L’abuso prevaricatore è imprescindibile sia per la concussione che per l’induzione indebita

Presupposto indefettibile tanto nella concussione, quanto nell’induzione, è l’abuso prevaricatore della qualità o della funzione nella concussione, esso mira alla realizzazione di un male ingiusto per la persona offesa, costretta da una pressione assolutamente rilevante, che ne limita la libertà di autodeterminazione nell’induzione, l’abuso si collega ad una situazione comunque di favore – indebita - per il destinatario dell’azione del pubblico ufficiale.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 35796/15, depositata il 1° settembre. Il caso. Un uomo veniva assolto dall’imputazione di concussione ex art. 317 c.p. per insussistenza del fatto. Interposto appello da parte della Procura della Repubblica territoriale, la Corte d’appello riqualificava i fatti ai sensi dell’art. 319 quater c.p. Induzione indebita a dare o promettere utilità e condannava l’uomo alla pena ritenuta di giustizia. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’uomo, lamentando l’insussistenza dei requisiti di legge per l’applicazione della norma di cui all’art. 319 quater c.p È necessario che sussista l’abuso prevaricatore. Sul punto, il Supremo Collegio ha preliminarmente evidenziato che le argomentazioni poste a sostegno della pronuncia impugnata non esplicitavano nulla circa la sussistenza dell’abuso prevaricatore, che caratterizza sia la concussione ex art. 317 c.p., sia l’induzione ex art. 319 quater c.p. – né tali argomentazioni delineavano il vantaggio indebito offerto dall’imputato alla persona offesa, elemento imprescindibile alla luce di quanto chiarito dalla giurisprudenza del Supremo Collegio per la configurabilità dell’ipotesi di reato ritenuta. Infatti, proseguono gli Ermellini, tanto nella concussione, quanto nell’induzione, presupposto indefettibile è l’abuso prevaricatore della qualità o della funzione nella concussione, esso mira alla realizzazione di un male ingiusto per la persona offesa, costretta da una pressione assolutamente rilevante, che ne limita la libertà di autodeterminazione nell’induzione, l’abuso si collega piuttosto ad una situazione comunque di favore – indebita - per il destinatario dell’azione del pubblico ufficiale, ed è proprio in ragione di tale vantaggio ingiusto, che lascia il destinatario dell’abuso più libero di scegliere se subire o meno la condotta, che lo stesso, una volta riscontrata la condotta tipizzata, si espone alla sanzione penale. Nel caso di specie, la sentenza impugnata non evidenzia mai la pressione prevaricatrice esercitata dal ricorrente in direzione della persona offesa, sia per il ruolo che per la funzione esercitata. Semmai, delinea i tratti di un rapporto fiduciario caratterizzato da una chiara distorsione dei compiti legati alla funzione propria del ricorrente, di talché l’abuso della qualità e dei poteri avrebbe potuto far gioco quale momento di induzione in errore della persona offesa in ragione del ruolo rivestito dal ricorrente. Anche sotto tale versante, tuttavia, il reato ritenuto non trova adeguata conferma nei suoi tratti essenziali, sia perché, per poter attribuire rilievo all’abuso visto sotto la luce dell’induzione in errore, era comunque necessaria la consapevolezza, nella presunta vittima, della natura indebita della prestazione anche solo promessa dal pubblico ufficiale, sia perché non risulta sia stato mai prospettato alla persona offesa alcun vantaggio indebito in relazione alla pratica curata dal ricorrente. Non emergono, infine, dalla sentenza impugnata elementi in fatto tali da consentire alla Corte una diversa qualificazione della vicenda, ma solo profili strumentali all’accertamento di fati illeciti diversi, comunque relativi ad ipotesi di reato allo stato prescritte Per tutte le ragioni sovraesposte, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 giugno – 1 settembre 2015, n. 35796 Presidente Ippolito – Relatore Raddusa Ritenuto in fatto 1. Tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Spoleto con l'imputazione di cui all'art. 317 cod.pen., B. C. è stato mandato assolto per la insussistenza del fatto . 2. Interposto appello dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Spoleto, la Corte di Appello di Perugia, riqualificato il fatto ai sensi dell'art. 319 quater cod.pen., ha condannato l'imputato alla pena di giustizia e alla interdizione dai PP UU per anni uno e mesi quattro. 3. Propone ricorso per Cassazione il B. adducendo - violazione di legge avuto riguardo all'art. 2 comma II cod.pen. perché la condotta di induzione ex art. 319 quater cod.pen. poteva essere sanzionata solo per condotte poste in essere successivamente alla entrata in vigore della legge 190/12 con la quale tale ipotesi di reato è stata introdotta - violazione di legge avuto riguardo all'art. 319 quater cod.pen. , per l'insussistenza dei requisiti di legge utili all'applicazione della norma in oggetto - vizio di motivazione per il travisamento di elementi probatori determinanti ai fini della decisione - violazione dell'art. 317 bis cod.pen. , non essendo consentita la interdizione temporanea in presenza di una condanna ex art. 319 quater stesso codice. 3.1. Con motivi aggiunti la difesa ha di fatto rinunziato al primo motivo per le intervenute SS UU Maldera ha ribadito i profili di insussistenza della condotta ex art. 319 quater cod.pen. ha segnalato la intervenuta prescrizione dei fatto dopo la sentenza di appello. Considerato in diritto 1. La fondatezza del secondo motivo di ricorso impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. 2. Il primo motivo di gravame, infondato alla luce dell'intervento delle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza nr 12228/2013, Maldera, in tema di rapporti tra concussione e induzione indebita ex art. 319 quater quale effetto della novella introdotta con la legge 190/12 , risulta di fatto rinunziato dalla difesa in ragione di quanto espresso con i motivi aggiunti depositati il 7 maggio 2015. 3. Ciò premesso, per quanto emerge dalla ricostruzione del fatto delineata dalla sentenza impugnata l'imputato, impiegato presso l'ufficio tecnico del Comune di Campiello sul Clitumno, ebbe, di fatto, a seguire per corto del proprietario M. L., la pratica legata ai lavori, soggetti a DIA, di tinteggiatura e recinzione della abitazione del suddetto. Il ricorrente si interessò anche della individuazione dei professionista che ebbe a preparare la relativa relazione tecnica allegata a supporto della dichiarazione di inizio lavori. Definita la pratica , il B. chiese al M. la consegna della somma di euro 170,00, motivata con il pagamento dei diritti legati alla richiesta ed al rimborso dell'Iva afferente la prestazione resa dal professionista che aveva redatto la relazione tecnica, il quale a suo dire, aveva al contempo rinunziato al compenso per l'opera prestata. 4. Secondo il Giudice di primo grado , non poteva escludersi che la somma consegnata al ricorrente aveva effettivamente tali finalità e, in assenza di una utilità diretta all'incaricato di Pubblico servizio, doveva escludersi la sussistenza del fatto. Per la Corte distrettuale era, per contro, da ritenersi pacifico che i diritti non erano stati pagati al momento della domanda che la fattura del professionista non era stata emessa che doveva escludersi che l'azione dei ricorrente fosse correlabile ad una mera cortesia in favore del M., giacché, diversamente, questi non si sarebbe rivolto ai carabinieri, i quali ebbero ad arrestare il B. all'atto dell'incasso della citata somma. Piuttosto , abusando del ruolo, l'imputato si era intromesso nella pratica che riguardava il M., facendosi promettere la somma non dovuta. Tanto costituiva induzione ex art. 319 quater cod.pen, reato cui andava ricondotta la fattispecie con conseguente riqualificazione dell'imputazione in termini . 5. Questi essendo fatti, osserva la Corte come non emerga dalla decisione impugnata la puntuale indicazione di elementi in fatto a conferma del reato ritenuto. 5.1. Secondo la Corte l'intervento dei Carabinieri chiesto dal M. è compatibile solo con l'induzione che il B. avrebbe posto in atto in danno dei M. in particolar modo inducendolo a non seguire il normale iter procedurale ma a rivolgersi direttamente a lui, che si era offerto non solo di istruire la pratica senza che la persona offesa si recasse in Comune, ma di fare anche da intermediario con il professionista che avrebbe dovuto presentare la pratica . Cosi facendo il B. avrebbe potuto ricavare per sé l'utilità consistita nella somma di denaro indebitamente chiesta al M. . 5.2. Le argomentazioni sopra riferite nulla esplicitano in ordine alla sussistenza dell'abuso prevaricatore, che caratterizza sia la concussione ex art. 317 cod.pen. che la induzione ex art. 319 quater stesso codice non delineano, inoltre, il vantaggio indebito offerto dal B. e garantito al M. , elemento imprescindibile per la configurabilità della ipotesi di reato ritenuta alla luce di quanto chiarito dall'arresto delle SS UU sopra richiamato. 5.3. Come nella concussione, anche nella induzione, presupposto indefettibile è dato dall'abuso, prevaricatore, della qualità o della funzione. Nella concussione esso mira alla realizzazione di ur male ingiusto per la persona offesa, costretto, dunque, da una più rilevante pressione destinata a limitarne, in termini di assoluto rilievo, la libertà di autodeterminazione. Nella induzione, l'abuso si raccorda piuttosto ad una situazione comunque di favore, indebita, per il destinatario dell'azione del pubblico ufficiale ed è proprio in ragione di tale vantaggio ingiusto, che lascia il destinatario dell'abuso più libero nello scegliere se subire o meno la condotta, che lo stesso, una volta riscontrata la condotta tipizzata, si espone alla sanzione penale. 5.4. Nel caso, la sentenza impugnata non fa mai un accenno alla pressione prevaricatrice esercitata dal B. in direzione dei M., sia per il ruolo che per la funzione esercitata. Piuttosto emerge con certezza si vede al fl 6 che il M. non ebbe mai a interessarsi della pratica che a tanto ebbe a provvedere, curandone integralmente l'iter, il B. così che l'interessato non si curò neppure di sottoscrivere la DIA che il M. non si era posto alcun problema quanto alla possibilità di consegnare somme ad un dipendente pubblico in casa propria che sulla somma chiesta, lo stesso non aveva mai fatto alcuna discussione perchè si fidava dei ricorrente. Del resto ed infine, emerge pacificamente che la richiesta della somma venne specificata nei contenuti e veicolata quando la pratica amministrativa era stata definita. 5.5. Sono elementi in fatto che mal si attagliano con la presenza di un comportamento prevaricatore. Semmai, emerge un rapporto fiduciario colorato da una palese distorsione dei compiti legati alla funzione propria del ricorrente, di talchè l'abuso della qualità e dei poteri avrebbe potuto far gioco quale momento di induzione in errore del M. in ragione del ruolo rivestito dal ricorrente. Ma anche sotto tale versante, il reato ritenuto non trova adeguata conferma nei suoi tratti essenziali. Sia perché, per attribuire rilievo all'abuso visto sotto la luce dell'induzione in errore, recuperandone spazi in direzione dell'ipotesi di reato ritenuta , era comunque necessaria la consapevolezza, nella presunta vittima, della natura indebita della prestazione anche solo promessa al pubblico ufficiale cfr in tal senso Sez. 7, Ordinanza n. 50482 del 12/11/2014 Rv. 261200 Sez. 6, n. 39089 del 21/05/2014, Rv. 260794 Sez. 6, n. 20195 del 22/04/2009, Rv. 243842 dato, questo, espressamente negato dalle specifiche indicazioni in tal senso offerte dal M., riportate in sentenza. In ogni caso perché , seguendo lo stesso assunto accusatorie, non risulta sia stato mai prospettato al M. alcun vantaggio indebito avuto riguardo alla pratica curata dal B. essendo pacifico che la relativa richiesta conclusivamente veicolata dall'imputato, quantomeno apparentemente, trovava fondamento nel pagamento del dovuto per i diritti relativi mentre l'ulteriore quota richiesta era formalmente imputata a rapporti con il professionista che curò la redazione della relazione tecnica di accompagnamento, questione comunque estranea ai profili di interesse collettivo legati alla vicenda . 5.6. Non emergono, infine , dalla sentenza impugnata elementi in fatto, puntualmente cristallizzati, tali da consentire alla Corte una diversa qualificazione della vicenda. Si scorgono, semmai possibili profili, non adeguatamente esplorati, strumentali all'accertamento di fatti illeciti diversi, comunque relativi ad ipotesi di reato dall'abuso d'ufficio alla truffa aggravata allo stato prescritti così da vanificare a monte l'ulteriore, eventuale, percorso processuale. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.