Per sequestrare non basta il semplice dedurre che “quel bene non possa appartenere al terzo”

Occorre, invece, la prova positiva della disponibilità del bene in capo all’indagato. La Cassazione si fa severa. Nessuna inversione dell’onere probatorio è consentita.

Così la Cassazione, Terza Sezione Penale, con la sentenza n. 36530/2015, depositata. l’11 settembre. Il fatto. Viene mossa ordinanza di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., poi confermata dal giudice del riesame, nei confronti di un indagato per reati di evasione fiscale e bancarotta fraudolenta. La misura era estesa a quanto nella disponibilità dell’indagato ma nella titolarità della consorte straniera, estranea ai fatti. Ricorre quest’ultima in Cassazione, asserendo la proprietà, il possesso e la disponibilità di parte dei beni sequestrati, da sottrarre al perimetro della misura ablativa. La ricorrente contestava sia l’estensione oggettuale della misura, sia il deficit di consistenza probatoria in ordine alla disponibilità dei beni in capo all’indagato, i quali, per l’accusa, avrebbero consentito a questi di schermare parte delle sostanze di provenienza illecita. La Cassazione accoglie parzialmente, specificando come d’appresso. Tutto quanto nella disponibilità dell’indagato entra nel sequestro preventivo. La prova deve essere positiva”. I giudici non fanno che confermare il consolidato giurisprudenziale. La misura ablativa si estende per quanto sussista una relazione effettuale dell’indagato coi beni da sequestrare, sicché venga esercitato il potere di fatto della proprietà della cosa. Elementi probatori o sintomatici specifici – perché non congetturali od iperbolici – devono far dedurre che quel bene sia nella disponibilità dell’indagato, ossia sia coinvolto nella sfera degli interessi economici di questi. Il giudice indaga, come nel caso, sulle modalità di acquisizione del bene, sulle sostanze economiche in mano al formalmente titolare della cosa, al fine di verificare se l’acquisto od il mantenimento di quel bene – ad esempio, un immobile, sul quale gravano più oneri accessori – siano fatti propri dell’indagato. Nel caso, l’assenza di redditi della consorte straniera nonostante la formale titolarità del bene, la simultanea circostanza della prova dei trasferimenti di denaro dell’indagato per acquisire l’immobile – previsti con carta privata contestuale alla separazione giudiziale dei coniugi -, nonché la fattuale abitazione dell’indagato nell’immobile sequestrato, hanno consentito la deduzione di piena disponibilità del bene in capo all’indagato. Non è consentita l’inversione dell’onere probatorio. La prova negativa” della disponibilità in capo all’indagato, invece, non è sufficiente. È stata la parte dell’ordinanza annullata dalla Cassazione, la quale ha contestato la consistenza del dato probatorio atto a rilevare la disponibilità del bene – in questo caso, beni mobili - in capo all’indagato. I giudici hanno chiarito, nella multiforme dimensione fattuale di quanto occorre a dimostrare una relazione fattuale con il bene, che non è sufficiente appurare che la cosa oggetto del sequestro preventivo non possa essere nella disponibilità” del terzo estraneo al reato ma proprietario del bene. Occorre la prova, positiva e concreta, sia pure nei termini di una semplice probabilità, dell’apprensione della cosa in capo all’indagato. Prova nel caso mancante. Altro è la confisca allargata” ex art. 12 sexies della legge n. 356 del 1992. Nell’esporre il convincimento, i giudici ricorrono ad un argomento sistematico. Mentre la confisca allargata citata non richiede alcuna relazione del reato con il bene da confiscare – fondandosi semplicemente sulla presunzione di illecita accumulazione patrimoniale dell’indagato -, siffatta inversione dell’onere probatorio non è consentita in caso di sequestro preventivo, in cui a governare e a consentire la misura ablativa sta il cit. criterio della disponibilità effettuale del bene, da provare, anche in via sintomatica o probabilistica, con argomenti probatori positivi a carico dell’indagato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 maggio – 10 settembre 2015, n. 36530 Presidente Mannino – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. O.Y. ricorre per cassazione impugnando l'ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale della libertà di Trento ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip presso il tribunale della stessa città con il quale veniva disposto il sequestro dei beni mobili ed immobili nella disponibilità della ricorrente nonché di B.L. e della Elleservice Srl fino a concorrenza dell'importo di Euro 5.597.027,92 per il reato di bancarotta e tributari. Nel pervenire a tale conclusione il tribunale cautelare ha diffusamente argomentato sul luogo di residenza effettiva dell'imputato coincidente, nonostante la formale separazione tra i coniugi, con l'immobile adibito ad abitazione coniugale, sulle modalità di pagamento dei due immobili sequestrati alla ricorrente, sul tenore del ricorso per separazione giudiziale dei coniugi proposto dalla ricorrente, sulla mancanza di tracce nella anagrafe tributaria di trasferimenti di denaro dall'estero verso l'Italia in favore della ricorrente, sul rinvenimento in occasione dell'esecuzione del sequestro di una scrittura privata formata lo stesso giorno dell'udienza di separazione dal marito con la quale la moglie consentiva all'addebito su un proprio conto corrente degli estratti conto debitori di una carta di credito American Express in uso al marito, il quale provvedeva al rimborsarle i relativi esborsi. Sulla base di ciò, il tribunale affermava come fosse evidente la finalizzazione di tali complesse manovre, in difetto di spiegazioni alternative dotate di un minimo di verosimiglianza, alla necessità di B.L. di schermare le sue entrate, altrimenti aggredibili da Equitalia in forza dei debiti accumulati con l'erario. 2. Per la cassazione dell'impugnata ordinanza la ricorrente, personalmente e tramite il difensore, solleva due motivi di gravame, ed ulteriori due nuovi motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disposizioni di attuazione codice di procedura penale, nei limiti necessari per la stesura della motivazione. 2.1. B.L. , che ha ricevuto la citazione per questa udienza pur non avendo impugnato il decreto di sequestro, né ha ricevuto, a suo dire, la citazione a comparire innanzi al tribunale del riesame, né partecipato all'udienza camerale, né ricevuto la comunicazione della pronuncia dell'ordinanza emessa dal tribunale del riesame, neppure proposto il ricorso per cassazione , ha fatto pervenire una memoria in data 21 aprile 2015, acquisita agli atti. Ne consegue che il B. non è parte di questo giudizio ed il suo nome è stato erroneamente iscritto sulla copertina del fascicolo e negli atti del registro generale. 2.1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e/o apparente motivazione art. 606, comma 1, lettera c , cod. proc. pen. , avendo il tribunale affermato l'esistenza di un potere dispositivo dell'imputato B.L. sui beni della ricorrente mediante una errata interpretazione del concetto di disponibilità dei beni ovvero sulla base di elementi non probanti. Assume la ricorrente che l'ordinanza del gip disponeva, tra le altre cose, il sequestro di ogni bene mobile e/o immobile in disponibilità di O.Y. evidentemente sul presupposto che tali beni fossero nella disponibilità di B.L. . Pacifico infatti che la ricorrente fosse persona estranea al reato, il sequestro preventivo poteva attingere esclusivamente i beni rientranti nel patrimonio del terzo ma dei quali l'imputato avesse avuto la piena disponibilità. Tuttavia, con riferimento a tale ineludibile presupposto, non sono state rinvenute scritture o altre tracce del fatto che il marito, B.L. , esercitasse o potesse esercitare su di essi poteri dispositivi non risulta che questi avesse potuto alienare, locare o decidere la sorte degli immobili che fosse abilitato ad effettuare prelievi dai conti correnti, gestirli o estinguerli che egli potesse accedere alla cassetta di sicurezza presso la banca che si servisse dell'auto, pacificamente in uso esclusivo della ricorrente, né che potesse alienarla. Nessuno specifico riferimento ad indizi del fatto che l'imputato potesse esercitare i poteri sui beni sequestrati era contenuto nell'originario provvedimento di sequestro. Anche il provvedimento del tribunale del riesame non contiene, secondo l'assunto della ricorrente, riferimenti a concreti indizi circa l'effettività dei poteri dispositivi da parte dell'imputato. Sostiene la ricorrente che il ragionamento del tribunale sottende infatti un errore di interpretazione del presupposto occorrente per la sequestrabilità dei beni e quindi per la loro confiscabilità ex art. 322 ter cod. pen. , cioè che essi siano effettivamente nella disponibilità del reo, dovendo tale disponibilità essere costituita da un rapporto tra il bene e il reo in base al quale quest'ultimo, prescindendo dalla intestazione o dai diritti formalmente esercitabili sulla res , possa in concreto esercitare lo ius abutendi sul bene atteggiandosene a dominus . Nessuna delle considerazioni svolte dal tribunale attiene tuttavia ai poteri esercitati ovvero esercitabili dall'imputato B. sui beni della ricorrente, avendo il giudice limitato il proprio ragionamento alla valutazione di circostanze attinenti alle capacità economiche dell'imputata rispetto all'acquisto dei singoli beni. Così facendo il tribunale ha utilizzato il concetto di disponibilità in modo difforme rispetto al suo effettivo significato, arrivando a confondere il potere esercitabile sui beni con la titolarità dei mezzi occorsi per il loro acquisto disponibilità che, a tutto concedere, sarebbe stata, da una parte, esclusa con riferimento alla ricorrente ma che non sarebbe stata, dall'altra, positivamente individuata in capo al B. . In altri termini, il tribunale ha spiegato le ragioni per le quali O.Y. non avrebbe avuto sufficienti risorse proprie per acquistare immobili concludendo, per l'effetto, che essi dovessero provenire dall'imputato e che pertanto quest'ultimo fosse in realtà l'effettivo dominus dei beni e così facendo il tribunale ha però interpretato erroneamente il concetto di disponibilità dei beni . 2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge e/o mancanza della motivazione avendo il tribunale ritenuto ammissibile il sequestro dell'intero patrimonio della ricorrente senza la specifica individuazione dei singoli beni rientranti nella disponibilità dell'imputato e con limitazione del sequestro ad essi soltanto art. 606, comma 1, lettera c , cod. proc. pen. . Assume la ricorrente come in ogni caso, quanto ai beni della vita attinti dal sequestro, sia stato dato a questo una ampiezza indeterminata sottraendo alla ricorrente ogni proprio bene di un qualche valore. È però evidente che il rapporto di signoria tra reo e bene integrante il concetto di disponibilità possa riguardare unicamente beni determinati, e non invece l'intero indistinto patrimonio di una persona terza. La stortura prodotta dalla ampiezza del provvedimento di sequestro risulta evidente osservando la tipologia dei beni di cui esso ha consentito il vincolo in occasione della sua esecuzione il contenuto della cassetta di sicurezza alla quale B.L. non era delegato ad accedere, il denaro contenuto sul conto corrente 010/6242 acceso dalla ricorrente presso la Banca dove da molti anni veniva mensilmente accreditato il suo stipendio e sul quale B.L. non era delegato ad operare, il denaro contenuto nel libretto a risparmio nominativo, i gioielli anche di foggia femminile rinvenuti nella cassaforte dell'abitazione della ricorrente. 2.3. Con un terzo motivo primo motivo nuovo , la ricorrente deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione delle disposizioni sostanziali e processuali che disciplinano l'istituto del sequestro preventivo per equivalente nei reati tributari, stante l'impossibilità di ritenere che l'intero patrimonio appartenente alla ricorrente stessa, persona del tutto estranea ai reati contestati all'imputato B.L. , possa rientrare nella disponibilità di quest'ultimo, con conseguente impossibilità di legittimare l'apprensione coattiva, nelle forme del sequestro per equivalente, di tutti i beni intestati alla sola ricorrente articolo 606, comma 1 lettere b e c , codice di procedura penale in relazione agli articoli 322 ter codice penale, 321, comma 2, codice di procedura penale, articolo 1, comma 143, legge numero 244 del 2007 . 2.4. Con un quarto motivo secondo motivo nuovo la ricorrente lamenta l'inosservanza e l'erronea applicazione della legge penale e processuale stante l'impossibilità di ritenere che tutti i beni nella disponibilità della ricorrente, persona del tutto estranea ai reati, possano essere oggetto di sequestro in base alle disposizioni di cui agli articoli 1, comma 143, legge numero 244 del 2007, 322 ter codice penale e 321, comma 2, codice di procedura penale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è parzialmente fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono. I motivi principali ed i motivi nuovi possono essere congiuntamente esaminati in quanto ruotano principalmente sul concetto di disponibilità da parte dell'indagato di beni formalmente intestati, detenuti o posseduti dalla ricorrente, pacificamene ritenuta persona estranea al reato. 2. Il tribunale cautelare ha premesso come l'oggetto della richiesta di riesame non comprendesse i conti correnti intestati fra la ricorrente e l'indagato, B.L. , nonché quelli sui quali quest'ultimo era stato delegato ad operare. Ciò premesso, l'infondatezza della richiesta di riesame è stata argomentata sul rilievo che la ricorrente non avesse avuto proprie, autonome ed esclusive disponibilità finanziane per l'acquisto dei beni oggetto del sequestro, il cui controllo e godimento doveva ritenersi riconducibile all'indagato in quanto la ricorrente, di comune accordo con questi, si era posta come schermo fittizio del B. in modo da garantirlo rispetto alla paventata aggressione dei suoi beni patrimoniali, in virtù dei gravissimi reati commessi. Nel pervenire a tale conclusione, il Collegio cautelare ha osservato come i coniugi, pur separati legalmente, convivessero di fatto all'atto dell'arresto del B. , la polizia giudiziaria aveva accertato che questi aveva dormito nello stesso letto della ricorrente, nell'alloggio era allocato un vero e proprio, ben fornito, guardaroba di B.L. , costituito da giacche, camice, cravatte, cinture, maglie, scarpe, calze e biancheria intima. In concomitanza dell'arresto venne effettuata una perquisizione presso la sede della società Elleservice Srl, luogo ove il B. aveva formalmente trasferito la residenza. Nelle stanze adibite ad alloggio, le cassettiere risultavano quasi del tutto vuote e si riscontrava la presenza di pochissimi indumenti ed oggetti personali, desumendosi da ciò che l'alloggio di OMISSIS fosse solo un punto di occasionale dimora, mentre l'alloggio ordinario dell'indagato, del quale egli conservava la piena disponibilità insieme alla moglie, fosse proprio quello sottoposto a sequestro. Il quale complesso immobiliare era costituito da due appartamenti e tre garage acquistati dalla Later Immobiliare Sri con modalità tali una prima tranche necessaria per l'acquisto corrisposta in contanti o mediante promessa di pagamento e l'altra attraverso la contrazione di mutui, i cui ratei, in mancanza di disponibilità finanziarie da parte della ricorrente, risultavano assolti con provviste riconducibili all'indagato da far logicamente a ritenere che tutte le provviste finanziarie necessarie per l'acquisto dei beni immobili provenissero direttamente da disponibilità dell'indagato. Le stesse modalità della separazione coniugale deponevano, secondo il Collegio cautelare, per la totale dipendenza della ricorrente dalle entrate del marito. In merito poi all'esistenza di ipotesi di disponibilità finanziarie riconducibili personalmente alla ricorrente ed aventi origini anteriori al rapporto di convivenza o di coniugio con il B. , la Guardia di Finanza, attraverso la consultazione della banca dati dell'anagrafe tributaria, aveva accertato che non risultavano movimentazioni di capitale all'estero ascrivibili alla ricorrente fin dall'anno 2000 e dunque dal momento del suo ingresso in Italia sino alla data del sequestro. L'unica informazione rilevata in merito a flussi transfrontalieri riguardava una esportazione di valuta avvenuta nel 2011, con destinazione Regno Unito per un importo di Euro 14.730,00. Da ciò il tribunale cautelare aveva dedotto come la ricorrente non avesse potuto disporre sul territorio nazionale di ingenti fondi, dei quali peraltro non aveva mai dichiarato l'esistenza alle autorità preposte al monitoraggio dei flussi transfrontalieri di capitale. Persino l'analisi dei flussi dei rapporti bancari intestati alla ricorrente comprovavano la mancanza di autonome disponibilità finanziarie dirette a creare le provviste per l'accredito delle somme riscontrate, nel tempo, disponibili sui conti. 3. Ciò posto, questa Corte ha affermato il principio, che va ribadito, secondo il quale il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può ricadere su beni anche solo nella disponibilità dell'indagato, per essa dovendosi intendere la relazione effettuale con il bene, connotata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, Ucci e altri, Rv. 255950 , cosicché i beni, se anche siano formalmente intestati a terzi estranei al reato, devono ritenersi nella disponibilità dell'indagato quando essi, sulla base di elementi specifici e dunque non congetturali, rientrino nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Costagliola ed altri, Rv. 252378 . Il tribunale cautelare, con riferimento i beni immobili sequestrati alla ricorrente, si è pertanto attenuto ai suindicati principi di diritto perché ha motivato circa la disponibilità di essi da parte dell'indagato sulla base di elementi specifici scrutinati in positivo , nel senso cioè che non soltanto ha argomentato circa il fatto che la ricorrente non avesse mai avuto le provviste per entrarne in possesso ma ha ritenuto, sulla base degli atti, che gli acquisti erano avvenuti con disponibilità finanziarie interamente a carico dell'indagato v. sub 2 del considerato in diritto , pervenendo alla conclusione, non discutibile in questa sede, che l'effettiva titolarità di essi fosse in capo al B. che infatti ne aveva il godimento, nonostante risultasse residente altrove e legalmente separato dalla moglie, attuale ricorrente. 4. A diverse conclusione deve tuttavia pervenirsi con riferimento ai beni mobili con la precisazione che i conti correnti non fanno parte del devoluto, per come risulta dal testo del provvedimento impugnato non specificamente censurato sul punto perché, con riferimento ad essi, manca qualsiasi motivazione circa la disponibilità in capo all'indagato di detti beni, avendo il Collegio cautelare motivato esclusivamente in negativo , nel senso cioè che la ricorrente non avesse avuto le disponibilità finanziarie per acquisirne il possesso e da ciò solo desumendo che invece la disponibilità, anche di essi, fosse da attribuirsi all'indagato. Così argomentando il tribunale cautelare ha, nella sostanza, impropriamente trasformato il sequestro per equivalente in un sequestro c.d. allargato ex art. 12 sexies d.l. n. 306/1992 e ciò non è consentito in considerazione della profonda diversità strutturale esistente tra le due misure cautelari. Infatti, il sequestro funzionale alla confisca per equivalente, pur non richiedendo un rapporto di pertinenzialità tra reato e bene da confiscare, implica l'accertamento di un reato idoneo ad innescare il vincolo sul bene da confiscare o sul suo valore equivalente invece il sequestro prodromico alla c.d. confisca allargata non richiede alcuna relazione tra il reato, per cui si è proceduto, e il bene da confiscare, fondandosi esclusivamente sulla presunzione di illecita accumulazione patrimoniale. Quest'ultima non è perciò da sola sufficiente a fondare il sequestro preventivo per equivalente, il quale non è di regola consentito nei confronti di persona estranea al reato, i cui beni possono essere tuttavia attinti dal vincolo solo se su di essi il reo abbia la disponibilità, nei sensi sopra precisati, e tale circostanza va provata dall'accusa senza che sia al riguardo possibile alcuna inversione dell'onere probatorio. È perciò sempre necessaria la dimostrazione da parte dell'accusa della disponibilità, secondo la nozione sopra delineata, del bene da parte dell'indagato, dovendo in particolare il pubblico ministero fornire la prova dell'esistenza di situazioni che avallino siffatta discrasia Sez. 2, n. 17287 del 23/03/2011, Tondi, Rv. 250488 , con la conseguenza che la possibilità, ai fini della sussistenza del periculum di cui all'art. 321 cod. proc. pen., di sottoporre a sequestro preventivo beni formalmente intestati a terzi estranei al procedimento penale, impone una pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, sulla base di elementi che appaiono indicativi della loro effettiva disponibilità da parte dell'indagato, per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione Sez. 6, n. 27340. del 16/04/2008, P.M. in proc. Cascino, Rv. 240573 Sez. 2, n. 5657 del 28/01/2014, P.M. in proc. Scozzaro, Rv. 258210 . Sul punto la motivazione è del tutto mancante in quanto il tribunale cautelare si è limitato ad asserire come la disponibilità del bene in capo all'indagato derivi dalla mancanza di provviste da parte del terzo. Tale motivazione non soddisfa, per ciò solo, i requisiti richiesti dalla norma e dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema che esige, invece, una specifica e puntuale motivazione per superare la presunzione di appartenenza esclusiva del bene anche sotto il profilo della signoria di fatto, ad un soggetto terzo estraneo al reato. Per rendersene conto è sufficiente considerare come lo stesso petitum cautelare sia errato perché, mentre per l'indagato è possibile disporre il sequestro per equivalente dei beni anche solo nella sua disponibilità, per il terzo estraneo al reato, non è consentito aggredire l'intero patrimonio disponendo il vincolo di tutti i beni nella sua disponibilità, ma è possibile porre il vincolo su singoli e specifici beni purché si dimostri che essi rientrino nella disponibilità dell'indagato e siano quindi fittiziamente intestati al terzo e ciò richiede la motivazione, nella specie mancante, alla quale dovrà quindi porre rimedio il giudice di rinvio. 5. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata limitatamente ai beni mobili con rinvio al tribunale di Trento per nuovo esame sul punto, conseguendo da ciò il rigetto del ricorso nel resto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al sequestro dei beni mobili e rinvia al tribunale di Trento. Rigetta il ricorso nel resto.