Assolto il genitore naturale non affidatario che, ad integrazione della somma disposta dal giudice, versa l’assegno familiare al genitore non lavoratore

In assenza di specifica e diversa indicazione del giudice civile in sede di determinazione dell’assegno di mantenimento, nel caso di genitore naturale lavoratore non affidatario l’importo degli assegni familiari destinati al figlio minore concorre ad integrare la somma alla cui periodica corresponsione lo stesso è obbligato.

In tal senso ha disposto la Sesta Sezione della Suprema Corte con la sentenza numero 44765/2015 in materia di obblighi di assistenza familiare, fattispecie criminosa trattata in modo sempre più frequente nelle aule di giustizia. Il caso. Il caso sottoposto al vaglio degli Ermellini è quello derivante dalla sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo, in riforma del provvedimento di condanna di primo grado, nei confronti di un padre accusato di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore. In realtà, il genitore, sin dalla nascita della figlia, nell’anno 2002, aveva versato spontaneamente la somma mensile di euro 207,00 a titolo di contributo volontario per la sua sussistenza. Nel 2008 interveniva il provvedimento del giudice civile con cui veniva stabilito l’obbligo di corresponsione per il padre della somma di euro 350,00, cui seguiva, dopo qualche mese, una denuncia querela della sua ex compagna per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla minore. Il Giudice di prime cure decideva di condannare l’imputato, benchè dall’istruttoria dibattimentale fosse emerso non solo la buona volontà del medesimo nel provvedere spontaneamente a versare denaro utile per il sostentamento della figlia sin da subito, ma anche che successivamente al provvedimento giudiziale del 2008 il padre aveva destinato gli assegni familiari calcolati sul proprio stipendio, pari ad euro 137,50, direttamente alla madre. La Corte d’Appello territorialmente competente, in riforma dell’impugnata sentenza, assolve l’imputato. Avverso siffatto giudizio ricorre per cassazione la costituita parte civile, lamentando violazione di legge e alternativi vizi motivazionali in relazione al delitto di cui all’articolo 570, comma 2, c.p. e alla mancata riqualificazione in quello di cui all’articolo 3 della l. numero 54/06. La mancanza del dolo e l’insussistenza del fatto. I Giudici del Palazzaccio rigettano il ricorso ed evidenziano la perfetta congruità logica e giuridica della decisione adottata dal Collegio di seconda istanza da un lato la spontaneità dei versamenti effettuati sin dalla nascita della figlia dimostrano l’assenza del dolo, dall’altro la devoluzione dell’assegno familiare dell’importo di euro 137,50 va ad integrare la somma indicata dal Giudice a titolo di mantenimento della minore. La questione giuridica. Ciò posto, il Supremo Consesso riflette sulla questione di diritto relativa all’inquadramento dell’assegno familiare come mezzo di adempimento dell’obbligo di assistenza di cui all’articolo 570, comma 2, c.p Come rappresentato dall’INPS l’assegno familiare costituisce una prestazione generale ed astratta di sostegno al reddito familiare in ragione della presenza di minori. Va di seguito evidenziato che l’articolo 211 della l. numero 151/75 prevede che il coniuge, cui i figli sono affidati, ha diritto a percepire gli assegni familiari per i figli sia che egli abbia un rapporto di lavoro sia che lo abbia l’altro coniuge. Tale situazione, però, riguarda solo i genitori già coniugi. Cosa succede per gli altri soggetti, cioè il coniuge o i figli naturali? Ebbene, in tal caso, come statuito dalla giurisprudenza civile, la cui interpretazione trova riscontro anche col contenuto della circolare INPS numero 104/2012, per gli individui diversi dai figli minorenni in rapporto di coniugio gli assegni familiari spettano al lavoratore cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenere. Tra l’altro, anche nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 211 è possibile che venga stabilito