Il contraddittorio avanti la Corte di Cassazione in materia di sequestro preventivo deve essere meramente cartolare?

Talvolta capita che una questione di diritto procedurale trovi una soluzione giurisprudenziale che, al di là di talune incertezze interpretative e sistematiche, soddisfi le aspettative degli attori processuali ed in modo particolare delle parti private, specie quando il contraddittorio venga considerato pienamente e non anche solo secondo scansioni formali e documentali.

Quando, quindi, si chiarisce che una procedura specifica ed in particolare una procedura, che deve svolgersi avanti all’organo supremo della giurisdizione, non esclude il contraddittorio orale e si constata che per oltre vent’anni la giurisprudenza si conforma a tale impostazione, si può e deve pretendere che in merito non debbano sorgere particolari incertezze. Detto in altri termini, chi impugna si aspetta di poter interloquire avanti al Collegio e non anche di essere giudicato da giudici che discutono tra loro a porte chiuse. Eppure capita che la Cassazione possa, in senso peggiorativo per le garanzie, mettere in discussione sé stessa, quand’anche il quadro normativo non sia mutato e quand’anche nel mentre le esigenze di garanzia e di tutela del contraddittorio abbiano trovato maggiori spazi e riconoscimenti a livello costituzionale art. 111 Cost. e ad opera delle corti internazionali in particolare la CEDU . Quando ciò avviene, l’interprete rimane un poco sconcertato, non già perché ciò sia impossibile a darsi, ma perché in genere si adducono come è accaduto nel caso di specie argomenti sistematici ed acrobazie logiche al fine di giustificare la contrazione delle forme del contraddittorio proprio al fine di difendere il contraddittorio stesso, come se il pieno accoglimento del principio del contraddittorio non potesse che portare, appunto, ad una contraddizione di principi. Ma si venga al punto. Il caso. Avendo gli imputati proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con la quale era stato confermato un decreto di sequestro, la Suprema corte aveva proceduto ex art. 611 c.p.p. e pertanto con un rito non partecipato, permettendo quindi esclusivamente un contraddittorio cartolare. Il procuratore generale aveva così chiesto per iscritto” che si sarebbe dovuto procedere ex art. 127 c.p.p. ovvero, in caso di dissenso, per la rimessione alle Sezioni unite, posto che ci sarebbe un contrasto un precedente specifico delle Sezioni unite sentenza n. 14/1993 c.comma 6.11.1992 secondo cui il procedimento camerale di cassazione in materia di sequestro deve svolgersi nelle forme dell'art. 127 c.p.p. e non in quelle dell'art. 611 c.p.p., in quanto il rinvio operato dall'art. 325 comma 3 all'art. 311 comma 4 rende impossibile la trattazione scritta infatti l'art. 311 comma 4, prevedendo una discussione necessariamente orale e la possibilità di enunciare motivi nuovi prima del suo inizio, delinea un modulo procedimentale incompatibile con quello dell'art. 611 c.p.p., che è basato unicamente su atti scritti , tanto più che la stessa CEDU vedi da ultimo CADU decisione del 29.10.2013 Varvara vs Italia ricorso n. 17475/2009 aveva ripetutamente riconosciuto il carattere afflittivo dell’ablazione reale, che sarebbe di per sé affine nella sostanza alle misure sanzionatori così da giustificare l’ampia applicazione dei benefici” della partecipazione, della comunicazione e della contrapposizione dialettica . A fronte di tale rilievo, che nei fatti lamentava una nullità del procedimento, la Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni unite la soluzione della seguente questione di diritto se il rito da seguire in caso di ricorso per cassazione proposto a norma dell’art. 325 c.p.p. deve svolgersi nel rispetto delle forme previste dall’art. 611 o dall’art. 127 del codice di rito penale, evidentemente ritenendo di non aderire all’indirizzo citato. In estrema sintesi, gli argomenti addotti per l’invio degli atti alle Sezioni unite sono i seguenti - il rito non partecipato ex art. 611 c.p.p. è il rito generale per i provvedimenti non emessi nel dibattimento - per conseguenza, la procedura ex art. 127 c.p.p. deve essere