Il dipendente di Poste Italiane che svolge attività di tipo bancario è da qualificarsi come persona incaricata di pubblico servizio?

Il dipendente di Poste Italiane S.p.A. che svolge attività di tipo bancario non deve qualificarsi come incaricato di un pubblico servizio, con ricadute in tema di qualificazione come peculato oppure appropriazione indebita delle eventuali condotte appropriative poste in essere dallo stesso.

Lo ha ribadito la Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 39852/2015, depositata il 2 ottobre scorso. Il caso. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila proponeva ricorso avverso la sentenza di secondo grado che confermava l’assoluzione pronunciata in primo grado nei confronti di un’impiegata addetta al servizio Banco Posta, imputata per il reato di peculato. Nello specifico, alla suddetta erano rimproverate delle condotte di carattere appropriativo poste in essere nell’esercizio della sua attività, qualificata come pubblico servizio. Il Procuratore Generale lamentava vizi di motivazione e violazione di legge, in particolare sottolineando come vi fosse stata da parte del Collegio giudicante una errata qualificazione del primo capo di imputazione come delitto tentato anziché consumato con conseguente lettura parziale e trattazione sommaria della vicenda di cui al secondo capo d’imputazione. Natura privatistica dell’attività di raccolta e risparmio di Poste italiane. Pur condividendo i rilievi di cui sopra, la Suprema Corte ha rilevato la necessità di qualificare le condotte attribuite all’imputata come appropriazione indebita e si è pronunciata a favore dell’intervenuta prescrizione delle stesse. La Cassazione ha così confermato il proprio recente orientamento secondo cui il dipendente di Poste Italiane S.p.A., pur svolgendo attività di tipo bancario, non sia da considerare alla stregua di un incaricato di pubblico servizio la suddetta azienda, infatti, svolge attività di raccolta del risparmio di natura privatistica risultando la Cassa Depositi e Prestiti una comune azionista, in questo caso, per la quale Poste Italiane S.p.A. opera.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 settembre - 2 ottobre 2015, n. 39852 Presidente Milo – Relatore Citterio Ritenuto in fatto 1. C.B. era imputata di due fattispecie di peculato, per condotte appropriative, descritte nei capi di imputazione entrambe come connesse alla sua qualità di addetta al servizio Banco posta e, come tale, incaricata di pubblico servizio rispettivamente in danno di G.D.A. defunta e L. D.A. capo B nonché dello stesso ufficio postale di Roseto degli Abruzzi dove tra il gennaio ed il maggio 2007 epoca dei fatti lavorava. 2. E' stata assolta da entrambe le statuizioni perché il fatto non sussiste, in primo grado Trib. Teramo, 7.3.13 e, su appello del procuratore della Repubblica, in secondo grado App. L'Aquila, 4.4.14 . In particolare la Corte distrettuale ha giudicato che per il capo B l'articolata ricostruzione dei fatti proposta dalla parte civile L. D.A., pur in parte riscontrata da alcune deposizioni, non fosse idonea a superare in termini di necessaria certezza alcune risultanze documentali relative ai rapporti tra le parti e la B. ovvero le modalità delle operazioni per il capo A, l'ammanco era stato prontamente risolto. 3. Ricorre il procuratore generale dei distretto enunciando motivi di vizi alternativi della motivazione e violazione di legge gin particolare' quanto al capo A . Secondo la parte pubblica, la Corte d'appello avrebbe errato a giudicare non consumato il peculato sub A, condotta certa nella sua materialità, e non avrebbe tratto le conseguenze logiche inevitabili che quella condotta appropriativa certa imponeva nell'apprezzamento complessivo della vicenda sub B, trattata sommariamente nella motivazione d'appello come intendeva dimostrare con una puntuale ricostruzione . Al ricorso veniva allegato un articolato memoriale della persona offesa. 