Non si adopera per risollevare le sorti dell’azienda: esclusa la forza maggiore

Esclusa per il legale rappresentante di una società la causa di giustificazione della forza maggiore, in quanto l’omesso versamento delle ritenute è dovuto a circostanze che rientravano nella sua sfera di controllo.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38539/15, depositata il 23 settembre. Il caso. La Corte d’appello confermava la condanna di un imputato per avere, in qualità di legale rappresentante di una società, omesso di versare nel termine stabilito per la compilazione del modello 770 ritenute alla fonte concernenti emolumenti erogati qualche anno prima. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato, adducendo di aver agito per causa di forza maggiore, consistita nella crisi di liquidità dell’azienda. La nozione di vis major. In tema di cause di giustificazione, la S.C. ritiene opportuno rammentare che la forza maggiore è una causa esterna all’agente che sostituisce la serie causale a lui ascrivibile, innescandone un’altra, diversa e completamente autonoma rispetto alla condotta dell’agente stesso e di conseguenza, per poter invocare tale causa di giustificazione, occorre la prova rigorosa che la violazione che la realizzazione dell’illecito penale sia del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto agente Cass., n. 18402/13 . Premesso ciò, i giudici di legittimità ritengono che il caso in esame non rientri nell’alveo della forza maggiore”, in quanto l’imputato, sostituto di imposta, non si trovava nell’impossibilità assoluta di adempiere al versamento dovuto per ragioni a lui non ascrivibili. Premesso infatti che la situazione di sofferenza” non costituisce in sé causa di giustificazione, la società in questione non si trovava in una condizione di illiquidità completa, ma il ricorrente ha volutamente privilegiato il pagamento di alcuni debiti rispetto ad altri, innanzitutto quelli erariali. Nel caso di specie, infatti la suddetta impossibilità non solo non era assoluta, ma relativa essendo stati pagati debiti diversi da quello erariale , ma è altresì ravvisabile nella mancata e sollecita attivazione dell’imputato che, conscio della sofferenza della società, avrebbe dovuto puntare a una sua ricapitalizzazione e convocare un’assemblea, fatto che non risulta una sua forma di responsabilità. Ne consegue che, non essendo sussistente alcuna causa di giustificazione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 maggio – 23 settembre 2015, n. 38539 Presidente Fiale – Relatore Mulliri Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello ha confermato la condanna inflitta al ricorrente per avere, nella sua qualità di legale rappresentante della Salerno Solidale S.p.a., omesso di versare nel termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d'imposta c.d. mod. 770 ritenute alla fonte relative ad emolumenti erogati nell'anno 2006 e risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituti d'imposta, per un importo pari ad Euro 139.736. 2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, l'imputato ha proposto ricorso, tramite difensore, deducendo 1 erronea applicazione della legge penale avuto riguardo all'art. 45 c.p Più precisamente, il ricorrente deduce assenza dell'elemento soggettivo in quanto l'imputato avrebbe agito in presenza di una causa di forza maggiore per crisi di liquidità dell'azienda 2 vizio di motivazione per mancata valutazione di una prova sebbene la difesa avesse allegato la illiquidità , i giudici non hanno motivato in ordine alla incongruità di tale prova ignorando l'obiezione difensiva alla sentenza di primo grado secondo cui non tutti i crediti costituenti attivo circolante rappresentano disponibilità liquide . Si fa, infatti, notare che, una cosa è la condizione economica dell'impresa ed altra è la condizione finanziaria mentre, dai valori dell'attivo circolante, si evince la funzionalità economica della società es. i crediti che essa vanta e che attestano la potenziale vitalità la liquidità disponibile o di cassa , invece vale a dire l'incasso indica il grado di effettiva operatività finanziaria. Siccome non sempre i crediti sono di facile ed immediato realizzo, se, nella specie, si fosse tenuto conto di tale dato in particolare, dei ritardi da parte del Comune nel pagamento dei debiti che esso aveva con l'impresa , si sarebbe potuti pervenire a conclusioni differenti 3 vizio di motivazione in relazione alla mancanza di risposta alle deduzioni difensive. Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata. Con atto depositato il 27.4.15, il ricorrente ha prodotto una memoria nella quale ribadisce che la crisi di liquidità della sua società è dipesa dalla insolvenza del suo unico committente il Comune di Salerno ed allega, a riprova, documentazione. Considerato in diritto 3. Motivi della decisione - Il ricorso è infondato e deve essere respinto. 3.1. È per tabulas che il M. , nella sua qualità di legale rappresentante della società Salerno Solidale S.p.a. - pur avendo dichiarato, con l'apposito modello 770/07 relativo all'anno 2006, di avere operato ritenute alla fonte sugli emolumenti erogati per l'anno 2006 e risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti di imposta - non ha provveduto al versamento degli importi nel termine di legge previsto per la presentazione del modello 31.10.07 . Il pagamento, infatti, risulta avvenuto tardivamente in data 22.12.09 e comunque in maniera parziale mancando le maggiorazioni per interessi . Tutto ciò è evincibile dalle pronunzie di merito, qui esaminate tra le quali deve includersi legittimamente anche quella del Tribunale che, essendo stata confermata in appello, si salda con essa - s.u. 4.2.92, Musumeci, Rv. 191229 Sez. I, 20.6.97, Zuccaro, Rv. 208257 Sez. I, 26.6.00, Sangiorgi, Rv. 216906 e non viene neppure contestato dall'imputato che, infatti, si difende invocando, a propria discolpa, di avere agito in una situazione necessitata a lui non ascrivibile perché riferibile al fatto che unico socio ed unico committente della società era il Comune di Salerno. L'argomento - speso anche in appello e ribadito con la memoria successiva alla presentazione del ricorso - non può tuttavia essere accolto. Come bene ricordato da questa S.C. sez. in, 9.10.13, Maffei, n. 5905, non massimato , l'esimente invocata che non trova definizione specifica nell'articolo 45 c.p. che si limita a indicare l'effetto di causazione della condotta - commesso il fatto per - da attribuirsi o al caso fortuito o alla forza maggiore è tradizionalmente identificata come la vis major cui resisti non potest, e consiste in quell'evento, proveniente dalla natura o da fatto umano, che costituisce una forza maggiore rispetto a quella che può essere esercitata dall'agente. In tal modo, l'evento viene rescisso in modo assoluto dalla condotta dell'agente stesso da ult., cass. sez. 1, 5 aprile 2013 n. 18402 . Il precedente appena Citato - proprio con riguardo ad una richiesta della esimente per difficoltà economiche dell'impresa dell'imputato, anche in quel caso negata - evidenzia, peraltro, che per poter ravvisare la causa di giustificazione della forza maggiore è necessario aver acquisito la prova rigorosa che la violazione del precetto penale è dipesa da un evento del tutto estraneo alla sfera di controllo del soggetto agente ”. Anche altra recente decisione sez. III, 4.12.07, Cairone, rv. 238986 , sempre in motivazione, qualifica la forza maggiore come un fatto che esula completamente dalla condotta dell'agente, così da rendere ineluttabile il vendicarsi dell'evento che, conseguentemente, non può in alcun modo ricollegarsi ad una azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente ”. La vis major è dunque quella causa esterna all'agente che sostituisce la serie causale a lui ascrivibile, innescandone un'altra, diversa e completamente autonoma rispetto alla condotta dell'agente stesso e, così come ripetutamente affermato anche dalla migliore dottrina in materia, perché possa dirsi sussistente la invocata forza maggiore , occorre che l'elemento causante sia determinante non rilevando, invece, se qualificabile solo come causa concorrente Sez. IV, 23.11.82 n. 1492 . 3.2. È proprio alla luce dei brevi richiami giurisprudenziali appena effettuati che appare evidente come il caso di specie non sia riconducibile, come auspicato dal ricorrente, nell'alveo della forza maggiore . E ciò è possibile affermare proprio alla luce delle produzioni difensive volte a porre in evidenza la apparente dipendenza della società dell'imputato dal Comune di Salerno unico socio e committente . Premesso che la esistenza di una situazione di sofferenza non costituisce in sé causa di giustificazione, è altresì incontestato che, come evidenziato già in primo grado f. 4 , la società non si trovava in una condizione di illiquidità completa ma sono state operate delle scelte soggettive da parte dell'organo amministrativo che ha coscientemente privilegiato il pagamento si alcuni debiti rispetto ad altri, in primis, quelli erariali ”. D'altro canto, è anche stato correttamente sottolineato dai giudici che, quello qui contestato, è un reato proprio, istantaneo ed a forma vincolata che si consuma allo scadere del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta. Le ritenute certificate rappresentano somme dovute dai soggetti che percepiscono i compensi e che, per maggiore economicità, sono, per volontà legislativa, trattenute e poi versate dal soggetto che eroga le retribuzioni il quale, in tal modo, opera come sostituto dell'Erario introitando le somme spettanti a quest'ultimo ma cui deve, comunque, consegnarle, nel termine di legge. Il sostituto di imposta che non vi ottemperi, perciò, può esser scriminato nella misura in cui si dimostri la sua impossibilità assoluta a farlo per ragioni a lui non ascrivibili. Ebbene, nello specifico, come già evidenziato, non solo, tale impossibilità non era assoluta ma relativa essendo stati, nel frattempo, onorati debiti diversi da quello erariale ma, per di più, Si deve riscontrare anche grazie alla documentazione fornita dall'imputato con la memoria una sorta di responsabilità dell'imputato ravvisabile nella sua mancata e sollecita attivazione. Quest'ultimo, infatti, nella sua veste di amministratore, proprio perché consapevole della situazione di sofferenza nella quale versava la società, avrebbe dovuto puntare ad una sollecita ricapitalizzazione. Invece, come risulta dal verbale di cui all'all. 3 della memoria difensiva, essa è avvenuta solo in data 30.6.08 e, quel che più conta, la stessa delibera dell'unico socio v. all. 2 è già di per sé successiva alla scadenza del termine 31.7.07 per adempiere con l'Erario. Fermo restando, cioè, che non si discute la crisi di liquidità evocata dall'imputato, proprio nella delibera del Consiglio Comunale del 28.12.07 si legge già alla data di approvazione del bilancio periodico chiuso il 30.6.07, si dava atto delle gravi difficoltà finanziarie ed economiche” della società amministrata dall'imputato tanto è vero che il Consiglio di amministrazione aveva deliberato di convocare l'assemblea straordinaria dei soci per l'abbattimento del capitale sociale e contemporanea ricostituzione del medesimo ”. Tuttavia, a dispetto della stessa norma del codice civile ivi citata art. 2447 c.c. che prevede che gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea ”, la situazione non è stata affatto affrontata con sollecitudine dal M. se è vero, come risulta in atti, che tale assemblea è stata tenuta solo un anno dopo la scadenza del termine per il versamento delle somme qui in contestazione. E ciò, senza che il M. , nella sua difesa - pur articolata e documentata - abbia fornito alcuna valida giustificazione di cotanto ritardo. A tale stregua, a questo punto, invocare la crisi di liquidità dell'azienda risulta sicuramente non adeguato a sostenere la causa di giustificazione ed a scriminare quindi la obiettiva infrazione penale commessa dall'imputato. Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.