Quale conseguenza sui termini di custodia dall’adesione del difensore all’astensione indetta dalla propria categoria?

La condotta del difensore di non intervenire alla udienza in forza della adesione alla proclamata astensione dalle udienze non integra un impedimento a comparire in quanto non imposta da eventi o cause esterne, ma frutto della libera volontà di scelta del professionista interessato che rende così privo di assistenza l’imputato, con conseguente applicabilità, ai fine della sospensione dei termini di custodia cautelare, della lettera b dell’art. 304 c.p.p., che prevede sostanzialmente l’ipotesi di mancata presentazione dell’assistenza difensiva, determinante la sospensione o il rinvio del dibattimento.

Questo il discutibile passo indietro della Cassazione, sentenza n. 45525/15, sul diritto all’astensione del difensore. Il caso. La questione concreta da cui origina la pronuncia in commento è tanto semplice quanto complesse e rilevanti sono le conseguenze che ne derivano sotto il profilo giuridico. Il difensore dell’imputato deduce la perdita di efficacia della misura della custodia cautelare in carcere per decorso del termine massimo di fase. La richiesta viene rigettata sia dal giudice procedente che dal Tribunale della Libertà, adito in sede di appello ex art. 310 c.p.p Avverso detta ordinanza, ricorre per Cassazione la difesa, sulla base del rilievo che i periodi di sospensione conseguenti alla astensione dei difensori dalle udienze legittimamente indette dall’organizzazione di categoria non sono computabili nei termini massimi di custodia di cui all’art. 304, comma 6, c.p.p Nel proprio articolato ricorso, il difensore non manca di richiamare la nota pronuncia della Sesta Sezione n. 36208/14. Le Sezioni Unite n. 15232/15. Con la nota pronuncia n. 15232/15 , depositata il 14 aprile, le Sezioni Unite hanno riconosciuto che, in relazione alle udienze camerali, in cui la partecipazione delle parti non è obbligatoria, il giudice è tenuto a disporre il rinvio della trattazione in presenza di una dichiarazione di astensione del difensore, legittimamente proclamata dagli organismi di categoria ed effettuata o comunicata nelle forme e nei termini previsti dall'art. 3, comma 1, del vigente codice di autoregolamentazione il sicuro fondamento costituzionale del diritto del difensore di astenersi, non consente di equiparare questo fenomeno ad una qualsiasi altra ipotesi di legittimo impedimento partecipativo. Con la medesima pronuncia gli Ermellini hanno chiarito che la mancata partecipazione del difensore a seguito di dichiarazione di astensione dalle udienze non è dovuta ad un impedimento, ma all'esercizio di un diritto costituzionale, che il giudice deve riconoscere e garantire purché avvenga nel rispetto delle condizioni e dei presupposti previsti dalle specifiche norme che lo regolano, e che pertanto la richiesta del difensore di rinvio dell'udienza è tutelata dall'ordinamento, quale esercizio di un diritto costituzionale, ma non costituisce impedimento in senso proprio. Ciò in quanto la nozione di legittimo impedimento indica una situazione in cui non vi è alcuna scelta, ma un'oggettiva impossibilità del difensore di partecipare all'udienza, mentre l'astensione del difensore integra una situazione del tutto diversa, ossia l'esercizio di un diritto costituzionale che costituisce, di per sé, la ragione che giustifica il rinvio. La sentenza n. 36208/14. Con la pronuncia n. 36208/14, depositata il 27 agosto, la Sesta Sezione della Cassazione si era occupata di un caso del tutto analogo rispetto a quello di specie. In detta pronuncia, richiamata anche dal ricorrente, la Sesta Sezione aveva preso le mosse proprio da quei principi che, poco dopo, saranno riconosciuti e legittimati dalla pronuncia nomofilattica delle Sezioni Unite n. 15232/15, appena citata. Aveva infatti premesso la Sesta Sezione che l’astensione dalle udienze del difensore non è riconducibile nell’ambito dell’istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione del diritto di libertà, il cui corretto esercizio, attuato in ottemperanza a tutte le prescrizioni sostanziali e formali indicate dalla pluralità delle fonti regolatrici, impone il rinvio della udienza