Per il rifiuto della consegna serve un radicamento effettivo dello straniero nel territorio italiano

Ai fini del rifiuto della richiesta di consegna contenuta in un mandato di arresto europeo, va rilevata l’obiettiva presenza di uno o più indici concretamente sintomatici di un reale e non estemporaneo radicamento dell’interessato con lo Stato italiano, nel quale questi abbia stabilito la sede principale dei propri interessi affettivi ed economici, in maniera tale da assimilarne la posizione a quella del cittadino italiano.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 35778/15, depositata il 28 agosto. Il caso. La Corte d’appello di Roma disponeva la consegna alle autorità polacche di un uomo colpito da mandato di arresto europeo. Avverso tale pronuncia, l’uomo proponeva ricorso per cassazione, lamentando di aver dimostrato di essere radicato nel territorio dello Stato italiano, ove conviveva con la propria compagna. Nello specifico, il ricorrente sosteneva che la dichiarazione di disponibilità all’accoglienza presso il proprio domicilio sottoscritta dai genitori della sua compagna, nonché il rientro di quest’ultima dalla Scozia al fine di contrarre matrimonio con lui, consentivano di ritenere integrate le condizioni di cui all’art. 18 l. n. 69/2005, che disciplina il rifiuto della consegna. La nozione di residenza presuppone un radicamento reale nello Stato italiano. Sul punto, il Supremo Collegio ha precisato che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di mandato di arresto europeo, la nozione di residenza da prendere in considerazione per l’applicazione dei diversi regimi di consegna previsti dalla l. n. 69/2005 presuppone l’esistenza di un radicamento reale – e non solo estemporaneo - dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l’apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest’ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali”. Secondo quanto previsto dall’art. 18 l. n. 69/2005 così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, infatti, la richiesta di consegna contenuta in un mandato di arresto esecutivo deve essere rifiutata allorquando la stessa riguardi un cittadino italiano, o un cittadino di altro Paese appartenente all’UE residente o anche solo dimorante in Italia, nel qual caso la pena va eseguita in Italia, in conformità al diritto interno del nostro Paese. Tale disposizione, tuttavia, proseguono gli Ermellini, impone la verifica sostanziale e non solamente formale dell’esistenza dei requisiti di collegamento con il territorio dello Stato italiano va, pertanto, rilevata l’obiettiva presenza di uno o più indici concretamente sintomatici di un reale e non estemporaneo radicamento dell’interessato con lo Stato italiano, nel quale questi abbia stabilito la sede principale dei propri interessi affettivi ed economici, in maniera tale da assimilarne la posizione a quella del cittadino italiano. Secondo gli Ermellini, la Corte di merito, nell’escludere l’esistenza di un effettivo radicamento del ricorrente in Italia, ha applicato correttamente i principi sopra richiamati. Alla luce di quanto sopra, i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso proposto dall’uomo, condannandolo al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 27 – 28 agosto 2015, n. 35778 Presidente Bianchi – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 29.07.2015, la Corte d'appello di Roma disponeva la consegna alle autorità polacche di K. P. K., in quanto colpito da mandato di arresto europeo emesso dalla Corte regionale di Slupsk Polonia il 23.09.2014 per l'esecuzione della pena di -mesi sei di reclusione, comminata con sentenza del 18.05.2010 per reati contro la libertà -anni due e mesi quattro di reclusione, comminata con sentenza dei 29.08.2011 per reati contro il patrimonio -anni uno di reclusione, comminata con sentenza dei 30.01.2012 per reati contro la fede pubblica e contro il patrimonio. 2. Avverso il provvedimento in parola che respingeva la richiesta difensiva di rifiutare la consegna per consentire al K. di espiare la suddetta pena in Italia, viene proposto, nell'interesse dei medesimo, ricorso per cassazione lamentandosi, quale motivo unico, l'inosservanza o l'erronea applicazione dell'art. 18 lett. r I. n. 69/2005 in relazione all'art. 606, comma 1 lett. c ed e cod. proc. pen 2.1. Assume il ricorrente di aver ampiamente dimostrato e documentato di essere assolutamente radicato nel territorio dello Stato italiano ove convive con la propria compagna M. G. presso l'abitazione familiare sita in Campodolcino SO . In particolare, si assume che la dichiarazione di disponibilità ad accogliere il K. presso il loro domicilio sottoscritta da entrambi i genitori della M., unitamente al suo rientro in Italia dalla Scozia al fine di contrarre matrimonio con il K., consentono di ritenere integrate le condizioni sancite dall'art. 18 I. n. 69/2005. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, come tale, immeritevole di accoglimento. 2. La Corte territoriale, nel provvedimento impugnato, dopo aver premesso che il rifiuto alla consegna previsto dall'art. 18 lett. r I. n. 69/2005, deve trovare la sua ragione in una situazione che abbia connotati di stabilità tali che, se rimossa, avrebbe come conseguenza quella di annullare le opportunità in atto di reinserimento sociale della persona da consegnare , ha rilevato come il K. fosse stato arrestato per aver esibito presso l'aeroporto di Ciampino un documento di identità falso e risulta privo di stabile residenza e radicamento in Italia, dal momento che l'asserita presenza di una compagna che lavora, peraltro, in Scozia, non costituisce sintomo del radicamento sul territorio da qui la conclusione secondo cui . non può ritenersi che la sede principale e consolidata degli interessi lavorativi e familiari dei K. sia nello Stato italiano e, quindi, che esista una situazione che faciliti il reinserimento dei predetto nel contesto sociale . 3. Rileva il Collegio come per consolidata giurisprudenza di legittimità cfr., ex multis, Sez. 6, sent. n. 50386 del 25/11/2014, dep. 02/11/2014, Batanas, Rv. 261375 , in tema di mandato di arresto europeo, la nozione di residenza che viene in considerazione per l'applicazione dei diversi regimi di consegna previsti dalla L. n. 69 del 2005, presuppone l'esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione dei reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali v., tra gli altri, Sez. 6, n. 9767, del 26/02/2014, dep. 27/02/2014, Rv. 259118 Sez. 6, n. 46494 del 20/11/2013, dep. 21/11/2013, Rv. 258414 Sez. 6, n. 43011 dei 06/11/2012, dep. 07/11/2012, Rv. 253794 . 3.1. La disposizione di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r , stabilisce infatti, a seguito della interpretazione che ne ha dato la sentenza additiva della Corte costituzionale n. 227/2010, che la richiesta di consegna contenuta in un mandato di arresto esecutivo deve essere rifiutata laddove la stessa riguardi un cittadino italiano, o un cittadino di altro Paese membro dell'UE residente, ovvero anche solo dimorante in Italia, nel qual caso la pena va eseguita in Italia conformemente al diritto interno dei nostro Paese. 3.2. Siffatta disposizione, che trova il suo pendant, con riferimento al mandato di arresto processuale, nell'art. 19, comma 1, lett. c , impone tuttavia di verificare in maniera sostanziale, e non formale, l'esistenza, per il cittadino di un altro Stato membro dell'UE, dei requisiti di collegamento con il territorio del nostro Paese, nel senso di rilevare l'obiettiva presenza di uno più indici concretamente sintomatici di un reale e non estemporaneo radicamento dell'interessato con lo Stato italiano, nel quale ha inteso stabilire la sede principale dei propri interessi affettivi ed economici, in maniera tale da assimilarne la posizione a quella dei cittadino italiano. 4. Di tale quadro di principi, la Corte d'appello di Roma ha fatto corretta applicazione, allorquando ha escluso - sulla base degli atti disponibili e dell'esito degli ulteriori accertamenti effettuati dai Carabinieri - l'esistenza di un effettivo radicamento del ricorrente in Italia, ponendo in evidenza come in data 25.07.2015 i coniugi M.-M. non abbiano acconsentito ad accogliere il K. agli arresti domiciliari, a causa delle precarie condizioni di salute di M. G., essendosi soltanto dichiarati disponibili a cercare un'altra abitazione per la figlia una volta che quest'ultima fosse rientrata dalla Scozia. Peraltro, la successiva indicazione, fornita dai coniugi M.-M. di altra abitazione in cui ospitare la figlia ed il futuro genero non ha consentito alla Corte territoriale di superare la valutata assenza di radicamento sul territorio da parte del K. che, al di là dei gravi precedenti e della personalità delinquenziale palesata, risulta essere stato sorpreso in aeroporto in possesso di un documento d'identità falso a comprova altresì della mancanza di uno stabile collegamento con il territorio italiano, collegamento - peraltro - del tutto inesistente anche nei confronti della sua compagna, unica persona vicina allo stesso, a ragione dell'attività lavorativa svolta all'estero da parte della stessa. 5. Alla pronuncia di rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria curerà l'espletamento degli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5 L. n. 69 del 2005.