espressamente prevista per il particolare ricorso di cui si tratta - di per sé il contraddittorio meramente cartolare non sarebbe necessariamente irrazionale risultando invece assolutamente coerente con l’alto tasso di tecnicismo che caratterizza il giudizio di cassazione e determina e spiega il ristretto limite della cognizione della Corte, secondo l’art. 606 del codice - il rito partecipato non è necessariamente previsto in ragione della maggiore rilevanza dei beni/interessi giuridici o di fatto, che caratterizzino oggettivamente le singole fattispecie, per ragioni di struttura” libertà, patrimonio, ecc. o per la contingenza del caso concreto , come dimostrato al fatto che il rito non partecipato è previsto per i ricorsi avversi alle sentenze di patteggiamento incidenti sulla libertà personale o del ricorso incidentalmente valutato non ammissibile anche con riferimento al sentenze di merito di condanna a pene elevate - il riferimento operato dall’art. 325 comma 3 ai commi 3 e 4 dell’art. 311 c.p.p. e, quindi, il riferimento alla discussione” non sarebbe pertinente, posto che si potrebbe in realtà ritenere che ciò che rileva sarebbe esclusivamente la presentazione dei motivi contestualmente alla presentazione del ricorso, escludendo quindi una dissociazione tra dichiarazione di impugnazione e motivi, altrimenti permessa per le impugnazioni di merito ma non anche per quelle di legittimità - se fosse possibile presentare motivi fino all’udienza, si determinerebbe una violazione del contraddittorio tra le parti , posto che, mentre il contraddittorio cartolare permette a tutte le parti di conoscere l’interlocuzione altrui e replicare, la possibilità per la parte ricorrente di proporre motivi nuovi fino al giorno dell’udienza priverebbe la controparte di ogni possibilità di contraddire . Conclusioni. Che dire innanzi a simili argomentazioni? Per scrupolo conviene non prendere posizioni ferme, posto che assai spesso le Sezioni unite hanno mutato opinione in maniera del tutto inaspettata. E’ però doveroso comprendere se alcuni argomenti addotti siano davvero persuasivi e quali effetti pratici potrebbe determinare l’accoglimento della tesi qui criticata. Sotto il primo profilo, basta osservare che la sentenza di applicazione pena è conforme per definizione ai desiderata dell’imputato, sicché non è proceduta da una discussione in senso tecnico tanto più che manca una impugnazione nel merito. Sicché non stupisce che il contraddittorio innanzi alla Corte sia cartolare, posto che da tempo risalente si ritiene che il vaglio in sede di legittimità non possa che essere puramente di delibazione. La particolarità della procedura de qua, quindi, nella quale il contraddittorio è per definizione fortemente attenuato, giustifica in qualche modo una deroga altrimenti inaccettabile. Né pare corretto far riferimento al procedimento previsto, anche per le sentenze dibattimentali, per il caso di dichiarazione di inammissibilità in tali casi, infatti, per definizione si sarebbe già formato il giudicato e il difetto del ricorso sarebbe evidente e scarsamente contestabile. Non ha senso, quindi, paragonare tale situazione a quella nella quale il ricorso è ritenuto ammissibile e, quindi, va trattato. Né convince il rilievo per cui permettere la presentazione dei motivi nuovi sino all’udienza sarebbe lesivo del contraddittorio semmai, in tali casi, si può e deve garantire all’altra parte una possibilità di interloquire e, nel caso in cui si ritenga che la legge vieti tale possibilità, chiedere l’intervento della Corte costituzionale per eliminare le discrasie in questione. In altri termini, il tutto dovrebbe, essendo davvero rilevante la questione, portare ad una espansione e non già ad una contrizione del contraddittorio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza 15 – 25 settembre 2015, n. 39118 Presidente Conti – Relatore Citterio Ritenuto in fatto 1. M.G. e T.O. ricorrono avverso l'ordinanza con cui il Tribunale di Napoli in data 8-14.5.15 ha confermato il decreto di sequestro probatorio di armi da fuoco legittimamente detenute ma conservate in armadio blindato aperto all'atto dell'accesso di polizia, armi bianche e