Detenzione di alcune tavolette di hashish di circa 100 grammi: non è “piccolo spaccio”

Per riconoscere l’ipotesi del fatto lieve” il dato quantitativo è rilevante – perché sicuro indice della particolare idoneità offensiva del fatto – ma non centrale, giacché devono considerarsi anche le modalità dell’azione tuttavia, non può considerarsi lieve” la detenzione di sostanza stupefacente in quantità superiore ad una soglia ragionevole centinaia di dosi” , nonostante non si evidenzino particolari mezzi e modalità dell’azione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 35666, depositata il 26 agosto 2015. Il caso. Due coimputati venivano condannati dal Tribunale per vari reati, tra cui il concorso nel reato di illecita detenzione per fini di spaccio di alcune tavolette di hashish del peso di circa 100 grammi ciascuna. Con sentenza conforme, la Corte d’appello confermava la condanna, limitandosi a rideterminare la pena in quanto riconosceva il vincolo della continuazione. C’è concorso? Ad avviso del ricorrente i giudici del merito avevano attribuito rilevanza ad alcune condotte conferendo alle stesse la caratteristica di aver contribuito alla realizzazione del reato. In particolare, il riferimento sarebbe alla conversazione ambientale in cui il coimputato chiedeva di lamentarsi con un fornitore di sostanza stupefacente circa la cattiva qualità della merce nonché la conversazione con cui il coimputato rappresentava la possibilità di liberarsi di droga difficilmente commerciabile. Secondo il ricorrente, la sola passiva ricezione di una promessa di consegna di denaro ricavabile dall’eventuale illecita cessione di droga non concretizza un contributo concorsuale al reato di detenzione. Non consentita una lettura parcellizzata delle prove. Per la Suprema Corte la sentenza impugnata – che costituiva c.d. doppia conforme – chiariva le ulteriori emergenze istruttorie considerate che, nell’insieme, corroboravano l’ipotesi del concorso di persone nel reato ed erano ulteriori rispetto a quelle parzialmente riprodotte nell’impugnazione. Sulla scorta del complesso compendio probatorio i giudici del merito avevano ritenuto l’imputato diretto compartecipe con ruolo attivo e non mero agevolatore nel delitto del compartecipe di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio. Negata la lieve entità. Gran parte dell’impegno dei giudici è svolto per spiegare le ragioni per cui è stata negata l’ipotesi della c.d. lieve entità. Secondo l’imputato ricorrente i giudici di merito avrebbero omesso di apprezzare negativamente il dato ponderale e qualitativo della sostanza avendo, invece, enfatizzato i parametri riconducibili ai mezzi, modalità, circostanze dell’azione. Ad avviso della Corte d’appello, infatti, non era possibile qualificare il fatto come lieve” ciò in punto modalità dell’azione” emergeva, in proposito, che gli imputati erano in contatto non occasionale con trafficanti di rilevante spessore criminale dai quali si rifornivano di sostanze stupefacenti. Inoltre, gli imputati studiavano modalità di cessione della droga estendendo altresì l’ambito territoriale di operatività in località diverse e in riferimento a persone selezionate” ad hoc . Da ciò la Corte territoriale desumeva la non trascurabile potenziale diffusività dell’attività illecita. La ratio dell’incriminazione. Come noto, la norma che punisce la detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti è finalizzata a salvaguardare la salute, la sicurezza, l’ordine pubblico e, in generale, la tutela delle giovani generazioni. Sullo sfondo di questo panorama politico-criminale, il principio di offensività assume una particolare rilevanza atteso che la misura” dell’offensività della condotta censurata ha una notevole pregnanza, tanto da spingere lo stesso legislatore a prevedere un’ipotesi attenuata”. E infatti anche la detenzione a fini di spaccio di quantitativi di sostanza stupefacente contenenti principio attivo inferiore alla soglia minima può rivelarsi offensiva in