Incolpa senza intenzione di accusare una persona innocente: escluso il dolo

Il dolo del reato di calunnia va escluso nel caso in cui un individuo, anche se affidandosi a fatti che sono frutto di una personale e distorta percezione, si limiti a incolpare qualcuno temerariamente, senza avere alcuna intenzione di accusare una persona innocente.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 38296/15, depositata il 21 settembre. Il caso. Una Corte d’appello, riformando la pronuncia di primo grado, assolveva un uomo dal delitto di calunnia perché il fatto non costituisce reato per difetto dell’elemento soggettivo. La decisione della Corte territoriale si fondava sull’accertamento che la segnalazione alle autorità di vigilanza per lavori abusivi operata dall’accusato nei confronti del cugino fosse frutto di una distorta ricostruzione dei fatti e pertanto veniva a mancare quella certezza dell’innocenza richiesta dalla fattispecie incriminatrice. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’uomo. Gli elementi costitutivi del dolo nel delitto di calunnia. La S.C. ritiene che la motivazione della Corte d’appello sia coerente. A proposito, gli ermellini ricordano che affinché risulti integrato il dolo di calunnia occorre la sussistenza cumulativa di due distinti elementi l’intenzionalità dell’incolpazione e la sicura conoscenza dell’innocenza dell’incolpato. Escluso il dolo eventuale. Pertanto, ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico, in riferimento al secondo elemento desumibile dalla formula normativa taluno che egli sa innocente non assume alcun rilievo la forma del dolo eventuale. Cass., n. 16645/09 . In osservanza di tali principi, secondo i giudici di legittimità, il dolo del reato di calunnia va escluso nel caso in cui un individuo, anche se affidandosi a fatti che sono frutto di una personale e distorta percezione, si limiti a incolpare qualcuno temerariamente, senza avere alcuna intenzione di accusare una persona innocente, come risulta essere la situazione accertata dalla Corte territoriale nel caso in esame. Risultando dunque coerenti le conclusioni a cui sono pervenuti i giudici di seconde cure , la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 luglio – 21 settembre 2015, n. 38296 Presidente Paoloni – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. A. V. impugna la sentenza in epigrafe indicata che, in riforma della decisione di primo grado, ha assolto C. V. dal delitto di calunnia perché il fatto non costituisce rato per mancanza dell'elemento soggettivo. Affinché si possa configurare la calunnia, ad avviso della Corte d'appello, è richiesta la conoscenza dell'innocenza della persona accusata e, pertanto, là dove vi sia l'erronea opinione della responsabilità dell' incolpato ovvero anche il legittimo dubbio sulla colpevolezza, non sì può ritenere che sussista la responsabilità di chi abbia presentato una denuncia poiché manca la volontà di denunciare un innocente. Nel caso concreto, gli elementi acquisiti inducono a ritenere che il tutto sia ascrivibile a una erronea ricostruzione dei fatti da parte dell'incolpato. Egli ebbe a presentare denuncia alla polizia locale de Comune di Nocera Superiore affinché si accertasse se A. V., in assenza di ogni titolo autorizzativo, avesse iniziato a sostituire i vecchi travi portanti e le lamiere di copertura con nuovi materiali di una vecchia baracca. All'esito degli accertamenti compiuti, A. V. era diffidato a continuare i lavori ed era instaurato un procedimento penale per violazione urbanistica. Con la denuncia presentata al Sindaco e al comando dei vigili urbani, C. V. segnalava un ulteriore intervento costruttivo, sollecitando nuovi accertamenti. Nel corso di tale ulteriore accertamento è emersa, in realtà, la presenza sul luogo dell'indagato e ciò avrebbe ragionevolmente potuto indurre C. V. ha ritenere la prosecuzione dei lavori. In conclusione, Per la Corte d'appello, la situazione era tale da far ritenere che i lavori abusivi fossero ancora in corso e volti alla realizzazione di altri interventi non autorizzati. La situazione era tale da indurre a richiedere gli ulteriori verifiche, per una erronea percezione dei fatti. Ciò esclude che, per il giudice d'appello, la certezza della consapevolezza dell'illecito e comporta l'assoluzione dal delitto di calunnia perché il fatto non costituisce reato, con la revoca delle statuizioni civili. 2. Il ricorrente deduce - vizio di motivazione, poiché la Corte d'appello, in termini del tutto assertivi, ritiene pacifica la presenza di A. V. sul luogo ove era la baracca. La situazione è frutto di una erronea percezione dei fatti, poiché le fotografie non sono riferibili al periodo indicato, bensì ad epoca successiva come ritenuto dal giudice di primo grado, con una precisa indicazioni di elementi di fatto che portavano ad escludere che le fotto fossero risalenti al periodo indicato dalla Corte d'appello. Il ricorrente riporta sul punto la motivazione del giudice di primo grado dalla quale emerge tale discordanza e sottolinea che il giudice d'appello non avrebbe potuto affermare con tale certezza tali circostanze. Peraltro, non vi è motivazione sulle ragioni per le quali la Corte d'appello non ha condiviso le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado. Il giudice di primo grado, con una motivazione logica e coerente, ricostruisce le ragioni per le quali ha ritenuto che C. V. avesse sotto controllo i lavori del cugino A. V., e non avrebbe potuto equivocare su quello che stava accadendo. Il giudice d'appello, nel riformare radicalmente la prima decisione, avrebbe dovuto confrontarsi con le conclusioni raggiunte dal primo giudice. Considerato in diritto Il ricorso è infondato poiché la Corte d'appello ha esposto in termini coerenti il dissenso rispetto alle conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado. Il giudice d'appello in realtà si è espresso nel senso che C. V. ha voluto solo rappresentare una richiesta volta a sviluppare un'attività investigativa senza aver voluto con precisa determinazione accusare persona che egli sapeva innocente. E' dunque contradditoria e mancante la prova che C. V. abbia accusato il cugino A. di fatti penalmente rilevanti, essendo consapevole della sua innocenza, bensì si è limitato a presentare una segnalazioni alle autorità di vigilanza affinché fossero svolte ulteriori indagini sulle circostanze delle quali non aveva una precisa consapevolezza. Come noto, affinché si configuri il dolo di calunnia è necessario che il soggetto agisca intenzionalmente e con la certezza dell'innocenza dell'incolpato. L'intenzionalità della incolpazione e la sicura conoscenza dell'innocenza dell'incolpato sono elementi distinti che devono ricorrere entrambi ai fini della sussistenza dei dolo del delitto di calunnia. Va qui, dunque, ribadito che, ai fini dell'integrazione dell'elemento psicologico del reato di calunnia, non assume alcun rilievo la forma dei dolo eventuale, in quanto la formula normativa taluno che egli sa innocente risulta particolarmente pregnante e indicativa della consapevolezza certa dell'innocenza dell'incolpato Sez. VI, 8 febbraio 2009,dep. 17 aprile 2009, n. 16645 id 16 dicembre 2008, dep. 21 gennaio 2009, n. 2750 . In base a tali principi, il dolo del delitto di calunnia va escluso nei caso in cui un soggetto, anche se affidandosi a fatti frutto di personale e distorta percezione, si limiti a incolpare taluno temerariamente, senza avere la intenzione di accusare una persona innocente. E' questa la conclusione cui è pervenuto il giudice d'appello, dialogando con i punti significativi espressi nella sentenza di primo grado, e pervenendo a conclusioni secondo cui gli elementi esposti nella sentenza di primo manifestassero una ragionevole incertezza sulla sussistenza dell'elemento soggettivo richiesto per la configurazione della volontà di accusare un innocente. La sentenza impugnata é, dunque, coerente nelle sue conclusioni ed esprime in termini chiari il dissenso sulle conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado, sviluppato tra l'altro su scelte di merito non censurabili in questa sede di legittimità. Il ricorso della parte civile A. V. è dunque infondato e va rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.