La Cassazione ribadisce: la circostanza dei casi di minore gravità è oggetto di bilanciamento

Con la sentenza in commento, la Cassazione torna ad occuparsi di una materia particolarmente delicata, trattando il caso di un bambino abusato dal padre in tenerissima età. Intervenendo per dirimere fatti risalenti a più di dieci anni fa, il Supremo Collegio ribadisce orientamenti consolidati – se non granitici – in ordine al criterio per attribuire contenuto sessuale a determinati atti e, al contempo, alla praticabilità di un eventuale bilanciamento delle circostanze collaterali in sede di dosimetria sanzionatoria.

Della questione si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40349/15, depositata l'8 ottobre. Il caso. L'inchiesta riguardava gli abusi compiuti da un uomo nei confronti del figlio, di meno di dieci anni più in dettaglio – si deve specificarlo purtroppo per la rilevanza ai fini dell'analisi – costui aveva prolungatamente strofinato il corpo del piccolo con un coltello da cucina, partendo dalle braccia per poi giungere alle parti intime e, successivamente, introducendo un dito nell'orifizio anale della vittima. La Corte d'Appello di Messina, dopo aver escluso l'aggravante dell'uso di un'arma e riconosciuto l'attenuante prevista per i casi di minore gravità, rideterminava la pena inflitta in anni due e mesi dieci di reclusione, confermando nel resto la condanna riportata in primo grado per il delitto di violenza sessuale pluriaggravata e continuata. L'imputato, per il tramite del proprio difensore, proponeva un articolato ricorso, deducendo violazione di legge penale e carenze motivazionali, circa la definizione di atti sessuali presa a modello nei gradi precedenti, posto che le azioni incriminate non si connoterebbero di una finalità erotica erronea applicazione della legge processuale e carente motivazione, per aver utilizzato illegittimamente dichiarazioni del minore riferite da terzi, anziché le del tutto carenti risposte rese dalla vittima in incidente probatorio in gradato subordine, violazione di legge penale e vizio di motivazione, per aver qualificato la circostanza di cui all'ultimo comma dell'art. 609 bis c.p. casi di minore gravità quale fattispecie autonoma, escludendola da un potenziale bilanciamento con le ascritte aggravanti, per non aver concesso le attenuanti generiche e per aver impropriamente irrogato le pene accessorie secondo modalità entrate in vigore solo successivamente alla commissione del fatto. La Terza Sezione Penale– su parere difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto l'annullamento senza rinvio con riferimento alle sole pene accessorie – accoglie parzialmente il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente ai profili afferenti il trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte d'Appello di Reggio Calabria per il necessario supplemento di merito. In parte motiva, premessi brevi cenni sull'ipotesi della c.d. doppia conforme, l'Estensore chiarisce come i giudici siciliani, pur operando frequenti riferimenti alla valutazione svolta in prime cure, abbiano realizzato un ampio ed autonomo apprezzamento dei fatti, ripercorrendo le emergenze istruttorie – tra le quali la piena confessione resa dall'imputato alla moglie e segretamente registrata da quest'ultima – alla luce delle censure mosse nel gravame. Evidenziata così la solidità del criticato iter motivo, passa ad esaminare le singole doglianze, prestando maggior attenzione ai due punti nodali. La definizione di atti sessuali . In primo luogo, a fronte della lamentata impropria qualificazione dei comportamenti del ricorrente come atti sessuali – argomentazione, peraltro, non sottoposta ai Giudici d'appello – la Suprema Corte chiarisce che integra la nozione di atto sessuale anche un fugace contatto corporeo con la vittima che sia finalizzato a soddisfare l'impulso sessuale del reo [] quanto al tema del contatto con zone erogene” nei confronti di minori, non può essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito agli adulti per ciò che concerne la parte del corpo attinta dal toccamento Cass., n. 45950/11 . In buona sostanza, quindi, per abusi di questa natura, il parametro dirimente non sarà tanto costituito dal contatto con punti anatomici oggettivamente legati alla sfera sessuale, quanto piuttosto sullo sfregamento di parti che, considerato il contesto e le modalità con le quali vengono stimolate, siano scelte dal reo sulla scorta di un impulso erotico. Orbene, pare solare come la fattispecie concreta non possa sottrarsi a tale qualificazione, visto che le azioni dell'imputato erano destinate, con tutta evidenza, al soddisfacimento dei suoi desideri sessuali. La circostanza attenuante relativa ai casi di minore gravità . Esaurita la disamina dei motivi in punto di responsabilità, il vaglio del Collegio si concentra sulle critiche rivolte al trattamento sanzionatorio che, invece, risulta effettivamente affetto da vizi sostanziali. Ed infatti, alla luce della recente dichiarazione d'incostituzionalità, nella parte in cui escludeva la possibilità che l'attenuante di cui all'art. 609 bis , comma 3, c.p. prevalesse sulla recidiva ex art. 99, comma 4, c.p., dell'art. 69, comma 4, c.p. Corte Cost. n. 106/14 e del precedente giurisprudenziale che confermava l'effetto speciale della mitigazione in argomento Cass., n. 25179/14 , la Corte sancisce la possibilità di bilanciare le due circostanze stima che, attenendo al merito, viene delegata al giudice del rinvio, che dovrà anche di riparametrare le pene accessorie in relazione alla principale. Conclusioni. La decisione appena esaminata fornisce indicazioni teoriche dal rilevante impatto operativo, dirette a regolare tanto la precisa qualificazione di condotte compiute in danno di minori, quanto il grado di libertà delle corti territoriali nella determinazione della sanzione appropriata. A tal proposito, partendo da premesse teoriche ampiamente condivisibili, trae conseguenze lineari, con un argomentare che, sebbene lievemente disorganico, non può che definirsi chiaro e comprensibile e potrà essere valida traccia per successive interpretazioni del delitto in parola.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 luglio – 8 ottobre 2015, n. 40349 Presidente Mannino – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Messina con sentenza emessa il 23 maggio 2014, esclusa l'aggravante dell'uso di un arma e riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 609 bis ultimo comma c.p., ha rideterminato la pena in anni due e mesi dieci di reclusione, confermando la condanna di M.S. per il reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 609 bis e ter c.p., per avere indotto il figlio minore Fr., con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica derivanti dalla tenera età a subire atti sessuali e, in particolare, lo strofinamento delle parti intime con un coltello da cucina e l'introduzione dei dito nell'orifizio anale, con l'aggravante di avere commesso il fatto nei confronti di persona minore degli anni dieci reati commessi in Messina in data antecedente e prossima al settembre 2003. 3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo di proprio difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi 1 Violazione ex art. 606 lett. b ed e c.p.p. in, riferimento agli artt. 609 bis e ter c.p., per quanto attiene alla definizione di atti sessuali, atteso, che le condotte indicate nei capo di imputazione non rivestono oggettivo contenuto erotico 2 Violazione ex art. 606 lett. c ed e c.p.p. in riferimento alla mancata applicazione della sanzione di inutilizzabilità di cui all'art. 195 c.p.p., in caso di testimonianza de relato, per le dichiarazioni rese da A. e G. B. che ebbero a riferire le dichiarazioni del minore, il quale, invece, si è rifiutato di rispondere nel corso dell'incidente probatorio svoltosi con il perito dott. C. 3 in subordine, violazione ex art. 606 lett. b ed e c.p.p. in riferimento alla diminuente del fatto di minore gravità ultimo comma art. 609 bis c.p. , qualificata dalla sentenza di appello quale fattispecie autonoma e non circostanza attenuante ad effetto speciale, senza pertanto operare un giudizio di comparazione e, nel caso specifico, di prevalenza ex art. 69 c.p. con l'aggravante contestata 4 in subordine, violazione ex art. 606 lett. b ed e c.p.p. in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, per motivazione contraddittoria ed illogica sul punto, anche perché, ratione témporis, le circostanze generiche avrebbero potuto essere fondate anche solo sulla mera incensuratezza dell'imputato 5 in subordine, violazione ex art. 606 lett. b c.p.p. per la generica applicazione delle pene accessorie previste dall'art. 609 nonies c.p. ad eccezione della interdizione dai pubblici uffici espressamente revocata dalla sentenza di appello , infatti la pena accessoria di cui al n. 5 del comma 1 di detta norma interdizione dall'esercizio di una professione o di un'arte è stata introdotta solo nel 2012 e quella di cui al comma 2 è stata introdotta nel 2006, ovvero successivamente alla data del reato quanto alla pena accessoria della revoca patria potestà la stessa non trova applicazione non costituendo elemento costitutivo o circostanza aggravante dei reato così come contestato. Considerato in diritto 1. Deve innanzitutto essere ribadito il principio di diritto in base al quale, quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo così, tra le altre, cfr. Sez. 4, n. 15227 dell'11/4/2008, Baretti, Rv. 239735 Sez. 2, n. 5606 dell'8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181 Sez 1, n. 8868 dell'8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906 Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145 . Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorchè i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116 . 2. Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, soprattutto quanto ai dettagli della ricostruzione del fatto, hanno fornito una valutazione ampia e del tutto autonoma dei fatti, rispondendo puntualmente ai motivi di appello sui punti specificamente indicati, in particolare i giudici hanno ripercorso le modalità del disvelamento degli abusi sessuali sul piccolo Fr. nato il 24/9/2000 , abusi denunciati dalla madre, sottolineando le ragioni della tardività della denuncia, ragioni ampiamente esposte nella sentenza, che hanno confermato il giudizio di piena attendibilità della testimonianza della donna ed hanno inoltre brevemente descritto gli elementi di prova della responsabilità penale del M., concentrando l'attenzione sulle dichiarazioni che lo stesso rese in due colloqui chiarificatori richiestigli dalla moglie, colloqui in occasione dei quali la donna effettuò le registrazioni audio delle conversazioni all'insaputa dell'imputato. In tali contenuti confessori degli abusi sessuali, posti in essere nei confronti del piccolo Fr., i giudici di appello hanno rinvenuto il principale elemento di prova della colpevolezza del M. la sentenza definisce le ammissioni dell'imputato di pregnante efficacia probatoria . Attesa la consistenza probatoria di tale prova, la Corte di appello ha escluso ogni rilevanza alla mancata assunzione di contenuti dichiarativi da parte della persona offesa che siano risultati utili al processo, per il silenzio tenuto dal bimbo in sede di incidente probatorio, sottolineando in tal modo la non rilevanza della eccepita inutilizzabilità della testimonianza de relato della B. sotto il profilo dei contenuti e la inammissibilità di tale eccezione sotto la lente della legge processuale, in quanto la difesa aveva di fatto rinunciato al potere di richiedere in dibattimento l'audizione del testimone di riferimento, ossia del piccolo Fr. pag. 8 della sentenza di appello . 3. Di conseguenza lo specifico motivo di ricorso relativo alla violazione di legge processuale per l'inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato rese dalla ex moglie B. A Inammissibile poi l'eccezione riferita alle dichiarazioni rese da altro testimone, in quanto neppure proposta in appello e comunque infondata per le menzionate ragioni. 4. Per quanto attiene al primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la qualificazione delle condotte contestate all'imputato quali atti sessuali contestazione peraltro non devoluta ai giudici di appello , lo stesso è manifestamente infondato. Sia il capo di imputazione, sia la descrizione dei comportamenti, svolta nella sentenza di primo grado e in quella impugnata - ossia dei giochi con il coltello che il padre aveva posto in essere con il piccolo Fr. - rendono pienamente configurati i requisiti della fattispecie contestata secondo quanto stabilito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte. 5. In particolare va ricordato che integra la nozione di atto sessuale anche un fugace contatto corporeo con la vittima che sia finalizzato a soddisfare l'impulso sessuale del reo in tal senso, Sez.3, n. 45950 del 26/10/2011, M., Rv. 251339 la decisione ha rilevato che, quanto al tema dei contatto con zone erogene nei confronti di minori, non può essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito agli adulti per ciò che concerne la parte del corpo attinta dal toccamento . Orbene nel caso di specie, i giudici di merito hanno dato atto che l'imputato aveva fatto scorrere sulla pelle dei bimbo un coltello, partendo dalle braccia, per poi passare alla schiena e fino al sedere, per soddisfare un impulso sessuale, posto che poi comunque aveva anche introdotto un dito nell'orifizio anale dei piccolo. 6. Anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche deve essere respinta. La Corte di appello si è espressa fornendo puntuale risposta ad analogo motivo di appello, evidenziando le ragioni per le quali la decisione di non riconoscere le circostanze attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p., già assunta dal giudice di prime cure, dovesse essere ribadita anche dal Collegio di secondo grado. In presenza di una motivazione precisa e coerente, trattandosi di valutazione nel merito, la sentenza impugnata risulta immune da censure, a nulla valendo l'argomentazione spesa dal ricorrente in tema di incensuratezza, proprio perché i giudici di merito hanno ravvisato nei fatti come commessi e nella personalità dell'imputato elementi tali da impedire un generico giudizio di attenuata responsabilità. 7. Deve invece essere accolto il terzo motivo di ricorso. Va, infatti, considerato che con la sentenza n. 106 del 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, l'art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 609- bis, comma 3, c.p. sulla recidiva di cui all'art. 99, comma 4 c.p., con ciò implicitamente affermando la possibilità di sottoporre a giudizio di bilanciamento e dichiarare la prevalenza della circostanza attenuante specifica dei reato di violenza sessuale relativa ai casi di minore gravità . Del resto questa stessa Corte si è già espressa in tal senso Sez.3, n. 25179 del 25/4/2014, G., non mass. ed ha affermato che l'ipotesi attenuata dell'art. 609 bis comma 3 c.p., ha certamente natura di circostanza attenuante ad effetto speciale, perché determina una riduzione della pena in misura maggiore non eccedente i due terzi rispetto alla diminuzione ordinaria e deve essere obbligatoriamente applicata, ma ciò non può giustificare una sua esclusione dal giudizio di bilanciamento perché nessuna norma lo prevede. 8. A tale proposito va anche ricordato che in riferimento al reato di cui all'art. 609 quater c.p., ove è disciplinata analoga diminuente, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che lo stesso può essere circostanziato sia dalla diminuente del fatto di minore gravità, di cui al comma terzo, sia dall'aggravante degli atti sessuali su minore degli anni dieci, di cui al comma quarto, così che, ove concorrano entrambe le circostanze, il giudice di merito è chiamato ad un giudizio di equivalenza o di prevalenza cfr. Sez. 3, n. 10936 del 30/1/2001, P.M. in procomma I., Rv. 219561 . 9. Di conseguenza ben è possibile operare un giudizio di bilanciamento tra la riconosciuta circostanza attenuante del caso di minore gravità e l'aggravante dell'essere la persona offesa un minore di anni dieci all'epoca dei fatti, giudizio di fatto che questa Corte rimette al giudice del rinvio. 10. Del pari deve essere accolto, seppure in parte, il quinto motivo di ricorso. La disposizione dell'art. 609 nonies c.p., relativa alle pene accessorie che deve essere applicata ai fatto di cui è processo, è quella introdotta dall'art. 10 della legge n. 66 del 1996, vigente al 2003, che prevedeva 1 la perdita della potestà del genitore quando la qualità di genitore è elemento costitutivo del reato 2 l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutelala perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa. Pertanto la mera conferma da parte della Corte di appello della condanna generica alle pene accessorie di cui all'art. 609 nonies c.p., già disposta dai giudici di primo grado, dovrà essere specificata all'esito dei giudizio di rinvio, tenuto conto delle tipologie delle pene accessorie sopraindicate. Di contro, la doglianza dei ricorrente circa la mancata inclusione nel capo di imputazione della sua qualità di genitore non merita accoglimento la formulazione del fatto di reato indica con chiarezza che il piccolo Fr. è figlio dei ricorrente e pertanto risulta integrato, nel fatto come commesso, il presupposto per l'applicazione della prevista pena accessoria. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria, con rigetto nel resto dei ricorso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria, rigetta nel resto il ricorso.