Il sequestro preventivo può riguardare anche beni costituiti in pegno regolare

In tema di reato di omesso versamento di ritenute certificate, il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche beni che siano stati costituiti dall'indagato in pegno regolare, e ciò perché questi conserva il potere di alienare il bene o di attivarsi per l'estinzione dell'obbligazione e la conseguente restituzione della eadem res fornita in garanzia. Il giudice di merito che dispone la misura, peraltro, può graduare la portata del sequestro e limitare l'estensione del vincolo alle facoltà spettanti al debitore indagato o imputato per non pregiudicare le facoltà di esclusiva pertinenza del creditore pignoratizio estraneo all'illecito penale.

Lo ha ribadito la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 40784, depositata il 12 ottobre 2015. Il caso. La pronuncia in esame trae origine da una ordinanza di annullamento di un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip per il reato tributario di omesso versamento di ritenute certificate, previsto e punito dall’art. 10 bis , d.lgs. n. 74/2000. Nello specifico, il ricorrente non aveva versato le ritenute maturate negli anni di imposta dal 2009 al 2012, per un importo pari a circa 4.500.000 euro, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta. Il sequestro del bene sottoposto a pegno Secondo la giurisprudenza di legittimità, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può avere ad oggetto anche il diritto di proprietà di titoli già pignorati in favore di terzi, restando riservato al merito l'aspetto del necessario bilanciamento fra l'interesse pubblico alla non dispersione definitiva dei beni nella disponibilità dell'indagato e la tutela delle ragioni del terzo creditore estraneo al reato. In un caso analogo, la Corte ha stabilito che non può procedersi a confisca per equivalente, in danno di un istituto bancario, delle frazioni di un prestito obbligazionario dematerializzato , sottoscritto dalla persona nei cui confronti sia stata emessa sentenza di applicazione concordata della pena art. 444 c.p.p. per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti art. 2, d.lgs. n. 74/2000 , e accompagnato dal versamento dei relativi importi alla banca emittente che abbia contrattualmente la facoltà di disporre dei titoli stessi, trattandosi di ipotesi di pegno irregolare art. 1851 c.c. conseguente alla mancata identificazione dei titoli e alla immediata acquisizione della proprietà del denaro da parte del creditore. Ciò in quanto non può essere disposta la confisca per equivalente di beni costituiti in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell'imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà da parte del creditore. Nell’ipotesi di sequestro conservativo, esso è invalido se disposto su titoli ed obbligazioni non più dell'imputato, ma in precedenza vincolati da lui a favore di una banca, a garanzia dei crediti dalla stessa vantati nei confronti del predetto, a titolo di pegno irregolare ai sensi dell'art. 1851 c.c La banca, quale persona giuridica alla quale le cose sono state sequestrate art. 318 c.p.p. , è legittimata all'impugnazione del provvedimento di sequestro. Analogamente, non si può legittimamente disporre presso una banca il sequestro preventivo riguardante un conto corrente bancario e un conto titoli intestati agli imputati, qualora risulti che le somme e i valori ivi depositati erano stati costituiti in pegno irregolare a garanzia dell'anticipazione bancaria concessa ai correntisti, a prescindere dall'assenza di attività materiali di escussione del credito e fatto salvo l'accertamento che, in virtù di particolari clausole contrattuali o di altre circostanze idonee a far dubitare sulla trasparenza dell'operazione, la disponibilità dei beni sia rimasta, in tutto o in parte, ai debitori. e l’applicazione della misura di sicurezza della confisca. In passato, peraltro, la Suprema Corte aveva stabilito che l'applicazione della misura di sicurezza della confisca non determina l'estinzione del preesistente diritto di pegno costituito a favore di terzi sulle cose che ne sono oggetto, quando costoro, avendo tratto oggettivamente vantaggio dall'altrui attività criminosa, riescano a provare di trovarsi in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole. In altri termini, l'applicazione della confisca non determina l'estinzione del preesistente diritto di pegno costituito a favore di terzi sulle cose che ne sono oggetto quando costoro, avendo tratto oggettivamente vantaggio dall'altrui attività criminosa, riescano a provare di trovarsi in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole. In siffatta ipotesi la custodia, l'amministrazione e la vendita delle cose pignorate devono essere compiute dall'ufficio giudiziario e il giudice dell'esecuzione deve assicurare che il creditore pignoratizio possa esercitare il diritto di prelazione sulle somme ricavate dalla vendita.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 maggio – 12 ottobre 2015, n. 40784 Presidente Mannino – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Modena e la Banca Popolare dell'Emilia-Romagna ricorrono per cassazione impugnando l'ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale della libertà, in parziale accoglimento dell'appello cautelare proposto avverso l'ordinanza del 29 settembre 2014 emessa dal gip presso il medesimo tribunale, ha annullato il decreto di sequestro preventivo limitatamente al deposito titolo n. 34-998985 intestato a Opera Group Sri ordinandone la restituzione all'avente diritto e confermando nel resto il provvedimento impugnato. Il gip era stato adito dall'istanza di dissequestro proposta dalla Banca Popolare dell'Emilia e Romagna, in ordine al vincolo imposto su beni di G.E. al quale si contesta, in via provvisoria, il reato previsto dall'art. 10 bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 perché, quale amministratore delegato della Opera Group S.r.l., ometteva di versare entro i termini previsti per la presentazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciate ai sostituti per un ammontare complessivo di Euro 4.515.304,00 negli anni di imposta 2009, 2010, 2011 e 2012. 2. Per la cassazione dell'impugnata ordinanza i ricorrenti affidano il gravame ai seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disposizioni di attuazione codice di procedura penale, nei limiti necessari per la stesura della motivazione. 2.1. Il pubblico ministero ricorrente solleva un unico ed articolato motivo con il quale denuncia la violazione di legge per avere il tribunale cautelare proceduto ad un parziale dissequestro di beni su istanza non dell'indagato bensì di un terzo e dunque da soggetto non legittimato, la Banca Popolare dell'Emilia-Romagna, ove era stato eseguito un parziale sequestro del profitto del reato nella misura di Euro 402.000,00 in relazione ad un deposito titoli identificato ed intestato ad Opera Group Sri società di cui l'indagato è legale rappresentante . Il terzo assumeva che tale deposito si sarebbe dovuto sottrarre al compendio sequestrato in virtù di vincolo di pegno irregolare a favore della banca ed il gip, rigettata la richiesta di restituzione e inquadrato il rapporto contrattuale tra l'indagato e l'istituto bancario nel pegno regolare, riteneva il compendio non esente da vincolo di sequestro preventivo, che tuttavia non poteva, secondo il tribunale della libertà, essere disposto, e da qui l'annullamento del titolo cautelare, perché la provvista necessaria alla costituzione del pegno era composta da valori entrati nel patrimonio dell'indagato in epoca antecedente al risparmio d'imposta costituente il profitto del reato tributario contestato in via cautelare e, quindi, da beni che non erano in alcun modo legati da vincolo pertinenziale con il commesso reato. 3. La Banca Popolare dell'Emilia e Romagna, con unico motivo di annullamento, deduce l'inosservanza e la conseguente erronea applicazione degli articoli 321, comma 2, codice di procedura penale e 322 ter codice penale in relazione alle disposizioni civilistiche in materia di pegno irregolare di cui all'articolo 1851 codice civile, per avere il tribunale erroneamente escluso la riconducibilità a tale istituto del pegno costituito sui titoli di cui al deposito 34-1137608 e quindi la disponibilità in capo alla Banca dei titoli stessi, circostanza ostativa all'assoggettabilità di questi ultimi a sequestro nel procedimento penale a carico di G.E. . Secondo la ricorrente, il tribunale cautelare avrebbe errato nel ritenere, al di là della natura regolare o irregolare del pegno, la Banca non proprietaria dei titoli dunque errato, in ogni caso il ritenere la natura regolare del pegno dunque la permanenza della disponibilità dei titoli in capo all'indagato omettendo di motivare sia in ordine alla effettiva volontà delle parti, in concreto manifestata e rilevante al fini della individuazione della natura del pegno ossia come pegno regolare o irregolare e sia in ordine alla circostanza dirimente circa l'attribuzione alla Banca del potere di disporre la vendita dei titoli in qualsiasi momento. In particolare, è apparso errato alla ricorrente quanto sostenuto dal tribunale cautelare a proposito dell'irrilevanza circa la circostanza che i titoli di cui al deposito n. 34-113760 siano stati acquistati utilizzando finanziamenti appositamente concessi dalla banca stessa. Secondo il tribunale, tale giudizio di irrilevanza sarebbe fondato sul rilievo della mancanza di qualsiasi legame con l'attività criminosa contestata all'indagato vertendosi in materia di sequestro preventivo preordinato alla confisca per equivalente. Obietta la ricorrente che, pur condividendo l'assunto del tribunale sul punto, il tema dell'operazione di finanziamento non sarebbe neutralizzabile solo attraverso quel ragionamento in quanto detta operazione ha comunque permesso l'acquisto proprio dei titoli oggetto di sequestro e la circostanza sarebbe pertanto dimostrativa di un accordo tra le parti diretto ad attribuire alla Banca la proprietà dei titoli perché, a fronte di un finanziamento per un importo ben maggiore al valore dei titoli stessi, sarebbe del tutto logico che il concedente avesse la certezza di poter disporre in qualsiasi momento di quanto ottenuto in garanzia. Peraltro, è sul punto l'ordinanza impugnata difetta del tutto di motivazione, il conto titoli risultava cointestato, come da atto stesso tribunale, ad altri soggetti rimasti estranei al reato contestato. La ricorrente ha anche presentato memoria con la quale precisa che la legittimazione dell'istituto di credito derivi dal trasferimento al creditore della disponibilità del bene che costituisce il minimo comune denominatore di qualsiasi contratto di pegno, rappresentando la condizione essenziale ai fini dell'operatività della garanzia reale. Ne consegue che, a prescindere dalla qualificazione dei pegni gravanti sui titoli di cui ai due rapporti oggetto di sequestro preventivo in termini di pegno irregolare o di pegno regolare, risulta per ciò solo evidente che la Banca Popolare dell'Emilia e Romagna aveva intrapreso ogni iniziativa processuale nell'intento di fare valere il proprio effettivo e del tutto legittimo interesse alla restituzione. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono. 2. Quanto al ricorso del pubblico ministero, l'eccezione di difetto della legittimazione attiva della banca a richiedere il dissequestro del titolo non è fondata in quanto l'istituto di credito ha richiesto la restituzione del bene facendo valere un diritto proprio e non dell'indagato, tanto sul rilievo di avere acquisito la proprietà del bene rivendicato sulla base della costituzione di un pegno irregolare. Tale prospettazione è sufficiente per radicare, dal lato attivo, la legittimazione del terzo a richiedere la restituzione del bene della vita sequestrato in sede penale e, in caso negativo, a ricorrere per ottenere la rimozione del provvedimento ritenuto pregiudizievole, perché egli assume che, privato della disponibilità del bene, è stato leso il suo diritto di proprietà. Diversa dalla legittimazione ad agire è invece la titolarità sostanziale del diritto controverso, che è questione di merito, nel senso che se il diritto fatto valere non sussiste perché colui che rivendica la titolarità del bene non ne è il proprietario, il bene della vita reclamato non può essergli restituito e la sua domanda deve essere rigettata. Questa Sezione ha infatti già affermato Cass., Sez. 3, n. 27062 del 19/02/2015, Cavelli ed altro, non mass. sul punto che la legittimazione attiva richiesta al giudice di dissequestro dei beni sull'assunto di vantare un diritto di proprietà su di essi ed appello cautelare al tribunale della libertà nel caso di rigetto della domanda deve essere accertata in relazione non alla sua sussistenza effettiva ma alla sua affermazione contenuta nella richiesta di dissequestro, nell'ambito d'una valutazione preliminare di carattere formale circa l'eventuale possibilità di accoglimento della domanda, con la conseguenza che il difetto della relativa allegazione e formale dimostrazione, in quanto attinente alla regolare costituzione del rapporto giuridico cautelare, è rilevabile anche di ufficio. Altra cosa è invece l'accertamento dell'effettiva titolarità, dal lato attivo, del rapporto giuridico controverso nel caso di specie, effettiva titolarità sul bene della vita sequestrato e conseguenze giuridiche che dal diritto di proprietà derivano in ordine al mantenimento del provvedimento cautelare , questione che attiene al merito, investendo la fondatezza della domanda e quindi i concreti requisiti circa l'accoglimento di essa. Nel caso di specie, il tribunale cautelare non ha affrontato la questione, limitatamente al bene oggetto del ricorso del pubblico ministero, e l'ha risolta disponendo la restituzione dello strumento finanziario sul presupposto che la provvista necessaria alla costituzione del pegno era composta da valori entrati nel patrimonio dell'indagato in epoca antecedente al risparmio d'imposta costituente il profitto del reato tributario contestato e, quindi, da beni che non erano in alcun modo legati da vincolo pertinenziale con il commesso reato. La doglianza del pubblico ministero è dunque fondata sia perché, in presenza di un pegno regolare, il bene non poteva essere restituito al terzo creditore pignoratizio e sia perché quando un bene sia esso o meno fungibile rientri nella piena ed esclusiva disponibilità della persona fisica ritenuta responsabile di reati tributari, tale circostanza legittima di certo il sequestro per equivalente dei beni che, pur non essendo il prodotto, il prezzo o il profitto de reato, hanno un valore corrispondente a tale prodotto, prezzo o profitto e che perciò non debbono essere avvinti da alcun vincolo pertinenziale con il delitto, consistendo proprio in ciò la ratio che ispira il sequestro per equivalente o di valore ossia impedire che secondo la logica che il crimine non paga chi commette il delitto si avvantaggi del reato disfacendosi del prezzo, del prodotto o del profitto diretto conseguente al reato stesso e lo incameri definitivamente, consolidando un'attribuzione patrimoniale illecita. Sul punto questa Corte ha già affermato il principio secondo il quale la confisca obbligatoria prevista dall'art. 322 ter cod. pen. anche per equivalente ossia anche nei confronti di beni dei quali il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato, non necessita di alcuna dimostrazione sul nesso di pertinenzialità tra delitto e cose da confiscare, essendo sufficiente la perpetrazione del reato Sez. 6, n. 7250 del 19/01/2005, P.M. in proc. Nocco, Rv. 231604 . Ne consegue che, in sede di giudizio di rinvio, il tribunale dovrà, attraverso l'esame del compendio processuale, stabilire la natura giuridica del pegno prescindendo dalla mancanza di un nesso pertinenziale tra la res ed il reato che la legge, con l'introduzione della confisca per equivalente, ha escluso, facendo scaturire da ciò le conseguenze giuridiche. 3. Quanto al ricorso della Banca popolare, va precisato che il tribunale cautelare si è attenuto al principio di diritto, che va condiviso, più volte affermato da questa Corte secondo il quale il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche beni che siano stati costituiti dall'indagato in pegno regolare, e ciò perché questi conserva il potere di alienare il bene o di attivarsi per l'estinzione dell'obbligazione e la conseguente restituzione della eadem res fornita in garanzia Sez. 2, n. 45400 del 07/11/2008, Palmieri, Rv. 241975 , restando riservato al merito l'aspetto del necessario bilanciamento fra l'interesse pubblico alla non dispersione definitiva dei beni nella disponibilità dell'indagato e la tutela delle ragioni del terzo creditore estraneo al reato Sez. 3, n. 36293 del 18/05/2011, Legale rappr. Hypo Alpe Adria Bank S.p.a., Rv. 251133 . Nel caso di specie, il tribunale ha qualificato il pegno come regolare e, con motivazione invero omessa su un punto decisivo del tema cautelare, ha ritenuto che non spiegasse alcuna rilevanza la circostanza che i titoli di cui al deposito n. 34-113760 fossero stati acquistati utilizzando finanziamenti appositamente concessi dalla banca e perciò privi di ogni legame con l'attività criminosa contestata all'indagato, affermando il principio, parimenti corretto ma disallineato rispetto al contenuto della censura, in base al quale la misura cautelare della quale si controverte si risolve in un sequestro preventivo finalizzato alla confisca non direttamente del profitto del reato ma di una quantità di beni di cui il reo abbia la disponibilità e che sia equivalente rispetto al profitto stesso. Il ricorrente tuttavia lamenta che la provvista necessaria per la creazione del titolo sarebbe derivata da flussi provenienti dal terzo estraneo al reato creditore pignoratizio e che ciò costituirebbe un elemento dirimente per la interpretazione della natura giuridica del pegno come regolare o, secondo la ricorrente, irregolare proprio in base a siffatto elemento. Il tribunale cautelare allora non poteva liquidare la doglianza richiamando la natura giuridica del sequestro ma avrebbe dovuto motivare sulla rilevanza o meno dell'elemento che, secondo la tesi difensiva, induceva a qualificare la natura giuridica del pegno come irregolare. In siffatto caso, è altrettanto pacifica la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale non può essere disposta la confisca per equivalente di beni costituiti in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell'imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà da parte del creditore Sez. 1, n. 49719 del 17/10/2013, Cassa Rurale - Banca Di Credito Coperativo Di Treviglio Sri., Rv. 257823 . Il giudice di rinvio dovrà perciò porre riparo a tale mancanza, convalidando o rivedendo il precedente orientamento. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al tribunale di Modena.