Passaggio in giudicato: punto di non ritorno per il sequestro conservativo

Con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna o di patteggiamento si verifica un’automatica conversione della misura cautelare in pignoramento e la competenza passa al giudice civile in caso di patteggiamento, se l’azione già esercitata in sede penale non viene riassunta, la misura perde efficacia.

Il caso. Dal fallimento di una società a responsabilità limitata nasce un procedimento penale per bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta semplice e ricorso abusivo al credito commessi nella gestione della società. Tale il procedimento a carico dell’imputata, all’interno del quale il giudice per le indagini preliminari disponeva sequestro conservativo. Su istanza della parte civile, infatti, il tribunale vincolava a garanzia delle obbligazioni civili derivanti da reato nonché delle somme dovute quali spese del procedimento e/o somme comunque dovute all’Erario, fino all’ammontare di complessivi un milione e mezzo di euro, i beni dell’imputata. Segnatamente, il sequestro aveva ad oggetto immobili, titoli azionari e partecipazioni societarie di proprietà dell’imputata. Rimbalzi tra tribunale del riesame e Corte di Cassazione. Avverso il provvedimento di sequestro l’imputata proponeva istanza di riesame che veniva rigettata. Di qui il ricorso per Cassazione che, in primo momento, annullava con rinvio in ragione della mancata instaurazione del contraddittorio con la parte civile. Nuovamente la vicenda tornava davanti al tribunale del riesame e nuovamente la Cassazione annullava con rinvio per omessa verifica della proporzionalità della estensione del vincolo cautelare e della sussistenza del periculum in mora legittimante il sequestro. Penultima puntata. Il tribunale del riesame, in sede di rinvio post annullamento della Cassazione, dichiarava non luogo a provvedere sul ricorso presentato perché, nel frattempo, il processo a carico dell’imputata era stato definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato divenuta irrevocabile. Con detta sentenza il sequestro disposto dal giudice per le indagini preliminari era stato ridotto a un milione e trecentomila euro. Incompetenza funzionale. Il tribunale motivava il provvedimento rilevando che la competenza ad adottare provvedimenti relativi ai beni oggetto del vincolo apparteneva al giudice civile a partire dal momento in cui vi era stata definitività della sentenza di patteggiamento perché, in tale tempo, la misura cautelare si doveva convertire in pignoramento, secondo ius receptum . Inoltre, si evidenziava l’incompetenza del tribunale del riesame sulla decisione della perdurante efficacia e l’estensione del sequestro conservativo sui beni della ricorrente. La sentenza di non luogo a provvedere veniva quindi impugnata davanti alla Corte di cassazione con richiesta di annullamento. Conversione in pignoramento. La Suprema Corte ha ricordato che la conversione del sequestro conservativo in pignoramento ha luogo anche al passaggio in giudicato della sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato, tempo a partire dal quale ogni provvedimento relativo al bene oggetto del vincolo reale rientra nella competenza del giudice civile. Il codice di rito attribuisce al passaggio in giudicato della condanna l’effetto di convertire automaticamente il sequestro conservativo in pignoramento, da cui discende che la competenza a giudicare domande di terzi intese a contestare il vincolo imposto sul bene è funzionalmente devoluta al giudice civile, dinanzi al quale la domanda va introdotta nelle forme dell’opposizione del terzo al pignoramento opposizione all’esecuzione , secondo le norme del codice di procedura civile. Alla sentenza di condanna è parificata la sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato e, pertanto, il tribunale aveva fatto corretta applicazione dei principi consolidati in seno alla giurisprudenza di legittimità. Corretto era dunque l’epilogo circa la mancanza di competenza a decidere atteso che la sentenza di patteggiamento era divenuta irrevocabile. Precisazioni. La giurisprudenza ha affermato che il sequestro conservativo disposto sui beni dell’imputato – definito il procedimento con sentenza di applicazione della pena – perde efficacia soltanto se l’azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non sia tempestivamente riassunta in sede civile e quindi iniziata nei termini previsti dal codice di procedura civile. La Suprema Corte ha precisato l’arresto chiarendo che il passaggio in giudicato della sentenza non comporta l’incompetenza a decidere del giudice civile ma solo che in quel momento si verifica la conversione del sequestro conservativo in pignoramento oppure la cessazione di efficacia del sequestro conservativo. Si verifica conversione anche se il danno non è quantificato. Secondo la difesa non poteva parlarsi di conversione del sequestro conservativo in pignoramento nei casi in cui la sentenza irrevocabile non contenga determinazione del danno da reato e rinvii al giudice civile per la sua quantificazione. La conversione non sarebbe dunque automatica. Sul punto, la Cassazione ha precisato che anche quando la sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato è priva di statuizioni civilistiche attinenti profili risarcitori del danno da reato, va considerata la funzione di garanzia del sequestro conservativo anche in periodo successivo al passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento in relazione alle spese sostenute dalla parte civile e ai crediti dell’Erario per il pagamento delle spese di giustizia processuale ed eventualmente carcerarie.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 novembre 2014 – 3 settembre 2015, n. 35919 Presidente Chieffi – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 luglio 2013 il Tribunale di Monza, in funzione di giudice del riesame, provvedendo a seguito di annullamento con rinvio della propria precedente ordinanza dei 3 dicembre 2012, disposto da questa Corte con sentenza del 5 aprile 2013, in dipendenza della mancata instaurazione del contraddittorio con la parte civile fallimento DKW S.r.l., ha rigettato l'istanza di riesame avverso il provvedimento del 3 dicembre 2012 del G.i.p. dello stesso Tribunale, che, a seguito della richiesta avanzata dalla indicata parte civile, aveva disposto il sequestro conservativo -a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato, nonché delle somme dovute quali spese dei procedimento e/o somme comunque dovute all'Erario, fino al complessivo ammontare di 1.500.000 euro di beni immobili, titoli azionari e partecipazioni societarie, indicati specificamente nella premessa dell'ordinanza, di proprietà di T.P., imputata per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, bancarotta semplice e ricorso abusivo al credito, commessi nella gestione della DKW S.r.l. 2. Questa Corte, quinta sezione penale, con sentenza del 28 maggio 2014, ha annullato detta ordinanza con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Monza, ritenuta la fondatezza dei motivi attinenti alla dedotta omessa verifica della proporzionalità della estensione del vincolo cautelare e della sussistenza dei periculum in mora legittimante il medesimo vincolo. 3. Il Tribunale di Monza, quale giudice del rinvio nel procedimento ex art. 324 cod. proc. pen. promosso nell'interesse di T.P., ha dichiarato, con ordinanza dei 15 luglio 2014, non luogo a provvedere sul ricorso presentato dalla stessa. II Tribunale ha rilevato, a ragione della decisione, che il processo a carico della ricorrente si era definito con sentenza emessa dallo stesso Tribunale il 26 maggio 2014, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., divenuta irrevocabile il 10 luglio 2014 con detta sentenza il sequestro conservativo disposto dal G.i.p. era stato ridotto nella misura di 1.300.000 euro la competenza ad adottare provvedimenti relativi ai beni oggetto dei vincolo, in tema di sequestro conservativo, apparteneva, dopo, la definitività della sentenza di applicazione della pena, al giudice civile, convertendosi detto sequestro in pignoramento, secondo i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità non rientrava, pertanto, nella propria competenza la decisione circa la perdurante efficacia e l'estensione del sequestro conservativo sui beni della ricorrente. 4. Ricorre avverso tale ordinanza, per mezzo dei proprio difensore di fiducia avv. F.C., T.P., che ne chiede l'annullamento sulla base di due motivi, richiedendo anche, ai sensi e per gli effetti degli artt. 610, comma 2, o comunque 618 cod. proc. pen., la rimessione dei ricorso alle Sezioni unite per dirimere il contrasto giurisprudenziale in tema di rapporti tra sequestro conservativo ex art. 316 cod. proc. pen. e sentenza di applicazione pena su richiesta della parte consolidata in giudicato, e premettendo alla illustrazione dei motivi il riferimento alla vicenda cautelare, con richiamo agli atti di pertinenza, allegati al ricorso. 4.