“Calciopoli” analizzata dal microscopio della Cassazione

Il delitto di frode sportiva rientra tra quelli comuni di pericolo e, come tale, è insuscettibile di tentativo. La condotta si intende realizzata e consumata con il compimento di atti idonei e univocamente rivolti alla alterazione di una gara. L’effettiva alterazione del risultato è invece irrilevante, essendo quest'ultimo un evento estraneo alla fattispecie.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 36350, depositata il 9 settembre 2015. Lo sport più amato dagli italiani. E’ senz’altro il calcio, e probabilmente lo è da sempre. Protagonista indiscusso delle domeniche, con forse decrescente disappunto muliebre pare che molte donne siano accanite tifose , è argomento principe di dissertazioni non soltanto da caffè o da barbiere vi è tutta una ridda di esperti, giornalisti, analisti sportivi che discettano dottamente su questa o quella frazione di secondo di una certa partita, che commentano le strategie di gioco, eccetera. E’ un fenomeno sociale e i calciatori diventano rapidamente gli idoli dei più giovani e non solo, condizionandone le mode e il look. E’ un fenomeno economico e lo dimostrano le cifre da capogiro che tra giocatori, dirigenti e sponsor circolano e alimentano il mondo del pallone. Questo multiforme e complesso fenomeno assurge puntualmente agli onori delle cronache sportive e, qualche volta, anche di quelle giudiziarie. La sentenza in commento è l’ultimo atto dell’arcinoto caso denominato Calciopoli” il nocciolo delle contestazioni – per darne ai lettori una sinossi il più possibile chiara e immediata – era questo alcuni tra dirigenti sportivi e vertici arbitrali erano accusati di aver dato vita ad una combine per pilotare i sorteggi dei direttori di gara da assegnare a questa o quella partita. Lo scopo era, si sosteneva nell’accusa, di condizionare il campionato a favore di alcune specifiche squadre. Da qui la contestazione, anzitutto, del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. A prescindere dagli esiti penali di questa vicenda, in gran parte vanificati dalla prescrizione, e da quelli civili – per il profilo attinente alle conseguenze risarcitorie derivanti da simili condotte - , la corposa sentenza della Cassazione 140 pagine circa , ha dovuto affrontare numerose interessanti questioni. Tentiamone una sintesi di quelle più rilevanti. La frode sportiva una figura di reato dai contorni sfuggenti. Il cuore della decisione in commento è costituito da una approfondita esegesi della norma incriminatrice della frode sportiva art. 1 l. 401/89 . La Corte territoriale prima, e la Cassazione dopo, sono d’accordo sul suo inquadramento giuridico generale è un delitto di attentato che punisce due specifiche condotte. La prima parte della norma sanziona una sorta di corruzione” sportiva. La seconda parte, invece, incrimina la c.d. frode generica”, consistente nel compimento di altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo”, che è quello di raggiungere un risultato diverso da quello che sarebbe stato conseguito se la gara si fosse svolta lealmente. Lo schema, come si vede anche dal tenore lessicale della norma, è chiarissimo richiama la classica formula del delitto di attentato atti diretti a” . Questo punto di partenza serve alla Suprema Corte non soltanto per condividere l’impianto generale della sentenza di secondo grado, ma anche per condurre un significativo approfondimento dommatico sui connotati essenziali del delitto in esame. Il suo spettro di tutela è intanto molto ampio, come è logico che sia, essendo coincidente con il pericolo che il bene giuridico sia esposto a lesione la soglia di tutela, coerentemente con questo assunto, è quindi anticipata al compimento di quegli atti suscettivi di aggredirlo. Dato che è già incriminato un pericolo, non è consentita la punibilità della frode tentata” il compimento di atti diretti a perseguire un risultato illecito, normalmente inquadrabile nello schema del tentativo, in questo caso corrisponde al delitto consumato. Gli atti fraudolenti devono anche essere idonei al raggiungimento dello scopo? Ecco ritornare all'attenzione della Cassazione una problematica di fondamentale rilievo nelle fattispecie di attentato, con cui si puniscono atti diretti a” perseguire uno scopo illecito, senza precisare se questi debbano essere anche idonei a raggiungerlo. A lungo, rilevano gli Ermellini, si è discettato sulla opportunità di calibrare l'interpretazione delle fattispecie di attentato oggettivizzandole” - quindi dando ampio risalto alla qualità degli atti posti in essere – per sottrarre spazio applicativo alla classica valorizzazione del solo aspetto finalistico-soggettivo secondo cui la direzione degli atti compiuti sarebbe l'unico parametro da considerare per valutarne l'illiceità . Con la sentenza in commento viene quindi riproposta una interpretazione sicuramente più in linea con i parametri del diritto penale moderno, nel quale lo scopo della norma incriminatrice è sempre la protezione di un determinato bene giuridico, unico e vero obiettivo di tutela. Gli atti devono – a giudizio della Cassazione – essere pertanto idonei a perseguire lo scopo illecito preso di mira, benché la norma incriminatrice in effetti non lo richieda. Sulla scorta di questi rilievi, da piazza Cavour si afferma quindi che la creazione di griglie” di arbitri compiacenti costituisce senza dubbio un'attività potenzialmente prodromica all'alterazione del risultato delle singole partite di calcio e non costituisce, per questa ragione, un atto neutro ma bensì è funzionale ad agevolare le possibilità di nomina di un arbitro amico”. Il danno risarcibile le precisazioni della Suprema Corte. Se l'impostazione penalistica della sentenza di secondo grado è stata sostanzialmente condivisa, stessa cosa non può dirsi per la parte relativa alle questioni civili. La Corte di Appello aveva infatti revocato alcune statuizioni del primo giudice, rese a favore di altrettante squadre di calcio, costituitesi parte civile, che avevano lamentato di avere subito danni derivanti dalla alterazione del campionato. Alla base della revoca vi era una interpretazione del danno risarcibile in sede penale che la Suprema Corte non condivide. Quest'ultima, invece, ha colto l'occasione per ribadire che ai fini della condanna generica al risarcimento del danno non è necessario che si provi la effettiva sussistenza dello stesso, essendo sufficiente che si accerti un fatto potenzialmente in grado di produrlo. Si è accertata la frode? E allora non può mancare un danno per coloro che, in qualche misura che sarà compiutamente accertata dal giudice civile , lo hanno subìto. Ed è proprio su questo punto che la decisione della Corte di Appello è stata censurata. In effetti, a ben vedere, è alquanto difficile sostenere che un campionato di calcio di fatto alterato non sia stato anche produttivo, quantomeno in termini potenziali, di un danno per quelle squadre che erano penalizzate dal sistema di griglie arbitrali” sopra descritto. Altra questione è, semmai, quella dell'accertamento di quali siano effettivamente i danni lamentati dai presunti danneggiati, e che consistenza essi abbiano. Ma questo, appunto, è affare di competenza del giudice civile.

Corte di Cassazione, sez III Penale, sentenza 23 marzo – 9 settembre 2015, n. 36350 Presidente Fiale – Relatore Grillo