C’è la delega al Governo ma non il decreto attuativo: l’illecito rimane di rilevanza penale

La l. n. 67/2014 ha conferito al Governo una delega - dalla quale discende la necessità del suo esercizio - per la depenalizzazione della fattispecie disciplinata dall’art. 2 l. n. 683/1983, che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Il delitto di cui sopra, fino all’emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa ma rimane fatto di rilevanza penale.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 37577/15, depositata il 16 settembre. Il caso. Il tribunale mandava assolta una donna – perché il fatto non sussiste - per aver omesso di versare all’INPS gli oneri contributivi, previdenziali ed assistenziali, trattenuti sulle retribuzioni versate ai propri dipendenti in alcuni mesi dell’anno 2007. Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione il procuratore della repubblica presso il tribunale ed il procuratore generale, lamentando la ritenuta inoffensività della condotta e la sostanziale immediata applicazione della norma di depenalizzazione in assenza dell’esercizio della relativa delega da parte del Governo. I ricorrenti, inoltre, segnalavano che il giudicante aveva proceduto ad un’autonoma applicazione della delega concessa al Governo, prima ancora che questo avesse deliberato al proposito. Inoltre, nel ricorso si osservava che in sede di delega non è stata prevista l’irrilevanza della condotta, ma solamente la sua derubricazione da illecito penale ad illecito amministrativo. Il ragionamento del tribunale viola i principi di ragionevolezza ed eguaglianza. Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso. La Corte, infatti, ha evidenziato che, successivamente all’entrata in vigore della l. n. 67/2014, contenente la delega al Governo per il riordino del trattamento sanzionatorio della violazione dell’art. 2 l. n. 683/1983, deve essere escluso che il delitto previsto dalla norma citata, che punisce l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, possa ritenersi abrogato per effetto diretto della l. n. 67/2014. Tale atto normativo, infatti, ha conferito al Governo una delega - dalla quale discende la necessità del suo esercizio - per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, il delitto di cui sopra, fino all’emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa ma rimane fatto di rilevanza penale. A quanto sopra precisato, prosegue la Corte, deve aggiungersi che il legislatore delegante, nel conferire al Governo la delega per la riforma della disciplina contributiva, ha comunque previsto la perdurante esistenza di un regime sanzionatorio della condotta omissiva, limitandosi a derubricarla ad illecito amministrativo ove non sia superata la soglia di punibilità prevista dalla legge. Dal quadro sopra ricostruito, secondo il Supremo Collegio discende che il ragionamento seguito dal giudice di merito, essendo applicabile anche alle sanzioni amministrative, ex art. 1 l. n. 689/1981, il principio di riserva di legge previsto in materia penale dall’art. 25 Cost., si giungerebbe all’applicazione, nei confronti di chi sia sottoposto a giudizio nel periodo di esercizio della delega o comunque per fatti commessi anteriormente a tale esercizio, di un trattamento, di esclusiva matrice giurisprudenziale, tale che il fatto non sarebbe più rilevante sotto il profilo penale e non sarebbe, pertanto, più suscettibile della conforme sanzione, ma, al contempo, non sarebbe neppure soggetto alla - ancora non disciplinata da fonte adeguata - sanzione amministrativa. E ciò condurrebbe alla violazione sia del principio di ragionevolezza, sia del principio di eguaglianza. Per tutte le considerazioni sovra esposte, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 20 agosto – 16 settembre 2015, n. 37577 Presidente Fiadanese – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Lucca, con sentenza dei 7 gennaio 2015 ha mandato assolta Z. X., perché il fatto non sussiste, dal reato a lei ascritto, consistente nella violazione dell'art. 2 della legge n. 638 dei 1983 per avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, omesso di versare all'INPS gli oneri contributivi, previdenziali ed assistenziali, trattenuti sulle retribuzioni versate ai propri dipendenti nel periodo agosto-novembre 2007, per un ammontare complessivo di contributi evasi pari ad euro 169,00. Nel provvedere nel senso indicato il Tribunale di Lucca ha ritenuto, anche richiamando i principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 139 dei 2014, che la condotta attribuita alla prevenuta debba ritenersi non più caratterizzata dalla necessaria offensività, essendo l'importo dell'omesso versamento inferiore ad euro 10.000,00, per effetto dell'art. 2 della legge n. 67 del 2014 con la quale è stata conferita delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria della ipotesi di reato in questione, prevedendo, appunto, la trasformazione dell'attuale illecito penale in illecito amministrativo, sempre che l'omissione non superi la soglia dei 10.000,00 euro annui. Avverso detta sentenza hanno proposto direttamente ricorso per cassazione sia il Procuratore della Repubblica di Lucca che il Procuratore generale di Firenze. Il primo ha ritenuto che la impugnata