Contestazione a catena e retrodatazione dei termine: la Cassazione fa un ripasso di storia

Nell’ipotesi in cui siano state emesse nei confronti di un imputato più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell'emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l'esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive, e indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l'esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39868/15, depositata il 5 ottobre. Il caso. La corte d’appello aveva rigettato la richiesta di declaratoria della perdita di efficacia della misura cautelare carceraria disposta a carico di un uomo per decorrenza del termine ex art. 297, comma 3, c.p.p. in relazione all’art. 303, comma 1, c.p.p Interposto gravame avverso tale provvedimento, il tribunale del riesame rigettava l’appello, escludendo l’applicabilità della norma processuale invocata in quanto la condotta per il reato associativo finalizzato al traffico degli stupefacenti oggetto del procedimento nell’ambito del quale era stata emessa la seconda ordinanza cautelare si era protratta ben oltre la data dell’emissione del primo titolo custodiale. Avverso tale ordinanza, ricorre per cassazione l’imputato, lamentando la mancata verifica da parte del tribunale dell’effettiva protrazione oltre la data della contestazione aperta e in particolare oltre la data della prima ordinanza cautelare. Il richiamo ai principi della giurisprudenza di legittimità. Gli Ermellini hanno preliminarmente precisato che secondo la giurisprudenza di legittimità in ordine all'applicabilità dell'istituto della contestazione a catena e della retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., qualora nei confronti di un imputato siano state emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, opera la retrodatazione prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p. anche rispetto ai fatti oggetto di un diverso procedimento, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza . Inoltre, proseguono i Giudici del Palazzaccio, secondo l’insegnamento del Supremo Collegio, nell’ipotesi in cui siano state emesse nei confronti di un imputato più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall'art. 297, comma 3, c.p.p., opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell'emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l'esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive, e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l'esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure . Tuttavia, in relazione all’eventualità che la seconda ordinanza abbia per oggetto un delitto associativo teleologicamemte connesso con reati formanti oggetto di altra ordinanza di custodia cautelare emessa anteriormente, la Corte di nomofilachia ha precisato che la giurisprudenza di legittimità ha escluso la sussistenza del presupposto dell'anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all'emissione della prima, nel caso in cui il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione e la condotta di partecipazione si sia protratta dopo l'emissione della prima ordinanza. Il tribunale non ha svolto tutte le verifiche del caso. Fermo il richiamo ai principi sopra esposti, il Supremo Collegio ha precisato che il tribunale avrebbe dovuto verificare l’effettiva prosecuzione dell'attività illecita anche in ambito associativo oltre la data di emissione della prima ordinanza custodiale, nonché il perfezionamento del reato associativo in tutti i suoi elementi oltre tale data – verifica che il tribunale non ha effettuato. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 gennaio – 5 ottobre 2015, n. 39868 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza dell'8 aprile 2014 il Tribunale di Reggio Calabria - Sezione per il Riesame - rigettava l'appello proposto nell'interesse di B. A. avverso l'ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 20 giugno 2013 con la quale era stata rigettata la richiesta di declaratoria della perdita di efficacia della misura cautelare carceraria disposta a carico dei B. per decorrenza del termine ex art. 297 comma 3 cod. proc. in relazione all'art. 303 comma 1 stesso codice. 1.2 il Tribunale, pur avendo rilevato un rapporto di connessione qualificata tra i fatti oggetto delle due distinte ordinanze cautelari emesse nell'ambito di procedimenti diversi tanto che il giudice di appello nel confermare la responsabilità del B., ha applicato l'istituto della continuazione tra i reati oggetto dell'ordinanza dei GIP del Tribunale di Reggio Calabria del 15 dicembre 2009 e quelli oggetto della precedente ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Palmi del 31 gennaio 2008 tranne che per i reati di cui ai capi 49, 50 e 58 , ha escluso l'applicabilità della norma processuale invocata in quanto la condotta per il reato associativo finalizzato al traffico degli stupefacenti oggetto del procedimento nell'ambito del quale era stata emessa la seconda ordinanza cautelare, si era protratta ben oltre la data dell'emissione dei primo titolo custodiale. 