Aggravante del nesso teleologico e continuazione tra reati: due istituti compatibili?

Non sussiste incompatibilità logico-giuridica tra la continuazione e l’aggravante del nesso teleologico, ex art. 61, n. 2, c.p., agendo il vincolo della continuazione sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso ed essendo il nesso teleologico connotato dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro, alla cui esecuzione od al cui occultamento il primo è preordinato.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con sentenza n. 45231/2015, deposita il 12 novembre. Il caso. La Corte d’ Appello di Venezia riformava parzialmente la sentenza di condanna illo tempore emessa dal Tribunale di Verona nei confronti di P.G., rideterminando in melius la pena irrogata dal Primo Giudice. In particolare, l’imputato era stato ritenuto responsabile, in entrambi i giudizi di merito, dei reati di lesioni aggravate, furto aggravato dall’uso di mezzo fraudolento, accesso abusivo a sistema informatico, violazione di domicilio e minaccia grave. In altri termini, secondo la ricostruzione contenuta nelle sentenze di condanna, P.G. si sarebbe introdotto nella dimora della vittima al fine di impossessarsi dei codici segreti per il compimento di operazioni on line sulla carta postale prepagata e sui conti correnti bancari successivamente, avrebbe posto in essere delle condotte violente e minatorie nei confronti della persona offesa. Avverso la sentenza della Corte territoriale, l’imputato ricorreva per Cassazione deducendo, tra gli altri motivi, violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 2, c.p. , contestata in relazione agli artt. 614 e 615 ter c.p., nonché tardività della querela. L’applicabilità dell’aggravante ex art. 61 n. 2 c.p. in presenza del vincolo della continuazione. La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso afferente l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 2, c.p. , chiarendo come la giurisprudenza di legittimità abbia più volte avuto modo di affermare che non sussiste incompatibilità logico-giuridica tra la continuazione e l’aggravante del nesso teleologico, agendo il vincolo della continuazione sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso ed essendo il nesso teleologico connotato dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro, alla cui esecuzione od al cui occultamento il primo è preordinato. E se è vero che, chiarisce ancora la Suprema Corte, normalmente il nesso teleologico è sintomo anche di identità del disegno criminoso, non può dirsi, invece, che il vincolo della continuazione implichi o contenga in sé il nesso teleologico che, invero, ben può mancare, ed ordinariamente difetta, tra i vari episodi di un reato continuato. Né può sostenersi che l’incompatibilità deriverebbe dall’impossibilità che un istituto ispirato al favor rei , come la continuazione, possa, al contempo, fungere da causa di aggravamento della pena, essendo evidente come tale ultimo effetto consegua non già all’affermazione del vincolo della continuazione, bensì all’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 2, c.p., in nessun modo contenuta od implicita nell’identità della matrice ideativa dei due reati teleologicamente connessi. Infatti, l’aggravante esprime un coefficiente psicologico diverso dalla continuazione. La differente ratio normativa dei due istituti. Inoltre, chiariscono ulteriormente i Supremi Giudici, benché entrambi gli istituti influiscano sull’aumento della pena, essi rispondono a differenti ragioni l’uno esprime la maggiore capacità criminosa, l’altro si pone nell’ottica del favor rei . Così, mentre il nesso teleologico aggrava il reato per la maggiore intensità del dolo e la maggiore pericolosità di chi commette il crimine, il vincolo della continuazione, invece, ha la funzione di ridimensionare la pena escludendo il cumulo materiale. Il termine per proporre querela. Quanto al motivo di ricorso afferente la dedotta tardività della querela, la Suprema Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 124 c.p. , il termine decorre non dalla data di commissione del reato, ma dalla notizia del fatto, circostanza assolutamente non presa in considerazione dal ricorrente, mentre di contro la parte offesa ha precisato di essere venuta a conoscenza dell’episodio incriminato solo successivamente alla sua concreta realizzazione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 marzo – 12 novembre 2015, n. 45231 Presidente Brusco – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza resa in data 24 marzo 2014 la Corte d'Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 13 novembre 2012 dal Tribunale di Verona, appellata dall'imputato P. G. e dalla parte civile P.A., riconosciuta all'imputato l'attenuante di cui all'art. 62 n. 2 cod. pen. limitatamente ai reati di cui ai capi G ed H, da ritenersi in uno con le circostanze attenuanti generiche, prevalente sulle contestate aggravanti, rideterminava la pena in anni uno, mesi tre e giorni uno di reclusione ed € 630,00 di multa. Condannava inoltre l'imputato al risarcimento del danno subito dalla parte civile in conseguenza dei reato di cui al capo a in misura di € 10.000,00. Il P. era stato tratto a giudizio per rispondere per quanto rileva in questa sede del reato capo a di lesioni aggravate in danno dei fratello A. somministrazione di farmaci ipoglicemizzanti , dei furto, sempre in danno dei fratello capo b della somma di € 1995,00 trasferiti via Internet dalla carta prepagata Postepay di P.A. sulla propria, aggravato dall'uso di mezzo fraudolento, dei tentato furto on fine delle somme depositate sui conti correnti accesi dal fratello sulla banca CREDIVENETO, aggravato dall'uso di mezzo fraudolento di accesso abusivo a sistema informatico capo c al fine di realizzare i reati di furto, aggravato dal nesso teleologico di violazione di domicilio al fine di commettere i delitti di furto, aggravato dal nesso teleologico capo e di minaccia grave capo g ed, infine, di tentate lesioni con l'uso di varechina capo H 2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo dei difensore l'imputato deducendo con un primo motivo la violazione di legge e mancanza o comunque manifesta illogicità di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 1 contestata per i capi d ed e in relazione alle condotte illecite ex art. 614 e 615 ter cod. pen. la mancanza ed illogicità della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità civile per il reato di lesioni di cui al capo a la mancanza ed illogicità della motivazione quanto alla condanna per violazione di domicilio erronea, illogica ed omessa motivazione della sentenza in ordine ai rapporti economici fra le parti tardività della querela quanto ai capi d ed e violazione di legge quanto alla testimonianza della parte civile 3. La parte civile ha presentato memoria difensiva chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. La vicenda trae origine dalle dettagliate dichiarazioni della parte offesa da cui i giudici di merito hanno desunto e ritenuto provato che l'imputato il quale abitava nell'appartamento a fianco del fratello, profittando una sera della momentanea assenza di quest'ultimo, si era introdotto nell'abitazione della parte offesa, impossessandosi dei codici segreti per il compimento delle operazioni on line sulla carta postale prepagata e sui conti correnti bancari, trasferendo subito sulla propria carta la somma accreditata su quella del fratello, con il quale i rapporti erano da tempo tesissimi per ragioni economiche. Nei giorni successivi aveva poi tentato. sempre dall'abitazione di A., in viaggio in Brasile, un'operazione di bonifico on fine a proprio favore, che però era stata inibita dalla banca perché giudicata sospetta. Il fratello dell'imputato di ritorno dal viaggio si era poi accorto che il suo computer, in coincidenza con l'operazione di trasferimento dalla carta Post.payI era stato manomesso. Le indagini della P.G. avevano successivamente accertato che effettivamente il P. G. era titolare di carta di credito prepagata accesa il 25 novembre 2006, in prossimità dei fatti d cui all'odierno procedimento, sulla quale risultava effettuato il movimento di € 1995,00 a suo favore. Risultava altresì che l'imputato era il beneficiario del due bonifici bancari bloccati dalla banca, dell'importo, rispettivamente di 15.500,00 e 6.500,00 €. Era anche risultato che il P. deteneva nella propria abitazione materiale cartaceo informativo su utensili per l'apertura veloce, senza danni, delle serrature. La parte offesa aveva poi riferito della condotta minacciosa ed aggressiva dei fratello, che aveva tentato di spruzzargli della varechina sul viso colpendo e macchiando gli abiti. Quanto al reato di cui al capo a , la sentenza impugnata, in accoglimento dei gravame della parte civile, ferma l'assoluzione in sede penale non impugnata dal pubblico ministero ha ritenuto l'imputato responsabile della condotta a lui contestata ai fini civili, ritenendo il quadro indiziario a carico di P. G., grave preciso e concordante e come tale idoneo a fondare un giudizio di responsabilità civile. Tanto premesso in fatto osserva la Corte è infondato il motivo volto a censurare l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2 la dominante giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di chiarire che non sussiste incompatibilità logico giuridica tra la continuazione e l'aggravante del nesso teleologico, agendo il vincolo della continuazione sul piano della riconducibilità di più reati ad un comune programma criminoso ed essendo il nesso teleologico connotato dalla strumentalità di un reato rispetto ad un altro, alla cui esecuzione od al cui occultamento il primo è preordinato e se è vero che normalmente il nesso teleologico è sintomo anche di identità del disegno criminoso, non può dirsi, invece, che il vincolo della continuazione implichi o contenga in sè il nesso teleologico, che, invero, ben può mancare, ed ordinariamente difetta, tra i vari episodi di un reato continuato. Nè può sostenersi che l'incompatibilità deriverebbe dall'impossibilità che un istituto ispirato al favor rei, come la continuazione, possa, al contempo, fungere da causa di aggravamento della pena, essendo evidente come tale ultimo effetto consegua non già all'affermazione del vincolo della continuazione bensì all'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2, in nessun modo contenuta od implicita nell'identità della matrice ideativa dei due reati teleologicamente connessi Sez. 1, n. 3442 del 06/03/1996 dep. 05/04/1996, Rv. 204326 . Infatti, l'aggravante esprime un coefficiente psicologico diverso dalla continuazione. Inoltre, benché entrambi gli istituti influiscano sull'aumento della pena, essi rispondono a differenti ragioni l'uno esprime la maggiore capacità criminosa, l'altro si pone nell'ottica del favor rei. Così, mentre il nesso teleologico aggrava il reato per la maggiore intensità del dolo e la maggiore pericolosità di chi commette il crimine, il vincolo della continuazione, invece, ha la funzione di ridimensionare la pena escludendo il cumulo materiale Sez. 5, n. 10508 del 27/09/1995 dep. 23/10/1995, Rv. 202499 nello stesso senso, Sez. 2, n. 48317 del 17/11/2004 dep. 15/12/2004, Rv. 230427 Sez. 1, n. 46270 dei 03/11/2004 dep. 29/11/2004, Rv. 230188 . Nel resto va precisato che l'apparato logico argomentativo seguito dai giudici di merito nel privilegiare alcuni dati di natura oggettiva non si espone alle censure avanzate, trattandosi di opzione interpretativa corretta sotto il profilo dell'aderenza ai dati acquisiti e conducente sotto il profilo logico. I rilievi della difesa di natura ricostruttiva non si prestano astrattamente ad una più persuasiva ipotesi diversa da quella fatta propria dai giudici a quibus, trattandosi di un dato opposto su basi non obiettive, laddove la ricostruzione recepita risulta coerente con le acquisizioni processuali e non fondata quindi esclusivamente sulle sole dichiarazioni della parte offesa, peraltro riscontrate da numerosi elementi. Quantorin particolare,al secondo motivo di ricorso, la Corte territoriale non ha condiviso il percorso argomentativo del primo giudice. Ciò ha fatto con motivazione congrua, logica e coerente con le risultanze probatorie la Corte di Appello ha ritenuto provato, oltre ogni ragionevole dubbio, che l'attuale ricorrente avesse provocato la crisi ipoglicemica a P.A. con la somministrazione di un farmaco antidiabetico escludendo da un lato che la stessa fosse riconducible ad una qualche patologia e ritenendo provata la responsabilità dell'odierno ricorrente trovato in possesso di una scatola di farmaci di quel tipo, senza prescrizione medica. Il contesto probatorio evidenziato dalla Corte territoriale appare chiaro e non lacunoso e la motivazione adeguata e coerente con esso di conseguenza, poiché a codesta Corte è, in sostanza, richiesta una rivalutazione dei dati probatori prospettati, la censura deve ritenersi infondata. Quanto alla pretesa tardività della querela è sufficiente osservare che ai sensi dell'art. 124 cod. pen. il termine decorre non dalla data di commissione del reato, ma dalla notizia del fatto, circostanza assolutamente non presa in considerazione dal ricorrente, mentre di contro la parte offesa ha precisato di essere venuto a conoscenza dell'episodio solo l'11.12.,2006. Del tutto irrilevante appare infine l'accertamento dei rapporti di dare-avere tra le parti che comunque non sono idonei a scriminare il ricorrente 5. In conclusione, l'impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Stante l'animosità dimostrata dalle parti e la pendenza fra le stesse di giudizi civili con reciproche pretese, appare conforme a giustizia compensare le spese di questo giudizio. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese tra le parti.