La revoca della costituzione di parte civile consegue all’inerzia della parte

La revoca della costituzione di parte civile prevista dall'art. 82 c.p.p. deve essere intesa come conseguenza dell'inerzia della parte nel corso della progressione processuale conseguente alla costituzione tale inerzia deve trovare fondamento nella assenza di precise indicazioni circa l'entità dei risarcimento e nel mancato sostegno della pretesa nella fase delle conclusioni nel corso del giudizio di primo grado o d'appello. Le conclusioni orali della parte civile, se non producono incertezza sui termini della pretesa integrano una violazione delle regole codicistiche cui non consegue la revoca della costituzione, ma configura una mera irregolarità.

Lo ha stabilito la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 38155/15, depositata il 21 settembre. Il caso. La corte d’appello territorialmente competente, in seguito alla impugnazione proposta dalla parte civile, riconosceva la responsabilità di un uomo per il concorso nei reati di truffa e falso aggravati e condannava il medesimo risarcimento dei danno. Avverso tale pronuncia, proponeva ricorso per l’uomo, lamentando che la parte civile non aveva depositato conclusioni scritte nel corso del giudizio di appello, con la conseguenza che da tale omissione, secondo quanto previsto dall'art. 82 c.p.p., conseguirebbe la revoca della costituzione di parte civile. Nel caso di specie la precisazione delle conclusioni in forma orale è una mera irregolarità. Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il ricorso. Sul punto, la Corte di cassazione ha chiarito che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la norma di cui all'art. 82, comma 2, c.p.p., ha carattere eccezionale e non può essere applicata per analogia ad una fattispecie diversa da quella prevista, ovvero la fase processuale del primo grado di giudizio. La giurisprudenza del Supremo Collegio, inoltre, hanno ricordato i Giudici di Piazza Cavour, ha stabilito che non si configura l'ipotesi di revoca tacita della costituzione dì parte civile per mancata presentazione delle conclusioni qualora la parte si richiami alle conclusioni presentate all'atto della costituzione, oppure siano verbalizzate le richieste relative al risarcimento del danno, alla concessione di provvisionale o alla rifusione delle spese una volta verbalizzate le richieste della parte civile nel senso della condanna al risarcimento dei danno o di concessione di una provvisionale e della refusione delle spese , infatti, si tratterebbe di una contraddizione in termini, non potendosi presumere una revoca di fronte ad una esplicita domanda risarcitoria, sia pure richiesta oralmente, ma trasfusa pienamente nella verbalizzazione scritta . Nel caso di specie, quindi, a giudizio della Corte, pur non essendo stata presentata in forma scritta la precisazione delle conclusioni della parte civile, essendo state le stesse precisate oralmente, tale forma irrituale non può che costituire una irregolarità che non comporta alcuna sanzione, dato che la conseguenza della revoca presunta può verificarsi solo se la parte civile non precisi in alcun modo le sue conclusioni nella fase della discussione e manchi alcuna traccia scritta dei termini delle sue richieste . Dal quadro giurisprudenziale sopra delineato, secondo gli Ermellini emerge un’interpretazione della revoca prevista dall'art. 82 c.p.p. come una conseguenza limitata alla manifesta inerzia della parte civile la costituzione si intende infatti revocata solo se emerge un chiara volontà di non volere più perseguire in sede penale la pretesa risarcitoria. Le revoca della costituzione di parte civile consegue all’inerzia . I Giudici di Piazza Cavour, pertanto, alla stregua di quanto sopra esposto, hanno affermato il presente principio di diritto la revoca della costituzione di parte civile prevista dall'art. 82 c.p.p. deve essere intesa come conseguenza dell'inerzia della parte nel corso della progressione processuale conseguente alla costituzione tale inerzia deve trovare fondamento nella assenza di precise indicazioni circa l'entità dei risarcimento e nel mancato sostegno della pretesa nella fase delle conclusioni nel corso del giudizio di primo grado o d'appello. Le conclusioni orali della parte civile, se non producono incertezza sui termini della pretesa integrano una violazione delle regole codicistiche cui non consegue la revoca della costituzione, ma configura una mera irregolarità . Nel caso di specie, secondo il Supremo Collegio il richiamo effettuato nell’atto di appello alle conclusioni presentate nel corso dei giudizio di primo grado manifestava in modo chiaro la volontà del ricorrente di proseguire nell'azione civile in sede penale, sicché non possono ritenersi esistenti i presupposti per la revoca tacita invocata dalla difesa. Per tutte le ragioni sopra esposte, pertanto, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 luglio – 21 settembre 2015, n. 38155 Presidente Fiandanese – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Brescia, in seguito alla impugnazione proposta dalla parte civile riconosceva la responsabilità di A. G. B. per il concorso nei reati di truffa e falso aggravati e condannava il medesimo risarcimento dei danno che liquidava in euro 223327,75 oltre interessi legali e spese. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che deduceva 2.1 violazione di legge per inosservanza degli artìcoli 602 comma 4, 523 e 83 cod. proc. pen. Si deduceva che la parte civile non aveva depositato conclusioni scritte nel corso del giudizio di appello a tale omissione secondo quanto previsto dall'82 cod. proc. pen. conseguirebbe la revoca della costituzione di parte civile si chiedeva pertanto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in quanto il processo d'appello attivato solo per decidere in ordine alle statuizioni civili avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per revoca della costituzione di parte civile 2.2. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui non valorizzerebbe le emergenze processuali che, nella prospettiva difensiva, sarebbero univocamente indicative del fatto che la parte civile L. si era rivolta ai truffatori M. e C. per non pagare il dovuto all'erario e aveva mantenuto rapporti solo con questi. 2.2. Mancata assunzione di prova decisiva. Si deduceva la mancata acquisizione del verbale di sequestro del 21 dicembre 2009 sulla base del quale sarebbe stato possibile dimostrare che l'A. era entrato in contatto con gli imputati C. e M. per risolvere la sua situazione di crisi economica e che nell'ambito di questo rapporto, in buona fede, avrebbe messo in contatto la parte civile L. con M. e C. per offrire allo stesso la possibilità di recuperare le somme necessarie a ripianare il suo debito con l'erario . 2.3. Inosservanza degli articoli 538 cod. proc. pen e 1227 cod. civ. si invocava il concorso del fatto colposo della parte civile nella causazione dei danno. La parte civile aveva colposamente omesso di impugnare cartella esattoriale per somme elevatissime e per cercare di riparare il danno da lui stesso arrecato alla sua attività si accordava improvvidamente con persone appena conosciute per sanare la situazione col fisco in modo non ortodosso 2.4. si chiedeva infine la sospensione della provvisoria esecutività della condanna ai sensi dell'articolo 612 cod. proc. pen. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato 2. Il motivo di ricorso che denuncia la violazione delle regole codicistiche che regolamentano la discussione della parte civile è infondato. Sul punto la Corte di cassazione ha chiarito che la norma di cui all'art. 82 cod. proc. pen , comma 2, è una norma di carattere eccezionale e non può essere applicata per analogia ad una fattispecie diversa da quella prevista, ovvero la fase processuale del primo grado di giudizio Cass. sez. 1 Sez. 1, n. 12550 del 12/03/2015, Rv. 262299 . E' stato anche deciso che non si configura l'ipotesi di revoca tacita della costituzione dì parte civile per mancata presentazione delle conclusioni art. 523 cod.proc.pen. , allorché la parte si richiami alle conclusioni presentate all'atto della costituzione, oppure siano verbalizzate le richieste relative al risarcimento del danno, alla concessione di provvisionale o alla rifusione delle spese. Una volta verbalizzate le richieste della parte civile nel senso della condanna al risarcimento dei danno o di concessione di una provvisionale e della refusione delle spese si tratterebbe di una contraddizione in termini, non potendosi presumere una revoca di fronte ad una esplicita domanda risarcitoria, sia pure richiesta oralmente, ma trasfusa pienamente nella verbalizzazione scritta. Pertanto, ancorché la precisazione delle conclusioni della parte civile non sia stata presentata nella forma scritta, come richiesto dall'art. 523 cod.proc.pen., essendo state precisate oralmente le conclusioni, di cui vi è la prova scritta nel verbale in termini precisi, tale forma irrituale non può che costituire una irregolarità che non comporta alcuna sanzione, in quanto la conseguenza della revoca presunta può verificarsi solo se la parte civile non precisi in alcun modo le sue conclusioni nella fase della discussione e manchi alcuna traccia scritta dei termini delle sue richieste Cass. sez. 4, n. 39595 del 27/06/2007, Rv. 237773 . Da questa giurisprudenza emerge una interpretazione della revoca prevista dall'art. 82 cod. proc. pen. come una conseguenza limitata alla manifesta inerzia della parte civile la costituzione si intende infatti revocata solo se emerge un chiara volontà di non volere più perseguire in sede penale la pretesa risarcitoria. Tale inerzia deve essere caratterizzata dalla mancanza assoluta di indicazioni sulla pretesa risarcitoria e dalla rinuncia alle conclusioni anche in forma orale , ma non può conseguire alla sola mancata presentazione di conclusioni scritte. Tale omissione integra, invece, una mera irregolarità inidonea a segnalare la volontà di rinunciare alla pretesa risarcitoria in presenza di chiare manifestazioni di segno contrario. La volontà di insistere nella pretesa civile può ricavarsi, in primo grado, dalle indicazioni contenute nell'atto di costituzione, oltre che dalle precisazioni orali trasfuse nel verbale di udienza Cass. sez. 4, n. 39595 del 27/06/2007, Rv. 2377739 . Ciò che rileva è che sia compiutamente indicati i termini della pretesa e che l'azione civile sia coltivata anche in sede di conclusioni, seppure in modo irregolare attraverso conclusioni orali. Il controllo sulla volontà di proseguire nella azione civile e sulla ammissibilità della pretesa in termini di precisione e completezza, deve essere effettuato anche nel processo di appello. Nel caso di specie l'atto di appello veniva proposto proprio per il sostegno delle statuizioni civili ed il richiamo effettuato in tale atto alle conclusioni presentate nel corso dei giudizio di primo grado manifestavano in modo chiaro la volontà del ricorrente di proseguire nell'azione civile in sede penale, sicchè non possono ritenersi esistenti i presupposti per la revoca tacita invocata dalla difesa. 2. Può essere pertanto affermato il presente principio di diritto la revoca della costituzione di parte civile prevista dall'art. 82 cod. proc. pen. deve essere intesa come conseguenza dell'inerzia della parte nel corso della progressione processuale conseguente alla costituzione tale inerzia deve trovare fondamento nella assenza di precise indicazioni circa l'entità dei risarcimento e nel mancato sostegno della pretesa nella fase delle conclusioni nel corso del giudizio di primo grado o d'appello. Le conclusioni orali della parte civile, se non producono incertezza sui termini della pretesa integrano una violazione delle regole codicistiche cui non consegue la revoca della costituzione, ma configura una mera irregolarità. 3. Il vizio di motivazione dedotto con il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto propone alla Corte di legittimità una lettura alternativa delle emergenze processuali inammissibile in tale sede. Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa quest'ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato. E' noto infatti che il perimetro della giurisdizione di legittimità è limitato alla rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici dei percorso argomentativo, che non possono dilatare l'area di competenza della Cassazione alla rivalutazione dell'interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa. Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve dunque essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto dei percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa quest'ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive dei reato contestato. Nel caso di specie, come evidenziato in premessa, il ricorrente piuttosto che rilevare vizi decisivi della motivazione si limitava a offrire una interpretazione degli elementi di prova raccolti diversa da quella fatta propria dalla Corte di appello in contrasto palese con le indicate linee interpretative. 4. Anche il motivo che denuncia la mancata assunzione di prova decisiva è manifestamente infondato. Premesso che per prova decisiva sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione risulti determinante per un esito diverso dei processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia Cass. sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, Rv. 259323 Cass. Sez. 2, n. 16354 del 28/04/2006 Rv. 234752 . Partendo da tale premessa deve rilevarsi come la prova richiesta deve comunque superare il vaglio della rilevanza in relazione al compendio probatorio disponibile. Tale valutazione rientra tra gli apprezzamenti tipici della giurisdizione di merito che, se espressi con motivazione logica e coerente con le emergenze processuali, si presenta insindacabile in sede di legittimità. Con specifico riguardo al giudizio abbreviato, il collegio condivide la giurisprudenza secondo la quale la mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo di impugnazione per Cassazione, previsto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d , può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione, anche nel corso dell'istruzione dibattimentale, a norma dell'art. 495 c.p.p., comma 2, cfr. Cass., sez. 2, 18/12/2012, n. 841 , sicché il suddetto motivo non può essere validamente invocato nel caso di giudizio abbreviato non condizionato ad integrazione probatoria, come nel caso in esame Cass. sez. 5, n. 27985 del 05/02/2013, Rv. 255566 la mera sollecitazione probatoria non è idonea a far sorgere in capo all'istante quel diritto alla prova, al cui esercizio ha rinunciato formulando la richiesta di rito alternativo non condizionato. Ne consegue che il mancato accoglimento di tale richiesta non può costituire vizio censurabile ex art. 606, comma primo, lett. d cod. proc. pen. Cass. sez. 5, n. 5931 del 07/12/2005 dep. 2006, Rv. 233845 . Nel caso di specie la prova invoca come decisiva avrebbe dovuto essere assunta dopo la scelta di accesso al rito a prova contratta, sicchè la relativa doglianza è pacificamente inammissibile. 5. Manifestamente infondato è infine il motivo di ricorso che invoca il riconoscimento del concorso di colpa. Si tratta di un questione che presuppone delle valutazioni di merito che il ricorrente non ha dimostrato di avere proposto al giudice d'appello e che, conseguentemente risultano inammissibili in sede di legittimità. Sul punto il collegio richiama e condivide la consolidata giurisprudenza secondo cui la condanna in secondo grado dell'imputato già prosciolto con formula ampiamente liberatoria nel precedente grado di giudizio non si sottrae al sindacato della Corte di cassazione per lo specifico profilo dei vizio di mancanza della motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., purché l'imputato medesimo, per quanto carente di interesse ali' appello, abbia comunque prospettato al giudice di tale grado, mediante memorie, atti, dichiarazioni verbalizzate, l'avvenuta acquisizione dibattimentale di altre e diverse prove, favorevoli e nel contempo decisive, pretermesse dal giudice di primo grado nell'economia di quel giudizio, oltre quelle apprezzate e utilizzate per fondare la decisione assolutoria. In detta evenienza al giudice di legittimità spetta verificare, senza possibilità di accesso agli atti, ma attraverso il raffronto tra la richiesta di valutazione della prova e il provvedimento impugnato che abbia omesso di dare ad essa risposta, se la prova, in tesi risolutiva, assunta sia effettivamente tale e se quindi la denunciata omissione sia idonea a inficiare la decisione di merito Cass. sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Rv. 226093 . 2. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese dei procedimento. Il ricorrente deve essere altresì condannato alla rifusione in favore della parte civile L. Michele delle spese dei presente grado di giudizio che, tenuto conto delle indicazioni legislative, deve essere liquidato in euro 2000 oltre spese forfettarie nella misura dei 15% IVA e CPA. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione in favore della parte civile L. Michele delle spese dei presente grado di giudizio che liquida in euro 2000 oltre spese forfettarie nella misura dei 15% IVA e CPA.