Braccialetto elettronico: non serve motivare l’inidoneità se il giudice esclude a priori gli arresti domiciliari

La valutazione dell’utilità strumentale da correlare alla previsione del braccialetto non è necessaria qualora, ab originis , il giudice della cautela, a fronte della pericolosità dell’indagato e delle connotazioni peculiari del reato contestato, abbia ritenuto la misura degli arresti ex se inidonea alla neutralizzazione del rischio di recidiva.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46806/15, depositata il 25 novembre. Il caso. Gli indagati, con un unico ricorso, impugnano la decisione con la quale il Tribunale del riesame ha confermato l’ordinanza con cui il gip aveva applicato loro la custodia cautelare in carcere. I ricorrenti lamentano che la pronuncia impugnata non avrebbe motivato adeguatamente in ordine all’eccepita nullità dell’ordinanza del gip per non aver lo stesso motivato con riferimento all’adeguatezza della misura quanto alla possibilità di applicare alla specie gli arresti domiciliari coadiuvati dall’imposizione del braccialetto elettronico. Non serve motivare l’inidoneità del braccialetto elettronico se sono inidonei ab originis gli arresti domiciliari. Ricordano gli Ermellini che per costante giurisprudenza di legittimità, la previsione di cui all’art. 275 bis c.p.p., che consente al giudice di prescrivere, con gli arresti domiciliari, l’adozione del c.d. braccialetto elettronico, non ha introdotto una nuova misura coercitiva, ma solamente una mera modalità di esecuzione di una misura cautelare personale. Ne deriva che la valutazione dell’utilità strumentale da correlare alla previsione del braccialetto finisce per assumere i toni della superficialità qualora, ab originis , il giudice della cautela, a fronte della pericolosità dell’indagato e delle connotazioni peculiari del reato contestato, abbia ritenuto la misura degli arresti ex se inidonea alla neutralizzazione del rischio di recidiva. Si tratta, quindi, di casi in cui la motivazione di inidoneità degli arresti, pur connotati dall’adozione del braccialetto, finisce per essere implicitamente assorbita nel ritenere adeguata esclusivamente la custodia inframurale. Nel caso di specie gli arresti domiciliari risultavano assolutamente inadeguati. La lettura della decisione assunta dal gip nel decidere la misura da applicare alla specie evidenzia che, nel caso di specie, gli arresti domiciliari sono stati ritenuti assolutamente inadeguati rispetto alla professionalità dell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti ascrivibile ai ricorrenti. La pericolosità riscontrata, poi, ha permesso di escludere il possesso, da parte degli indagati, della capacità di autodisciplina sottesa indefettibilmente agli arresti quanto al rispetto delle relative prescrizioni , quale che possa essere il tenore delle stesse. La Corte, pertanto, ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 ottobre – 25 novembre 2015, n. 46806 Presidente Milo – Relatore Paternò Raddusa Fatto e diritto 1. Z.G. e C.A., con un unico ricorso proposto dal medesimo difensore di fiducia, impugnano la decisione con la quale il Tribunale di Napoli Nord, quale giudice del riesame ex art. 309 cod.proc.pen. ha dato conferma alla ordinanza dei Gip del medesimo Tribunale con la quale ai ricorrenti, gravemente indiziati del reato di cui all'art. 73 LS, è stata applicata la custodia cautelare in carcere. 2. Con un unico motivo si evidenzia difetto di motivazione in ordine alla eccepita, con il riesame, nullità della ordinanza del GIP per non avere lo stesso motivato in punto di adeguatezza della misura quanto alla possibilità di applicare alla specie gli arresti domiciliari coadiuvati dalla imposizione del braccialetto elettronico. Tanto dunque in violazione dei combinato disposto di cui agli artt. 275 comma III bis e 292 comma II lettera c bis, tale da conclamare una nullità, quella dell'autonoma valutazione di pertinenza del Gip, che il Tribunale ha integralmente omesso di scrutinare provvedendo, per contro , a colmare inammissibilmente, con il proprio argomentare , il difetto di motivazione addotto, secondo linee logiche, peraltro, manifestamente incongrue aspetto alla ratio legis sottesa alla previsione del braccialetto di controllo. 3. II ricorso riposa su doglianze infondate e merita dunque la reiezione. 4. Secondo quanto costantemente osservato da questa Corte cfr da ultimo Sez. 2, n. 6505 del 20/01/2015 - dep. 16/02/2015, Fiorillo e altri, Rv. 262600 , la previsione di cui all'art. 275-bis cod. proc. pen., che consente al giudice di prescrivere, con gli arresti domiciliari, l'adozione del cosiddetto braccialetto elettronico , non ha introdotto una nuova misura coercitiva, ma solo una mera modalità di esecuzione di una misura cautelare personale. Da tale principio ne deriva il corollario logico in forza al quale la valutazione della utilità strumentale da correlare alla previsione del braccialetto finisce per assumere i toni della superfluità laddove , a monte, il giudice della cautela, alla luce della pericolosità dell'indagato e delle connotazioni peculiari del reato contestato, abbia ritenuto la misura degli arresti in sé del tutto inidonea alla neutralizzazione del rischio di recidiva. In questi casi, dunque , la motivazione di inidoneità degli arresti , pur connotati dalla adozione del braccialetto , finisce per essere implicitamente assorbita nel ritenere unicamente adeguata custodia inframuraria. Più dettagliatamente, può convenirsi, infatti, con i ricorrenti in ordine alla impossibilità per il Tribunale del riesame di colmare il difetto di motivazione rispetto ali' obbligo di argomentazione imposto al Gip nel valutare l'inadeguatezza degli arresti con l'ulteriore prescrizione del braccialetto elettronico laddove si intenda applicare la custodia inframuraria così come appare imposto dalla combinata lettura degli articolo 275 comma III bis e 292 comma II lettera c bis. Al contempo, tuttavia, deve escludersi a monte l'insussistenza del lamentato difetto di motivazione inficiante la misura genetica ove gli arresti siano, con motivazione puntuale e non manifestamente illogica, ritenuti a monte incompatibili con la pericolosità riscontrata in capo all'indagato. 5. II caso oggetto di scrutinio ben si attaglia alle superiori indicazioni di principio. 5.1. La lettura della decisione assunta dal Gip nel decidere la misura da applicare alla specie lascia emergere, con evidenza, il giudizio, reso nel caso, di assoluta inadeguatezza degli arresti domiciliari rispetto alla professionalità dell'attività di spaccio di sostanze stupefacenti ascrive ai ricorrenti ricavata sia dal fatto sottoposto a giudizio sia dai precedenti specifici degli odierni ricorrenti. Pericolosità riscontrata in termini tali da portare ad escludere il possesso, da parte degli indagati in questione, della capacità di autodisciplina sottesa indefettibilmente agli arresti quanto al rispetto delle relative prescrizioni, quale che possa essere il tenore delle stesse. 5.2. A fronte di tale giudizio, logico e puntualmente motivato e dunque esente da ogni censura prospettabile in sede di legittimità, il mancato cenno esplicito alla previsione del possibile utilizzo del braccialetto risulta assorbito dalla argomentazione complessivamente spesa per-esctüáére f adeguatezza in sé degli arresti. 5.3. Le indicazioni esposte dal Tribunale del riesame, dunque , lungi dal colmare un vuoto argomentativo assoluto rispetto ad un punto per il quale il legislatore impone uno specifico onere di motivazione in capo al Gip, in altro non si concretano se non in una materiale esplicitazione di una valutazione comunque resa sul tema dal primo giudice. Nel caso , peraltro, smentendo apertamente la critica sollevata con il ricorso, l'argomentazione tracciata dal Tribunale è stata resa in termini tali da dotare di ancor più stringente logica la valutazione implicitamente resa dal GIP. Tanto perché viene denunziata l'inadeguatezza degli arresti rispetto alla rassegnata , dal GIP, pericolosità dei ricorrenti vista, nel caso di specie , ancora più concretamente , attraverso il prisma garantito dalle connotazioni tipiche del reato in contestazione, il cui rischio di reiterazione, secondo la prassi comune in ambienti dominati dallo smercio di sostanze stupefacenti, appare largamente compatibile con la detenzione domiciliare con ulteriore indifferenza al fine della prescrizione afferente il braccialetto elettronico. 6. Da qui la conclusione dicui al dispositivo che segue con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma I ter D ATT cod.proc.pen.