camerale. Da tali presupposti la Corte si era interrogata se detta ipotesi rientrasse nella lettera a ovvero nella lettera b dell’art. 304, comma 1, c.p.p., in quanto, come noto, ai sensi dell’art. 304, comma 6, c.p.p. nel calcolo dei termini di fase non si tiene conto delle sospensioni di cui alla predetta lettera b , e si tiene invece conto delle sospensioni di cui alla lettera a . La lettera a dunque consente la sospensione dei termini di custodia, ma non legittima, per contro, lo sforamento dei termini massimi, comunque posti dall’art. 304. comma 6, c.p.p., consentito invece dalla lettera b . La Sesta Sezione, con ampia e condivisibile argomentazione, aveva ricondotto l’adesione del difensore all’astensione indetta dalla associazione di categoria, nel rispetto delle norme che la disciplinano, al diritto al rinvio richiesto dal difensore lettera a e non alla una mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione del difensore di cui alla lettera b . Tale principio non pare evocabile in dubbio laddove si riconosca, come poi hanno fatto le Sezioni Unite, che l'astensione del difensore integra una situazione del tutto diversa da quest’ultima, in quanto, pur non essendo legittimo impedimento, dà luogo all'esercizio di un diritto costituzionale che costituisce, di per sé, la ragione che giustifica il rinvio. La Sesta Sezione aveva dunque esplicitamente affermato come l’astensione regolarmente indetta ed esercitata nel rispetto delle norme che la disciplinano la cui verifica è demandata al giudice nel singolo caso , laddove induca il giudice a concedere il richiesto rinvio, non consente lo sforamento dei termini di cui all’art. 304, comma 6, c.p.p La contorsione” della Cassazione nel caso di specie. La pronuncia in commento ripercorre – con un copia e incolla” - gran parte dell’apparato motivazionale della Sentenza della Sesta Sezione appena richiamata, per poi concludere, invero in modo alquanto apodittico, di non condividerne le argomentazioni. A supporto di detta presa di distanza, gli Ermellini richiamano un proprio recente precedente n. 41165/15 in cui si è affermato che il concetto di impedimento a comparire risulta chiaramente incompatibile con una condotta del difensore di astensione, frutto della libera volontà di scelta del professionista interessato che rende così privo di assistenza l’imputato , con conseguente riconducibilità di detta ipotesi alla fattispecie di cui lettera b del comma 1 dell’art. 304 c.p.p., che espressamente richiama tale ipotesi. Invero la Corte non si preoccupa di spiegare perché tale argomento pare preferibile rispetto ai ben più ampi argomenti contenuti nella pronuncia della Sezione Sesta, e poi fatti propri – si ribadisce – sia dalle Sezioni Unite sopra menzionate che dalle Sezioni Unite Lattanzi, limitandosi ad affermare che il collegio condivide integralmente tale motivazione alla quale si riporta integralmente . Con il minimo sforzo argomentativo, che si esaurisce nel copia e incolla” di due pronunce in possibile contrasto fra loro, la Corte risolve la questione limitandosi ad affermare la propria totale, incondizionata e – sia consentito .- anche immotivata adesione al secondo e meno garantista orientamento, con conseguente rigetto del proposto ricorso. Resta solo da osservare come tale pronuncia se, a parole, riconosce la libertà del difensore di aderire alla astensione, da altro lato, pare completamente misconoscerne la valenza costituzionale, minandone in radice l’esercizio in caso di imputato detenuto in custodia cautelare, stante il conseguente allungamento dei termini di cui all’art. 304, comma 6, c.p.p

