Inefficacia della misura cautelare per superamento dei termini di deposito della motivazione: la nuova disciplina è retroattiva?

La norma modificatrice dei termini per il deposito della motivazione di un’ordinanza di rigetto nell’ambito delle misure cautelari trova applicazione anche se intervenuta successivamente alla decisione, se i termini sono ampiamente disponibili e vi sono le condizioni per adeguarsi alla nuova disciplina.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40342/15, depositata il 7 ottobre. Il caso . Innanzi al Tribunale del riesame, un soggetto, indagato per i reati di cui agli artt. 216 e 223 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 bancarotta fraudolenta e fatti di bancarotta fraudolenta e 416, 648 c.p. associazione per delinquere e ricettazione , impugnava l’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari. Il Collegio rigettava l’istanza in data 7 maggio 2015, riservando il deposito della motivazione. Il giorno successivo all’udienza decisoria, entrava in vigore la legge n. 47/2015 l’art. 11 della nuova normativa, modificando il decimo comma dell’art. 309 c.p.p., dispone l’inefficacia della misura cautelare nel caso in cui l’ordinanza che abbia deciso sulla richiesta di riesame non sia stata motivata entro il termine di 30 giorni dalla decisione prolungabile fino a 45 in caso di motivazione particolarmente complessa . La motivazione dell’ordinanza di rigetto veniva depositata in data 10 luglio 2015. L’indagato proponeva ricorso, lamentando violazione di legge e vizio della motivazione in particolare, rilevava come la norma modificatrice, anche di natura processuale, dovesse trovare applicazione retroattiva qualora comportasse un trattamento più favorevole nei confronti dell’indagato. Non si tratta di applicazione retroattiva. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, sottolineando che la questione non trova risposta nel tema della retroattività delle norme processuali. Gli Ermellini hanno rilevato che determinante ai fini dell’applicazione della suddetta normativa è l’individuazione di quale attività procedimentale ne sia oggetto. La Suprema Corte ha escluso che l’attività interessata fosse l’emissione del dispositivo, ormai di fatto esaurita, traendo spunto dai principi elaborati dalla sua stessa giurisprudenza con riferimento alla normativa transitoria sull’applicabilità dei termini prescrizionali introdotti con la modifica legislativa del 2005. Nel caso di specie, l’attività regolamentata era la redazione della motivazione, in corso da appena un giorno al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina e, dunque, soggetta a quest’ultima. La Corte ha, infatti, evidenziato come vi fossero tutti i presupposti fattuali affinché l’attività redazionale del Collegio fosse adeguata alle nuove disposizioni, essendo i termini dalle stesse previsti quasi totalmente disponibili. Dal momento che il deposito della motivazione da parte del Tribunale del riesame è avvenuto decorsi entrambi i termini di 30 e 45 giorni indicati dalla novellata norma, la Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 settembre – 7 ottobre 2015, n. 40342 Presidente Marasca – Relatore Zaza Ritenuto in fatto Con il provvedimento impugnato veniva rigettata l'istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata nei confronti di R.B. per i reati di cui agli artt. 216 e 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, 416 e 648 cod. pen., per mancato deposito della motivazione dell'ordinanza pronunciata dal Tribunale di Messina, sulla richiesta di riesame proposta avverso l'ordinanza applicativa della misura, nel termine di trenta giorni dalla decisione, di cui all'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen. come modificato dall'art. 11 legge 16 aprile 2015, n. 47. L'indagato ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale l'argomentazione del provvedimento impugnato, per la quale la modifica legislativa entrava in vigore il 08/05/2015, giorno successivo a quello del 07/05/2015 nel quale si svolgeva l'udienza dinanzi al Tribunale del riesame, non terrebbe conto di quanto lamentato nell'istanza, ove si rilevava che, pur avendo natura processuale, la norma modificatrice doveva avere applicazione retroattiva in quanto produttiva di effetti favorevoli per l'indagato. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Come accennato in premessa, il Tribunale del riesame di Messina, dinanzi al quale veniva impugnata l'ordinanza applicativa della misura cautelare nei confronti del R. , decideva all'esito dell'udienza del 07/05/2015, rigettando la richiesta e riservando il deposito della motivazione. Il successivo 08/05/2015 entrava in vigore la legge n. 47 del 2015, il cui art. 11, riformulando il comma decimo dell'art. 309 cod. proc. pen., ha introdotto una disposizione di inefficacia della misura cautelare nel caso in cui l'ordinanza, che abbia deciso sulla richiesta di riesame, non sia depositata entro il termine di trenta giorni dalla decisione prevedendo altresì che detto termine possa essere prolungato dal giudice, laddove la stesura della motivazione sia particolarmente complessa per il numero degli indagati sottoposti alla misura o per la gravità dei fatti in ordine ai quali si procede, fino alla durata massima di quarantacinque giorni. Nel caso di specie, la motivazione dell'ordinanza che decideva sulla richiesta di riesame proposta dal R. , della quale il ricorrente lamenta l'indisponibilità alla data di presentazione del gravame, veniva depositata, come risulta dall'atto appositamente acquisito da questa Corte, il 10/07/2015 è quindi accertato che tale deposito avveniva allorché dalla decisione