non gli sono mai stati notificati nella qualità di legale rappresentante degli enti. In conseguenza, ai sensi dell'art. 182 cod. proc. civ. il giudice avrebbe dovuto verificare la regolarità della costituzione delle parti ed eventualmente invitarle a completare o regolarizzare gli atti e documenti ritenuti difettosi assegnando alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza ovvero per il rilascio della procura alle liti. Pertanto il Tribunale avrebbe dovuto concedere alla difesa o al d.M. stesso il termine per munirsi della relativa procura alle liti e non dichiarare l'inammissibilità del ricorso. Inoltre, gli articoli 34 e 35 della legge relativa alla responsabilità amministrativa degli enti prevedono l'applicazione delle norme del codice di procedura penale e l'applicazione nei confronti dell'ente delle disposizioni processuali relative agli imputati. Non vi è dubbio che il potere di proporre riesame spetti oltre che all'imputato anche al suo difensore. Ne consegue che quest'ultimo può proporre la richiesta di riesame senza munirsi di procura speciale ai sensi dell'art. 100 cod. proc. pen. A conferma di ciò l'art. 52 comma 1 prevede che l'ente per mezzo del suo difensore può proporre appello contro tutti provvedimenti in una serie di misure cautelari, osservando ie disposizioni di cui agli articoli 322 bis commi 1 e 2 cod. proc. pen Ha fatto seguito la presentazione di una breve memoria con la quale si è segnalato che la pronunzia delle Sezioni unite di questa suprema corte n. 33041 del 2015 ha chiarito che è ammissibile la richiesta di riesame presentata dal difensore di fiducia nominato dal legale rappresentante sempre che non sia stata già notificata alla società informazione di garanzia. 4. Il ricorso è infondato. Il provvedimento impugnato, riepilogato il contenuto della sentenza di legittimità, ha posto in luce che l'unica questione oggetto del rinvio riguarda la possibilità di sottoporre a sequestro i beni societari. A tale riguardo si è ritenuto che prima di esaminare la indicata questione di diritto. debba essere valutata la legittimazione degli indagati ad agire per la restituzione dei beni appartenenti alle società investite dal provvedimento di sequestro. Tale profilo, si aggiunge, deve essere necessariamente considerato, atteso che la pronunzia del Tribunale determina effetti di tipo civilistico nei confronti di altri soggetti portatori di interessi distinti o anche contrastanti rispetto a quelli dei proponenti. A tale riguardo si rammenta che l'art. 322 cod. proc. pen. attribuisce la legittimazione a proporre riesame avverso il decreto di sequestro preventivo ai soggetto al quale le cose sono state sequestrate, a colui che avrebbe diritto alla loro restituzione, all'imputato e dunque non anche all'indagato. In ogni caso fa persona che avrebbe diritto alla restituzione dei beni va individuata in colui che ha una posizione giuridica autonoma suscettibile di tutela e coincidente quindi con un diritto soggettivo reale o anche solo personale, o anche con una situazione di vero rapporto di fatto tuttavia tutelato come ad esempio il possesso. Ne consegue che legittimato a proporre riesame avverso il decreto di sequestro, è solo la società cui i beni sono stati sequestrati, la quale agisce come terzo interessato. Si tratta di posizione processuale nettamente distinte da quella dell'indagato e dell'imputato. Mentre l'indagato è titolare di un autonomo, personale, potere di impugnazione, non è così per il terzo interessato. Costui, al pari dei soggetti indicati dall'articolo 100, è portatore di interessi civilistici per cui oltre a non poter stare personalmente in giudizio, ha un onere di patrocinio che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura alle liti al difensore, come del resto avviene nel processo civile. Nel caso di specie M. , d.M. e G. , in qualità di legali rappresentanti della società, non hanno conferito autonoma procura speciale al difensore affinché proponga riesame in nome e per conto della società. Trova quindi applicazione l'articolo 591 cod. proc. pen L'impugnazione è inammissibile essendo stata proposta da soggetto non legittimato. Tale inammissibilità può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento e quindi anche in sede di giudizio di rinvio. Tale apprezzamento si sottrae alle indicate censure. L'ordinanza esplicita correttamente le ragioni sistemiche che impongono la preliminare valutazione in ordine alla ammissibilità del gravame questione sulla quale la pronunzia di legittimità non reca alcun vincolante apprezzamento. D'altra parte la pronunzia reca una corretta analisi della disciplina processuale, immune da vizi giuridici o logici, che dimostra la necessità di procura speciale che nella specie difetta. Le obiezioni che il ricorrente espone avverso tale opinamento sono prive di pregio. Si versa in ambito proprio della sede penale e dunque l'evocazione della disciplina civilistica risulta inconferente. Del pari inconferente è il richiamo alla disciplina legale in tema di responsabilità amministrativa dell'ente, posto che nel caso in esame non si versa per nulla in una procedura concernente tale sfera di responsabilità. Per tale ragione neppure è rilevante il richiamo alla già indicata sentenza delle Sezioni unite. Infatti la questione che tale pronunzia era chiamata ad affrontare era Se, in materia di responsabilità degli enti da reato, sia ammissibile la richiesta di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. avverso il decreto di sequestro preventivo, proposta dal difensore di fiducia dell'ente in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001”. Dal tenore della questione controversa risulta del tutto evidente che il principio enunciato riguarda l'ammissibilità della richiesta di riesame presentata dal difensore di fiducia nominato dal legale rappresentante nel caso in cui non sia stata già notificata alla società informazione di garanzia. Dunque il contesto di riferimento è quello del decreto legislativo in questione, afferente appunto alla responsabilità dell'ente e nessuna estensione è consentita al differente ambito di cui qui si discute. Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.