La sola tossicodipendenza non basta per ritenere esistente un unico disegno criminoso

A seguito della modifica dell’art. 671, comma 1, c.p.p. ad opera della l. n. 49/2006, nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione, il giudice deve verificare che i reati siano frutto della medesima, preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto anche della tossicodipendenza dell’imputato per stabilire se il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose alla luce di specifici indicatori.

Così ha affermato la Cassazione nella sentenza n. 35859/2015, depositata il 2 settembre. Il caso . Il gip del Tribunale di Prato rigettava l’istanza di un uomo che richiedeva il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze di condanna dello stesso Tribunale. Il Giudice riteneva che il tempo di un anno trascorso tra i fatti oggetto delle due pronunce e la dipendenza da droghe leggere non giustificassero l’esistenza di un unico disegno criminoso, non dimostrabile in un lasso di tempo così lungo. Il condannato propone ricorso per cassazione, rimarcando la propria tossicodipendenza e sottolineando che proprio questa condizione porta il soggetto ad ideare e successivamente realizzare il proprio disegno criminoso che consiste nel commettere più fatti costituenti reati in tempi diversi. Unico disegno criminoso. La Corte ribadisce che l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere sez. IV, n. 16066/2009 . Tossicodipendenza nuova formulazione dell’art. 671 c.p.p A seguito della modifica dell’art. 671, comma 1, c.p.p. ad opera della l. n. 49/2006, nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione, il giudice deve verificare che i reati siano frutto della medesima, preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto se l’imputato, in concomitanza della relativa commissione, era tossicodipendente e se il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose alla luce di specifici indicatori quali la distanza cronologica tra i fatti criminosi la modalità della condotta la sistematicità ed abitudini programmate di vita la tipologia dei reati il bene protetto l’omogeneità delle violazioni le causali lo stato di tempo e di luogo la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossico dipendenza sez. II, n. 49844/2012 . Il ricorso del condannato sembra basarsi esclusivamente sulla presunzione per cui tutti i reati di cui sono autori i tossicodipendenti o, quanto meno, tutti i delitti ex art. 73 d.P.R. 309/1990 che disciplina la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope vengono commessi al fine di reperire denaro necessario ad acquistare droga. La prassi giurisprudenziale dimostra che spesso i reati posti in essere da tossicodipendenti sono motivati dall’urgente necessità di reperire denaro per acquistare la dose giornaliera, ma presenta anche casi diversi, di soggetti regolari assuntori di droga che si arricchiscono con il traffico di droga. Il rischio da evitare è quello che la tossicodipendenza diventi un modo per ottenere un trattamento sanzionatorio più benevolo. La norma, quindi, impone al giudice solamente di prendere in considerazione lo stato di tossicodipendenza dell’autore dei reati, in modo tale che un’ordinanza che lo ignorasse sarebbe senza dubbio viziata per violazione dell’espressa previsione di legge. Nel caso di specie è stato correttamente analizzato lo stato di tossicodipendenza del condannato, sottolineando che si tratta di dipendenza da droghe leggere, ma si è esclusa la sussistenza di un medesimo disegno criminoso e pertanto il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 luglio – 2 settembre 2015, n. 35859 Presidente Cortese – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il G.I.P. del Tribunale di Prato rigettava l'istanza di S.M. di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con due sentenze di condanna dello stesso Tribunale. Il Giudice riteneva che il tempo di un anno decorso tra i fatti oggetto delle due pronunce e la dipendenza da droghe leggere non giustificassero l'esistenza di un unico disegno criminoso, non dimostrabile in un lasso di tempo così lungo. 2. Ricorre per cassazione il difensore di S.M., deducendo vizio della motivazione. Nell'istanza era stato evidenziato che il condannato era tossicodipendente, con produzione di certificazione di tossicodipendenza dal febbraio 2012 e dichiarazione da parte dello stesso condannato di fare uso saltuario di cocaina e uso abituale di hashish da circa 10 anni. Il ricorrente osserva che la distanza temporale tra le condotte illecite era di dieci mesi e doveva ritenersi ristretto si trattava di contiguità temporale nell'arco della quale S. realizzava il proprio disegno criminoso, delineato sin dall'origine nei suoi elementi essenziali. Il Giudice non poteva ignorare lo stato di tossicodipendenza che, in base alla modifica dell'art. 671 cod. proc. pen., impone di superare la distinzione tra disegno criminoso e stile di vita, che porta il soggetto a delinquere al fine di approvvigionarsi di altre sostanze stupefacenti. È la tossicodipendenza che porta il soggetto ad ideare e successivamente realizzare il disegno criminoso che lo porta a commettere più fatti costituenti reati in tempi diversi. Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. Questa Corte ha costantemente affermato che l'unicità del disegno criminoso presuppone l'anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008 -dep. 16/04/2009, Di Maria, Rv. 243632 a seguito della modifica dell'art. 671, comma 1, cod. proc. pen. ad opera della L. n. 49 del 2006, nel deliberare in ordine al riconoscimento della continuazione il giudice deve verificare che i reati siano frutto della medesima, preventiva risoluzione criminosa, tenendo conto se l'imputato, in concomitanza della relativa commissione, era tossicodipendente e se il suddetto stato abbia influito sulla commissione delle condotte criminose alla luce di specifici indicatori quali a la distanza cronologica tra i fatti criminosi b le modalità della condotta e la sistematicità ed abitudini programmate di vita d la tipologia dei reati c il bene protetto f l'omogeneità delle violazioni g le causali h lo stato di tempo e di luogo i la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza Sez. 2, n. 49844 del 03/10/2012 - dep. 21/12/2012, Gallo, Rv. 253846 . 2. Il Giudice ha preso in considerazione lo stato di tossicodipendenza del ricorrente, sottolineando che si tratta di dipendenza da droghe leggere, ma ha escluso che essa permetta di ritenere sussistente un medesimo disegno criminoso. Il ricorrente, nel denunciare il vizio di motivazione, in realtà non tenta di dimostrare che entrambi i delitti fossero stati ideati unitariamente e prima della consumazione del primo né segnala elementi non presi in considerazione dal Giudice, tanto da non scendere nemmeno all'esame delle fattispecie incriminatrici e alle circostanze del fatto piuttosto sostiene in via astratta la tesi che, a seguito della modifica dell'art. 671 cod. proc. pen. operata dalla legge 49 del 2006, per i reati commessi da soggetti tossicodipendenti il criterio di giudizio è mutato lo stile di vita adottato da alcuni soggetti tossicodipendenti, usi a commettere numerosi reati contro il patrimonio o ex art. 73 d.P.R. 309 del 1990 al fine di reperire denaro necessario ad acquistare la droga, integra - secondo il ricorrente - il medesimo disegno criminoso, a prescindere dalla circostanza che i reati fossero stati previamente ed unitariamente programmati. 3. In verità, questa linea interpretativa appare sorretta da una presunzione, questa volta in fatto che tutti i reati di cui sono autori i tossicodipendenti o, quanto meno, tutti i reati contro il patrimonio o i delitti ex art. 73 d.P.R. 309 del 1990 vengono commessi al fine di reperire denaro necessario ad acquistare droga sulla base di tale assunto indimostrato, ma soltanto enunciato, il ricorrente ritiene di poter prescindere del tutto dall'analisi concreta dei delitti per i quali è intervenuta condanna, sia nell'istanza al giudice dell'esecuzione, sia nel presente ricorso. Senza dubbio, la prassi giurisprudenziale dimostra che spesso i reati posti in essere da tossicodipendenti sono motivati dall'urgente necessità di reperire denaro per acquistare la dose giornaliera ma presenta anche casi diversi, di soggetti regolari assuntori di droga che si arricchiscono con il traffico di droga. Ecco che il ricorso - come già l'istanza al giudice dell'esecuzione - pretende di dare per pacifico ciò che, invece, doveva essere provato mediante l'analisi concreta delle circostanze per le quali era intervenuta condanna, per verificare se il soggetto pluricondannato era, appunto, un tossicodipendente alla ricerca, più o meno disperata, delle somme necessarie per acquistare la prossima dose oppure un commerciante di stupefacenti che, per di più, coltivava un vizio. Così deve essere letto il passaggio del ricorso in cui si afferma perentoriamente - a chiusura dell'argomentazione - che è la tossicodipendenza che porta il soggetto ad ideare e successivamente realizzare il disegno criminoso che lo porta a commettere più fatti costituenti reato in tempi diversi. Fatti che, però, hanno un unico comune denominatore la tossicodipendenza . Non vi è dubbio che nessuna presunzione di questo tipo è ammissibile il rischio è di trasformare lo stato di tossicodipendenza in un lasciapassare con la consistenza cartacea della certificazione del SERT per un trattamento sanzionatorio più benevolo la riforma dell'art. 671 cod. proc. pen. operata nel 2006 non lo permette. 4. In effetti, nel modificare l'art. 671 cod. proc. pen. il legislatore del 2006 ha disposto che fra gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza . La norma impone al giudice dell'esecuzione di prendere in considerazione lo stato di tossicodipendenza dell'autore dei reati, cosicché un'ordinanza che lo ignorasse sarebbe senza dubbio viziata per violazione dell'espressa previsione di legge. Tuttavia, non è un caso che la riforma abbia inciso sulla norma che prevede l'applicazione della continuazione in executivis , ma non su quella che definisce il concetto della continuazione, l'art. 81 cod. pen Quindi, anche per i soggetti tossicodipendenti occorre rinvenire un medesimo disegno criminoso che coinvolga i reati per i quali si chiede il riconoscimento del vincolo, reati che devono essere commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza. 5. Il Giudice, nella sintetica ordinanza, ha adeguatamente motivato sia sulla negazione dell'essere stati i due reati giudicati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza - come si è visto, senza alcuna concreta censura da parte del ricorrente - sia sulla difficoltà di rinvenire comunque un medesimo disegno criminoso tra due reati commessi a notevole distanza temporale argomentazione alla quale il ricorrente contrappone soltanto una precisazione la distanza era di dieci mesi, non un anno che non aggiunge alcunché e non lascia nemmeno intravedere quali ulteriori elementi il Giudice avrebbe omesso di valutare. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.