La crisi economica preclude o giustifica il beneficio della continuazione tra più delitti di omesso versamento ?

Le gravissime difficoltà economiche, in cui si sia venuta a trovare una società con conseguente omesso versamento dell’Iva dichiarata per più annualità successive, sono la esaustiva dimostrazione della carenza della unicità e originarietà del programma criminoso per essere le omissioni annuali conseguenti a determinazioni correlate alla considerazione della concreta ed attuale situazione economica. L’occasionalità della condotta impedisce, infatti, il riconoscimento di un identico e originario programma criminoso e dunque del vincolo della continuazione fra la pluralità di omissioni.

Questo il principio contenuto nella pronuncia, che si annota, della Corte di Cassazione, sez. I, n. 35912/15, depositata il 3 settembre. La crisi economica un giano bifronte. La pronuncia che si commenta affronta una problematica di grandissima attualità e frequenza che tuttavia, almeno per quanto noto, non risultava ancora essere stato oggetto di una specifica disamina da parte della Corte di Cassazione. Come risaputo, nei sempre più numerosi procedimenti penali per violazione degli artt. 10 bis e 10 ter , d.lgs. n. 74/2000, la sussistenza della crisi economica viene comunemente dedotta dalla difesa quale caso fortuito o forza maggiore, ovvero quale causa di esclusione dell’elemento soggettivo del reato al fine di escludere la penale responsabilità. E’ ormai noto il rigore giurisprudenziale maturato sul punto dalla giurisprudenza di legittimità che, pur non escludendo l’astratta possibilità di siffatte situazioni, finisce per ancorarle ad un onere probatorio o di allegazione dell’imputato quasi diabolico. Nel caso in esame, invece, la grave crisi economica, viene dedotta dalla ricorrente, non quale causa di esclusione della penale responsabilità, bensì quale collante” sul quale si fonderebbe il medesimo disegno criminoso posto alla base della richiesta della concessione della più favorevole disciplina del reato continuato, in sede di esecuzione, fra più condanne, già definitive, per omesso versamento di Iva relativa ad anni di imposta successivi l’uno all’altro. Il ricorso evidenzia la contraddittorietà della motivazione stesa dal giudice dell’ esecuzione, che, per contro, proprio nella crisi economica, dedotta ab initio dalla ricorrente, aveva ravvisato l’occasionalità della condotta, incompatibile con la disciplina della continuazione di cui all’art. 81 cpv. c.p Le ragioni del ricorrente La ricorrente nel proprio ricorso stigmatizzava come il giudice dell’ esecuzione avesse di fatto ritenuto ontologicamente incompatibile la continuazione tra più violazioni successive in relazione al delitto di omesso versamento di Iva dipendenti dalla situazione di grave difficoltà economica in cui si sarebbe trovata l’impresa. Secondo la ricorrente, infatti, il giudice dell’ esecuzione aveva dimenticato che la violazione di cui all’art. 10 ter d.lgs n. 74/2000 ha natura dolosa e che nel reato continuato necessariamente le azioni dolose successive alla prima sono sorrette, di volta in volta, da singole determinazioni, che tuttavia ben possono essere animate e legate da un’unica, predeterminata ed iniziale rappresentazione delle stesse. Nel caso di specie, la ricorrente avrebbe sin dalla prima violazione accettato e previsto di non effettuare i versamenti dell’Iva per più anni successivi sino al miglioramento della situazione economica che le avrebbe consentito di saldare quanto dovuto. La circostanza che l’ulteriore deteriorarsi della situazione economica avesse poi imposto la liquidazione della società non negava la sussistenza dell’obbiettivo inziale che, purtroppo e solo successivamente, si era rivelato non raggiungibile. e il rigorismo della Cassazione . Gli Ermellini, prima di affrontare la questione specifica, richiamano i principi, ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, fondanti la disciplina della continuazione. Il reato continuato, infatti, richiede necessariamente un’ unica e complessa deliberazione preventiva, già definita nei suoi dati essenziali, alla quale segua, poi, per ogni singola azione, una deliberazione specifica, retta dal medesimo iniziale, singolo impulso a delinquere. Il fondamento del più benevolo trattamento sanzionatorio riconosciuto al reato continuato si rinviene, infatti – proseguono i giudici della Cassazione – proprio nel minore disvalore della condotta di chi commette più delitti in forza di un singolo impulso, rispetto al soggetto che commetta i medesimi fatti delittuosi sulla base di diverse, distinte, indipendenti e reiterate determinazioni a delinquere. Dopo aver ricordato quali siano gli indici esteriori più comuni che cumulativamente consentono di identificare la sussistenza di un unico inziale disegno criminoso tipologia dei reati, omogeneità del bene giuridico leso, condizioni di tempo e di luogo etc. etc. rilevanti ai sensi dell’articolo 81 cpv c.p., la Cassazione rammenta altresì che, per costante giurisprudenza, la sussistenza di tale unicità del disegno criminoso costituisce giudizio di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito e, come tale, sindacabile in Cassazione solo se non sorretto da adeguata e congrua motivazione. Orbene, nel disaminare l’iter argomentativo della impugnata ordinanza, osserva la Cassazione che il