3.1 La difesa degli imputati ha depositato tempestiva memoria, in cui sollecita la dichiarazione di inutilizzabilità del memoriale della persona offesa allegato al ricorso della parte pubblica e a confutazione dei motivi di ricorso. Ragione della decisione 4. Alla luce della più recente giurisprudenza di questa Sezione, successiva alla proposizione del ricorso, i due fatti per cui si procede vanno riqualificati come appropriazione indebita aggravata sussistendo vizi di motivazione che imporrebbero l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, va dichiarata la prescrizione di entrambi i reati, la causa estintiva, di immediata applicabilità, prevalendo sul vizio di motivazione. Né alla luce della stessa motivazione di primo grado che ha sostanzialmente ritenuto la incertezza della prova inidonea a permettere una tranquillante ricostruzione dei fatti e tenuto conto dei vizi della motivazione di cui si dirà, sussistono allo stato le condizioni di applicazione dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen Va tuttavia fin d'ora anticipato, sul punto, che a fronte di un'assoluzione in primo grado e della mancata impugnazione della parte civile che invece, ai sensi dell'art. 576 cod. proc. pen., avrebbe determinato la necessità di procedere comunque oltre, per la definizione della pretesa civilistica, non potendosi invece applicare, anche nel caso di accoglimento del ricorso della parte pubblica, l'art. 578 c.p.p., non essendo intervenuta condanna in primo grado , la sentenza che dichiara la prescrizione nel giudizio di impugnazione al di fuori appunto delle ipotesi disciplinata dagli artt. 576 o 578 cod. proc. pen. non ha alcun effetto pregiudizievole per alcuna delle parti la stessa parte civile essendo libera di promuovere eventuale azione civile nella sede propria , secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite civili sent. n. 1768/2011 . 5. Orbene. In fatto sono contestate condotte appropriative di denaro in danno dell'Ente poste e di privati, nell'ambito dell'attività di cd Banco Posta. Imputazioni originarie, sentenze di merito ed atti di impugnazioni si confrontano con la sola qualificazione giuridica di peculato che determinerebbe la non prescrizione, ad oggi, dei due reati . Ma con le recenti sentenze Sez.6 sent. 18457/15 e 10124/15 questa Corte ha affermato il principio di diritto massimato nei seguenti termini il dipendente di Poste Italiane S.p.A. che svolga attività di tipo bancario cosiddetto bancoposta non riveste la qualità di persona incaricata di pubblico servizio con la conseguenza che l'appropriazione di somme dei risparmiatori commessa con abuso del ruolo integra il reato di appropriazione indebita e non quello di peculato In motivazione, la Corte ha osservato che la natura privatistica dell'attività di raccolta del risparmio non è esclusa per il fatto che Poste S.p.A. operi per conto della Cassa Depositi e Prestiti, essendo quest'ultima equiparabile ad un comune azionista che non interviene personalmente nei rapporti con la clientela, regolati esclusivamente dal diritto civile . I fatti per cui si procede, quindi, vanno sussunti nella fattispecie ex art. 646, 61 n. 11 c.p. i due reati sono pertanto sì comunque procedibili d'ufficio, ma risultano allo stato tuttavia già prescritti. 6. Sussiste allo stato il dedotto vizio di motivazione. Condivisi bilmente la parte pubblica ha evidenziato l'anomalia, sul piano logico, di un ripianamento della somma di 5.000 euro quella che dà origine al capo A in un contesto nel quale lo stesso non avrebbe trovato alcuna ragione, se il rapporto sottostante relativo ai libretti postali non avesse presentato problemi. Questo rilievo di ordine logico appare in effetti assorbente e determinante ad imporre la rivalutazione della ritenuta impossibilità di individuare la ricostruzione adeguata ai fatti, tra le due opposte versioni, trattandosi di fatto pacifico che o trova una spiegazione credibile sul piano oggettivo ovvero impone uno specifico confronto argomentativo che lo giustifichi in un contesto che si assume di assoluta regolarità. L'episodio, invece, è stato oggetto di motivazione solo per l'aspetto afferente la configurabilità giuridica o meno di un'autonoma condotta di reato, senza essere esaminato nella sua valenza probatoria potenzialmente idonea in assenza di spiegazione convincente a superare l'impasse nell'apprezzamento delle due ricostruzioni, anche in relazione allo strettamente connesso capo B. 7. Come detto, l'intervenuta prescrizione impedisce il nuovo giudizio volto a superare con qualsiasi esito il vizio di mancanza di motivazione su un aspetto determinante e, al tempo stesso, non comporta alcun accertamento anche solo incidentale, in grado di recare alcun tipo di pregiudizio ad entrambe le parti. P.Q.M. Qualificati i fatti come appropriazione indebita aggravata, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione.