Estorsione: basta il tentativo per la confisca?

L’art. 12 sexies , comma 1, d.l. n. 306/1992 prevede un particolare tipo di confisca con riguardo al caso di condanna per estorsione e non permette di distinguere tra reato consumato e reato tentato, in quanto non collega la confisca al provento o al profitto di quello specifico reato, ma ai beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza lecita.

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 35905/15, depositata il 2 settembre. Il caso. Il tribunale del riesame confermava il decreto di sequestro preventivo ex art. 12 sexies , comma 4, d.l. n. 306/1992 Ipotesi particolari di confisca emesso dal tribunale in relazione al reato di tentata estorsione aggravata, avendo il tribunale ravvisato la riconducibilità dei plurimi immobili e beni sottoposti al provvedimento ablativo a tre uomini - per titolarità o disponibilità per interposta persona - e la sproporzione tra il valore dei beni e il reddito dichiarato ovvero l’attività economica svolta dagli imputati. Avverso tale pronuncia, viene proposto ricorso per cassazione dai tre uomini, lamentando che la contestazione della tentata estorsione è stata formulata solo nel corso del dibattimento, rendendo impossibile al giudice del dibattimento la reale verifica del fumus del reato – senza contare che il titolo del reato tentato non è ricompreso tra quelli per i quali è ammessa la confisca ex art. 12 sexies d.l. n. 306/1992. I ricorrenti, inoltre, evidenziavano l’errata valutazione del tribunale in ordine al valore degli ai fini della sproporzione. Secondo i ricorrenti, infine, il tribunale non aveva valutato le censure relative alla mancata applicazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità cui devono ispirarsi i provvedimenti che dispongono misure ablatorie. L’art. 12 sexies d.l. n. 306/1992 non distingue tra reato consumato e tentato. Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il primo motivo di ricorso. Il Supremo Collegio, infatti, ha ritenuto condivisibile l’interpretazione dell’art. 12 sexies , comma 1, d.l. n. 306/1992 che dà rilievo alla sua esegesi storica ed alla precisa funzione che esso nel panorama della legislazione antimafia. Secondo tale tesi, la norma e la particolare confisca da esso prevista con riguardo al caso di condanna per il delitto di cui all’art. 629 c.p. Estorsione , non permette di distinguere tra reato consumato e reato tentato, in quanto non collega la confisca al provento o al profitto di quello specifico reato, ma ai beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza lecita – indipendentemente dalla loro fonte, che si presume derivante da complessiva ed indistinta attività illecita del soggetto. Del pari, il Collegio ha ritenuto generiche e versate in fatto le censure relative alla mancanza di motivazione in relazione alla sproporzione reddituale. Il tribunale, infatti, ha censurato puntualmente le giustificazioni rese riguardo ai singoli beni perché di volta in volta e per singolo acquisto le ha ritenute o parziali o non plausibili o non documentate o di provata provenienza illecita ovvero frutto di una errata individuazione e via dicendo . Pertanto, la Corte non ha la possibilità di indagare il fatto, che non ha rilievo nel giudizio di legittimità, avendo il tribunale fornito per tutti i beni una motivazione congrua ed esaustiva e pertinente ai fini e alle peculiarità del provvedimento. Manifestamente infondata, infine, secondo i Giudici di Palazzo Cavour anche la censura relativa alla mancata considerazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura, che risultano antitetici alla specifica natura di prevenzione e alla funzione della confisca obbligatoria cui il sequestro preventivo è finalizzato. Per tutte le considerazioni sovraesposte, la Corte ha rigettato i ricorsi proposti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 maggio – 2 settembre 2015, numero 35905 Presidente Fiandanese – Relatore Taddei Motivi della decisione 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe veniva confermato dal Tribunale del riesame di Lucca il decreto di sequestro preventivo, ai sensi dell'articolo 12 sexies comma 4 D.L. numero 306 del 1992 emesso dal locale Tribunale in relazione al reato di tentata estorsione aggravata dall'articolo 7 della legge numero 203 del 1991, avendo il Tribunale ravvisato la riconducibilità dei plurimi immobili e beni sottoposti al provvedimento ablativo a S.V. , S.M. e D.A. per titolarità o disponibilità per interposta persona e la sproporzione tra il valore dei beni,ammontante a circa sei milioni di Euro e il reddito dichiarato, ovvero l'attività economica svolta dagli imputati. 1.1 Avverso tale ordinanza, con distinti ricorsi aventi lo stesso contenuto propongono ricorso i difensori di D.A., B.F., S.V., B.M., S.T., S.M., S.A., chiedendo l'annullamento dell'ordinanza e deducendo a motivo A La contestazione della tentata estorsione è stata formulata solo nel corso del dibattimento rendendo impossibile al giudice del dibattimento la reale verifica sul fumus del reato inoltre il titolo del reato tentato non è ricompreso tra quelli per i quali è ammessa la confisca ex 12 sexies D.L. numero 306 del 1992 ed una accorta lettura della giurisprudenza di legittimità convalidata dalle pronunce CEDU in tema di rispetto della proprietà inducono ad escludere una interpretazione estensiva della norma. B Il Tribunale non ha valutato i corretti valori degli immobili al fine della sproporzione avendo preso come parametro di riferimento, per l'immobile del D. , il valore attribuito in perizia all'immobile sequestrato e non quello indicato nell'atto di acquisto e del pari i valori di mercato per gli immobili del S. . Ciò ha comportato una valutazione negativa della evidenze difensive, in particolare la documentazione che attestava donativi da parte del padre al D. per acquistare l'immobile. C Il Tribunale ha omesso di valutare la censura relativa alla mancata applicazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità cui devono ispirarsi anche i provvedimenti che dispongono le misure ablatorie. 2. I ricorsi di B.F. , B.M. , S.T. , S.M. , S.A. , soggetti tutti interposti degli imputati e a questi ultimi legati da rapporti parentali, sono inammissibili. 2.1 Infatti, secondo un consolidato principio di legittimità, che questo Collegio condivide, quando, come nel caso in esame, il provvedimento di sequestro preventivo è funzionale alle ipotesi di confisca obbligatoria previste dalla L. 7 agosto 1992, numero 356, articolo 12-sexies, e sia stato adottato nei confronti di soggetti estranei al procedimento penale, costoro sono legittimati a chiedere il riesame o a proporre appello limitatamente al profilo della interposizione di persona, onde far valere la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l'inesistenza di relazioni di collegamento con l'imputato, restando esclusa tale legittimazione in relazione a presupposti diversi del provvedimento di sequestro, sui quali le persone estranee al provvedimento non hanno titolo alcuno ad interloquire Sez. 1, numero 14215 del 06/02/2002, dep. 12/04/2002, Zagaria, Rv.221843 . Pertanto i ricorsi verranno esaminati con esclusivo riferimento al ricorso dei due imputati, S.V. e D.A. , unici legittimati a proporre motivi in essi trattati ed in particolare il primo motivo, mentre gli altri, come si esporrà compiutamente da 2.4 e 2.7, relativi alla sproporzione reddituale ed al principio di proporzionalità della misura sono, di per sé, inammissibili. 2.2 Il primo motivo di ricorso non è fondato. Anche se questo Collegio conosce la giurisprudenza che valuta illegittimo il sequestro ai fini della confisca ex 12 sexies in relazione alla tentata estorsione, non essendo tale reato specificamente indicato nel catalogo del primo comma di tale articolo, ritiene di dover condividere, l'altra teoria, che da rilievo all'esegesi storica dell'articolo 12 sexies ed alla sua precisa funzione nel panorama della legislazione antimafia. È stato pertanto già stato deciso,con la decisione numero 27189 del 2013 che l'articolo 12 sexies, comma 1, e la particolare confisca in esso disposta,con riguardo al caso di condanna per il delitto di cui all'articolo 629 cod.penumero , in mancanza di ulteriori specificazioni, non autorizza alcuna distinzione fra reato consumato e reato tentato, in quanto non collega la particolare confisca al provento o al profitto di quello specifico reato, bensì ai beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza lecita, indipendentemente dalla loro fonte che si presume derivante da complessiva ed indistinta attività illecita del soggetto. Tale confisca ha,infatti, struttura e presupposti affatto diversi dalla confisca prevista dall'articolo 240 cod.penumero , sicuramente dovute alle particolari esigenze di contrasto alla criminalità organizzata che si prefiggeva il legislatore del 1992 v. Corte cost., sent. numero 48 del 1994 sicché mentre per la confisca prevista dal codice penale assume rilievo la correlazione fra un determinato bene ed un certo reato, per la confisca qui in esame, viene in considerazione il diverso nesso che si stabilisce fra un patrimonio ingiustificato secondo regole di accumulo legale ed una persona, nei cui confronti sia stata pronunciata condanna per uno dei reati indicati nell'articolo da ultimo citato cfr. Cass. 1^, 25.10.2000 numero 5263 , rispondendo i criteri della particolare disposizione in esame a quelli propri della prevenzione dal crimine organizzato. Ciò emerge in modo evidente, in una lettura coordinata della disposizione, dal secondo comma, ove la condanna che giustifica la confisca è correlata ad un qualsivoglia delitto, circostanziato ai sensi dell'articolo 7 della legge numero 203 del 1991, e, per tornare al caso in esame, la tentata estorsione ascritta al S. ed al D. è proprio aggravata ai sensi dell'articolo 7 predetto, venendo, in tal modo, escluso, nei fatti, la necessità di un rinvio al collegio allargato di questa Corte, per la valutazione della tentata estorsione ai fini della confisca speciale. 2.3 Anche per questo motivo si ritiene che la tentata estorsione ascritta ai due imputati rientri a pieno titolo nei parametri legali richiesti per la speciale confisca in esame, come peraltro assai adeguatamente rilevato nel provvedimento impugnato e per il relativo sequestro preventivo finalizzato a tale confisca, in ordine al quale si è già autorevolmente detto che Le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma del D.L. 8 giugno 1992, numero 306, articolo 12 sexies, commi 1 e 2, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, numero 356 modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa , consistono, quanto al fumus commissi delicti, nell'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in mora, coincidendo quest'ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi Cass., Sez. Unumero Sent. numero 920 del 17.12.2003, Montella . 2.4 Generiche e per buona parte versate in fatto sono le doglianze,r elative alla mancanza di motivazione circa la sproporzione reddituale. Il ricorso richiama sia le considerazioni svolte sia i documenti prodotti negli atti difensivi dei precedenti gradi, dimenticando che tali richiami non hanno rilievo nel giudizio di legittimità ove vige l'onere per il ricorrente di prospettare motivi di stretta legittimità, senza debordare nel fatto , che la Corte di legittimità non ha possibilità di indagare Le censure, peraltro, sono anche prive di specificità nei riferimenti ai generici valori di mercato ed a giustificazioni di proporzionalità del tutto pleonastiche ed assertive, con riguardo in particolare al valore dell'immobile riconducibile al D. , mentre nel provvedimento censurato, con puntualità apprezzabile ed esaustiva, si enumerano gli acquisti fatti e le giustificazioni difensive rese per singolo bene. 2.5 Il Tribunale ha censurato, poi, con puntuale motivazione del tutto condivisibile, le giustificazioni rese, riguardo ai singoli beni perché di volta in volta e per singolo acquisto, le ha ritenute o parziali, o non plausibili, o non documentate, o di provata provenienza illecita ovvero frutto di una errata individuazione e via dicendo, fino ad esaurimento di un patrimonio stimato, per difetto, in sei milioni di Euro a fronte di redditi assolutamente trascurabili e comunque non tali da giustificare il sistematico acquisto di immobili di così ingente valore vedi pag. 3 . Il Tribunale, diversamente da quanto lamenta il ricorrente, ha anche preso in esame i donativi ricevuti dal D. , per un ammontare di Euro 100.000,00 ma ha ritenuto che l'importo degli stessi non bastassero a giustificare integralmente l'esborso di Euro 342.000,00, valutazione che rimane identica anche a voler considerare l'esborso propugnato in ricorso, di Euro 170.000,00, rimanendo pertanto non giustificata né documentata la lecita provenienza del bene. 2.6 Ritiene in conclusione, il collegio che il Tribunale, abbia fornito per tutti i beni, anche per lo specifico rinvio alla motivazione del provvedimento genetico, una motivazione congrua ed esaustiva e, soprattutto in perfetta sintonia con i fini e le peculiarità del disposto provvedimento e che comunque non si possa in alcun modo parlare di motivazione assente, unica censura ammissibile,in sede di legittimità, per la motivazione dei provvedimenti di cautela reale. Cass. SS. UU. 28.5.03 numero 12 . 2.7 Manifestamente infondata è, infine, la censura relativa alla mancata considerazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura, principi antitetici alla specifica natura di prevenzione e funzione della confisca obbligatoria di cui si discute ed alla quale il sequestro preventivo è finalizzato. 3. Per le considerazioni che precedono i ricorsi vanno rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali alla dichiarazione di inammissibilità consegue per la parte privata, oltre alla condanna alle spese - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - anche quella al versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza numero 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 mille/00 . P.Q.M. Rigetta il ricorso di S.V. e D.A. ,che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di B.F. , B.M. , S.T. , S.M. , S.A. che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro10.00,00 alla cassa delle ammende.