Ecstasy in tasca, ma la discoteca è già chiusa: non regge l’ipotesi del consumo di gruppo

Fermato e arrestato un uomo, beccato in possesso di ben 26 ‘pasticche’. Assieme a lui un gruppo di ragazzi. Ma la linea difensiva del consumo di gruppo si rivela assai fragile.

‘Scorta’ rilevante ben 26 ‘pasticche’ di ecstasy. Questo il ‘bottino’ rinvenuto dalle forze dell’ordine a conclusione dell’arresto di un uomo. Logico parlare di detenzione finalizzata allo spaccio. Impensabile, invece, l’ipotesi del cosiddetto ‘consumo di gruppo’, anche, anzi soprattutto, considerando il quantitativo. Rilevante, infine, il fatto che l’uomo – e i ragazzi che erano con lui – siano stati fermati a poca distanza sì da una discoteca, ma oramai chiusa Cass., sentenza n. 32748, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Location. Nessun dubbio per i giudici evidente il reato di detenzione illecita di ecstasy , destinata allo spaccio . Consequenziale la condanna dell’uomo, arrestato in flagranza di reato e beccato in possesso di 26 ‘pasticche’ a suo favore, però, la valutazione del fatto come di lieve entità . Mettendo da parte questo elemento – su cui dovranno tornare i giudici di merito, per definire il trattamento sanzionatorio –, però, pare indiscutibile la colpevolezza dell’uomo. Su questo fronte, difatti, i giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono corretta la visione tracciata in Appello, laddove si è ritenuta assai fragile la ricostruzione difensiva , secondo cui l’uomo era in possesso delle ‘pasticche’ per conto di un gruppo di ragazzi, intenzionato a farne uso comune . Evidente, in sostanza, la incoerenza di tale ricostruzione con il fatto che l’uomo è stato trovato in possesso dello stupefacente quando ormai la discoteca era chiusa , cioè quando la location ove si sarebbe dovuto fare uso comune della droga non era più utilizzabile allo scopo . Peraltro, viene aggiunto, il quantitativo detenuto eccedeva quello che poteva essere consumato dal gruppetto in quella serata .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 maggio – 27 luglio 2015, n. 32748 Presidente Romis - Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. D.P.U. propone ricorso per cassazione a mezzo del difensore avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Ancona ha riformato in relazione alla pena la pronuncia emessa dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Ascoli Piceno, con la quale, all'esito di rito abbreviato instaurato dopo che il D.P. era stato condotto a giudizio direttissimo per essersi proceduto al suo arresto in flagranza di reato, lo si era giudicato responsabile del reato di detenzione illecita di 26 pasticche di ecstasy e, ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 73, co. 5 T.U. Stup., lo si era condannato alla pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 1.600,00 di multa. Il giudice di secondo grado ha ridotto la pena ad anni uno di reclusione ed euro duemila di multa. 2.1. Con un primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale asserendo che il giudizio formulato dalla Corte di Appello si fonda su due sole circostanze - che dovrebbero dare dimostrazione della finalità di spaccio dello stupefacente -, dalla prima delle quali - il trovarsi il D.P. in possesso delle pasticche all'esterno di una discoteca chiusa - é stato dedotto indebitamente che lo stupefacente fosse stato ceduto prima della chiusura del locale mentre la seconda, ovvero la quantità delle pasticche, non é univoca, potendo trovare plausibili ragioni alternative, tra cui l'acquisto di gruppo o la detenzione per il gruppo. Alternativa che non é stata risolta per la mancata acquisizione di informazioni dai giovani che si trovavano con il D.P. al momento del suo arresto e che la considerazione fatta dalla Corte di Appello, per la quale il quantitativo eccedeva il normale consumo, non intacca perché fa riferimento all'uso di una sola persona, oltre che ad una regola di esperienza più o meno verosimile. Né assume rilevanza, nella prospettiva della dimostrazione della finalità della detenzione, l'esito del narcotest ed anzi, il mancato accertamento della quantità di principio attivo incide sul tema a favore dell'imputato. 2.2. Rileva ancora il ricorrente, formulando un secondo motivo relativo al trattamento sanzionatorio, che la Corte di Appello ha indicato la pena inflitta in termini che non consentono di comprendere l'entità iniziale della stessa e quindi la correttezza del computo. Inoltre, la modifica normativa intervenuta in forza dell'art. 1, co. 24-ter lett. a del d.l. n. 36/2014, importa un minimo edittale di sei mesi di reclusione. Considerato in diritto 3. Per quanto il ricorso appaia prospettare vizi di tenuta logica della motivazione impugnata, in realtà esso si limita a replicare i rilievi già elevati nei confronti della sentenza di primo grado e discussi dalla Corte di Appello, senza tralasciarne alcuno. Già tanto importa l'inammissibilità dei motivo, per la aspecificità derivante dal mancato farsi carico della replica offerta dalla Corte di Appello. Va infatti rammentato che è inammissibile il ricorso per cassazione quando, ignorando le affermazioni dei provvedimento censurato, sia mancante della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione ex multis, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014 - dep. 13/03/2014, Lavorato, Rv. 259425 . In tal modo esso confligge da un canto con l'insindacabilità di valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, dall'altro con l'obbligo di specificità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014 - dep. 28/10/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608 . Invero, il giudice di secondo grado non ha semplicemente evidenziato che la destinazione allo spaccio dello stupefacente doveva dedursi dall'essere ormai chiusa la discoteca ma ha svolto un compiuto ragionamento che vale rammentare poiché l'alternativa ricostruzione della difesa dell'imputato sì incardinava sul possesso delle pasticche da parte dei D.P. per conto di un gruppo di ragazzi intenzionato a farne uso comune quindi, a monte, si prospettava il cd. acquisto di gruppo per il successivo consumo comunitario , la Corte di Appello ha rilevato la incoerenza di tale ricostruzione con il fatto che il D.P. fosse stato trovato in possesso dello stupefacente quando ormai la discoteca era chiusa come a dire, quando il luogo ove si sarebbe dovuto fare uso comune della droga non era più utilizzabile allo scopo. Inoltre la Corte territoriale ha anche considerato l'ipotesi che il consumo dovesse essere fatto altrove ed ha rilevato che in questa prospettiva non sarebbe stato logico concentrare tutte le pasticche su una sola persona per l'esito di un eventuale controllo da parte delle forze dell'ordine e che in ogni caso il quantitativo detenuto eccedeva quello che poteva esser consumato dal gruppetto in quella serata. Ad una simile motivazione, compiuta e priva di manifeste fratture logiche, il ricorrente oppone unicamente - ma nuovamente, come si é già evidenziato - una diversa ricostruzione della vicenda, su basi meramente ipotetiche. Di talchè risulta opportuno rammentare che compito di questa Corte non è quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l'incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell'equilibrio della decisione impugnata, oppure dall'aver assunto dati inconciliabili con atti del processo , specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione Cass. Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460 Cass. Sez. 1, n. 20370 dei 20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778 Cass. Sez. 2, n. 19584 dei 05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775 Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989 . Ne consegue l'inammissibilità del motivo. 4. Il motivo sulla pena allude al fatto che la Corte di Appello ha indicato la pena base mostrando di averla determinata in anni uno e mesi, senza però indicare la quantità di questi ultimi la locuzione é anni uno e mesi di reclusione ' . E' però pervenuta alla pena finale, applicando la riduzione di un terzo per il rito celebrato sicchè, essendo tale riduzione determinata dal legislatore in misura fissa un terzo , non vi é alcun dubbio sul fatto che la pena base, nella sua componente detentiva, sia stata per la Corte di Appello quella di anni uno e mesi sei di reclusione. Non vi é quindi alcuna oscurità nella determinazione della pena operata dal Collegio territoriale. 5. Quanto al secondo profilo dei motivo, tuttavia, deve considerarsi che la pronuncia in esame é intervenuta il 7 luglio 2014 e quindi nella vigenza dei testo dell'art. 73, co. 5 T.U. Stup. introdotto dal menzionato d.l. n. 36/2014, in modifica di quello derivante dal d.I. 23.12.2013, n. 146 convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2014, n. 10 . Com'é noto, in forza dell'ultimo intervento legislativo la pena prevista per i fatti di lieve entità é divenuta quella della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 ad euro 10.329. Tanto avrebbe imposto la individuazione della pena base alla luce della nuova cornice edittale. Per contro, la sentenza non evidenzia che la pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro tremila di multa sia stata determinata tenendo presente il nuovo range edittale sicchè si impone l'annullamento della sentenza per la ridefinizione dei trattamento sanzionatorio, che dovrà tener conto dei divieto di reformatio in peius. P.q.m. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo esame al riguardo alla Corte di Appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.