era trascorso non solo l'ordinario termine di trenta giorni, ma anche quello di quarantacinque giorni che, secondo la sopravvenuta normativa, poteva essere indicato nella massima proroga consentita. La questione posta dal ricorrente è, a questo punto, quella della rilevanza del superamento del termine per il deposito della motivazione, e della conseguente previsione di inefficacia della misura prevista dall'attuale disciplina, rispetto ad una decisione assunta precedentemente, anche se per un solo giorno, all'entrata in vigore della norma innovativa. Nel ricorso si evoca in proposito la tematica della retroattività della norma, pur di natura processuale, la cui applicazione abbia in concreto effetti sostanziali favorevoli all'indagato citando un precedente in tal senso Sez. 5, n. 31839 del 10/06/2014, Florio, Rv. 260139, relativo all'applicabilità ai procedimenti in corso della modifica da quattro a cinque anni del limite minimo del massimo edittale necessario per disporre la custodia cautelare in carcere, inserita nell'art. 280, comma secondo, cod. proc. pen. dalla legge 9 agosto 2013, n. 94 , al quale si contrappone peraltro un orientamento di segno contrario, riguardante la riforma legislativa attinente al caso in esame, con particolare riforma alle modifiche dell'art. 274 cod. proc. pen., ed in via generale affermativa della valenza per le norme processuali del principio del tempus regit actum Sez. 4, n. 24861 del 21/05/2015, Iorio, Rv. 263727, che richiama sul principio Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv. 260927 . Occorre tuttavia chiedersi se la soluzione della questione in concreto posta all'attenzione di questa Corte passi necessariamente attraverso la discussione del tema della retroattività delle norme processuali ovvero, in altre parole, se la riferibilità al caso di specie della nuova normativa in materia di inefficacia della misura cautelare, per effetto del superamento dei termini per il deposito della motivazione dell'ordinanza pronunciata sulla richiesta di riesame, richieda un'applicazione retroattiva di tale disciplina. E la risposta al quesito non può che essere negativa. Determinante, a questi fini, è l'individuazione dell'attività procedimentale che costituisce specificamente oggetto della normativa di cui sopra attività che deve senz'altro essere identificata nella redazione della motivazione dell'ordinanza decisoria della procedura di riesame, e non più nella precedente ed ormai esaurita emissione del dispositivo della stessa. Non sono privi di significatività, in merito, i principi stabiliti da questa Corte sulla pendenza dalla pronuncia del dispositivo della sentenza, e non dal deposito della motivazione della stessa, della fase di appello del procedimento, ai fini della normativa transitoria sull'applicabilità dei termini prescrizionali introdotti con la modifica legislativa del 2005 Sez. 5, n. 25470 del 16/04/2009, Lala, Rv. 243898 Sez. 2, n. 3709 del 21/01/2009, Bassetti, Rv. 242561 Sez. 6, n. 13523 del 22/10/2008, dep. 2009, De Lucia, Rv. 243826 Sez. 3, n. 38836 del 10/07/2008, Papa, Rv. 241291 , laddove ne viene sottolineata l'autonomia dell'emissione del dispositivo della decisione, in quanto contenente tutti gli elementi necessari per identificare il contenuto della stessa, dalla successiva attività motivazionale. Orbene, al momento in cui entrava in vigore la nuova disciplina, ossia al 08/05/2015, i termini per la stesura di quella motivazione erano ancora pendenti, e peraltro decorsi da appena un giorno. L'attività regolamentata dall'art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., nella sua nuova formulazione, era pertanto pienamente in corso e come tale era soggetta alla citata disciplina, con riguardo sia alla durata dei termini per il deposito della motivazione che alla sanzione di inefficacia della misura, prevista per il mancato rispetto degli stessi. Nella situazione data, vi erano le condizioni anche fattuali perché l'attività costituita dalla redazione della motivazione dell'ordinanza e dal deposito della stessa potesse essere adeguata ai termini posti dalla norma sopravvenuta, ancora disponibili quasi per la loro interezza. Né l'eventuale complessità della stesura della motivazione avrebbe opposto un ostacolo irrimediabile al rispetto dei predetti termini essendo ben possibile l'adozione in quella fase del provvedimento di proroga del termine fino alla durata massima di quarantacinque giorni, in quanto previsto solo dalla nuova disciplina e pertanto non ancora rituale all'epoca della pronuncia del dispositivo. L'effettivo deposito della motivazione non veniva d'altra parte effettuato, come si è premesso, neppure entro il termine massimo di cui sopra fatto che, ove verificatosi, avrebbe potuto consentire la valutazione della ravvisabilità di un'implicita disposizione di proroga del termine. Il superamento dei termini, per quanto detto vigenti al momento della redazione della motivazione e tassativamente posti per il deposito della stessa, integrava dunque i presupposti normativi della dedotta inefficacia della misura applicata nei confronti del R. . La stessa deve pertanto essere dichiarata in questa sede, annullandosi senza rinvio il provvedimento impugnato e disponendosi l'immediata liberazione del R. se non detenuto per altra causa. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, dichiara l'inefficacia della misura cautelare disposta con ordinanza del 17/04/2015 emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Messina e dispone l'immediata liberazione del R. se non detenuto per altra causa visto l'art. 626 cod. proc. pen Manda alla Cancelleria per la comunicazione al Procuratore generale.