Condotta invasiva precedente alla ridefinizione dell’asse ereditario: il reato c’è

Il riconoscimento di un diritto successorio in capo ad un soggetto non esclude la configurabilità dell’illecito di occupazione abusiva se la condotta di invasione è stata posta in essere prima della redistribuzione dei beni dell’asse ereditario. La ratio dell’art. 633 c.p. deve essere individuata nella tutela tanto della proprietà quanto del possesso del bene.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46128/2015, depositata il 20 novembre. Il caso. Il Tribunale del riesame di Salerno confermava il decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto un immobile, la cui proprietà era rivendicata da una donna che ne denunciava l’occupazione abusiva da parte dell’imputato. Quest’ultimo ricorreva per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 633 c.p. invasione di terreni o edifici il ricorrente rilevava, infatti, come non fosse stata data prova della condotta di invasione, presupposto necessario ai fini della configurabilità della fattispecie di occupazione abusiva. L’imputato, inoltre, sottolineava di essere titolare di un diritto di successione sull’immobile, in quanto figlio naturale riconosciuto del precedente proprietario. Se l’impossessamento del bene è legittimo, non si configura alcuna invasione dell’edificio neppure se l’occupazione prosegue contro la volontà dell’avente diritto. La Suprema Corte ha preliminarmente sottolineato come la condotta di invasione debba considerarsi ricompresa in quella di occupazione affinché sia rilevata l’occupazione, infatti, è necessaria la previa presa di possesso del bene. Gli Ermellini hanno evidenziato che la mancanza di un’invasione illegittima assume rilevanza soltanto se l’impossessamento del bene era legittimo ab origine . Nel caso di specie, la Corte di legittimità ha precisato come la condotta invasiva sia stata posta in essere da parte dell’imputato in un momento precedente rispetto alla ridefinizione della ripartizione dell’asse ereditario. La norma tutela anche il possesso del bene. In questo senso la Suprema Corte ha rilevato come il riconoscimento di un diritto successorio in capo all’imputato non possa fungere da causa giustificatrice dell’invasione realizzata dallo stesso, in assenza di una redistribuzione dei beni dell’asse ereditario. Gli Ermellini, infatti, hanno evidenziato che la ratio dell’art. 633 c.p. deve essere individuata tanto nella tutela della proprietà quanto in quella del possesso la fattispecie ha la finalità di tutelare il rapporto di fatto tra l’immobile ed il soggetto che sia interessato, a qualsiasi titolo, all’integrità e libertà dello stesso. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 ottobre - 20 novembre 2015, n. 46128 Presidente Esposito – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1.11 Tribunale per il riesame di Salerno confermava il decreto di sequestro preventivo con il quale era stato vincolato un immobile del quale rivendicava la proprietà M.A., che denunciava l'occupazione abusiva dello stesso da parte di M. J Questi era stato riconosciuto figlio naturale di M. C., che aveva lasciato in eredità l'immobile dei quale veniva rivendicata la proprietà alla sorella denunciante M.A. .Il Tribunale confermava il vincolo impregiudicati gli esiti dei procedimenti civili sulla base del fatto che la M.A. vantava sul bene pervenuto da successione ereditaria del M. C. valido titolo dì proprietà conseguente alla successione testamentaria. 2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che deduceva 2.1. violazione dell'art. 633 cod. pen. Si deduceva che non sarebbe stata provata la condotta di invasione necessaria per la configurazione della fattispecie contestata inoltre non sarebbe stato considerato che il ricorrente, in seguito al riconoscimento dei suo stato di figlio naturale dei M. C. avvenuto a Monaco di Baviera il 28 ottobre 2014 vantava un diritto alla successione sui beni dei C. e dunque non aveva occupato illegittimamente un bene facente parte dell'asse ereditario 2.2. violazione di legge con riguardo all'art. 687 cod. civ. e 125 cod. proc. pen. Il riconoscimento dello stato dì figlio naturale comportava il riconoscimento in capo allo stesso di un diritto successorio idoneo ad influire sulle disposizioni testamentarie del de cuius, che, senza considerare i diritti dei figlio naturale attuale indagato, aveva lasciato il cespite asseritamente occupato alle sorelle Eugenia ed Antonietta 2.3. violazione di legge per carenza dell'elemento soggettivo del reato contestato. Nella prospettiva dei ricorrente l'esercizio dei diritto successorio sarebbe incompatibile con il riconoscimento dell'elemento soggettivo. Considerato in diritto 1. II ricorso è manifestamente infondato. 1.1. II primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto l'invasione è, nel caso di specie, implicita nella condotta di occupazione senza il previo illecito ingresso invasivo infatti non avrebbe potuto essere rilevata l'occupazione che necessita ontologicamente per verificarsi di una pregressa invasione. La assenza della invasione illegittima rileva solo ove l'impossessamento dei bene si configuri ab origine legittima in tal caso il reato di invasione di terreni o edifici non è configurabile malgrado chi sia entrato legittimamente in possesso del bene occupato prosegua nell'occupazione contro la sopraggiunta volontà dell'avente diritto Cass. sez. 2, n. 5585 del 01/12/2011, dep. 2012, Rv. 251804 Cass. sez. 2, n. 25937 del 17/06/2010, Rv. 247751 . Nel caso di specie tuttavia la stessa invasione si configura, nella lettura offerta dal collegio di merito come illegittima in quanto la ridefinizione della ripartizione dell'asse ereditario dopo il riconoscimento all'imputato dello stato di figlio legittimo non era ancora definita quando l'indagato aveva invaso , e quindi occupato , il bene in sequestro. 1.2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto il riconoscimento di un diritto successorio in capo all'indagato ricorrente non elide giustifica l'invasione in un momento in cui non si era ancora provveduto alla redistribuzione dell'asse ereditario, malgrado la revoca di diritto della successione testamentaria conseguente al riconoscimento dello status di figlio naturale Cass. civ. Sez. 2, n. 1935 dei 09/03/1996 Rv. 496241 . II collegio condivide la giurisprudenza secondo cui la norma di cui all'art. 633 cod. pen. comprende nella sua tutela non solo la proprietà, ma anche il possesso dei terreni e degli edifici, essendo diretta a salvaguardare quel rapporto di fatto che viene esercitato sugli immobili sia dal proprietario che da terzi. Infatti, con il termine altrui la norma medesima ha inteso tutelare non solo il diritto di proprietà, ma anche ogni altro rapporto con l'immobile di soggetto diverso dal proprietario, ma interessato allo stesso modo alla libertà e integrità del bene Cass. sez. 2, n. 4823 del 25/11/2005, dep. 2006, Rv. 233232 . In aderenza a tale linea interpretativa la relazione della denunciante con l'immobile occupato discendente dal testamento revocato è compresa tra quelle che meritano tutela in attesa della definitiva ripartizione dell'asse ereditario. Ma al di là della idoneità dell'art. 633 cod. pen. a tutelare situazioni di fatto, deve essere rilevato come il collegio territoriale evidenziava che in atti vi era un certificato di residenza dell'imputato nell'immobile occupato risalente al 12.4.2013, dunque ad un periodo precedente quello in cui veniva riconosciuto il suo stato di figlio naturale del M. C. ovvero il 28 ottobre 2014 . Tale elemento era indiziante una invasione precedente rispetto alla acquisizione dello stato di figlio naturale effettuata in un periodo in cui la denunciante vantava la proprietà dell'immobile ricevuto in esecuzione dellel disposizioni testamentarie del fratello. 1.3. Anche il terzo motivo di ricorso si presenta manifestamente infondato in quanto non può negarsi l'esistenza dei fumus dell'elemento psicologico dei reato dato che emergevano elementi indicativi del fatto che l'occupazione r fosse avvenuta in un periodo precedente il riconoscimento in capo all'indagato dello status di figlio legittimo del de cuíus. 2. Alla dichiarata inammissibilità dei ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in € 1000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente'' al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000.00 alla Casa delle ammende.