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 – 16 novembre 2015, n. 45525 Presidente Esposito – Relatore Davigo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 11.5.2015 il Tribunale di Napoli rigettò la richiesta di declaratoria di inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere per decorrenza del termine massimo di fase avanzata nell'interesse di P.P. . 2. L'imputato propose appello ma il Tribunale di Napoli, Sezione per le misure cautelari personali, con ordinanza del 16.6.2015 rigettò l'impugnazione. 3. Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in quanto i periodi di sospensione conseguenti all'astensione dei difensori dalle udienze legittimamente indette dall'organizzazione di categoria non sono computabili nei termini massimi di custodia di cui all'art. 304 comma 6 cod. proc. pen., come da pronunzia Cass. Sez. 6 n. 36208 del 26.6.2014, peraltro accolta in altra occasione anche dal Tribunale di Napoli. Nel caso in esame il Tribunale ha richiamato una pronunzia delle S.U. n. 40187 del 13.3.2014 , che però tratta l'argomento in modo meramente incidentale. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. La sentenza della Sez. 6 di questa Corte n. 36208 del 26.6.2014 dep. Il 27.8.2014, invocata nel ricorso, così argomenta 9. Il Tribunale, citando varie pronunce non recenti di questa Corte, valuta essenzialmente la possibilità di ritenere che la astensione/sciopero degli avvocati sia o meno un legittimo impedimento a comparire ai sensi dell'art. 420 ter cod. proc. pen., giungendo alla conclusione negativa ritenendo che la condotta del difensore non possa costituire un legittimo impedimento. 10. In conseguenza, ritiene che l'ipotesi della astensione non rientri nell'art. 304 c.p.p., comma 1, lett. a che disciplina, fra l'altro, le conseguenze del rinvio per impedimento a comparire del difensore sui termini di custodia, ma rientri nella lett. b di tale stesso comma, secondo il quale il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati. 11. L'ulteriore conseguenza deriva dalla disciplina dell'art. 304 cod. proc. pen., comma 6, che prevede che, nel calcolo del doppio dei termini di fase, non si tiene conto delle sospensioni di cui alla predetta lett. b e si tiene invece conto delle sospensioni di cui alla lett. a . 12. Se quindi la astensione degli avvocati non è legittimo impedimento ma mancata partecipazione, il conseguente periodo di rinvio determina l'allungamento del limite del doppio dei termini di fase. 13. Tale lettura non può, però, essere condivisa. 14. La questione va definita alla stregua della corretta qualificazione della condotta di astensione del difensore per motivi sindacali. Recente giurisprudenza ha affermato che L'astensione del difensore dalle udienze non è riconducibile nell'ambito dell'istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione dell'esercizio di un diritto di libertà, il cui corretto esercizio, attuato in ottemperanza a tutte le prescrizioni formali e sostanziali indicate dalle pluralità delle fonti regolataci, impone il rinvio anche delle udienze camerali. Fattispecie in aveva accolto la richiesta di rinvio dell'udienza camerale nel giudizio di appello a seguito di abbreviato per adesione del difensore all'astensione dalle udienze . Sez. 6, n. 1826 del 24/10/2013 - dep. 17/01/2014, S., Rv. 258334 . 15. Quindi, proprio in una ipotesi in cui il legittimo impedimento del difensore ai sensi dell'art. 420 ter cod. proc. pen. non rileva, quale è la udienza camerale di cui all'art. 599 cod. proc. pen. la presenza del difensore è facoltativa e la disposizione impone il rinvio solo per impedimento dell'imputato , il rinvio della udienza per la astensione che sia effettuata in ottemperanza a tutte le prescrizioni è, invece, atto dovuto a pena di nullità. 16. La astensione è, quindi, un diritto del difensore. 17. La questione, una volta escluso che si tratti di un caso di legittimo i impedimento e ritenuto che si tratti di un diritto di libertà del difensore, è se la ipotesi rientri nelle citate lett. a o b . 18. Nel primo caso dovrebbe ricorrere la situazione di dibattimento rinviato su richiesta del suo difensore che la norma prevede come ipotesi diversa sia dall'impedimento che dal rinvio per esigenze di prova o termini a difesa. Nel secondo caso lett. b l'astensione dovrebbe rientrare nell'ambito della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione. 19. Logica conseguenza della qualificazione della astensione del difensore quale diritto, purché rispettosa delle citate prescrizioni sulle quali dopo si tornerà, è che la stessa rientra nell'ambito della disciplina di cui alla lett. a . 20. Difatti dalla lettura della norma risulta che l'ipotesi di cui alla lett. a , nella parte relativa al rinvio dell'udienza disposto su richiesta del difensore che non abbia le caratteristiche del legittimo impedimento ma sia un rinvio che, si comprende, venga accettato dal giudice che, appunto su richiesta, pospone la trattazione, si adatta esattamente alla ipotesi di esercizio di un diritto. 21. L'ipotesi di cui alla lett. b , invece, regola le situazioni in cui il difensore ometta di presenziare o si allontani, laddove ciò non sia previamente autorizzato dal giudice e quindi non si tratti del rinvio o della sospensione su richiesta della lett. a . 22. Nei casi disciplinati dalla lett. b il rinvio diventa atto necessitato per la impossibilità di trattazione e la diversa disciplina degli effetti tiene quindi conto di tale diversità di presupposti 23. L'ipotesi di cui alla lettera a , infatti, prevede la sospensione dei termini di custodia ma non consente lo sforamento dei limiti comunque posti dall'art. 304 c.p.p., comma 6. 24. L'ipotesi di cui alla lett. b , proprio perché si tratta di mancata partecipazione priva di giustificazione e non autorizzata dal giudice, prevede che tale forzosa interruzione del processo comporti, oltre alla sospensione dei termini di custodia, anche il mancato computo ai fini del calcolo del limite del doppio dei termini di fase, come testualmente previsto dall'art. 304 cod. proc. pen., comma 7. Ovvero, in tale caso vi è ulteriore allungamento, oltre il doppio, dei termini di fase. 25. In base a quanto detto, sul presupposto, si ripete, che la partecipazione del difensore alla astensione sia un diritto che impone il rinvio della udienza, si rientra nella ipotesi di cui alla lettera a per cui il rinvio per astensione non vale ad allungare il termine limite del doppio dei termini di fase. 26. Va peraltro considerato che tale disciplina non incide in modo negativo sui termini di custodia in quanto, nel contesto del processo, in tanto può essere riconosciuto il diritto del difensore al rinvio per partecipare alla astensione in quanto la stessa sia legittima. Il che significa che sia innanzitutto comunicata al giudice e sia conforme alle regole già citate in tema di limiti normativi e di autoregolamentazione - queste ultime, in particolare, vengono in rilievo non direttamente ma perché valgono a qualificare come legittima l'astensione. 27. E questo è il controllo che il giudice deve fare nel momento in cui deve decidere se disporre rinvio della trattazione. 28. Laddove tali limiti non siano rispettati, innanzitutto per la mancata comunicazione al giudice, poi per la violazione delle regole generali sul tempo di preavviso e, ancor di più, per il mancato rispetto delle norme di autoregolamentazione tra le quali la previsione che il diritto non sia esercitato per i processi prossimi alla prescrizione, con detenuti che non accettino il rinvio etc., il giudice non disporrà tale rinvio. Laddove il difensore intenda comunque astenersi - salva ogni questione in ordine ai rapporti interni ad associazioni di categoria e ordine professionale - non potrà riconoscersi esercitato un diritto ma ricorrerà, semplicemente, una ipotesi di mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di cui alla predetta lett. b. In questo secondo caso, quindi, la astensione che non sia conforme alle regole ad essa applicabili non potrà costituire un diritto del difensore nel contesto del processo e avrà come effetto l'allungamento dei termini di cui all'art. 304 c.p.p., comma 6. 29. Venendo al caso di specie, quindi, risulta non in discussione che vi sia stata astensione disposta dagli organi sindacali di categoria e non risultano violati codici di autoregolamentazione od altre regole. 30. Si è quindi in presenza di un rinvio costituente diritto del difensore, rinvio di cui non deve tenersi conto nel calcolo dei termini di fase” . 3. Il Collegio non condivide tali argomentazioni, peraltro contraddette nel punto 30 da ultimo citato. 4. Il Tribunale ha disatteso la tesi del ricorrente, fondata sulla richiamata pronunzia, citando Cass. Sez. U, Sentenza n. 40187 del 27/03/2014 dep. 29/09/2014 Rv. 259927. Inoltre ha ricordato che questa Sezione, con sentenza del 17.6.2015 ha rigettato analogo ricorso proposto dal coimputato P.L. , con motivazione non ancora depositata al momento della stesura dell'ordinanza qui impugnata. 