sentenza fosse viziata per violazione di legge in particolare sia con riferimento alla ritenuta inoffensività della condotta sia con riferimento alla sostanziale immediata applicazione della norma di depenalizzazione in assenza dell'esercizio della relativa delega da parte del Governo. Il secondo, a sua volta, ha censurato, oltre alla imprecisione della formula assolutoria pronunziata dal Tribunale lucchese, il fatto che il giudicante abbia proceduto ad una autonoma applicazione delle delega concessa al Governo, prima ancora che questo abbia deliberato al proposito. Peraltro, osserva ancora il ricorrente, anche in sede di delega non è stata prevista la irrilevanza della condotta ma solamente la sua derubricazione da illecito penale ad illecito amministrativo incongruo appare, infine, al ricorrente il richiamo alla giurisprudenza della Consulta, la quale, con la sentenza citata dal Tribunale, si è limitata a richiamare la vigenza del principio di necessaria offensività dei reato, senza riferire il predetto argomento specificamente alla condotta criminosa contestata al prevenuto. Considerato in diritto I due ricorsi proposti dagli organi del Pubblico ministero direttamente di fronte a questa Corte di legittimità - ovvero, come suoi dirsi, per saltum - avverso la sentenza dei Tribunale di Lucca sono fondati essi, pertanto, vanno accolti coi conseguente annullamento della sentenza impugnata. Come, infatti, questa Corte ha avuto in più occasioni modo di affermare successivamente alla entrata in vigore della legge n. 67 del 2014, contenente la delega al Governo per il riordino del trattamento sanzionatorio della violazione dell'art. 2 della legge n. 638 dei 1983, deve escludersi che il delitto previsto dalla citata disposizione, la quale punisce l'omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, possa ritenersi abrogato per effetto diretto della legge n. 67 del 2014, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie e che, pertanto, quest'ultimo, fino all'emanazione dei decreti delegati, non potrà essere considerato violazione amministrativa ma rimane, quale sia l'importo della contribuzione omessa, fatto di rilevanza penale Corte di cassazione, Sezione III penale, 19 maggio 2015, n. 20547 idem Sezione III penale, 21 maggio 2015, n. 21036 . A tali pur fondati e pienamente condivisibili rilievi deve aggiungersi il dato non trascurabile che il legislatore delegante, nel conferire al Governo la delega per la riforma della disciplina della omissione contributiva ha comunque previsto la perdurante esistenza di un regime sanzìonatorio della condotta omissiva, derubricando tuttavia, ove non sia superata la soglia di punibilità di 10.000,00 euro annui di contributi omessi ed anche qui non può non osservarsi la arbitrarietà con la quale il Tribunale di Lucca, richiamando ingiustificatamente il concetto di periodo di imposta , àncori all'anno civile il computo dell'ammontare della predetta soglia, laddove, attese le modalità temporali previste per il versamento delle contribuzioni previdenziali, il legislatore delegato, facendo uso della discrezionalità di cui egli è dotato nel dare contenuto ai criteri ed ai principi generali dettati nella legge delega, potrebbe senza dubbio - e forse anche più razionalmente - fissare il termine annuale nell'ambito del quale calcolare il superamento o meno della soglia di punibilità a decorrere dalla prima mensilità contributiva omessa , il detto illecito da fatto di rilevanza penale a mero illecito amministrativo. Ora, ragionando come ha fatto il Tribunale lucchese, essendo applicabile anche alle sanzioni amministrative, alla luce dei chiaro disposto dell'art. 1 della legge n. 689 del 1981, il principio di riserva di legge non diversamente da quanto previsto in materia penale dall'art. 25 della Costituzione Corte di cassazione, Sezione I civile, 8 agosto 2003, n. 11968 , si giungerebbe, come difatti ha in sostanza stabilito il predetto giudice, alla applicazione nei confronti di chi sia sottoposto a giudizio nel periodo di esercizio della delega o comunque per fatti commessi anteriormente a tale esercizio, di un trattamento, di esclusiva fonte giurisprudenziale, tale che il fatto non sarebbe più rilevante sotto il profilo penale e non sarebbe, pertanto, più suscettibile della conforme sanzione, essendo, al contempo, non soggetto, in applicazione appunto del principio di riserva di legge, neppure alla, ancora non disciplinata da fonte adeguata, sanzione amministrativa. Evidente sarebbe la conseguente violazione sia dei principio di ragionevolezza che di eguaglianza, che deriverebbe da una siffatta applicazione normativa, di tal che, anche per le ragioni or ora esposte, non può, allo stato, che escludersi la correttezza della interpretazione normativa fatta propria dal Tribunale di Lucca con la sentenza attualmente impugnata. Questa, data la palese violazione di legge, deve, pertanto, essere annullata con rinvio, vista la natura per saltum della impugnazione proposta, alla Corte di appello di Firenze, la quale provvederà a modificare anche la eventuale incidenza del tempo trascorso dalla contestata commissione dei reati attribuiti in ordine alla loro perdurante rilevanza penale. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze.