Chi porta il cane a far pipì? Lui prende il guinzaglio e scende in strada: è evasione

L’uomo, agli arresti domiciliari, ha accompagnato il quadrupede per consentirgli di soddisfare i propri bisogni fisiologici. Questione di minuti, certo, ma l’allontanamento dall’abitazione è valutabile comunque come una violazione della misura.

Il quadrupede raspa contro la porta di casa, e, per farsi meglio notare, abbaia ripetutamente è arrivato il momento di andare al bagno Obbligatoria l’uscita in strada, accompagnato dal padrone. Tale situazione di emergenza, però, non legittima la buonafede dell’uomo, il quale ha abbandonato casa, per pochi minuti, pur sapendo di essere agli arresti domiciliari. Consequenziale, e non discutibile, la condanna per il reato di evasione. Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 38275/15 depositata oggi Fuga. Nessun dubbio hanno manifestato i giudici di merito, i quali hanno valutato come significativa la condotta tenuta dall’uomo, beccato in strada proprio in occasione di un controllo da parte delle forze dell’ordine. Evidente, quindi, la fuga dai domiciliari. Secondo il legale dell’uomo, però, tale visione è troppo rigida. Soprattutto perché in essa si trascura un particolare non secondario il suo cliente, in occasione della ‘visita’ delle forze dell’ordine, era uscito dall’abitazione esclusivamente per pochi minuti, per consentire al proprio cane di espletare i suoi bisogni fisiologici ed era rimasto, comunque, nei pressi dell’abitazione, ben visibile per qualsiasi controllo . Condanna. Chiara la ricostruzione proposta, in Cassazione, dal legale. Ma essa, chiariscono i giudici, non rende meno grave la condotta dell’uomo. Ciò per la semplice ragione che ogni allontanamento, ancorché limitato nel tempo e nello spazio concretizza il delitto di evasione , non essendo necessaria la specifica volontà di sottrarsi ai controlli delle forze dell’ordine . Peraltro, in questo caso la ragione della discesa in strada, da parte dell’uomo, non è certo catalogabile come stato di necessità , pur tenendo conto dei bisogni impellenti del quadrupede Consequenziale, quindi, la conferma della condanna per evasione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 maggio – 21 settembre 2015, numero 38275 Presidente Milo – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. Sansò Pasquale ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno, in data 3-4-2014, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine al delitto di cui all'art. 385 cod. penumero In C.S. il 15-5-2006, con recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. 2. II ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione poiché l'imputato, come dichiarato dalla moglie agli operanti, al momento del controllo, uscì dall'abitazione esclusivamente per pochi minuti, per consentire al cane di espletare i propri bisogni fisiologici, rimanendo nei pressi dell'abitazione, ben visibile per qualsiasi controllo. 2.1.11 reato è comunque estinto per prescrizione. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1.La prima doglianza è manifestamente infondata. Va infatti ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui ogni allontanamento, ancorchè limitato nel tempo e nello spazio , realizza il delitto di cui all'art. 385 cod. penumero ex plurimis , Sez. 6, 26 -5- 1990, Nataletti Sez. 6, 27-4-1998 , Bemi , anche se il soggetto venga sorpreso nelle immediate vicinanze dell'abitazione Sez. 6 7-1-2003, numero 15741, Rv. 226808 Sez 6, 18-12-2007, numero 3212 . L'elemento soggettivo si esaurisce poi nel dolo generico, ad integrare il quale è sufficiente la coscienza e volontà di allontanarsi dal luogo in cui si è ristretti , con la consapevolezza di trovarsi legalmente agli arresti domiciliari o nelle altre situazioni che fungono da presupposto del reato Sez. 6 , 10-2-2005 , numero 20943 . Non occorre dunque alcuna specifica volontà di sottrarsi ai controlli da parte delle Forze dell'ordine. Non rilevano, d'altronde, i motivi che hanno determinato la condotta dell' agente Sez 6, 6-3 2012 numero 10425 Rv. 252288 Sez. 6 6-3-2012 numero 10425 , Rv. 252288 , a meno che questi , al momento del fatto, non versasse in una situazione tale da integrare gli estremi dello stato di necessità. Quest'ultimo ricorre però solo in presenza di una situazione di grave pericolo alla persona, con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza tali da non lasciare al soggetto altra alternativa che quella di violare la legge Sez. 6,10-6-2003, numero 33076, Rv.226524 situazione completamente esulante dal caso in esame. 2.Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso. è stata infatti contestata, nel caso di specie, la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale, che è stata applicata dal giudice di primo grado, il quale ha concesso le attenuanti generiche equivalenti ad essa, con statuizione confermata in appello. Ne deriva che, a norma dell'art. 161 , comma 2 , cod. penumero , il termine prescrizionale massimo e di 10 anni, onde il reato si prescrive il 15 maggio 2016. 3. II ricorso va dunque dichiarato inammissibile , a norma dell'art. 606, comma 3, cod.proC. penumero , con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille , determinata secondo equità , in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di e. 1000,00 in favore della cassa delle ammende.