Borse offerte in strada, evidente la falsità del marchio. Venditore comunque sanzionabile

Smentita completamente la visione adottata dai giudici del Tribunale, i quali avevano assolto un cittadino senegalese, rilevando le modalità con cui veniva effettuato il commercio. Questo elemento, per quanto utile al compratore per desumere la falsità del marchio che caratterizza i prodotti, non rende la condotta del venditore meno grave.

Borse offerte in strada. Situazione commerciale poco ortodossa. Facile per il compratore capire che il marchio sulla merce, quello di una nota azienda di moda, è assolutamente falso. Ciò nonostante, il venditore è sanzionabile Cassazione, sentenza n. 468172105, Sezione Quinta Penale, depositata ieri . In strada. Decisione sorprendente, quella assunta in Tribunale. I magistrati assolvono un uomo –cittadino senegalese – beccato a vendere in strada borse riportanti il marchio contraffatto di una nota azienda del comparto della moda . Nessun dubbio sulla condotta dello straniero. Per i giudici, però, le modalità dell’illecito commercio e la natura della merce messa in vendita permettono di ritenere evidente la inidoneità ingannatoria della contraffazione nei confronti dei potenziali compratori. Per i giudici del Tribunale, quindi, il fatto è penalmente irrilevante . Marchio. Le valutazioni che hanno portato all’assoluzione del cittadino senegalese vengono ora demolite in Cassazione. I giudici di terzo grado” sottolineano che oggetto di tutela non è l’affidamento dell’acquirente dei beni venduti con modalità in grado di rendere evidente la contraffazione del marchio, bensì il pericolo derivante per la fede pubblica dalla circolazione dei suddetti beni, potenzialmente rivendibili in circostanze affatto diverse . Tale elemento permette di evidenziare l’errore compiuto in Tribunale. Per completare il quadro, poi, i giudici del ‘Palazzaccio’ ricordano anche che il reato sussiste anche nell’ipotesi in cui il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio . Ciò che conta, difatti, non è tutelare il singolo acquirente , bensì garantire la circolazione dei beni contraddistinti da marchi registrati . Di conseguenza, concludono i giudici, l’esclusione della possibilità che gli acquirenti possano essere tratti in inganno non rende meno grave la condotta del commerciante. Visione chiarissima, quella delineata ora in Cassazione, e destinata ad essere fatta propria dai giudici del Tribunale, i quali dovranno riprendere in esame la vicenda.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 ottobre – 25 novembre 2015, n. 46817 Presidente Marasca – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Ferrara ha assolto D.M. per i reati di detenzione a fine di vendita e ricettazione di prodotti con marchi contraffatti, ritenendo che il fatto contestato non costituisca reato. 2. Avverso la sentenza ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara deducendo l'errata applicazione della legge penale. Osserva il pubblico ministero ricorrente come la sentenza impugnata abbia considerato penalmente irrilevante il fatto contestato la detenzione di quindici borse riportanti il marchio contraffatto di una nota azienda del comparto della moda sulla base della ritenuta inidoneità ingannatoria della contraffazione erroneamente dedotta dalle modalità con cui veniva condotto l'illecito commercio e dalla natura della merce messa in vendita. Considerato in diritto 1.I1 ricorso è fondato. 2. Come ricordato nel ricorso, per il consolidato insegnamento di questa Corte integra il delitto di cui all'art. 474 c.p. la detenzione per la vendita o la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che la norma incriminatrice menzionata tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell'acquirente, ma la fede pubblica in senso oggettivo, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno, non ricorrendo quindi l'ipotesi dei reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti possano essere tratti in inganno ex multis Sez. 5, n. 5260/14 del 11 dicembre 2013, Faje, Rv. 258722 . Ed in tal senso si è altresì specificato come il reato sussiste anche nell'ipotesi in cui il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità dei marchio, gicchè l'incriminazione mira per l'appunto non a garantire il singolo acquirente come tale, bensì la circolazione dei beni contraddistinti da marchi registrati Sez. 2, n. 28423 del 27 aprile 2012, Fabbri e altri, Rv. 253417 . 3. La sentenza impugnata, pur avendo dato atto dei sopra ricordati principi, si pone in consapevole contrasto con i medesimi dimostrando però di non averne colto il senso. Ed infatti il Tribunale afferma che tali principi si fonderebbero su di una errata ricostruzione dell'oggettività giuridica del reato previsto dall'art. 474 c.p., il cui ambito di tutela verrebbe in tal modo arbitrariamente esteso agli interessi economici dei titolare del marchio peraltro malintesi dal giudicante, giacchè questi vanta un interesse alla repressione di fatti come quello in contestazione al fine di evitare la volgarizzazione di marchi che fondano sull'esclusività dell'accesso ai beni su cui sono apposti il loro successo . In realtà ciò che la giurisprudenza di legittimità afferma tutt'altro e cioè che, come sopra accennato, oggetto di tutela non è l'affidamento dell'acquirente dei beni venduti con modalità in grado di rendere evidente la contraffazione del marchio apposto sui medesimi, bensì il pericolo derivante per la pubblica fede dalla circolazione dei suddetti beni, potenzialmente rivendibili in circostanze affatto diverse. La soglia della tutela approntata in tal senso dal legislatore può certamente rivelarsi assai avanzata, ma non per questo non conserva un effettivo legame con il bene giuridico che illumina la ratio dell'incriminazione, che configura una fattispecie di pericolo astratto che non presenta, così ricostruita, profili di incompatibilità con il principio di offensività. 4. Ricorre pertanto il denunciato vizio di inosservanza della legge penale, che ha contaminato anche la decisione del Tribunale di assolvere l'imputato anche dal reato di ricettazione, motivata esclusivamente in relazione all'irrilevanza penale della contraffazione. Ed in tal senso va ricordato l'ulteriore consolidato principio per cui il delitto di ricettazione e quello di commercio di prodotti con segni falsi possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore Sez. Un., n. 23427 del 9 maggio 2001, P.M. in proc. Ndiaye, Rv. 218771 . 5. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Ferrara per nuovo esame, il quale si atterrà ai principi in precedenza affermati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Ferrara.