giudice di prime cure ha correttamente osservato che le gravissime difficoltà economiche, dedotte dalla stessa ricorrente quali cause dei reati commessi, paiono dimostrare, invero, la carenza della unicità e originarietà del programma criminoso, per essere le omissioni annuali conseguenti a determinazioni correlate alla considerazione della concreta ed attuale situazione economica sussistente nel momento del singolo omesso versamento. Situazione generata da eventi non prevedibili ab origine che impediscono il riconoscimento di un unico disegno criminoso, che non deve essere confuso con un generico e indefinito programma che, se giustifica la reiterazione delle condotte criminose nel tempo, non vale la concessione del beneficio della continuazione. La crisi economica, incomprensibilmente, punisce ancora. La pronuncia in esame, seppur astrattamente fondata su principi giuridici tanto consolidati quanto condivisibili, pare tuttavia dettata, come talora accade alle pronunce della Cassazione, da quelle fredde stanze del Palazzaccio che troppo spesso sembrano assai lontane dalla realtà della vita quotidiana. La decisione degli Ermellini, che pure ad una attenta lettura sembra lasciare spazio anche a soluzioni diverse laddove evidenzia la plausibile opinabilità della valutazione operata dal giudice di primo grado , corre tuttavia il serio rischio di costituire un invalicabile e generico, quanto assurdo argine al riconoscimento del vincolo della continuazione fra più violazioni degli artt. 10 bis e 10 ter in annualità successive. Tutto ciò pare contrastare insanabilmente con l’esperienza quotidiana imprenditoriale e giudiziaria, che vede sempre più numerosi imprenditori fronteggiare la crisi economica ricorrendo alla sistematica omissione di versamenti di imposte e ritenute nella consapevolezza di incorrere in violazioni di carattere anche penale e dunque agire, a sommesso avviso di chi scrive, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, preferendo la sopravvivenza della propria impresa al pagamento delle imposte dovute. Difficile comprendere e giustificare perché detta condotta non possa beneficiare del minore rigore sanzionatorio conseguente a quella stessa continuazione che, con tanta facilità, viene concessa dalla giurisprudenza al ladro ovvero al rapinatore seriale, nonché, per esplicita indicazione legislativa, al tossicodipendente indotto a delinquere dalla propria situazione di dipendenza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 ottobre 2014 – 3 settembre 2015, n. 35192 Presidente Chieffi – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 28 febbraio 2014, il G.i.p. del Tribunale di Venezia, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza avanzata da S.E. , volta all'applicazione della continuazione tra i reati di omesso versamento dell'IVA con riferimento agli anni di imposta 2006 e 2007, di cui a due decreti penali di condanna, rilevando, a ragione della decisione, che l'istante, assumendo di essere stata costretta a commettere detti reati in dipendenza delle gravissime difficoltà economiche in cui si era trovata la società Stefanon S.a.s., della quale era rappresentante legale, aveva implicitamente riconosciuto di avere preso distinte e separate decisioni dopo aver considerato la concreta e attuale situazione economica, e rappresentando che mancava un concreto interesse al riconoscimento della continuazione in capo all'istante, che aveva pagato la pena pecuniaria, che sarebbe stata equa anche se fosse stata ritenuta la continuazione tra i reati. Con la stessa ordinanza il G.i.p. ha rigettato anche la richiesta di concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, concedibile in sede esecutiva solo se non poteva essere concesso in sede di cognizione per superamento del limite di pena di cui all'art. 175 cod. pen., in cui erano state poi ricondotte in detta sede per il riconoscimento della continuazione, anche evidenziando che tale beneficio era in ogni caso espressamente previsto dagli artt. 24 e 25 d.P.R. n. 313 del 2002. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore avv. Maria Giulia Turchetto, l'interessata, che ne chiede l'annullamento sulla base di due motivi, cui premette in fatto il richiamo al contenuto della sua richiesta di riconoscimento della disciplina della continuazione tra i reati oggetti dei due decreti penali di condanna, emessi a suo carico e divenuti definitivi per mancata opposizione, rimarcando il suo interesse a tale riconoscimento, nonostante l'avvenuta esecuzione delle pene inflitte. 2.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia inosservanza o erronea applicazione dell'art. 81 cod. pen., in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo la ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal G.i.p., essa, avendo espressamente affermato che le omissioni erano dipese da un unico momento volitivo derivato dalla gravissima situazione economica in cui la sua società si era trovata, non poteva implicitamente negare l'unicità della volizione iniziale. Né l'ordinanza ha valutato in concreto la sussistenza della unicità del disegno criminoso, finendo con il rappresentare l'erroneo convincimento che non fosse configurabile nemmeno in astratto la continuazione tra più violazioni successive in relazione al reato di omesso versamento IVA dipendente da difficoltà economiche, senza considerare che i reati ascritti sono di natura dolosa e che nel reato continuato le azioni successive alla prima devono essere sorrette, di volta in volta, da singole determinazioni, identificandosi gli elementi unificanti del reato continuato nella rappresentazione anticipata e nella unicità dello scopo. Nella specie, ad avviso della ricorrente, lo scopo unitario, la cui esistenza non è stata valutata, era sussistente e andava rinvenuto nella sua volontà di proseguire l'attività e di riprendersi dalle difficoltà. A tal fine essa ha previsto e accettato sin dalla prima violazione di non effettuare, per un periodo indeterminato, i versamenti dell'IVA, che avrebbe saldato con il miglioramento della situazione economica, mentre la messa in liquidazione della società è conseguita alla presa d'atto della impossibilità di raggiungere l'obiettivo sperato. Né il Giudice ha considerato la breve distanza cronologica tra le due violazioni, non interrotta da atti di indagine né da alcuna pronuncia, l'identità delle modalità della condotta e l'omogeneità delle norme violate. 2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia inosservanza dell'art. 671 i.c p p i.r.a 6.,.c.1.,.l b. .c p p e.m.,.c.e.m.i.d.m i. Secondo la ricorrente, che rimarca la ravvisabilità del suo interesse al riconoscimento della continuazione, nonostante l'avvenuta esecuzione delle pene inflitte, nella finalità di potere imputare, sussistendone i presupposti e secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità, ad altra condanna la pena di fatto espiata oltre la misura rideterminata ai sensi dell'art. 671 cod. proc. pen., e di escludere o limitare gli effetti penali della condanna in tema di recidiva e di dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato, l'ordinanza impugnata è incorsa nei denunciati vizi per avere escluso un suo concreto interesse al riconoscimento del vincolo della continuazione, mentre essa, che continua a ricoprire la carica di rappresentante legale di altra società che partecipa a gare per l'affidamento di lavori pubblici, ha evidente interesse a imputare la pena espiata a unico reato in relazione alla valutazione della moralità professionale prevista dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l'annullamento dell'ordinanza con rinvio per nuovo esame allo stesso Giudice, stante la fondatezza del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso, le cui deduzioni e osservazioni sono infondate o generiche, deve essere rigettato. 2. A norma dell'art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell'esecuzione può applicare in executivis l'istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati. 2.1. Secondo principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, per la configurabilità della continuazione è necessaria un'unica complessa deliberazione preventiva, definita nei suoi dati essenziali, alla quale segua, per ogni singola azione, una deliberazione specifica, mentre deve escludersi che un programma solo generico di attività delinquenziale da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità o un mero sistema di vita siano idonei a far riconoscere il rapporto descritto nell'art. 81 cod. pen. tra le altre, Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098 Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833 Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, R. 248862 Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 12/03/2013, Daniele, Rv. 255156 Sez. 1, n. 39222, dep. 24/09/2014, B., Rv. 260896 , rilevando la generica deliberazione di reiterare comportamenti penalmente illeciti soltanto, in quanto espressiva di un'attitudine soggettiva a violare la legge, a fini del tutto diversi e negativi per il reo come la recidiva e l'abitualità criminosa tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, dep. 20/03/2012, Abbassi, Rv. 252950 . La prova di detta congiunta previsione ritenuta meritevole di trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate deve essere di regola ricavata, poiché attiene alla inesplorabile interiorità psichica del soggetto, da indici esteriori significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, Di Maria, Rv. 243632 . 2.2. Indici esteriori apprezzabili vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, citata , senza che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di una unitarietà progettuale degli illeciti, mentre, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell'accertamento dell'esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all'aumento di circostanze indiziarie favorevoli Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838 . In tal modo, di per sé l'omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale di alcune di esse, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti a un'unica deliberazione di fondo tra le altre, Sez. 3, n. 21496 del 02/05/2006, dep. 21/06/2006, Moretti, Rv. 235523 Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 23/01/2014, P., Rv. 259094 , con la conseguenza che l'identità del disegno criminoso deve essere negata qualora la successione degli episodi sia tale da escludere, malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la preventiva programmazione dei reati, ed emerga, invece, l'occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriore tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012, dep. 14/11/2012, Natali, Rv. 254793 . 2.3. L'applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, pertanto, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti. A tal fine la cognizione del giudice dell'esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono essere in continuazione sentenze allegate, o da acquisire ex officio ai sensi dell'art. 186 disp. att. cod. proc. pen. e, attraverso il loro raffronto, alla luce delle ragioni enunciate dall'istante tra le altre, Sez. 5, n. 18586 del 04/03/2004, dep. 22/04/2004, D'Aria, Rv. 229826 Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, dep. 02/03/2007, Aloisio e altri, Rv. 236261 Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010, dep. 14/04/2010, Russo, Rv. 246840 Sez. 5, n. 37337 del 29/04/2011, dep. 14/10/2011, Castellano, Rv. 250929 , incombendo, invece, all'autorità giudiziaria il compito di procedere, ai sensi dell'art. 666, comma 5, cod. proc. pen., ai relativi accertamenti con l'acquisizione di documenti e informazioni e l'assunzione, ove occorra, di prove nel contraddittorio delle parti, e alla successiva valutazione circa l'esistenza delle condizioni tra le altre, Sez. 5, n. 4692 del 14/11/2000, dep. 18/12/2000, Sciuto M., Rv. 219253 Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, dep. 28/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276 . 2.4. La valutazione, poi, circa la sussistenza dell'unicità del disegno criminoso costituisce questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, che è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretta da adeguata motivazione tra le altre, Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, dep. 28/06/2007, Coluccia, Rv. 237014 Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, dep. 28/12/2012, Pappalardo, Rv. 254006 . 3. Il Giudice dell'esecuzione, nel caso di specie, ha correttamente interpretato il parametro normativo di cui all'art. 81, comma 2, cod. pen. e, con motivazione né apodittica né manifestamente illogica, ha fatto esatta applicazione dei suddetti condivisi principi. Nell'ordinanza si è, invero, evidenziato, sulla scorta di dati, coerenti rispetto alle risultanze dei provvedimenti esaminati e congrui rispetto alla ratio dell'istituto della continuazione, l’ iter logico seguito per escludere, nel caso concreto, la riconducibilità a un sottostante originario disegno criminoso dei reati di omesso versamento dell'IVA per gli anni d'imposta 2006 e 2007, in relazione ai quali sono stati emessi, a carico della ricorrente, due distinti decreti penali di condanna, descritti nella istanza introduttiva e a essa allegati, divenuti definitivi rispettivamente il 7 aprile 2010 e il 28 novembre 2011. 3.1. Il Giudice, che ha ripercorso le ragioni della richiesta, ha, in particolare, valorizzato l'univoca emergenza traibile dalla stessa prospettazione di dette ragioni, alla cui stregua la ricorrente si è trovata costretta alle omissioni ascrittele per le gravissime difficoltà economiche in cui si era venuta a trovare la società a essa riconducibile, e, con ragionevoli argomentazioni, ha apprezzato detto dato come implicita, ma esaustiva dimostrazione della carenza della unicità e originarietà del programma criminoso per essere le omissioni annuali conseguenti a determinazioni correlate alla considerazione della concreta e attuale situazione economica . 3.2. Tale sintesi conclusiva che, mantenuta nei limiti di una plausibile opinabilità di valutazione, rimarca ed esprime l'ontologica incompatibilità della occasionalità della condotta, generata da eventi non prevedibili ab origine , con l'istituto della continuazione rettamente inteso, impedendone il riconoscimento, e la non confondibilità del programma generico, che giustifica la reiterazione nel tempo della condotta criminosa, con la identità e originarietà del disegno criminoso che presiede a detto istituto resiste alle censure di cui al primo motivo del ricorso. Le censure, formulate sotto il duplice profilo della incorsa violazione di legge e dell'incorso vizio motivazionale, si risolvono, invero, in deduzioni di dissenso rispetto alla disamina svolta, e, mentre denunciano in termini generici insussistenti carenze interpretative e motivazionali, corrispondono ad alternative letture di merito di elementi già apprezzati ovvero ritenuti subvalenti nel discorso giustificativo con logica analisi fattuale, sottratta a sindacato di legittimità, oltre a esprimere nel riferimento all'ottica criminale che ha caratterizzato la reiterata condotta omissiva della ricorrente in vista di una sperata ripresa economica la connotazione soggettiva della personalità della stessa in rapporto a scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti di analoga natura, inidonee, sul piano giuridico, come già rilevato, a riconoscere, in capo alla medesima, un disegno criminoso unitario, e, quindi, a giustificare il trattamento sanzionatorio relativo. 4. Né inducono a diversa riflessione le deduzioni difensive, oggetto del secondo motivo del ricorso, relative all'interesse della ricorrente al riconoscimento della continuazione, da ritenere all'evidenza soccombenti a fronte dei rilievi, che escludono la fondatezza della richiesta nel merito, svolti nell'ordinanza e assorbenti rispetto a ulteriori e non decisive considerazioni. 5. Al rigetto del ricorso del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.