cartucce, marijuana conservata in diversi involucri in più luoghi. Enunciano motivi di - pag. 1-3 mancanza di motivazione e violazione dell'art. 292, comma2, lett. e e c-bis e 2-ter sul punto dedotto in sede di riesame della mancanza di sigilli nello scatolo di cartone ed all'interno delle buste contenenti il materiale sequestrato e sulla mancanza di motivazione nel decreto di convalida, alla luce della riferita comprovata presenza in sede di accertamento tecnico di un quantitativo di sostanza presunta stupefacente superiore a quello descritto nel verbale di sequestro - pag. 4-5 violazione di legge per l'avvenuta redazione di due verbali di sequestro ore 14 e 30 ed ore 17 e 30, il secondo relativo a sostanza stupefacente dai quali si evincerebbe la prosecuzione illecita dell'attività di ricerca, anche in assenza del difensore, presente solo all'accertamento tecnico dell'11.6.15. 2. Il procedimento giunge all'odierna udienza con rito camerale con partecipato, ex art. 611 cod. proc. pen In proposito, il Procuratore generale ha presentato conclusioni scritte per la fissazione dell'udienza camerale ex art. 127 cod. proc. pen. e in subordine per la rimessione degli atti alle Sezioni Unite. Richiama l'insegnamento di Sez. U. sent. 14/1993, Lucchetta, argomentandone la permanente efficacia pur dopo Sez. U. ord. 41694/2012, Nicosia, e Sez. U. sent. 9857/2009, Manesi, in assenza di modifiche al quadro normativo che costituiva il contesto della sentenza n. 14/93 ed alla luce dell'orientamento di massima della giurisprudenza comunitaria per tutte Corte EDU 29.10.13, Vardara contro Italia e 20.1.09 Sud Fondi contro Italia in considerazione del carattere afflittivo dell'ablazione reale, affine alla sostanza” delle misure sanzionatorie che solleciterebbe l'ampia applicazione dei benefici” della partecipazione, della comunicazione e della contrapposizione dialettica. Considerato in diritto 3. La questione sul rito da seguire per deliberare sui ricorsi è pregiudiziale ad ogni valutazione anche sulla loro ammissibilità e all'esame del loro contenuto, il rilievo del Procuratore generale di fatto introducendo anche un'eccezione di nullità dell'odierna udienza, per violazione del contraddittorio. 4. Si ripropone la questione di diritto se il ricorso per cassazione proposto avverso ordinanze del tribunale del riesame o dell'appello cautelare che abbiano deliberato in materia di sequestro preventivo ai sensi degli artt. 322, 322-bis, 324 e 325 cod. proc. pen. debba essere trattato con il rito camerale non partecipato disciplinato dall'art. 611 ovvero con il rito camerale partecipato previsto dall'art. 127. 5. È opportuno ricordare che per il giudizio di cassazione la regola generale è posta dall'art. 611 cod. proc. pen. da ultimo Sez. U. sent. 36848/14, Burba Sez. U. sent. n. 9857/2009, Manesi . Il legislatore ha consapevolmente previsto che quando il ricorso non è proposto contro un provvedimento emesso nel dibattimento o contro una sentenza deliberata ex art. 442 il rito ordinario davanti alla Corte di cassazione è quello camerale con il solo contraddittorio scritto, secondo la disciplina dell'art. 611 seconda e terza parte. La Corte giudica quindi sui motivi di ricorso, sulle richieste/conclusioni scritte del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti, senza intervento dei difensori e della parte pubblica. Il ricorrente e tutte le altre parti hanno la possibilità di presentare motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell'udienza, con possibilità di repliche fino a cinque giorni prima. Il rito camerale partecipato, nelle forme dell'art. 127 e, in particolare, con la possibilità dell'intervento orale delle parti, costituisce pertanto un'eccezione, che deve essere espressamente prevista dal medesimo legislatore. Deve quindi constatarsi che per il legislatore le doglianze proposte nei confronti di provvedimenti diversi da quelli deliberati al dibattimento e dalla sentenza che definisce un processo trattato con il rito abbreviato trovano esaustiva trattazione con un contraddittorio scritto, caratterizzato dalla più ampia possibilità di interlocuzione e replica, soggetta solo a termini quindici