concreto, specialmente in riferimento a soggetti non dipendenti ciò perché pur determinando lievi effetti psicotropi, anche tale condotta lede l’interesse a salvaguardare le giovani generazioni dall’assunzione di sostanze che creano dipendenza. La condotta di spaccio è lieve se E’ ancorata a parametri ulteriori e diversi da quello della quantità di principio attivo, vale a dire i mezzi utilizzati, le modalità della condotta, le circostanze, la qualità della sostanza. Quel che è intangibile è la non centralità del dato quantitativo nell’attribuire peso” alla concessione dell’ipotesi lieve”, pur non essendo revocabile in dubbio che il dato quantitativo è di per sé indicativo della particolare idoneità offensiva del fatto. Il fatto lieve. L’ipotesi del c.d. comma 5 dell’art. 73 T.U. Stupefacenti, originariamente considerata una circostanza attenuante, successivamente è stata riconosciuta come fattispecie autonoma di reato ad opera di recente intervento legislativo. Proporzione tra pena e offensività. I criteri interpretativi che conducono ad affermare che il fatto è di lieve entità devono consentire di rapportare razionalmente la pena al fatto da sanzionare ciò costituisce applicazione del principio di ragionevolezza. Il criterio discriminante tra l’ipotesi classica e quella lieve” che consente di mantenere la proporzione tra fatto e pena, secondo la Suprema Corte, è quello del fatto assolutamente minimo, limitato alla ipotesi di detenzione e cessione di pochissime dosi. Piccolo spaccio. La Corte di legittimità ha affermato che l’ipotesi lieve” può ricorrere anche in caso di reiterazione nel tempo delle attività di spaccio e possesso di un numero di dosi non indifferente, e finanche nel caso in cui sia presente un’organizzazione tra più persone, tanto da potersi definire professionale”, in quanto obiettivo dell’ipotesi del comma 5 è quello di prevedere una pena proporzionata per il c.d. piccolo spaccio limitata quantità di droga oggetto di singole operazioni di vendita e numero limitato di vendite in un dato arco temporale . Lo scenario del c.d. piccolo spaccio è, in altre parole, quello di una minore portata dell’attività dello spacciatore e di eventuali complici e, di conseguenza, ridotta circolazione di merce e denaro, nonché guadagni limitati. Rientra nel piccolo spaccio”, secondo la Corte di Cassazione, anche la detenzione di una provvista” per la vendita che non deve essere superiore a dosi conteggiate a decine”. È dunque da valorizzare altresì il valore economico della sostanza, cioè la redditività dell’attività. Quantità + qualità. In ogni caso, ricorda la Suprema Corte, devono considerarsi sia il parametro quantitativo che quello qualitativo lo scostamento da uno solo dei parametri legislativi implica l’esclusione dell’ipotesi del piccolo spaccio”. Costituisce ius receptum che una quantità considerevole di sostanza stupefacente rappresenta sicuro indice di una notevole offensività del fatto in forza della potenzialità diffusiva della condotta di spaccio. In altri termini, non può considerarsi lieve” la detenzione di sostanza stupefacente in quantità superiore ad una soglia ragionevole, nonostante non si evidenzino particolari mezzi e modalità dell’azione. Non può equipararsi, in definitiva, la provvista finalizzata all’attività di piccolo spaccio alla situazione della detenzione di un quantitativo di dosi nell’ordine delle centinaia in quanto è irragionevole considerare queste la provvista” di un piccolo spacciatore. Nel caso di specie, all’imputato era contestata la detenzione di alcune tavolette di hashish del peso di 100 grammi ciascuna che, insieme ad altri elementi, conduceva i giudici ad escludere l’ipotesi di cui al comma 5.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 18 – 26 agosto 2015, numero 35666 Presidente Fiandanese – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 19/06/2014, ha parzialmente riformato la pronuncia emessa il 8/10/2013 dal Giudice dell'Udienza Preliminare presso il Tribunale di Rimini riconoscendo il vincolo della continuazione tra i reati ascritti ai capi B e C nei confronti di B.A. e tra i reati ascritti ai capi B e D nei confronti di A.M. . Ha, pertanto, rideterminato la pena inflitta a B.A. in anni quattro, mesi cinque, giorni dieci di reclusione relativamente al reato di cui agli artt. 110 cod. penumero e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 per illecita detenzione a fini di spaccio di alcune tavolette di 100 grammi ciascuna di sostanza stupefacente del tipo hashish capo A ed in mesi dieci di reclusione relativamente ai reati di cui agli artt. 110 e 497 bis, commi 1 e 2, cod. penumero per il possesso di un passaporto falso capo B e 110 cod. penumero e 5, comma 8-bis, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286 per la falsificazione di un permesso di soggiorno italiano capo C . Ha, quindi, rideterminato la pena inflitta ad A.M. in anni due, mesi otto di reclusione quanto al reato di cui agli artt. 110 cod. penumero e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 capo A ed in mesi dieci di reclusione quanto ai reati di cui agli artt. 110 e 497 bis, commi 1 e 2, cod. penumero capo B e 648 cod. penumero per la ricettazione del permesso di soggiorno provento di falsificazione capo D . 2. B.A. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi a contraddittorietà, illogicità, mancanza della motivazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e cod. proc. penumero ed erronea applicazione dell'articolo 73 T.U. Stup. e dell'articolo 110 cod. penumero in relazione al reato contestato al capo A. Il ricorrente, premesso che la condotta contestata concerne la detenzione di sostanza stupefacente, deduce la carenza ed illogicità della motivazione che gli ha attribuito una condotta concorrente nel reato, non potendosi attribuire significato di condotta agevolatrice a talune circostanze alle quali i giudici di merito hanno attribuito rilievo. Si tratta, in particolare, della conversazione ambientale in cui l'A. chiedeva al B. di lamentarsi con un fornitore della scadente qualità della merce, alla quale non è seguita alcuna condotta del ricorrente in tal senso, nonché della conversazione ambientale in cui l'A. rappresentava al B. la possibilità di liberarsi di droga difficilmente commerciabile, così come dell'indicazione di rapporti di credito-debito tra i due senza alcun collegamento con la detenzione dello stupefacente o dell'offerta dell'A. al B. di portargli un po' di soldi in caso di buon esito della cessione. Il ricorrente sostiene che la sola passiva ricezione di una promessa di consegna di denaro ricavabile da una eventuale illecita cessione di droga non concreti contributo concorsuale alla detenzione e che risulterebbe priva di valenza probatoria l'argomentazione incentrata sui rapporti telefonici tra il B. e soggetti attivi nell'ambiente del narcotraffico o sul tentativo del B. di lasciare l'Italia b motivazione illogica e carente ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. e cod. proc. penumero - inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 73, comma 5, T.U. Stup. Il ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito abbiano negato la qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 73, comma 5, T.U. Stup. omettendo di apprezzare negativamente il dato ponderale e qualitativo della sostanza ed enfatizzando i parametri riconducibili ai mezzi, modalità e circostanze dell'azione in maniera disancorata dalle emergenze istruttorie. In particolare, si censura il collegamento della pronuncia di diniego con i contatti del B. con narcotrafficanti di rilevante spessore, sebbene non siano state illustrate le connessioni tra tali collegamenti e la specifica condotta delittuosa contestata c illegittimità della pena inflitta ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. penumero nella parte della sentenza in cui la Corte di Appello ha stabilito la pena base per il reato contestato al capo A discostandosi dal nuovo minimo edittale previsto dall'articolo 73 T.U. Stup Avendo il primo giudice espressamente deciso di attestarsi sul minimo edittale all'epoca vigente, secondo il ricorrente la Corte di Appello avrebbe dovuto determinare la pena per il reato di cui al capo A applicando il minimo edittale di anni due di reclusione previsto per le cosiddette droghe leggere”a seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 12 febbraio 2014. 3. A.M. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi a violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b , c ed e cod. proc. penumero con riferimento al trattamento sanzionatorio determinato per il reato di cui al capo A . Il ricorrente deduce che il giudice di primo grado aveva applicato la pena in misura pari al minimo edittale all'epoca vigente, mentre la Corte di Appello, in difetto di impugnazione del Pubblico Ministero, ha modificato in senso peggiorativo il trattamento sanzionatorio partendo da una pena pari al doppio del minimo edittale applicabile a seguito della pronuncia d'incostituzionalità numero 32/2014 b violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b cod. proc. penumero in relazione all'articolo 648, comma 2, cod. penumero . Secondo il ricorrente il giudice di merito ha erroneamente applicato la legge penale ritenendo sussistente la condotta ricettativa sebbene il reato presupposto non fosse tra quelli che offendono il patrimonio. Considerato in diritto 1. Il primo motivo del ricorso proposto da B.A. è inammissibile. 1.1. L'analisi delle singole acquisizioni istruttorie sulle quali si fonda la pronuncia di condanna, tendente a scomporre la coerenza della decisione mediante una lettura parcellizzata delle prove, non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità in quanto esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di esaminare e valutare le prove. 1.2. A ciò si aggiunga che la sentenza impugnata, così come la conforme sentenza di primo grado, hanno chiaramente indicato le emergenze istruttorie, ulteriori rispetto a quelle elencate nel ricorso, sulle quali si è ritenuto di giudicare B.A. diretto compartecipe, con ruolo attivo e non meramente agevolatore, di A.M. nel delitto di detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente, segnatamente la circostanza che il B. avesse dato disposizioni all'A. in merito al trasporto di un quantitativo di stupefacente da recapitare a terzi specificando quali fossero le preferenze del destinatario, avesse fatto riferimento a rapporti di credito-debito con l'A. ed avesse anche sollecitato quest'ultimo a chiamare il fornitore per chiedere informazioni su chi avrebbe portato la sostanza, avesse partecipato altresì all'organizzazione dello spaccio fuori dal territorio locale e si fosse fatto accompagnare a casa dall'A. il 14 novembre 2012 per prelevare i panetti di hashish da vendere in montagna, secondo quanto congruamente ricostruito sulla base delle intercettazioni ambientali. 2. Il secondo motivo del ricorso di B.A. è manifestamente infondato. 2.1. La Corte territoriale ha, infatti, negato la possibilità di qualificare il fatto ai sensi dell'articolo 73, comma 5, T.U. Stup. in ragione delle modalità dell'azione, dalle quali emergeva che gli imputati erano in contatto non occasionale con trafficanti di rilevante spessore criminale dai quali si procuravano la droga e studiavano articolate modalità di spaccio estendendo la propria zona di operatività in località diverse ed a persone appositamente scelte, da tanto desumendo la non trascurabile potenziale diffusività dell'attività illecita. 2.2 In generale, con riguardo alla detenzione a fine di cessione di sostanza stupefacente, il tema dell'offensività della condotta assume una particolare connotazione in ragione del fatto che, essendo la norma incriminatrice finalizzata a tutelare, oltre al bene della salute, anche la sicurezza, l'ordine pubblico e la salvaguardia delle giovani generazioni, quantitativi di sostanza stupefacente contenenti un principio attivo inferiore alla soglia minima possono rivelarsi in concreto offensivi, con riferimento ad esempio a soggetti non dipendenti, in quanto, pur non determinando effetti psicotropi anche lievi, ledono l'interesse a salvaguardare le giovani generazioni dall'assunzione di sostanze che creano dipendenza. 2.3. Logica conseguenza di tale argomentazione è che il giudizio di lieve entità della condotta di spaccio possa essere ancorato ad ulteriori parametri, quali i mezzi adoperati, le modalità della condotta, le circostanze che l'hanno accompagnata, la qualità dello stupefacente, a condizione che non assuma rilievo centrale il dato quantitativo, qualora di per sé indicativo della particolare idoneità offensiva del fatto. Nella giurisprudenza della Corte di legittimità, l'ipotesi di cui all'articolo 73, comma 5, T.U. Stup., considerata circostanza attenuante prima delle recenti modifiche che hanno interessato la materia, è stata considerata di natura oggettiva, riferibile alle modalità dell'azione, ritenendosi che l'ipotesi attenuata non ricorresse laddove fosse superato anche uno solo dei parametri dettati dalla norma, ossia mezzi, modalità, circostanze dell'azione, qualità e quantità delle sostanze Sez. U, numero 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 . Il carattere oggettivo dell'attenuante Sez. 6, numero 38167 del 27/09/2011, Ambroselli, numero m. comportava che si dovesse fare riferimento al fatto piuttosto che alla condotta del singolo. 2.4. Tenuto conto della sanzione edittale prevista dall'articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/90, il fatto di lieve entità deve, in ogni caso, essere individuato con criteri interpretativi che consentano di rapportare in modo razionale la pena al fatto, salvaguardando la proporzione fra la quantità e qualità della pena e l'offensività del fatto secondo criteri di ragionevolezza. Se, dunque, la sussunzione del fatto nella fattispecie astratta in esame non può essere negata ove il reato non assuma una consistenza tale da rendere proporzionale la pena minima altrimenti applicabile ai sensi dell'articolo 73, comma 1, T.U. Stup., il criterio discriminante, in ragione della forbice da sei mesi a quattro anni così determinata dall'articolo 1, comma 24-ter, decreto-legge 20 marzo 2014, numero 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, numero 79 , non può essere quello del fatto assolutamente minimo, limitato all'ipotesi di detenzione e cessione di pochissime dosi. 2.5. Recentemente la Corte ha avuto modo di affermare che l'ipotesi delittuosa in esame possa ricorrere in caso di reiterazione nel tempo delle attività di spaccio o di possesso di un non indifferente numero di dosi, anche nel caso in cui lo spaccio sia posto in essere grazie all'organizzazione di più persone e possa definirsi professionale Sez. 6, numero 41090 del 18/07/2013, Airano, Rv. 256609 , non avendo inteso il legislatore individuare con l'articolo 73, comma 5, T.U. Stup. un fatto caratterizzato da specifici e rigidi parametri quantitativi, ma dovendosi individuare nella norma l'obiettivo di stabilire una pena proporzionata rispetto al fenomeno del cosiddetto piccolo spaccio, che si caratterizza per la limitata quantità di droga oggetto delle singole operazioni di vendita in favore del consumatore finale e per il limitato numero di operazioni di vendita in un dato intervallo di tempo. Il piccolo spaccio si caratterizza, quindi, per una complessiva minore portata delle attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di mercé e di denaro, nonché guadagni limitati tale condotta può ricomprendere anche la detenzione di una provvista per la vendita che, si è detto, comunque non deve essere superiore a dosi conteggiate a decine . Si deve, pertanto, valorizzare anche il valore economico della sostanza, in quanto parametro di individuazione del piccolo spaccio è anche la sua redditività, essendo evidente che per ottenere il medesimo risultato economico si dovrà commerciare un maggior numero di dosi di derivati della cannabis rispetto al numero di dosi di eroina di valore equivalente. 2.6. Non può, in ogni caso, ignorarsi il testo normativo, laddove congiunge la valutazione della quantità della sostanza a quella della sua qualità, dovendosi leggere in tale ottica il principio più volte affermato dalla Corte di legittimità, secondo il quale anche lo scostamento da uno solo dei vari parametri comporta l'esclusione dell'ipotesi del piccolo spaccio. Si è, infatti, più volte affermato come una quantità considerevole di sostanza stupefacente si debba considerare sintomo sicuro di una notevole offensività del fatto per la potenzialità diffusiva della condotta di spaccio Sez. 1^, numero 4875 del 19/12/2012, dep. 2013, Abate, Rv. 254194 Sez. 4, numero 22643 del 21/05/2008, Frazzitta, Rv. 240854 Sez. 6, numero 39931 del 16/10/2008, Zagnoli, Rv. 242247 , non potendosi far rientrare nell'ipotesi lieve una detenzione di droga in quantità superiore ad una soglia ragionevole, anche nel caso in cui non si evidenzino particolari mezzi e modalità dell'azione, in quanto altro è ammettere la compatibilità tra piccolo spaccio e una provvista finalizzata ad una piccola attività di vendita di droga al dettaglio, altro è affermare che la disponibilità di un quantitativo di dosi nell'ordine delle centinaia possa rappresentare la provvista del piccolo spacciatore. 2.7. Così, ad esempio, è stata esclusa la lieve entità nell'ipotesi di illecita detenzione di circa 100 grammi di cocaina con principio attivo pari ad oltre il 47% ovvero nell'ipotesi di detenzione di 50 grammi di cocaina, ritenendosi che il dato ponderale e qualitativo della sostanza superasse una soglia ragionevole di valore economico o costituisse, comunque, indice di accumulo della sostanza Sez. 4, numero 31663 del 27/05/2010, Ahmetaj, Rv. 248112 Sez. 6, numero 39931 del 16/10/2008, Zagnoli, Rv. 242247 , mentre nell'ipotesi di detenzione di 90 grammi di hashish con principio attivo pari a gr. 4,3 si è ritenuto che un dato ponderale non rilevante dovesse accompagnarsi, per escludere l'attenuante, all'esame dei parametri sussidiari previsti dalla norma, relativi ai mezzi, alle modalità ed alle circostanze dell'azione Sez. 6, numero 21962 del 2/04/2003, Armenti, Rv. 225414 . 2.8. I criteri interpretativi sopra esposti conducono, dunque, a ritenere che, nel caso di specie, in cui all'imputato era contestata l'illecita detenzione di alcune tavolette di hashish del peso di 100 grammi ciascuna, il giudice di merito abbia fornito una motivazione esente da vizi, avendo peraltro preso in esame una serie di ulteriori elementi, oltre al dato ponderale. 3. Il secondo motivo del ricorso di A.M. è infondato. 3.1. La natura di reato contro il patrimonio del delitto di ricettazione non comporta affatto l'esigenza che anche il delitto presupposto debba essere un reato contro il patrimonio ciò è escluso testualmente dall'articolo 648 cod. penumero , che indica l'oggetto materiale della ricettazione nel danaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto”, ed è escluso altresì dall'interesse tutelato dalla norma citata interesse che, attraverso la incriminazione dei traffici lucrosi che abbiano per oggetto le cose provenienti da delitti, è inteso sia, in via immediata, ad evitare che una qualsiasi attività delittuosa diventi fonte di successivi profitti, sia, in via mediata, a limitare all'origine la spinta alle attività delittuose. 3.2. Risulta, dunque, già precisato in precedenti pronunce della Corte di legittimità che il delitto di ricettazione è configurabile anche quando abbia ad oggetto cose provenienti da un delitto che non sia contro il patrimonio, perché anche in tal caso, dall'acquisizione di beni di illegittima provenienza, che il legislatore ha inteso scoraggiare e punire, deriva un incremento patrimoniale Sez. 2, numero 41464 del 29/09/2009, Zara, Rv. 244951 Sez. 2, numero 11727 del 19/02/2008, Donatello, Rv. 239769 . 4. Il terzo motivo del ricorso di B.A. ed il primo motivo del ricorso di A.M. possono essere esaminati congiuntamente. Si tratta di censure fondatamente proposte. 4.1. La Corte di Cassazione, con plurime decisioni relative alla dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter decreto-legge 30 dicembre 2005, numero 272 del 2005, inseriti, in sede di conversione, dalla legge 21 febbraio 2006, numero 49, e alla conseguente reviviscenza , per le droghe leggere, del trattamento sanzionatorio più favorevole della legge Iervolino-Vassalli, ha già affrontato analoga questione stabilendo che in tema di stupefacenti, il principio dell'applicazione della disciplina più favorevole, determinatasi per effetto della sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 12 febbraio 2014 con riferimento al trattamento sanzionatorio relativo ai delitti previsti dall'articolo 73 T.U. Stup. in relazione alle cosiddette droghe leggere, non impone al giudice di appello un'automatica mitigazione della pena già inflitta né a ciò lo obbliga l'eventuale annullamento con rinvio in punto di pena da parte della Corte di Cassazione , allorquando egli, nel rispetto dei nuovi limiti edittali e dei criteri normativi connotanti il potere discrezionale di sua spettanza ritenga, con adeguata motivazione, che detta pena sia proporzionata alla gravità della condotta con l'eccezione tuttavia dell'ipotesi in cui, con espressa motivazione, il precedente giudice di merito abbia ancorato, come nel caso di specie, la pena base dei reati al minimo edittale delle fattispecie dichiarate incostituzionali, in tal caso essendo il giudice di appello o di rinvio vincolato alla rimodulazione della pena rendendola conforme ai nuovi e più favorevoli minimi edittali Sez. 4, numero 33822 del 6/07/2015, Egitto, numero m. Sez. 3, 16/04/2014, Grano, Rv. 260255 Sez. 6, 20/3/2014 numero 15152, Murgeri, Rv. 258748 . 4.2. Nello stesso senso la Corte si era espressa anche in occasione della novella introdotta con l'articolo 4 bis legge numero 49/2006, che aveva ridotto la pena edittale minima del reato di cui all'articolo 73, comma 1, T.U. Stup., affermando appunto che il giudice d'appello deve ridurre la pena inflitta con sentenza resa prima di tale modifica soltanto se risulti che il giudice di primo grado abbia inteso applicare il minimo della pena indipendentemente dalla sua quantificazione, e non invece se abbia ritenuto la pena inflitta adeguata alla gravità del fatto, fornendone congrua motivazione, potendosi in quest'ultimo caso confermare la pena inflitta dal primo giudice, purché il giudice d'appello abbia fornito la sua valutazione, a sua volta con motivazione congrua Sez. 2, numero 18159 del 11/02/2010, Ceccarelli, Rv. 247460 Sez. 6, numero 32673 del 09/04/2010, Tirane Chiaramonte, Rv. 247998 . 4.3. La sentenza deve essere, pertanto, annullata con riferimento al punto in cui è stato determinato il trattamento sanzionatorio relativo al capo A in misura superiore al minimo edittale, avendo il giudice di primo grado fatto esclusivo riferimento a tale minimo nel determinare la relativa sanzione. 5. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio irrogato per il capo A dell'imputazione, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna affinché provveda alla nuova determinazione della pena. Il rigetto degli altri motivi di ricorso giustifica la pronuncia d'irrevocabilità ai sensi dell'articolo 624 cod. proc. penumero della sentenza impugnata nel punto relativo alla responsabilità con riferimento al reato di cui al capo A e nei capi relativi sia alla responsabilità che alla pena con riferimento ai reati di cui ai capi B imputazione a carico di entrambi , C imputazione a carico di B. e D imputazione a carico di A. . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con riferimento al reato di cui al capo A dell'imputazione limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Bologna. Dichiara irrevocabile la sentenza nel punto relativo alla responsabilità con riferimento al reato di cui al capo A e nei capi relativi sia alla responsabilità che alla pena con riferimento ai reati di cui ai capi B ,C e D .