1.3 Propone ricorso avverso la detta ordinanza l'imputato a mezzo dei proprio difensore fiduciario lamentando l'inosservanza della norma processuale penale art. 297 comma 3 cod. proc. pen. , e rilevando, in particolare, la mancata verifica da parte del Tribunale della effettiva protrazione oltre la data della contestazione aperta e in specie oltre la data della prima ordinanza cautelare. Inoltre la difesa lamenta l'assoluta mancanza di motivazione da parte del Tribunale in merito alla retrodatazione di cui all'art. 297 comma 3 cod. proc. pen. in riferimento alle altre ipotesi di spaccio oggetto della seconda ordinanza Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. 2. In relazione al tema oggetto dell'ordinanza impugnata # va ricordato che l'indirizzo di questa Corte Suprema in ordine all'applicabilità dell'istituto della contestazione a catena e della retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall'art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., è nel senso che, qualora nei confronti di un imputato siano state emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata nella specie determinata dal vincolo di continuazione , opera la retrodatazione prevista dall'art. 297, comma terzo, cod. proc. pen. anche rispetto ai fatti oggetto di un diverso procedimento, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza così Sez. 6^ 21.1.2013 n. 50128, P.M. in proc. Pepa ed altri, Rv. 258500 . 2.1 E' stato anche affermato che nella ipotesi in cui siano state emesse nei confronti di un imputato più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all'emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall'art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell'emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l'esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive, e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l'esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure così S.U. 22.3.2005 n. 21857, P.M. in proc. Rahulia e altri, Rv. 231057 . 2.2 Tuttavia, con riferimento alla ipotesi che la seconda ordinanza abbia per oggetto un delitto associativo teleologicamemte connesso con reati formanti oggetto di altra ordinanza di custodia cautelare emessa anteriormente, la giurisprudenza di questa Corte ha escluso la sussistenza del presupposto dell'anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all'emissione della prima, nel caso in cui il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione nella specie, finalizzata al traffico di stupefacenti e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l'emissione della prima ordinanza così Sez. 6^ 26.4.2007 n. 37952, D'Agostino, Rv. 237857 più di recente, Sez. 6^, n. 31441 del 24/04/2012, Canzonieri, Rv. 253237 idem 3.4.2014 n. 15821, De Simone, Rv. 259771 . 2.3 Perché si verifichi tale evenienza è, dunque, necessario che la condotta di partecipazione all'associazione oggetto della seconda ordinanza cautelare, fermo il rapporto di connessione qualificata ex art. 12 cod. proc. pen. tra i fatti oggetto dei due procedimenti a carico dei B., si sia protratta dopo l'emissione della prima ordinanza. 3. Se il richiamo a tali principi può dirsi corretto nella fattispecie in esame, va anche osservato che la contestazione oggetto della seconda ordinanza, a proposito del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di stupefacenti, risulta contestata dal gennaio 2007 con condotta attuale. 3.1 il Tribunale avrebbe dovuto verificare in ordine alla effettiva prosecuzione dell'attività illecita anche in ambito associativo oltre la data di emissione della prima ordinanza custodiale ed anche in ordine della perfezione del reato associativo in tutti i suoi elementi oltre tale data. Ciò non è avvenuto non mancando poi di evidenziare che da parte del Tribunale nulla è stato specificato con riguardo alle altre ipotesi di reato diverse dalla condotta associativa in vista di una possibile scarcerazione parziale. 3.2 Ne deriva che l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria che, in applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte dovrà verificare la data effettiva di protrazione dell'attività criminosa in relazione al reato associativo oggetto della seconda ordinanza custodiale rispetto alla data di emissione della prima ordinanza dei 31 gennaio 2008. 4. Va disposta, ai sensi dell'art. 94 comma 1 ter Disp. Att. cod. proc. pen. la trasmissione di copia del presente provvedimento alla Direzione della Casa Circondariale ove il ricorrente trovasi ristretto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria. La Corte dispone inoltre che copia dei presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell'Istituto Penitenziario competente a norma dell'art. 94 comma 1 ter Disp. Att. cod. proc. pen.