giorni, cinque giorni prima dell'udienza funzionali appunto ad assicurare al potenziale contraddittore la conoscenza delle ragioni della controparte e la possibilità di utile efficace replica. Tale consapevole scelta sistematica del legislatore si sottrae ad alcuna censura di manifesta irrazionalità e risulta, invece, assolutamente coerente con l'alto tasso di tecnicismo che caratterizza il giudizio di cassazione e determina e spiega il ristretto limite della cognizione della Corte, secondo l'art. 606. Un giudizio nel quale, innanzitutto, non trova spazio alcuno tutto ciò che attiene alla mera persuasività ed al libero convincimento, propri invece del giudizio di merito e specifico ambito di influenza di un intervento orale. Né può dirsi che il rito camerale partecipato sia connotato indefettibile della maggior rilevanza dei beni/interessi giuridici o di fatto che caratterizzino oggettivamente le singole fattispecie, per ragioni di struttura” libertà, patrimonio, ecc. o per la contingenza del caso concreto. In linea generale deve evidenziarsi che è la concreta disciplina complessiva del giudizio di cassazione che impedisce, rendendola in realtà arbitraria, alcuna ricostruzione interpretativa sistematica che colleghi il rito alla qualità dell'interesse/bene giuridico sotteso alla doglianza che fonda il ricorso. Bastino in proposito i richiami alle discipline del ricorso contro sentenze di applicazione della pena incidenti sulla libertà della persona e del ricorso incidentalmente valutato non ammissibile che secondo l'art. 610 comma 1 conduce alla decisione con rito camerale non partecipato anche di ricorsi proposti contro provvedimenti emessi nel dibattimento in concreto anche rispetto a sentenze di merito di condanna a pene elevate . Le variabili che collegano pertanto l'interesse/bene giuridico al rito sono diverse attenendo ai limiti del ricorso, alla sua qualità, alla non palesemente irrazionale discrezionale diversità di apprezzamento del legislatore e di caratteristiche tali da impedire appunto alcun abbinamento proprio di teorici automatismi esito di mera attività interpretativa. Quanto poi ai provvedimenti che incidono sul patrimonio, già sul piano astratto/sistematico parrebbe francamente arbitrario operare una articolata distinzione dei riti secondo una presunta oggettiva ma in realtà solo discrezionale differenziazione qualitativa ad esempio tra varie tipologie di sequestri o di soggetti interessati , rispetto ad una realtà che, invece, è in sé e oggettivamente la medesima la provvisoria sottrazione ad un soggetto della libera disponibilità di un determinato bene. Si tratta, appunto, di scelte tipiche e proprie della discrezionalità non manifestamente irragionevole del legislatore, cui solo competono le scelte di valore” e di sistema”, a chi è chiamato ad applicare la norma, ed alle parti che ciò sollecitano, residuando il solo ambito della proposta di verifica della compatibilità costituzionale della scelta legislativa contingente. Va in proposito osservato che pure le più recenti Sez. U. sent. n. 9857/09, Manesi p. 12 in particolare hanno spiegato che il rito camerale di cassazione ex art. 611 si caratterizza per un contraddittorio cartolare che, anche per i suoi ritmi temporali, costituisce valido espletamento del diritto defensionale delle parti. 6. La regola generale e non manifestamente irrazionale del procedimento in camera di consiglio nel giudizio di cassazione è quindi che Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'art. 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica . Il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in materia di misure cautelari reali è disciplinato dall'art. 325. Tale norma prevede al comma 1 la limitazione del contenuto del ricorso può essere proposto solo per violazione di legge e non per tutti i casi previsti dall'art. 606, comma 1 . Il comma 2 disciplina la facoltà del ricorso immediato contro il provvedimento genetico, alternativo alla richiesta di riesame. Il comma 4 prevede che il ricorso non sospenda l'esecuzione dell'ordinanza impugnata. Il comma 3 dell'art. 325 dispone che Si applicano le disposizioni dell'art. 311, commi 3 e 4 . Il comma 3 indica dove deve essere presentato il ricorso, l'informazione della sua presentazione all'autorità procedente, l'invio degli atti alla corte di cassazione. Il comma 4 prevede che i motivi devono essere contestuali alla dichiarazione di impugnazione il ricorrente ha facoltà di enunciare motivi nuovi davanti alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione. L'art. 325, pertanto, nel momento in cui individua la disciplina autonoma e specifica dell'ambito, delle modalità e del rito del ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia ci cautela reale, emesse a norma degli artt. 322-bis e 324, confrontandosi con la diversa disciplina del ricorso per cassazione avverso le misure cautelari personali, non richiama il comma 5 dell'art. 311. Questo comma, appunto non richiamato dall'art. 325, contiene l'espressa previsione del rito camerale partecipato, così disponendo La corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'art. 127 . 7. Secondo risalente insegnamento delle Sezioni Unite SU sent. n. 4/1990, Serio e sent. n. 14/1993, Lucchetta , anche i ricorsi a norma dell'art. 325 vanno trattati con il rito camerale partecipato quindi con le forme dell'art. 127 . Questo insegnamento, ovviamente consapevole della ricordata regola generale secondo cui la trattazione dei ricorsi per cassazione avviene con il rito camerale non partecipato, anche in deroga a quanto previsto dall'art. 127, quando non sia diversamente stabilito e della necessità quindi di individuare una norma che, anche nel caso dell'art. 325, deroghi ad essa esplicitamente, rinviene tale norma espressamente derogatoria nel richiamo che l'art. 325, comma 3, opera ai commi 3 e 4 dell'art. 311. In particolare, l'insegnamento chiarisce che deve considerarsi irrilevante il pur evidenziato mancato richiamo al comma 5 dell'art. 311, perché sarebbe assorbente e sufficiente la previsione, nell'invece richiamato comma 4, della possibilità di presentare motivi nuovi prima dell'inizio della discussione . Secondo le risalenti Sezioni Unite è proprio il richiamo anche a tale previsione la discussione che delinea un modulo procedimentale incompatibile con quello dell'art. 611. 8. A giudizio del Collegio questo risalente, pur consolidato, insegnamento merita rivisitazione. Le relazioni al Progetto preliminare ed al Testo definitivo del codice di procedeva penale non offrono in sostanza contributo alcuno all'individuazione di specifiche intenzioni del legislatore pur rimaste estranee al testo dell'art. 325. L'evidente discrasia presente nell'art. 325 che disciplinando il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 opera un rinvio solo parziale alla normativa afferente le ordinanze emesse ai sensi degli artt. 309 e 310, richiamando, come detto, i soli commi 3 e 4 dell'art. 311 ma non il comma 5 che, solo, esplicitamente prevede che la decisione della Corte avvenga con le forme dell'art. 127 e in trenta giorni è stata appunto risolta dalle risalenti Sezioni Unite nel senso di considerare sostanzialmente irrilevante il mancato richiamo anche al comma 5 e di valorizzare, come richiamo avente efficacia sostanzialmente equipollente, il dato della previsione contestuale nel comma 4 circa la possibilità di presentare motivi nuovi fino alla discussione. Con ciò, secondo l'insegnamento, risulterebbe palese la consapevole scelta del legislatore di introdurre, anche per il ricorso in materia di sequestro preventivo, il derogante rito camerale partecipato. 8.1 Orbene, deve innanzitutto, con rilievo di natura sistematica/valoriale, evidenziarsi che la limitazione del ricorso ex art. 325 alla sola violazione di legge, dopo che i termini della vicenda hanno avuto due valutazioni di merito e legittimità monocratica e collegiale , manifesta evidentemente una specifica valutazione del legislatore sull'autonomia, comunque sulla oggettiva diversità, delle tematiche dei sequestri di beni rispetto a quelle delle cautele personali. Ciò significa che le eventuali differenze della disciplina, presenti nella previsione dell'impugnazione con il ricorso per cassazione, vanno apprezzate da tale preliminare e del tutto univoca valutazione legislativa di diversità ed autonomia dei due ambiti cautela personale e cautela reale . Il che comporta che la ricerca di fonti di deroga alla disciplina, generale e non manifestamente irrazionale, del rito camerale non partecipato deve condurre all'individuazione di norme che non si prestino a interpretazioni alternative o comunque non inequivoche. 8.2 Ciò posto, va osservato che il comma 5 dell'art. 311 contiene due precetti la decisione deve intervenire entro trenta giorni la decisione deve essere adottata osservando le forme previste dall'art. 127. Le Sezioni Unite Serio e Lucchetta spezzano” i due precetti, in ciò, ad avviso del Collegio, introducendo un criterio di approccio ermeneutico obiettivamente opinabile. Infatti, argomentano l'applicabilità del secondo precetto sulla base del riferimento che il richiamato comma 4 opera anche alla facoltà di enunciare i motivi nuovi prima della discussione. Ma escludono l'applicabilità del primo, perché giustificato nel suo rigore solo per le misure di natura personale . Questa scissione, tuttavia, finisce con l'indebolire fortemente l'argomento a sostegno dell'insegnamento il riferimento alla possibilità di presentare motivi nuovi fino alla discussione. Perché, deve essere osservato, la possibilità di presentare i motivi nuovi fino all'udienza e invece non oltre i quindici giorni precedenti, parrebbe trovare giustificazione solo in relazione alla necessità di fissare l'udienza nei trenta giorni dal pervenimento del fascicolo, in un contesto nel quale i tempi ravvicinati possono rendere i cinque giorni previsti dall'art. 127 troppo comprimenti un'efficace possibilità di introdurre argomenti nuovi a sostegno dei motivi già proposti tale infatti è l'interpretazione consolidata di questa Corte anche sui motivi nuovi ex art. 311 . Proprio la brevità dei tempi di trattazione spiega, sul piano sistematico, la possibilità di presentare motivi nuovi fino all'udienza di discussione e la scelta palese 311, comma 5 del rito partecipato. In altri termini, i tempi sono brevissimi, il rito camerale non partecipato ordinario non permette, per i suoi tempi, un'efficace e tempestiva difesa quindi, udienza partecipata e motivi fino alla discussione. Nel momento in cui, invece, secondo le Sezioni Unite Serio e Lucchetta, non è applicabile il termine breve entro il quale l'udienza per la trattazione del ricorso in materia di cautela reale deve essere fissata, la possibilità di presentare motivi nuovi entro i cinque giorni usuali dell'art. 127, o alla stessa udienza, rimane soluzione interpretativa di non agevole giustificazione sistematica. Se, ancora, si tiene presente che per esplicita scelta del legislatore il ricorso ex art. 325 è consentito solo per violazione di legge e che, secondo l'interpretazione delle richiamate Sezioni Unite, lo stesso non deve essere trattato con l'urgenza propria dei ricorsi in tema di misure cautelari personali, si evidenziano due scelte legislative consapevolmente volte a dare una disciplina diversa alle due distinte tipologie di cautela. Ma allora la mancata previsione dell'esplicito rinvio anche al comma 5 dell'art. 311 opportuno ripeterlo sola norma che esplicitamente impone l'osservanza delle forme dell'art. 127 per la trattazione del ricorso avverso le misure cautelari personali assume un rilievo oggettivo che non può come in definitiva implicito nell'interpretazione delle Sezioni Unite Serio e Lucchetta essere necessariamente attribuito a scarsa qualità del dettato legislativo, ben risultando invece coerente con una scelta contraria esplicita in tale mancato richiamo, quella di rendere applicabile al ricorso per il sequestro preventivo l'ordinario contraddittorio scritto. Apparendo utile ribadire, ancora una volta, che qui non si tratta di sottrarre la decisione ad un contraddittorio successivo alla presentazione del ricorso, bensì di prevedere il generale modulo del contraddittorio scritto, pieno e discrezionale, in un contesto di sola violazione di legge. In altri termini, rovesciando il criterio ermeneutico seguito dalle Sezioni Unite citate, si ritiene che l'integrale contenuto del comma 4 dell'art. 311 assuma senso solo alla luce del successivo comma 5 perché è solo questo che, associando il rito ex 127 al termine di trenta giorni per la trattazione, da ragione alla proposizione dei motivi nuovi fino all'udienza. Il comma 4, in definitiva, introduce un'eccezione alla disciplina dell'art. 127, comma 2, cod. proc. pen., che il comma 5, esso solo contenente l'esplicita deroga all'art. 311, dichiara applicabile per i ricorsi in tema di cautela personale. 