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., manifesta violazione dell'art. 320 cod. proc. pen. in relazione ai rapporti intercorrenti tra sentenza di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. e sequestro conservativo ex art. 316 cod. proc. pen. Secondo la ricorrente, che richiama le norme di riferimento del sequestro conservativo e i principi di diritto tratti dalla giurisprudenza di questa Corte con riguardo alla natura e agli effetti della sentenza di applicazione della pena su richiesta della parte, la norma di cui all'art. 320 cod. proc. pen., che postula la conversione del sequestro in pignoramento ove la sentenza di condanna diventi irrevocabile, è stata oggetto di erronea interpretazione. Prendendo le mosse dalla sentenza n. 22062/2011, con la quale questa Corte ha affermato che il sequestro conservativo disposto sui beni dell'imputato perde efficacia -se il processo è definito con sentenza di patteggiamento solo ove l'azione risarcitoria, esercitata in sede penale, non sia riassunta in sede civile ed esercitata nei termini di cui all'art. 669-octies cod. proc. civ., si deve escludere, ad avviso della ricorrente, la sussistenza di alcuna automatica conversione dei sequestro in pignoramento per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento, richiedendosi l'attivazione della parte civile per la instaurazione del giudizio nella competente sede civile nel termine di sessanta giorni di cui all'art. 669-octies cod. proc. civ. Nella specie, l'ordinanza impugnata è stata emessa il 15 luglio 2014, mentre non era ancora decorso il termine di sessanta giorni di cui alla indicata norma, essendo passata in giudicato la sentenza di patteggiamento il 10 luglio 2014, e il sequestro non era convertito in pignoramento. Né, peraltro, può parlarsi di conversione del sequestro conservativo in pignoramento se la sentenza di condanna irrevocabile non contiene la determinazione dei danno da reato e rinvia al giudice civile per la sua quantificazione, come pure affermato da questa Corte con sentenze n. 42698/2008 e n. 26105/2009 , con ulteriore conferma della infondatezza di alcun automatismo di conversione. 4.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., manifesta violazione dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen. e dell'art. 309, comma 9, richiamato dall'art. 324, comma 7, cod. proc. pen., in relazione al difetto di motivazione dell'ordinanza impugnata, che si è limitata a richiamare precedenti giurisprudenziali assolutamente distonici e contrastanti tra loro . Secondo la ricorrente, sono in particolare contrastanti la già richiamata sentenza n. 22602/2011, che esclude la conversione ope legis del vincolo di cautela che presuppone la tempestiva attivazione da parte del titolare della pretesa risarcitoria, e la successiva sentenza n. 11312/2013, che, al contrario, ha affermato/evidenziato l'esistenza di un automatismo per cui la conversione avverrebbe de plano per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento. 5. La parte civile con memoria depositata il 24 novembre 2014 eccepisce la mancata notifica dell'avviso della fissazione dell'udienza camerale odierna, informalmente conosciuto solo il precedente 21 novembre 2014 deduce in ogni caso la legittimità dell'ordinanza impugnata e rappresenta l'intervenuta riassunzione dell'azione risarcitoria in sede civile da parte del fallimento DKW S.r.I. Considerato in diritto 1. II ricorso, il cui esame nel merito non è pregiudicato dalla eccezione in rito della parte civile che, assumendo le sue conclusioni, vi ha implicitamente rinunciato, è infondato. 2. Questa Corte ha più volte affermato che la conversione del sequestro conservativo in pignoramento ai sensi dell'art. 320 cod. proc. pen. ha luogo anche al passaggio in giudicato di sentenza di patteggiamento, dopo il quale ogni provvedimento relativo al bene oggetto del vincolo rientra nella competenza del giudice civile tra le altre, Sez. 1, n. 22468 del 16/05/2007, dep. 08/06/2007, Brunengo, Rv. 240466 Sez. 1, n. 25950 del 29/05/2008, dep. 27/06/2008, Serraiocco, Rv. 240466 Sez. 5, n. 16312 del 08/02/2013, dep. 10/04/2013, Velsecchi, Rv. 255190 . Tale principio è coerentemente correlato al rilievo che, in tema di cose soggette a sequestro conservativo disposto a norma dell'art. 316 cod. proc. pen., a differenza del regime stabilito nell'abrogato codice di procedura penale, secondo il quale, dopo la sentenza irrevocabile, l'opposizione di qualsiasi interessato al sequestro conservativo e l'esame delle domande di restituzione costituivano materia di incidente di esecuzione da promuovere dinanzi al giudice penale artt. 612 e 624 cod. proc. pen. dei 1930 , il vigente codice di rito attribuisce al passaggio in giudicato della condanna -cui è pacificamente equiparata in linea generale la sentenza di applicazione pena ex art. 445, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen. tra le altre, Sez. 1, n. 22468 del 16/05/2007, citata l'effetto di convertire automaticamente il sequestro conservativo in pignoramento, cui consegue che la competenza a giudicare domande di terzi intese a contestare il vincolo imposto sul bene è funzionalmente devoluta al giudice civile, dinanzi al quale la domanda va introdotta nelle forme dell'opposizione del terzo al pignoramento tra le altre, Sez. 1, n. 37579 del 27/06/2001, dep. 17/10/2001, Saetta, Rv. 220118 Sez. 1, n. 25950 del 29/05/2008, citata Sez. 5, n. 16312 del 08/02/2013, citata . 3. Di tali condivisi principi il Tribunale, che li ha richiamati, ha fatto esatta interpretazione, coerentemente applicandoli al caso in esame in cui il processo a carico della ricorrente si è definito, dopo il disposto annullamento con rinvio di precedente ordinanza, con sentenza del 26 maggio 2014, resa ex art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Monza e divenuta irrevocabile il 10 luglio 2014, e pervenendo al congruente giudizio finale della propria incompetenza a decidere sia sulla perdurante efficacia del disposto sequestro sia sulla sua estensione, oggetto di espressa statuizione contenuta nella medesima sentenza. 4. Non induce a diversa riflessione, e non determina la contestata incongruenza motivazionale, né legittima la configurabilità di un contrasto giurisprudenziale che richieda l'intervento risolutore delle Sezioni unite, il principio affermato nella sentenza di questa Corte Sez. 1, n. 22062 del 21/01/2011, dep. 01/06/2011, Gaucci, Rv. 250225 , richiamata dalla ricorrente, alla cui stregua, come da massimazione ufficiale, il sequestro conservativo disposto sui beni dell'imputato, una volta che il processo sia definito con sentenza di patteggiamento, perde efficacia soltanto ove l'azione risarcitoria, già esercitata in sede penale, non sia tempestivamente riassunta in sede civile e quindi iniziata nei termini previsti dall'art. 669-octies cod. proc. civ. Il principio affermato, invero, non condiziona, contrariamente alla tesi difensiva, la soluzione del problema oggetto di contestazione e che qui rileva, attinente alla individuazione della competenza a decidere sul tema dei sequestro conservativo, sotto il duplice profilo della sua perdurante efficacia e della sua estensione dopo la definitività della sentenza di applicazione di pena, poiché, come condivisi bilmente già rimarcato da questa Corte Sez. 5, n. 16312 del 08/02/2013, citata, in motivazione , l'indicata sentenza non era volta a risolvere tale problema, ma soltanto quello della individuazione del momento in cui si determini o meno la conversione del sequestro conservativo in pignoramento oppure la cessazione di efficacia del sequestro conservativo dopo la definitività suddetta e, nell'affermare che con la sentenza di gatteggiamento il sequestro non perde va immediatamente efficacia, non nega va comunque il passaggio della competenza a decidere in capo al giudice civile . Né l'osservazione, secondo cui a tale riserva di giurisdizione civile, che consegue alla irrevocabilità della sentenza e all'apertura della fase esecutiva, osta il mancato decorso del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 669 octies cod. proc. civ., ha alcun fondamento nella stessa indicata sentenza, che ha correlato la sopravvenuta inefficacia dei sequestro conservativo, intanto perdurante, al mancato inizio in detti termini dell'azione risarcitoria, mentre la deduzione che la sentenza di patteggiamento è priva di statuizioni civilistiche, interessanti profili risarcitori per danno da reato, non tiene conto comunque della funzione di garanzia del sequestro anche successiva al momento del passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento, sottolineata nella stessa sentenza che ha richiamato conformi precedenti , in relazione alle spese sostenute dalla parte civile e ai crediti dell'erario per il pagamento delle spese di giustizia processuale e eventualmente carcerarie, la cui statuizione è esecutiva nel detto momento. 5. II ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue di diritto la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 25 novembre 2014.