Legittima l’esclusione in ragione della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga?

L’ipotesi del fatto di lieve entità non può essere legittimamente esclusa in ragione della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, prescindendo in tal modo da una valutazione di tutti i parametri dettati in proposito dall’art. 73, comma V, d.p.r. n. 309/90, fermo restando che il connotato dell’occasionalità non costituisce indice indefettibile di minima offensività della condotta, essendo compatibile con la sua ripetizione nel tempo.

Il caso. La Corte di Appello di Napoli riformava parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, limitandosi a ridurre le pene inflitte ai sette imputati per il reato di detenzione continuata a fini di cessione di sostanze stupefacenti, ma ribadendo per tutti loro l’affermazione di penale responsabilità ai sensi dell’art. 73 D.P.R. 309/90. Tutti gli appellanti – fatta eccezione per uno solo di essi – rinunciavano all’impugnazione nel merito, eccependo solo la mancata applicazione dell’ipotesi meno grave della lieve entità di cui al comma V dell’art. 73 predetto, ma la Corte territoriale rigettava tale richiesta a causa dell’elevato numero delle condotte, attuate dagli imputati in maniera non occasionale, e del rilevante dato ponderale dedotto dalle intercettazioni telefoniche. Avverso tale sentenza ricorrevano per Cassazione gli imputati, tutti deducendo quale motivo di gravame la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 73 comma V D.P.R. 309/90 sostanzialmente, da un lato, stante la indeterminatezza dei dati ricavabili dalle intercettazioni, la Corte di merito non avrebbe adeguatamente valutato né la tipologia né la quantità delle sostanze, precludendosi così la possibilità di verificare l’applicabilità dello ius superveniens costituito dalla ripristinata distinzione tra doghe pesanti e droghe leggere per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014. Dall’altro, l’omessa applicazione della disciplina del fatto di lieve entità è basata su prova travisata, non essendo mai stato sequestrato alcun quantitativo di stupefacente al fine di individuarne tipologia e quantità di principio attivo. I presupposti per l’applicabilità dell’ipotesi del fatto di lieve entità. La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Penale Feriale, ha ritenuto meritevoli di accoglimento i ricorsi come sopra formulati, ed ha annullato con rinvio la sentenza impugnata. I Supremi Giudici hanno, infatti, rilevato come il presupposto per l’applicabilità della fattispecie autonoma di reato ex art. 73 comma V D.P.R. 309/90 consiste in un complessivo connotato di minima offensività della condotta, desumibile da plurimi indici obiettivi quali il dato qualitativo e quantitativo delle sostanze psicotrope considerate, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, con la conseguenza che ove uno di tali indici risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio. La Corte di Appello ha, invece, fondato la valutazione di esclusione della sussistenza dell’ipotesi del fatto di lieve entità essenzialmente sulla ripetitività degli episodi di detenzione e/o cessione, rivelatrice dell’esistenza di un fenomeno di consolidato traffico di stupefacenti coinvolgente tutti gli imputati. Trattasi, secondo la Suprema Corte di legittimità, di valutazione che trova la sua spiegazione nel fatto che la grandissima parte delle imputazioni mosse agli imputati riguarda tipologie di stupefacenti non meglio individuate e in quantità non meglio precisate, il relativo accertamento riposando quasi esclusivamente sui risultati di intercettazioni telefoniche. Donde, l’impossibilità di valorizzare il dato ponderale, come detto desunto dalla interpretazione delle conversazioni intercettate, ha indotto i Giudici di merito a fornire rilievo decisivo alla modalità delle condotte e, in particolare, al connotato della ripetitività, così da escludere l’applicabilità dell’ipotesi di cui all’art. 73 comma V D.P.R. 309/90. L’attività di spaccio di stupefacenti continuativo non è incompatibile con l’attenuante della lieve entità. La Suprema Corte Regolatrice ha avuto modo di chiarire come, da un lato, l’ipotesi del fatto di lieve entità non può essere legittimamente esclusa in ragione della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, prescindendo in tal modo da una valutazione di tutti i parametri dettati in proposito dall’art. 73 comma 5, d.p.r. n. 309/90 dall’altro, che lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativo non è incompatibile con l’attenuante della lieve entità del fatto, come si desume proprio dall’art. 74 comma VI dello stesso Decreto. Donde, in conclusione, i Supremi Giudici hanno affermato il principio secondo cui il connotato dell’occasionalità non costituisce indice indefettibile di minima offensività della condotta, essendo compatibile con la sua ripetizione nel tempo.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 13 agosto – 2 ottobre 2015, n. 39844 Presidente Zecca – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Napoli ha parzialmente riformato quella emessa dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere in data 15/05/2013, riducendo le pene inflitte in primo grado a B.D. da sette a sei anni di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa , C.L. da sei anni e sei mesi a sei anni e tre mesi di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa , J.R.D.H. da quattordici a dodici anni di reclusione e da Euro 100.000,00 ad Euro 78.000,00 di multa , M.A. da sette anni a sei anni e nove mesi di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa , M.P. da sette anni a sei anni e otto mesi di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa e V.A. da sei anni e sei mesi a sei anni e due mesi di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa , confermando quella irrogata nei confronti di Ma.Si. sei anni e sei mesi di reclusione ed Euro 50.000,00 di multa , ma per tutti ribadendo l'affermazione di responsabilità in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti di detenzione continuata a fini di cessione di sostanze stupefacenti dei tipi cocaina ed eroina artt. 81 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990, capo L1 B. , capo Q. C. , capo A J. , capo V M.A. , capo Z M.P. , capo D1 V. e capo B1 Ma. . Preso atto dell'intervenuta rinuncia ai motivi d'impugnazione attinenti il merito delle imputazioni da parte degli appellanti ad eccezione di Ma.Si. , la Corte territoriale ha ritenuto di dover escludere la ricorrenza dell'ipotesi del fatto di lieve entità nelle fattispecie in verifica a causa dell'elevato numero delle condotte, attuate dagli imputati in maniera non occasionale ed espressive dell'esistenza di un consistente traffico di stupefacenti, come tale integrante un obiettivo e diffuso pericolo per la salute pubblica. 2. Avverso la sentenza hanno proposto impugnazione i ricorrenti, deducendo rispettivamente B.D. , violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 ed alla determinazione della pena e travisamento della prova. Il ricorrente si duole del fatto che sebbene la contestazione riguardi ipotesi di detenzione di cocaina ed eroina, la specifiche condotte elencate concernono tipi di sostanze non meglio individuate e in quantità imprecisata la Corte territoriale non ha, pertanto adeguatamente valutato né la tipologia né il dato ponderale delle sostanze, precludendosi la possibilità di verificare l'applicabilità dello ius superveniens costituito dalla ripristinata distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere per effetto della sentenza Corte Costituzionale n. 32 del 2014 deduce, inoltre, che l'omessa applicazione della disciplina del fatto di lieve entità è basata su prova travisata, non essendo in realtà mai stato sequestrato alcun quantitativo di stupefacente al fine di individuarne tipologia e quantità di principio attivo. C.L. , violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 73 d.P.R. n. 309 in relazione al mancato rilevamento da parte della Corte d'Appello dell'ipotesi di detenzione per uso personale, attesa la propria condizione di soggetto tossicodipendente violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al comma 5 dello stesso art. 73, per non avere la Corte territoriale fornito adeguata risposta circa la qualificazione dei fatti in termini di lieve entità J.R.D.H. , vizio di motivazione riguardo all'omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all'eccessivo aumento di pena applicato a titolo di continuazione interna tra gli episodi criminosi contestati censure ribadite e sviluppate nei motivi aggiunti pervenuti in data 7 agosto 2015 M.P. e M.A. , violazione di legge e vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento dell'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione in ordine all'omesso riconoscimento delle attenuanti generiche Ma.Si. , unico imputato a non aver rinunciato ai motivi in punto responsabilità, deduce che la propria condanna è stata pronunciata sul mero dato costituito dal contenuto delle captazioni telefoniche, non essendo stato mai effettuato alcun sequestro di sostanza stupefacente a suo carico né di altro materiale idoneo a sostenere l'accusa la Corte non ha, invece, preso in alcuna considerazione lo stato di tossicodipendenza, travisando di fatto il complessivo compendio probatorio deduce, inoltre, violazione di legge e vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento dell'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 e all'omessa applicazione delle attenuanti generiche, censure ribadite e sviluppate nei motivi aggiunti pervenuti in data 7 agosto 2015 V.A. , violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, tenuto conto del carattere improvvisato dell'attività di spaccio, della modesta entità e della rudimentale organizzazione dei mezzi impiegati, costituenti tutti elementi di valutazione di forte rilevanza eppure pretermessi dalla Corte d'Appello a fronte del mancato rinvenimento di sostanze stupefacenti e di materiale da taglio e confezionamento deduce, infine, vizio di motivazione riguardo all'omesso riconoscimento delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati limitatamente al diniego di applicazione dell'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 e in tali termini vanno accolti. 2. Vale rilevare che tutti i ricorrenti hanno sollevato la questione del mancato riconoscimento dell'ipotesi del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, ivi compreso J.R.D.H. , che con il primo motivo di impugnazione ne deduce espressamente la violazione, sebbene nell'esposizione delle ragioni addotte a sostegno non sviluppi ulteriormente i temi ad essa propri. Vale anche rimarcare che a dispetto del mutato inquadramento giuridico fornitone dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che oggi la qualifica fattispecie autonoma di reato in seguito alle novelle di cui alle leggi n. 10 e n. 79 del 2014 per tutte, v. la più recente tra le decisioni massimate, Sez. 6, sent. n. 15642 del 27/01/2015, Driouech, Rv. 263068 , non è, in realtà, mai cambiato il presupposto per la sua applicabilità. Esso consiste in un complessivo connotato di minima offensività della condotta, desumibile da plurimi indici obiettivi quali il dato qualitativo e quantitativo delle sostanze psicotrope considerate, i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione, con la conseguenza che ove uno di tali indici risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio per tutte e da ultimo v. Sez. 3, sent. n. 23945 del 29/04/2015, Xhihani, Rv. 263651 . Tutto ciò premesso, la Corte territoriale ha fondato la valutazione di esclusione della sussistenza dell'ipotesi del fatto di lieve entità o per meglio dire di fatti di lieve entità essenzialmente sulla ripetitività degli episodi di detenzione e/o cessione, rivelatrice dell'esistenza di un fenomeno di consolidato traffico di stupefacenti coinvolgente tutti gli imputati. Trattasi di valutazione che trova la sua più immediata spiegazione nel fatto che, come la loro struttura rivela, la grandissima parte delle imputazioni mosse agli imputati riguarda tipologie di stupefacenti non meglio individuate e in quantità non meglio precisiate, il relativo accertamento riposando quasi esclusivamente sui risultati di intercettazioni telefoniche e solo raramente sul sequestro delle sostanze stesse, peraltro sempre concernente quantità modeste o comunque mai diversamente indicate in motivazione a carico dei ricorrenti C. per quanto è dato ricavare dal ricorso , V. pag. 28 sentenza , M.A. e