8.3 L'evidente discrasia tra l'art. 325, comma 5, e l'art. 311, comma 4, potrebbe ricevere quindi una soluzione interpretativa alternativa a quella dettata dalle risalenti Sezioni Unite. Il principio di diritto che potrebbe infatti essere affermato è quello, diverso, dell'applicabilità dell'ordinario rito ex art. 611 anche ai ricorsi proposti,a norma dell'art. 325, avverso ordinanze deliberate ex artt. 322-bis e 324. Questa soluzione interpretativa muove dal principio dell'applicabilità del richiamato comma 4 solo in quanto compatibile con il contestuale mancato richiamo del comma 5. Il richiamo al comma 4 e il contestuale mancato richiamo del comma 5 comma 5 che, solo, da senso al riferimento alla discussione che il comma 4 opera renderebbero infatti applicabile, del contenuto dell'art. 311 comma 4, la sola previsione espressa dell'onere del ricorrente di proporre contestualmente la dichiarazione di impugnazione ed i motivi. Né potrebbe dirsi che si tratti di un richiamo inutile perché tale previsione si limiterebbe a confermare la regola generale posta dall'art. 581 cod. proc. pen. in materia di proposizione delle impugnazioni. Basta in proposito osservare che il fatto che il legislatore abbia inteso esplicitamente confermare il principio della presentazione congiunta di dichiarazione e motivi di ricorso anche alla procedura cautelare sia personale che reale ha una sua autonoma e pertinente ragione, proprio con riferimento alla invece peculiare disciplina dell'istanza di riesame, che prevede la possibilità di presentare la richiesta anche senza indicazione congiunta dei motivi. Con la regola del comma 4, quindi, il legislatore ha inteso consapevolmente ribadire che ciò che è consentito nel merito dichiarazione di impugnazione autonoma rispetto ai motivi non è possibile per il giudizio di legittimità. Per il resto, si applicherebbe la disciplina dell'art. 611, con avviso almeno trenta giorni prima della data dell'udienza termine tra l'altro sempre rinunciabile dall'interessato che abbia interesse ad una pronta definizione del ricorso, comunque non garantita dalla soluzione insegnata dalle Sezioni Unite Serio e Lucchetta, che hanno appunto escluso l'applicabilità del termine dei trenta giorni previsto solo dal comma 5 e proposizione dei motivi nuovi nei quindici giorni precedenti, con repliche entro i cinque giorni. Una diversa possibile soluzione, che estenda l'ambito della compatibilità anche alla presentazione dei motivi nuovi fino all'udienza, pur non partecipata muovendo da una lettura del richiamo alla discussione” in termini appunto di udienza”, quale momento della deliberazione , si presterebbe invece al rilievo che, in tal modo, si determinerebbe una violazione del contraddittorio tra le parti. Mentre infatti la completa osservanza della disciplina dell'art. 611 permette a tutte le parti di interloquire, conoscere l'interlocuzione altrui e replicare, la possibilità per la parte ricorrente di proporre motivi nuovi fino al giorno dell'udienza priverebbe la controparte di ogni possibilità di contraddire. 9. Poiché l'orientamento giurisprudenziale che il Collegio ritiene di sottoporre a critica è invece del tutto consolidato, si impone l'immediata rimessione alle Sezioni Unite della Corte, per evitare le incertezze applicative che potrebbero seguire una odierna formale deliberazione in senso contrario all'indirizzo consolidato. Va quindi rimessa alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen., la soluzione della seguente questione di diritto Se il rito da seguire in caso di ricorso per cassazione proposto a norma dell'art. 325 cod. proc. pen. deve svolgersi nel rispetto delle forme previste dall'art. 611 o dall'art. 127 . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.