espressamente che l’importo degli assegni familiari concorrano all’ammontare del contributo per il mantenimento. Pertanto, nel caso di genitore naturale lavoratore non affidatario la somma degli assegni familiari destinati al figlio minore concorre ad integrare l’importo alla cui periodica corresponsione lo stesso è obbligato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 settembre – 9 novembre 2015, n. 44765 Presidente Conti – Relatore Citterio Ritenuto in fatto 1. A.E.M. è imputato di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore, omettendo di corrispondere la somma di 350 Euro/mese stabilita dal Giudice civile con provvedimento del 13.5.2008 art. 81, 570.1 c.2 n. 2 c.p. ciò in data antecedente e prossima alla querela del 4.12.2008 e con condotta permanente almeno fino all'aprile 2009 . Condannato in primo grado anche con risarcimento dei danni in favore della parte civile e assegnazione di provvisionale di Euro 6.000 , con sentenza del 19.2-3.3.15 è stato assolto dalla Corte d'appello di Palermo, perché il fatto non sussiste. I Giudici del secondo grado di merito osservavano che dalle dichiarazioni rese nelle indagini preliminari dalla ex-convivente di A. , acquisite sull'accordo delle parti, era emerso come, nata la minore nel 2002, dal dicembre di quell'anno l'odierno imputato aveva versato spontaneamente la somma mensile di Euro 207 come contributo volontario per il suo mantenimento e che ciò escludeva l'aver fatto mancare i mezzi di sussistenza già dalla nascita. Contestualmente al successivo provvedimento giudiziale nel 2008, anche gli assegni familiari che componevano lo stipendio di A. ammontanti a 137,5 Euro/mese erano stati versati direttamente alla madre della minore. Quindi da un lato nessun dolo di far mancare i mezzi di sussistenza attesa l'attivazione spontanea già dal 2003 , dall'altro disponibilità complessiva nella genitrice di somma corrispondente a quella stabilita dal Giudice civile. Nella sentenza del Tribunale si argomentava delle attività lavorative svolte dall'imputato e dell'insufficienza della sola somma di Euro 207/mese a concretizzare i mezzi di sussistenza, dandosi atto che all'udienza del 4.5.09 la parte civile aveva affermato la permanenza dell'inadempimento. Il primo Giudice non risulta aver affrontato, né in fatto né in diritto, l'aspetto relativo agli assegni familiari. 2. Ricorre la parte civile, enunciando due motivi . violazione di legge e vizi alternativi della motivazione in relazione all'art. 570, 1 e 2 comma n. 2 c.p. secondo il ricorrente, i mezzi di sussistenza andavano parametrati al reddito dell'obbligato e alla quantificazione operata dal Giudice civile l'importo degli assegni familiari doveva considerarsi del tutto autonomo rispetto all'adempimento dello specifico obbligo in relazione ai mezzi di sussistenza, la loro assegnazione diretta al coniuge affidatario trovando fondamento in specifica norma di legge art. 211 legge 151/1975 quindi irrilevanza della somma di 137,5 Euro al concorrere all'adempimento proprio dell'obbligo di sussistenza motivazione assertiva sulla sufficienza della sola somma di 207 Euro/mese ad assicurare quest'ultima . medesimi vizi per essere stato il fatto qualificato ai sensi dell'art. 570 c.p. anziché dell'art. 3 e 4 legge 54/06, atteso che la mancata coincidenza tra quanto previsto dal Giudice e quanto in concreto corrisposto da A. avrebbe dovuto essere oggetto di riqualificazione d'ufficio anche nel caso di esclusione dello stato di bisogno, dall'imputazione già risultando in fatto la concorrente contestazione, anche più favorevole i termini sanzionatori. 3. Il difensore dell'imputato ha depositato memoria per la reiezione del ricorso. Evidenzia che nel caso di specie i genitori non erano coniugati, per cui difettava il presupposto l'essere coniuge previsto dall'art. 211 legge 151/1975, sicché lo storno degli assegni familiari era stato operato dall'imputato in base a propria spontanea e non dovuta attivazione tale somma quindi in ogni caso costituiva parte del suo complessivo adempimento dell'obbligo di fornire i mezzi di sussistenza. Né il provvedimento del Giudice civile, che fissava genericamente la somma di Euro 350/mese al lordo, senza alcun riferimento specifico ad ulteriore somma spettante a titolo di assegno familiare per la minore, in assenza di un obbligo ex lege all'attribuzione di tale somma al coniuge affidatario poteva intendersi come in alcun modo escludente quella fonte di contribuzione. Tenendo conto della somma relativa agli assegni familiari, neppure il secondo motivo di ricorso potrebbe essere accolto. Ragioni della decisione 4. Il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. 5. Giova riassumere gli elementi essenziali della ricostruzione in fatto dopo la sentenza d'appello. La minore nasce nel 2002 da genitori non coniugati. Pressoché da subito il padre corrisponde spontaneamente la somma mensile di Euro 207 quale contributo per il sostentamento della figlia. Con provvedimento del 13.5.2008 il Giudice civile quantifica in Euro 350 mensili la somma che il padre è tenuto a corrispondere alla madre della minore nell'interesse di quest'ultima. Da tale data il padre oltre a continuare la corresponsione diretta della somma di 207 Euro/mensili dispone per la diretta corresponsione alla madre della minore degli assegni familiari che riceve, ammontanti a 137,5 Euro mensili. Il Tribunale si è confrontato con la sola somma di Euro 207 giudicandola inidonea ad assicurare i mezzi di sussistenza per la minore, in ragione della apprezzabile differenza con la maggior somma Euro 350 stabilita dal Giudice civile. La Corte d'appello, valorizzato il contributo spontaneo corrisposto dal padre fin dall'inizio del 2003 ad attestare l'assenza di alcun dolo di omissione dell'obbligo genitoriale di sostentamento della minore , ha in concreto sommato le due somme osservando che l'importo complessivo corrispondeva a quello disposto dal Giudice civile. Pacifici i fatti in tali termini, si pone la questione di diritto se la somma che il genitore obbligato riceve a titolo di assegni familiari e che venga in concreto effettivamente destinata al sostentamento del minore, mediante messa a disposizione diretta del genitore affidatario, concorra o meno all'adempimento dell'obbligo di sostentamento. 5.1 Va come ultimo rilievo preliminare osservato che dalla lettura delle due sentenze di merito e degli originari motivi d'appello risulta, ancorché in termini prevalentemente impliciti, non posto in discussione che dal 2008 unico periodo considerato dall'originaria imputazione l'importo di 350 Euro mensili corrispondesse effettivamente a quello necessario per garantire i mezzi di sussistenza della minore. Il che pure priva di autonomo rilievo il secondo motivo di ricorso. 6. La consolidata giurisprudenza di questa Corte insegna che eventuali elargizioni a carico della pubblica assistenza non fanno venir meno l'obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori così, tra le altre, le sentenze della Sezione sesta numeri 46060/2014, 2736/2009, 20636/2007, 715/2004. La casistica oggetto di tali pronunce riguardava il contributo dello Stato alla minore quale compagna di collaboratore di giustizia, contributi ad personam del comune di residenza, collocazione presso istituto di assistenza a spese del servizio sociale, modesta pensione di invalidità a minore disabile. 6.1 L'INPS definisce gli assegni familiari come una prestazione a sostegno di alcune categorie di lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari lavoranti nel territorio italiano, il cui nucleo familiare abbia un reddito complessivo al di sotto dei limiti stabiliti annualmente dalla legge . Risulta quindi immediatamente evidente la diversità strutturali delle situazioni. Tutte quelle oggetto della richiamata giurisprudenza riguardano contributi pubblici personali, giustificati, e spiegati, con le peculiarità dei singoli casi pertanto una natura assistenziale contingente e occasionale. Alcune espressamente necessarie proprio per fronteggiare l'inadempimento del genitore obbligato altre afferenti condizioni soggettive in qualche modo autonome rispetto al dato oggettivo della minore età disabilità, collaborazione di giustizia . Gli assegni familiari costituiscono invece prestazione generale ed astratta di sostegno al reddito familiare in ragione della presenza di minori. Tale natura della prestazione costituisce la ragione della particolare disposizione dell'art. 211 legge n. 151 del 1975, secondo cui il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge . Tale disciplina tuttora riguarda il solo caso dei genitori già coniugi, non anche quello dei genitori naturali non conviventi. È significativo che, contrariamente a quanto dedotto dalla parte civile ricorrente, proprio dalla giurisprudenza civile di questa Corte richiamata in ricorso Sez.1 civ. sent. 5060/2003 Sez. Un. Civ. sent. 5135/1989 ora Sez. 6 civ. ord. 12770/2013 si evince il principio che per i soggetti diversi dai figli minorenni in rapporto di coniugio quindi il coniuge, ma anche il figlio naturale gli assegni familiari spettano al lavoratore cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenere . Ed anche nel caso in cui operi invece l'art. 211, è possibile che sia stabilito in modo espresso che l'importo degli assegni familiari concorra all'ammontare del contributo per il mantenimento, di cui il genitore lavoratore è onerato. Questa interpretazione trova indiretto ma significativo riscontro anche nella circolare Inps 6.8.2012 n. 104. Questa da prima conto che La circolare Inps n. 36/2008 ha stabilito che il genitore naturale convivente con la prole e non titolare di propria posizione tutelata possa usufruire dell'assegno per il nucleo familiare in relazione al rapporto di lavoro dell'altro genitore. In tale circolare è stato anche chiarito che, a seguito dell'impossibilità di un'applicazione estensiva ai casi di genitori naturali di quanto disposto per i genitori separati dall'art. 211, L. 151/1975, titolare alla richiesta dei trattamenti di famiglia sia sempre e solamente il genitore che lavora o che percepisce indennità sostitutiva di retribuzione . Poi che, in ragione delle esigenze di armonizzazione con principi comunitari, dalla data di pubblicazione della presente circolare successiva al periodo oggetto dell'imputazione , le domande di autorizzazione e di richiesta del trattamento di famiglia sulla posizione di lavoro dell'altro genitore potranno essere presentate direttamente dai genitori naturali conviventi con la prole, anche se non titolari di propria posizione tutelata . 6.2 Nel nostro caso risulta dalla sentenza d'appello anche alla luce dei motivi di impugnazione avverso la sentenza di primo grado che l'A. aveva dato disposizione al proprio datore di lavoro di corrispondere direttamente alla madre della figlia minorenne l'importo erogatogli a titolo di assegni familiari per la stessa. Si tratta quindi di una percezione diretta, che viene destinata ad altro soggetto la madre nell'interesse della minore con automatismo di procedura di pagamento periodico per spontanea determinazione del percipiente. L'assunto della parte civile secondo il quale nel nostro caso il Tribunale civile avrebbe determinato la complessiva somma di 350 Euro in modo indipendente dalla somma corrisposta al padre lavoratore a titolo di assegni familiari per la figlia minore è, allo stato, del tutto assertivo ed è in proposito significativo che il primo Giudice abbia del tutto ignorato, anche in fatto, la problematica . Conclusivamente e tenuto conto del periodo temporale in contestazione, in applicazione del principio di diritto che in assenza di diversa specifica indicazione del Giudice civile in sede di determinazione dell'assegno di mantenimento, nel caso di genitore naturale lavoratore non affidatario l'importo degli assegni familiari destinati al figlio minore concorre ad integrare la somma alla cui periodica corresponsione lo stesso è obbligato, il ricorso va rigettato il primo motivo è infondato, il secondo assorbito. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.