P. gr. 10,5 di eroina, per quanto si desume dalla posizione del coimputato non ricorrente F. , pag. 23 sentenza , Y.R. pag. 33 sentenza . L'impossibilità di valorizzare il dato ponderale, come anzidetto in larga parte desunto dall'interpretazione delle espressioni adoperata nel corso delle conversazioni telefoniche intercettate, ha evidentemente indotto il primo giudice e poi la Corte territoriale a fornire rilievo decisivo alla modalità delle condotte e in particolare al connotato della ripetitività, così da escludere l'applicabilità dell'ipotesi di cui all'art. 73 comma 5 del d.P.R. n. 309 del 1990. Orbene, quello dalla reiterazione delle condotte in addebito costituisce elemento di valutazione sicuramente riconducibile al concetto di circostanze dell'azione” presente nel dettato normativo, ma deve essere coordinato con altro dato normativo parimenti presente nella disciplina sugli stupefacenti, rappresentato dall'art. 74, comma 6 dello stesso d.P.R. 309 del 1990. A mente di tale previsione, quando l'associazione finalizzata al traffico illecito è costituita al fine di commettere i fatti descritti dal comma 5 dell'art. 73 trovano applicazione non già le incisive sanzioni previsti dai precedenti commi 1, 2, 3 e 4, bensì quelle meno gravi di cui all'art. 416 cod. pen È dunque lo stesso legislatore a stabilire che l'associazione può essere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di fatti - reato di minima offensività, il che vuoi dire che la mera pluralità di tali illeciti non osta al fatto che gli stessi restino ontologicamente fatti di lieve entità. L'interpretazione qui propugnata non è del resto nuova, dacché altre decisioni adottate da questa Corte di legittimità hanno ritenuto, da un lato che l'ipotesi del fatto di lieve entità non può essere legittimamente esclusa in ragione della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, prescindendo in tal modo da una valutazione di tutti i parametri dettati in proposito dall'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 Sez. 6, sent. n. 21612 del 29/04/2014, Villari e altro, Rv. 259233 Sez. 6, n. 29250 del 01/07/2010 - dep. 26/07/2010, Moutawakkil, Rv. 249369 e dall'altro, che lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativo non è incompatibile con l'attenuante della lieve entità del fatto, come si desume proprio dall'art. 74, comma 6 dello stesso Decreto Sez. 4, sent. n. 1736 del 27/11/1997, Fierro, Rv. 210161 Sez. 6, sent. n. 6615 del 14/02/1994, Greco, Rv. 199198 nonché con precisazioni Sez. 6, sent. n. 5415 del 10/03/1995, Corrente ed altri, Rv. 201644 . In definitiva il connotato dell'occasionante non costituisce indice indefettibile di minima offensività della condotta , essendo compatibile con la sua ripetizione nel tempo. D'altro canto, la riconducibilità di reati in materia di stupefacenti commessi su strada”, come quelli oggetto della presente verifica giudiziale v. pag. 20 sentenza impugnata , all'ipotesi del fatto di lieve entità non implica affatto una riposta debole dell'ordinamento, ove si consideri la diversificata possibilità di determinazione del trattamento sanzionatorio in funzione della forbice tra minimo e massimo edittale di pena previsto dall'attuale versione dell'art. 73, comma 5 in sinergia con l'istituto della continuazione. Tutto ciò premesso, spetterà alla Corte territoriale, cui gli atti vanno rinviati per nuovo giudizio sul punto, tenere conto del principio sopra enunciato nella rivalutazione delle condotte in addebito. 3. La natura della pronuncia comporta l'assorbimento di tutte le altre doglianze, ad eccezione di quella formulata dal ricorrente C. , inammissibile poiché riguardante la rilevanza penale della condotta, questione abbandonata con la rinunzia ai motivi d'appello nonché quelle formulate dal ricorrente Ma. , infondate per avere la Corte territoriale congruamente motivato in ordine alla sussistenza della responsabilità, argomentata sulla base degli stessi indici probatori valorizzati a carico degli altri imputati rilevanza e significatività delle risultanze delle intercettazioni telefoniche, ammissione parziale dei fatti da parte del ricorrente . P.Q.M. punto annullato alla Corte di Appello di Napoli.