5. La sentenza Cass. Sez. 2 n. 41165 del 17.6.2015 è stata depositata deposita il 13.10.2015 ed ha così motivato La questione sottoposta al vaglio di questa Corte è quella se ai fini del calcolo del termine massimo di fase di durata della custodia cautelare deve tenersi conto dei periodi di sospensione dovuta a rinvii del dibattimento per adesione del difensori all'astensione dalle udienze proclamate dall'associazione di categoria, periodi che nel caso di specie sono stati computati dai giudici di merito. Ciò detto deve rilevarsi che anche le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Lattanzio n. 40187 del 2014 , le cui motivazioni sono state depositate in data successiva alla sentenza della Sez. 6 di questa Corte richiamata dal ricorrente, nel rilevare che la mancata partecipazione del difensore a seguito di dichiarazione di astensione dalle udienze non è dovuta ad un impedimento, ma all'esercizio di un diritto costituzionale, che il giudice deve riconoscere e garantire, purché avvenga nel rispetto delle condizioni e dei presupposti previsti dalle specifiche norme che lo regolano, hanno evidenziato come l'interesse fondamentale dello Stato di evitare la prescrizione dei reati che aveva determinato in passato la gran parte dei bilanciamenti ad opera del giudice è ampiamente soddisfatta - a prescindere dalla disposizione dell'art. 4, lett. b , del codice di autoregolamentazione, secondo cui l'astensione non è consentita nei procedimenti e processi concernenti reati la cui prescrizione maturi durante il periodo di astensione, ovvero entro 360, 180 o 90 giorni se pendenti rispettivamente nella fase delle indagini preliminari, o in grado di merito o nel giudizio di legittimità - anche dal pacifico orientamento secondo cui il corso della prescrizione rimane sospeso per l'intero periodo compreso tra l'udienza rinviata per l'astensione e quella successiva. Così come hanno sottolineato come, in caso di rinvio per astensione in processo con imputati sottoposti a custodia cautelare, è pacifica l'operatività della sospensione dei relativi termini, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. richiamando il costante orientamento giurisprudenziale delle singole sezioni Sez. 5, n. 3920 del 22/09/1997, Gaglione, Rv. 208826 Sez. 1, n. 1036 del 14/02/2000, Mazzocca, Rv. 215376 nonché, da ultimo, Sez. 1, n. 12697 del 15/01/2008, Schiavone, Rv. 239357, secondo cui la sospensione va commisurata all'effettiva durata del rinvio disposto dal giudice Sez. 5, n. 19646 del 19/04/2011, Ambrosino, Rv. 250178, secondo cui non è necessaria un'esplicita ordinanza dispositiva della sospensione dei termini custodiali . In sintesi anche dalle SSUU di questa Corte è stato ribadito che il concetto di impedimento a comparire risulta chiaramente incompatibile con una condotta quella di non intervenire all'udienza in forza dell'adesione alla proclamata astensione dalle udienze non imposta da eventi o cause esterne ma frutto della libera volontà di scelta del professionista interessato che rende così privo di assistenza l'imputato e ulteriormente affermato che il caso deve essere inquadrato nella nozione, in senso lato, della mancata partecipazione del difensore, che renda privo di assistenza uno o più imputati, con conseguente applicabilità, ai fini della sospensione dei termini di custodia cautelare, della lettera b del comma 1 dell'art. 304 c.p.p., che prevede sostanzialmente l'ipotesi di mancata prestazione dell'assistenza difensiva, determinante la sospensione o il rinvio del dibattimento. I giudici di merito si sono attenuti a detti principi e hanno ritenuto che computando anche i periodi di sospensione trovanti causa nella adesione dei difensori all'astensione dalle udienze proclamata dall'associazione di categoria non risultava ancora decorso il termine massimo di fase” . 6. Il Collegio condivide integralmente tale motivazione alla quale si riporta integralmente. 7. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. 8. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. 9. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale - che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell'art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen