La buona fede del creditore ipotecario va verificata al momento dell’accollo del mutuo, non a quello della concessione originaria

Nel caso in cui nel rapporto garantito da ipoteca subentri un altro soggetto, anche a titolo di accollo cumulativo, è onere dell’istituto di credito provare di avere svolto gli accertamenti necessari sul nuovo soggetto debitore, specie laddove l’originario debitore veda svuotare il proprio patrimonio come avviene nel caso di cooperativa edilizia che raggiunga lo scopo sociale con la realizzazione e l’assegnazione pro quota di alloggi individuali.

Queste sono le osservazioni svolte dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 32682/15, depositata il 24 luglio. Il caso. Oggetto della pretesa della banca creditrice era un immobile sequestrato a titolo di misura di prevenzione. La banca aveva chiesto di essere ammessa al credito nell’ambito del procedimento di prevenzione che aveva confiscato l’immobile. L’immobile era stato costruito da una cooperativa edilizia che ne aveva poi assegnato alloggi a singoli soci, tra cui la moglie di persona soggetta alla misura di prevenzione. Il credito era garantito da ipoteca, originariamente vincolante il fabbricato nel suo complesso l’ipoteca, successivamente, veniva frazionata in più lotti corrispondenti a singole unità immobiliari e con accollo della quota parte dell’originario mutuo sull’assegnataria, socia della cooperativa che aveva costruito l’immobile. L’accollo aveva natura cumulativa nel senso che, formalmente, il credito era garantito anche dall’originario debitore contraente. Per il Tribunale che rigettava la richiesta di ammissione al passivo, la circostanza che l’accollo implicasse la responsabilità solidale e/o sussidiaria della cooperativa, tuttavia, non appariva decisiva nel senso che la cooperativa avrebbe visto svuotarsi della titolarità dei beni societari, dopo l’assegnazione degli alloggi direttamente ai singoli soci. In altri termini, l’assegnazione degli alloggi avrebbe prodotto un depauperamento del patrimonio materialmente posseduto, sicché, di fatto, l’accollo era solo formalmente cumulativo, ma sostanzialmente liberatorio, perché unica garanzia in caso di inadempimento del mutuo era la singola unità immobiliare. Il diritto di garanzia reale è opponibile? Se la garanzia ipotecaria è sul bene oggetto del provvedimento di confisca di prevenzione, il terzo deve provare che l’ipoteca è stata costituita con iscrizione nei registri immobiliari in data anteriore al sequestro o al provvedimento ablativo. Non solo per essere opponibile è necessaria la buona fede e l’affidamento incolpevole del creditore ipotecario. Non è infatti sufficiente, secondo le regole civilistiche, che il credito esista e che vi sia priorità temporale dell’iscrizione ipotecaria. I terzi rispetto al procedimento di prevenzione devono provare non solo la titolarità dello ius in re aliena , il cui titolo deve essere costituito da un atto di data certa anteriore al sequestro, ma anche della mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto con l’attività illecita del soggetto a misura di prevenzione, derivante da condotte di agevolazione o fiancheggiamento. In termini netti il terzo deve dimostrare il suo affidamento incolpevole generato da una situazione oggettiva che rende scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza. Quando c’è affidamento? La giurisprudenza ha affermato che l’indagine va compiuta caso per caso, con riferimento alla ragionevolezza dell’affidamento. Non è invocabile l’affidamento, ad esempio, da parte di chi versi in una situazione di negligenza per aver trascurato obblighi derivanti dalla legge, oppure per non aver osservato comuni norme di prudenza, attraverso cui accertarsi della realtà delle cose, anziché affidarsi alla mera apparenza dei fatti. L’onere della buona fede è del terzo creditore. È il terzo che deve dimostrare gli elementi da cui possa desumersi il suo affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza. Invero, il creditore assume la veste sostanziale di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione del credito, sicché ad esso deve essere addossato l’onere della prova delle condizioni per l’ammissione al passivo del credito vantato. Valutare la buona fede. Per tali ragioni, il terzo creditore deve allegare elementi idonei a comprovare la propria buona fede nella concessione del credito e la non strumentalità all’attività illecita o a quella che ne costituisce frutto o reimpiego. Il giudice deve tenere conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra esse, il tipo di attività svolta dal creditore, anche in riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale, le dimensioni dell’ente. Si tratta di parametri normativi di giudizio che non sono vincolanti o esclusivi. Il giudice deve obbligatoriamente tenerne conto, ma può prendere in considerazione anche altri, non espressamente menzionati oppure disattendere quelli normativamente previsti, purché supporti la sua decisione con idonea motivazione. Qual è l’epoca dei controlli da parte del terzo creditore ? Insomma, a quale momento storico deve farsi riferimento per valutare la buona fede del terzo creditore? Secondo la giurisprudenza questa verifica va operata con riguardo al momento in cui è stipulato il contratto di garanzia, cioè l’ipoteca. Tuttavia, in caso di successione nell’originario rapporto giuridico, l’accertamento giudiziale deve investire anche le circostanze in cui tale successione si è realizzata. Il Tribunale, nel rigettare l’istanza di ammissione al passivo, rilevava correttamente che la banca doveva assumere informazioni sull’assegnataria nel momento in cui la proprietà era frazionata e l’ipoteca originariamente iscritta sull’intero fabbricato, veniva suddivisa pro quota con accollo dell’originario mutuo da parte dei singoli assegnatari. Se non ci sono accertamenti non può sostenersi la buona fede. Per la Cassazione, la decisione impugnata non è censurabile. Infatti, l’istituto di credito, nel momento in cui riceveva la comunicazione del subingresso nel contratto di mutuo del nuovo debitore, avrebbe dovuto svolgere accertamenti e verificare la solvibilità e l’affidabilità, oltre alla personalità del nuovo debitore. Gli omessi controlli sono imputabili perché indicativi della colpevole mancanza di ordinaria diligenza, che sarebbe richiesta dalla buona gestione del credito e dal principio che regola le transazioni. Dai controlli sarebbe emerso che la beneficiaria del mutuo, assegnataria dell’alloggio, era coniuge di soggetto che, già all’epoca dell’accollo, risultava gravato da gravissimi titoli di reato e ritenuto soggetto pericoloso, id est possibile protagonista di misure di prevenzione e, in particolare, la confisca. Accollo ad efficacia esterna. Il codice civile, all’art. 1273 c.c., costruisce l’ipotesi di accollo ad efficacia esterna come un contratto a favore di terzo con l’effetto che l’adesione all’accollo da parte del creditore rende irrevocabile la stipulazione. Per il creditore la posizione del debitore che si accolla il debito non è indifferente. Se è vero che non può incidere sull’accollo, è altrettanto vero che il terzo beneficiario può assumere plurimi comportamenti per tutelare al meglio il credito. Tali comportamenti devono essere improntati ai doveri di diligenza relativi alla qualità di operatore particolarmente qualificato, con verifica della posizione del debitore accollante. Il Tribunale riteneva particolarmente significativi della negligenza della banca il fatto che non ha considerato che, nel caso di cooperativa edilizia, l’assegnazione degli alloggi direttamente in capo ai soci, connessa al frazionamento dell’originaria ipoteca, comportava, di fatto, lo svuotamento del patrimonio della società per il raggiungimento dell’oggetto, con l’effetto di fare venire meno la garanzia patrimoniale del debitore originario. In simili circostanze, diventa fondamentale valutare il profilo del debitore accollante.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 marzo – 24 luglio 2015, n. 32682 Presidente Bruno – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 7.1.2014 il Tribunale di Napoli, Sezione per l'applicazione delle misure di prevenzione, in funzione di giudice dell'esecuzione ex art. 666 c.p.p., rigettava l'istanza con la quale il Banco di Napoli s.p.a. chiedeva, in riferimento al credito vantato da essa società relativo al mutuo ipotecario concesso a M.R. , dichiararsi la legittimità dello ius in re aliena in capo alla ricorrente e/o ai suoi danti causa, la buona fede della medesima nella erogazione del finanziamento concesso e conseguentemente la legittimità ad esigere il credito garantito da ipoteca sui beni di proprietà di M.R. , per mancato pagamento di rate arretrate di mutuo fondiario, nonché l'ammissione del relativo credito da far valere nei confronti dell'Agenzia Nazionale dei beni confiscati, essendo nelle more intervenute le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 159/2011 Nuovo Codice Antimafia e successive modifiche. 1.1. Il Tribunale, in particolare, premetteva in fatto - che il suddetto mutuo era stato concesso originariamente dall'Istituto Bancario San Paolo di Torino, alla Società Cooperativa a responsabilità limitata Edil Lazio a r.l. e che a garanzia era stata iscritta ipoteca in data 13 giugno 1987 ai nn. 15810 - 2431, presso la Conservatoria di Napoli 2 sul complesso immobiliare in omissis , con accesso da Via , costituito da terreno di circa 3.600,00 mq., con due retrostanti fabbricati - che, con successivo atto del 1 agosto 1989, l'importo concesso a mutuo veniva ridotto a Lire 1.500.000.000, con erogazioni di esso in due tranches, una per Lire 806.668.000 e l'altra per L. 693.332.000 - che l'ipoteca veniva, quindi, frazionata in più lotti corrispondenti ai singoli appartamenti ed alle singole autorimesse in corso di costruzione e, con atto del 23/12/1989, la Coop. Edil Lazio a r.l., assegnava alla socia M.R. , i seguenti cespiti in Giugliano in Campania alloggio n. 6 al piano secondo della scala B, in catasto al foglio 92, particella 578, sub 25, corrispondente al lotto 38 di ripartizione autorimessa n. 16 in catasto al foglio 92, particella 578, sub 74, corrispondente al lotto 21 di ripartizione autorimessa n. 15 in catasto al foglio 92, particella 578, sub 73 corrispondente al lotto 20 di ripartizione - che, nello stesso atto, a parziale corrispettivo del prezzo, l'assegnataria provvedeva ad accollarsi il debito per le rate di mutuo sopra descritto, mentre l'ipoteca veniva rinnovata in data 4/6/2007 ai numeri 41309/14357 presso l'agenzia del Territorio di Napoli 2, anche nei confronti dell’assegnataria M.R. ai sensi dell'art. 2851 c.c. titolare del diritto di proprietà al momento della rinnovazione - che sugli stessi immobili veniva trascritto in data 5/6/1995 ai nn. 15353/11077 , in data successiva alla iscrizione della garanzia ipotecaria di cui ai mutui fondiari, il decreto di sequestro ex art. 2 legge 575/65, n. R.G. 142/95, emesso in data 26 maggio 1995 - che da comunicazioni da parte dell'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, si apprendeva che i beni erano stati confiscati definitivamente nell'ambito di un procedimento di prevenzione nei confronti di tal Mi.Bi. , nato a omissis , coniuge della M. , con i decreti del Tribunale per le misure di prevenzione di Napoli 404/97 - 142/95 M.P. del 25/28/6/97 e della Corte di Appello di Napoli nr. 131 - 143/97 R.G. del 17/24/11/1998 - definitivo il 25/6/1999 - che, a tale ultima comunicazione, il Banco di Napoli rispondeva inviando il conteggio del proprio credito Euro 74.149,06 relativo alle rate di mutuo impagate e, considerata la definitività del provvedimento di confisca, proponeva incidente di esecuzione per ottenere l'accertamento della buona fede dell'istituto bancario erogatore del finanziamento per la incolpevole e legittima acquisizione dei diritti reali gravanti sui beni confiscati al fine di poter pretendere il ristoro del diritto di credito. 1.1.1.Tanto premesso, il Tribunale, riconosciuto il potere di proporre incidente d'esecuzione, dinanzi al giudice della prevenzione, anche al terzo nella fattispecie Banco di Napoli s.p.a. , titolare di un diritto reale di garanzia sul bene colpito dalla misura di prevenzione patrimoniale, nel richiamare gli indirizzi di legittimità succedutisi negli anni in proposito, evidenziava, tra l'altro, che - ai fini dell'opponibilità del diritto di garanzia reale non basta che l'ipoteca sia stata costituita, mediante iscrizione nei pubblici registri immobiliari, prima della trascrizione del sequestro ex art. 2 ter della legge n. 575/1965, ma è altresì richiesta l'inderogabile condizione che il creditore ipotecario si sia trovato in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole, dovendosi individuare in quest'ultimo requisito la base giustificativa della tutela del terzo di fronte al provvedimento autoritativo di confisca adottato dal giudice della prevenzione a norma della legislazione antimafia - l'accertamento della legittimità del diritto di sequela del terzo creditore privilegiato non può limitarsi al mero profilo civilistico, inerente l'esistenza del credito e la priorità temporale dell'iscrizione ipotecaria, ma deve involgere un'indagine più estesa ed approfondita, da svolgersi innanzi al giudice penale, con la garanzia del contraddittorio, in sede di procedimento di esecuzione - sui terzi incombe l'onere di provare i fatti costitutivi della pretesa fatta valere sul bene confiscato, che, nell'ipotesi di confisca di prevenzione, significa che detti terzi devono fornire la prova, sia della titolarità dello ius in re aliena, il cui titolo deve essere costituito da un atto di data certa anteriore al sequestro, sia della mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto con l'attività illecita del proposto, derivante da condotte di agevolazione o, addirittura di fiancheggiamento l'onere probatorio a carico del terzo ha ad oggetto la dimostrazione del suo affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l'ignoranza o il difetto di diligenza - nel caso di specie, il Banco di Napoli, pur avendo ottemperato all'onere su di esso incombente di dimostrare la titolarità di un credito privilegiato in relazione ad un mutuo originariamente anno 1987 concesso in favore della cooperativa Edil Lazio a r.l., successivamente 1989 oggetto di accollo per la quota parte in capo ai singoli assegnatari tra cui M.R. , moglie di Mi.Bi. delle unità immobiliari in cui era stato ripartito l'originario complesso edilizio finanziato, con sequenziale frazionamento dell'ipoteca, nonché in ordine alla priorità temporale della nascita di tale diritto reale di garanzia rispetto all'ablazione di prevenzione, intervenuta giusta provvedimento di sequestro al proc. n. R.G. 142/95 MP, emesso in data 26 maggio 1995 dal Tribunale di Napoli, Ufficio Misure di Prevenzione, beni poi confiscati definitivamente il 17/11/1956, con i decreti misure di prevenzione Tribunale di Napoli nr. 404/97 - 142/95 M.P. del 25-28/6/97 Decreto n. 131 - 143/97 R.G. della Corte di appello di Napoli del 17/24/11/1998 - definitivo il 25/6/1999 , tuttavia, non aveva dimostrato di aver serbato la normale diligenza richiesta nel caso concreto, idonea a far ritenere la buona fede e/o l'affidamento incolpevole della banca, risultando del tutto omessi quegli elementi positivi che il terzo titolare di diritto reale di garanzia ha l'onere di introdurre al fine di dimostrare la propria buona fede, ovvero di provare l'esistenza di una situazione di oggettiva apparenza che renda scusabile l'ignoranza o il difetto di diligenza - in particolare, la vicenda di interesse era relativa all 'accollo del mutuo gravante sui beni confiscati e precedentemente di proprietà della società Edil Lazio a r.l , con la quale l'istituto di credito aveva stipulato, nel 1987, l'originario contratto di finanziato, sicché l'assegnazione dei beni alla M. , da parte della società, comportava tra venditore ed acquirente anche l'accollo della M. del mutuo gravante sui beni medesimi - l'accollo in questione si accompagnava ed, anzi, era preceduto dal frazionamento dell'originaria ipoteca unitaria che, come si rileva dall'allegata domanda di frazionamento in quota prot. nr. 1728 conservatoria , poteva avere luogo esclusivamente per effetto di una espressa rinuncia ed annesso consenso dell'Istituto erogatore, determinando necessariamente la sostituzione dell'originaria ipoteca unitaria con ipoteche parziali sulle singole porzioni di proprietà in assegnazione ai soci - l'accollo era contestuale e congiunto alle assegnazioni di alloggio in proprietà ai singoli soci delle porzioni del più ampio fabbricato, con la conseguenza del passaggio di proprietà dei beni finanziati dalla Cooperativa ai singoli accollanti il mutuo nelle more frazionato , con il parallelo svuotamento della solidità patrimoniale e, dunque, delle garanzie di solvibilità dell'originario debitore mutuatario rappresentate, trattandosi vieppiù di società cooperativa, principalmente dal patrimonio immobiliare edificato solidalmente obbligato - pertanto, sarebbe stato indispensabile effettuare la verifica in ordine all'affidabilità del nuovo debitore che andava ad accollarsi il mutuo, di cui si acconsentiva il frazionamento unitamente all'ipoteca originariamente unitaria, verifica questa non effettuata. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei suoi difensori, il Banco di Napoli s.p.a., affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta la ricorrenza dei vizi di cui all'art. 606, primo comma, lettere b ed e c.p.p., per manifesta illogicità e conseguente antigiuridicità della motivazione, sviluppata senza tener conto di decisivi elementi di fatto e giuridici in atti, negando la buona fede del terzo creditore per difetto di diligenza nella concessione del mutuo fondiario, malgrado la inesigibilità ontologica ed anche giuridica della diversa condotta pretesa in particolare, nel caso di specie, la mancata diligenza nella concessione del credito, garantito da trascrizione ipotecaria, è stata estesa ben oltre e contro la vetustà temporale dell'atto di origine dello stesso, con le coeve normali regole amministrative interne degli istituti bancari, in violazione dell'art. 52/3 del codice antimafia, unica norma, tra le tante, per le peculiarità del caso in esame, a definire il momento dell'obbligo di diligenza, nel tener conto dei rapporti personali e patrimoniali tra le parti nella fase precontrattuale i funzionari dell'istituto bancario San Paolo di Torino, nel momento della stipula della concessione del mutuo fondiario, hanno avuto e non potevano avere che rapporti esclusivi solo con gli organi amministrativi della cooperativa edilizia Edil Lazio, senza conoscere la M. , futura ed ignota assegnataria dei beni, che è venuta in rilievo dopo la comunicazione notarile della assegnazione/accollo trattasi di negozio giuridico posto in essere in assoluta autonomia tra gli organi amministrativi della cooperativa ed i soci, di cui si da successiva comunicazione alla banca erogatrice del mutuo per conoscenza dell'aggiunta di un ulteriore obbligato il Tribunale introduce, dunque, la propria motivazione con un semplice accenno, non valorizzato fino in fondo, relativo alla necessità che la banca, nel concedere un mutuo ad una cooperativa, debba svolgere accertamenti su tutti i singoli soci, futuri assegnatari, ma tale pretesa non può realizzarsi, essendo la banca impossibilitata a consultare materialmente il Libro Soci non a disposizione di terzi, laddove l'entrata di un nuovo socio in una cooperativa è operazione molto semplice, affidata al Consiglio di Amministrazione, che, in presenza dei presupposti richiesti nello statuto, ammette o autorizza il subingresso con una semplice annotazione nel Registro dei Soci il Tribunale, pur riconoscendo l'ignoranza della banca deducente in merito a chi fossero M.R. , poi assegnataria dei beni, ed il Mi. , suo marito, sottoposto a misure di prevenzione, ciononostante da rilevanza all'atto di assegnazione ed accollo della unità abitativa alla M. , in tal modo spostando impropriamente in avanti il periodo degli accadimenti che interessano, dando rilevanza all'assegnazione-accollo, che nella fattispecie, assume, invece, una rilevanza neutra, in un momento assolutamente sbagliato nel quale la banca non aveva una preventiva conoscenza, ma solo dopo con una lettera raccomandata l'accertamento della buona fede doveva, invece, far riferimento al momento genetico della concessione del mutuo e cioè al 1987, epoca in cui non esisteva alcun elemento dal quale poter presumere, o anche soltanto far immaginare all'istituto bancario San Paolo di Torino, un collegamento tra l'attività delinquenziale del Mi. , del tutto sconosciuto, e quella di costruzione di immobili da parte della Cooperativa Edil Lazio e tanto meno prevedere che M.R. fosse la moglie del Mi. le vicende successive non hanno alcuna valenza rispetto alle richieste di riconoscimento della buona fede e all'ammissione del credito, né potrebbero averle, neppure ove la banca avesse potuto incidere nelle suddette modificazioni successive, in quanto le modificazioni dal lato passivo delle obbligazioni non alterano, né modificano nella sua individualità il debito, ma operano solo attraverso la sostituzione, o meglio l'aggiunta, di un nuovo debitore a quello originario in quest'ottica, la prospettazione su cui si fonda gran parte del ragionamento del Tribunale circa lo svuotamento della solvibilità da parte della Cooperativa, dopo le vendite e gli accolli del debito e, quindi, l’impossibilità di rivalersi sulla cooperativa nel caso di accollo non liberatorio, è del tutto errata e non valgono e non varrebbero giammai a ritenere che l'assunzione del debito da parte dell'assegnata ria costituisca di fatto l'assunzione di una nuova obbligazione anche se non vi fosse stato accollo da parte della M. , i termini della questione non sarebbero cambiati, essendo la stessa e quindi lo Stato a seguito della confisca tenuta ugualmente al pagamento del debito ipotecario, nella qualità di terzo proprietario di un bene immobile gravato da ipoteca in ordine alle sostenute possibilità giuridiche di intervento della banca erogatrice per annullare l'assegnazione e l'accollo è noto, invece, che in caso di frazionamento non si attua alcuna sostituzione della ipoteca originaria, ma solo una ripartizione della stessa ipoteca in singole quote, senza che tale operazione effettuata per evitare che ciascun acquirente risponda dell'intera ipoteca in caso di acquisto e, quindi, nella sostanza, per evitare il blocco delle vendite o delle assegnazioni possa determinare la creazioni di tante nuove ipoteche per quante sono le quote la Banca non avrebbe dovuto svolgere, per attuare una buona gestione del credito , alcuna attività di verifica a seguito dell'accollo - e ciò a prescindere dalla tipologia assunta da detta figura privativa, liberatoria etc. e dalla conoscenza del creditore - atteso che, una volta avvenuta la notifica dell'accollo, il creditore può prenderne atto senza svolgere alcuna ulteriore attività e senza necessariamente evidenziare alcuna manifestazione di volontà l'aggiunta del nuovo debitore è già avvenuta ed il creditore può profittarne l'adesione formale del creditore ha come effetto immediato, non la liberazione del precedente debitore, ma esclusivamente la irrevocabilità della stipulazione a proprio favore cristallizzando così la duplicazione dei debitori per pervenire alla liberazione occorre, o che tale conseguenza sia stata nella stipulazione dell'accollo prevista espressamente, come effetto dell'adesione del creditore il quale per evitare ciò può limitarsi a non aderire formalmente, fermo restando l'approfittamento dell'aggiunta del nuovo debitore e correndo solo il rischio della revoca della pattuizione a suo favore , oppure che il creditore manifesti specificamente la volontà di liberare il debitore originario nel caso di specie quindi, a parte che non risulta dagli atti che sia intervenuta la liberazione della Cooperativa, il comportamento della banca è stato perfettamente coerente con la normativa richiamata, essendosi limitata a prendere atto che si era aggiunto un nuovo debitore e non avendo alcuna ragione di approfondire la qualità del nuovo debitore. 3. Con provvedimento in data 5.8.2014 il Primo Presidente di questa Corte ha disposto l'assegnazione del procedimento a questa Sezione. 4. Il Procuratore Generale in sede, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dr. Paolo Canevelli, ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l'inammissibilità del ricorso con le statuizioni di legge. 5. In data 9.3.2015 il Banco di Napoli s.p.a. ha depositato memoria di replica ai sensi dell'art. 611 c.p.p., insistendo per l'ammissibilità del ricorso ed all'uopo ribadendo che la concessione del mutuo è stata effettuata esclusivamente tra l'istituto bancario e gli organi amministrativi di una società cooperativa, mentre, per quanto concerne il momento dell'accollo, la semplice lettura dell'art. 1273 c.c. rende evidente che si tratta di una convenzione tra vecchio e nuovo debitore alla quale è estraneo il creditore. Considerato in diritto Il ricorso non merita accoglimento, siccome infondato. 1. Giova premettere che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, ai fini dell'opponibilità del diritto di garanzia reale sul bene oggetto del provvedimento di confisca di prevenzione, non basta che l'ipoteca sia stata costituita mediante iscrizione nei registri immobiliari prima del sequestro o del provvedimento ablativo, ma è richiesta l'inderogabile condizione della buona fede e dell'affidamento incolpevole del creditore ipotecario Sez. 5, n. 6449 del 16/01/2015 , con una indagine da compiersi, caso per caso, con riferimento alla ragionevolezza dell'affidamento, senz'altro non invocabile da chi versi in una situazione di negligenza, ad esempio, per avere notevolmente trascurato obblighi derivanti dalla stessa legge artt. 1175, 1176, 1189, 1337, 1341, 1366, 1375, 1393, 1396 e 1429 c.c , ovvero per non avere osservato comuni norme di prudenza attraverso cui accertarsi della realtà delle cose, anziché affidarsi alla mera apparenza dei fatti Sez. 6 n. 2334 del 15/10/2014 . Spetta al terzo di buona fede fornire la dimostrazione degli elementi da cui possa desumersi il suo affidamento incolpevole Sez. 5, n. 6449 del 16/01/2015 Sez. 1^, n. 8015 del 6 febbraio 2007, Servizi Immobiliari Banche S.i.b. S.p.a., Rv. 236364 Sez. 1^, n. 30326 del 29 aprile 2011, Mps Gestione Crediti Banca Spa e altri, Rv. 250910 Sez. 1^, n. 44515 del 27 aprile 2012, Intesa San Paolo S.p.a. e altri, Rv. 253827 cfr. Corte Cost. sent. n. 1/1997 , ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l'ignoranza o il difetto di diligenza Sez. 1^, n. 2501 del 14 gennaio 2009, San Paolo Imi S.p.a., Rv. 242817 , in linea con quanto rilevato dalle Sezioni Unite Civili, le quali, interpretando il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52, espressamente richiamato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 200 , hanno sottolineato come la menzionata disposizione non contenga previsioni espresse in termini di prova - vale a dire non precisi a chi spetti provare la buona fede e l'affidamento incolpevole - ma che ciononostante debba ritenersi che l'elaborazione giurisprudenziale negli anni maturata, soprattutto nell'ambito penale, e la veste sostanziale di attore nel procedimento giurisdizionale di ammissione, che assume il creditore, convergano nell'addossare a quest'ultimo la prova positiva delle condizioni per l'ammissione al passivo del suo credito, essendo tale conclusione conforme al canone ermeneutico dell'intenzione del legislatore, dovendosi supporre che il legislatore razionale - quando emana una legge - conosca il diritto vivente facendolo normativamente proprio qualora non provveda, come nel caso di specie, ad innovarlo Sez. Un. Civili, Sentenza n. 10532 del 7 maggio 2013, Rv. 626570 Sez. 5, n. 6449 del 16/01/2015 . 2.Una volta che l'istante abbia allegato elementi idonei a comprovare, in relazione alle condizioni del caso concreto, la propria buona fede nella concessione del credito e la non strumentante dello stesso all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, il giudice che intenda respingere l'istanza di ammissione è tenuto a fornire adeguata motivazione sulle ragioni per cui tali elementi debbano ritenersi insufficienti. Nella valutazione che il giudice è tenuto a compiere, al fine della verifica della ricorrenza o meno della buona fede, i criteri di riferimento si rinvengono nel disposto dell'art. 52/3 D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, applicabile alla fattispecie in esame, in virtù del quale nella valutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale, nonché, in caso di enti, alle dimensioni degli stessi . Tali parametri normativi di giudizio non possono, peraltro, ritenersi né esclusivi, né vincolanti ed il giudice pur dovendo obbligatoriamente tener conto degli stessi, può, tuttavia, prenderne in considerazione anche altri, non espressamente menzionati dal legislatore, ovvero disattendere quelli normativamente previsti, purché in tal caso supporti con idonea motivazione la sua decisione. 3. Tanto precisato, si osserva che il ragionamento del Tribunale che ha concluso per la mancata dimostrazione nel caso di specie da parte del Banco di Napoli s.p.a. degli elementi idonei, in relazione alle condizioni del caso concreto, ad attestare la buona fede o l’affidamento incolpevole nella concessione del credito e della normale diligenza richiesta nel caso concreto per violazione del dovere informativo non merita censure. 3.1. Le valutazioni del Tribunale partono dalla chiara premessa che, come già accennato, il tema di indagine è circoscritto alla fase del frazionamento l'ipoteca originariamente iscritta sull'intero complesso immobiliare e all'accollo del mutuo da parte della M. , una volta dato per scontato che non era concesso all'Istituto Bancario di operare verifiche sulle persone dei soci di una cooperativa all'atto della erogazione dell'originario finanziamento e che dunque l'istante Istituto di Credito aveva agito in quella fase con diligenza e corretti criteri di gestione. In base a tali chiare ed inequivoche premesse appare ultroneo affrontare la questione introdotta, sia in ricorso, che nella memoria di replica circa la ricorrenza della buona fede all'atto della erogazione della concessione del mutuo da parte dell'istituto bancario risultando tale dato pacifico ed indiscusso anche in relazione alla posizione della socia della cooperativa M.R. . Infondata si presenta, inoltre, in proposito la deduzione, secondo la quale l'indagine relativa alla ricorrenza della buona fede doveva essere circoscritta al momento dell'erogazione del mutuo e non al successivo momento dell'accollo. È sufficiente richiamare in proposito il principio affermato da questa Corte secondo cui in materia di misure di prevenzione patrimoniale, ai fini dell'opponibilità del diritto di garanzia sul bene oggetto del provvedimento di confisca, la verifica della buona fede del terzo creditore va operata con riguardo al momento in cui il contratto di garanzia è stato stipulato e, in caso di successione nell'originario rapporto giuridico, l'accertamento giudiziale deve investire anche le circostanze in cui tale successione si è realizzata Sez. 6, n. 2334 del 15/10/2014 . 3.2. Il Tribunale, invece, con riferimento specifico al momento direttamente coinvolgente la M. , ossia quello del frazionamento della proprietà e dell'ipoteca originariamente iscritta sull'intero fabbricato, con accollo della quota parte dell'originario mutuo da parte della predetta assegnataria - a fronte dell'addotta ineccepibilità del comportamento della banca perché l'accollo non poteva essere impedito - ha ritenuto, invece, che, pur in presenza di un accollo di mutuo cumulativo l'istituto bancario avesse, comunque, violato il proprio dovere di assumere informazioni, sulla base, in sintesi, delle seguenti considerazioni - la garanzia del credito concesso, in base al principio della buona gestione del credito , non può essere soddisfatta esclusivamente dal valore del bene offerto in garanzia, attraverso la costituzione di ipoteca, prescindendo dalla accertata affidabilità del debitore, fatta salva la libera scelta dell'istituto di credito, quale operatore commerciale, di assumere rischi elevati che, però siano ben conosciuti e, comunque, la posizione e la figura del debitore non ha mai costituito dato neutro per gli istituti di credito, pur in presenza di una garanzia ipotecaria -la natura non privativa, bensì cumulativa dell'accollo del mutuo operato dalla M. - in virtù della quale non interessava verificare alla banca la posizione dell'assegnataria in accollo, restando il credito pur sempre garantito, solidalmente e/o sussidiariamente, dall'originario debitore contraente la cooperativa Edil Lazio a r.l. - non appare decisiva, posto che, trattandosi di cooperativa, non doveva sfuggire al creditore la circostanza che l'assegnazione degli alloggi direttamente in capo ai singoli soci con frazionamento dell'originaria ipoteca inscritta in data 13 giugno 1987 ai nn. 15810/2431 contro Edil Lazio a r.l. in singole quote avrebbe determinato, di fatto, lo svuotamento delle titolarità dei beni in capo alla società, con il conseguente depauperamento del patrimonio materialmente posseduto, tanto da tradursi solo formalmente in un accordo cumulativo - l'istituto erogatore avrebbe dovuto, in effetti, ben sapere che, in presenza di un assegnatario accollante in ipotesi incapiente e vedremo di seguito quale fosse la situazione reddituale della M. , eventuali azioni giudiziarie per il recupero del proprio credito insoluto avrebbero avuto ben poche possibilità di sortire un esito favorevole, anche con riguardo al creditore originario, ovvero la Edil Lazio s r.l., e, comunque, si sarebbero solidalmente rivolte nei confronti di un debitore la Cooperativa con una situazione economica ben meno solida, essendosi la società nelle more privata - attraverso le assegnazioni degli alloggi - della gran parte del suo patrimonio immobiliare - riprova ne è che, a fronte di mancato pagamento delle rate di mutuo a partire già dalla scadenza dell'1.1.1996 e fino alla scadenza del piano di ammortamento cadente in data 1.7.2004, l'Istituto Bancario non risulta aver mosso alcuna contestazione nei confronti della cooperativa Edil Lazio a r.l. in relazione alla sofferenza a debito, né promosso, sia pur in via solidale e/o sussidiaria, nei confronti della medesima alcuna azione giudiziaria di condanna, né tantomeno, conseguentemente, posto in essere i successivi atti esecutivi, o, almeno, di tali atti non è stata fornita alcuna traccia documentale in atti - a fronte, dunque, del sub-ingresso della M. , in assenza di qualsiasi accertamento sulla sua personalità, solvibilità ed affidabilità, l'Istituto istante ha scelto nel momento di sofferenza , determinato dal mancato pagamento dei ratei, di non procedere giudizialmente nei confronti della Cooperativa, mostrando all'evidenza di aver operato - tra l'altro - una sostanziale liberatoria del primo contraente il mutuo , che di per sé è contraria a qualsivoglia ipotesi di rafforzamento della posizione creditoria del banco derivante dall'astratta solidarietà nel debito. - in definitiva l'analisi economica dei dati di cui l'istituto di credito disponeva, o doveva necessariamente disporre, quale operatore economico particolarmente qualificato, dotato di tutti gli strumenti di analisi da utilizzarsi nel caso di specie, avrebbe dovuto, viceversa, indurre l'insorgere di serie perplessità sulla figura dei coniugi Mi. /M. , sulle loro capacità reddituali, sul loro tenore di vita e sulla derivazione illecita delle loro capacità economiche. 3.3. In tale valutazione il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte in fattispecie del tutto analoga di accollo di mutuo fondiario, in virtù dei quali è da ritenersi non provata la buona fede qualora la banca non svolga alcun accertamento, nel momento della comunicazione del sub ingresso nel contratto di mutuo del nuovo debitore, né successivamente, volto a verificare la solvibilità e affidabilità del medesimo oltre alla sua personalità Sez. 1, n. 44515 del 27/04/2012 . Nel caso di specie tale astensione da ogni attività istruttoria anche sommaria, si è tradotta nell'omesso rilievo da parte dell'Istituto - imputabile di colpevole mancanza della ordinaria diligenza, coerente con la buona gestione del credito e con il principio che regola le transazioni e che impone di non considerare satisfattivo della garanzia del credito concesso il solo valore del bene offerto in garanzia - della posizione della cessionaria, M.R. , beneficiaria del mutuo erogato e debitrice dei relativi ratei, coniuge di Mi.Bi. , soggetto che già all'epoca dell'accollo da parte della consorte risultava gravato da gravissimi titoli di reato e ritenuto soggetto pericoloso. 3.4. La mancanza di una istruttoria del resto risulta chiaramente comprovata da quanto evidenziato all'udienza del 15 gennaio 2013, dal Dott. Giulio Vecchione, responsabile dell'ufficio recupero crediti del Banco di Napoli, e dal Dott. Caputo Gennaro, funzionario del settore mutui del Banco di Napoli. 4. Per quanto concerne le doglianze del ricorrente, secondo le quali esso istituto di credito non era tenuto ad assumere informazioni sulla cessionaria, trattandosi di accollo cumulativo e non potendo incidere su tale rapporto negoziale riguardante solo l'accollato e l'accollante, ai sensi dell'art. 1273 c.c., invocando all'uopo un precedente di questa Corte Sez. 6, n. 2334 del 15/10/2014 , esse non meritano accoglimento. Se è pur vero, infatti, che il contratto di accollo prescinde dal consenso dell'accollatario creditore, tuttavia, esso ha un'efficacia esterna nei confronti del medesimo accollatario, nel senso che quest'ultimo, non essendo parte del contratto acquista nondimeno il diritto a pretendere direttamente l'adempimento dell'obbligo assunto dall'accollante, che diviene suo nuovo debitore e ne risponde, pertanto, anche nei suoi confronti, oltreché verso l'accollato, sua controparte nel contratto. 4.1. L'art. 1273 c.c., costruisce l'ipotesi di accollo a efficacia esterna come vero e proprio contratto a favore di terzo e l'adesione all'accollo da parte del creditore sortisce l'effetto di rendere irrevocabile la relativa stipulazione Sez. 1 civ., n. 4383 del 2014 26/06/2013 . Per il creditore accollatario, in ogni caso, sia nell'ipotesi di adesione all'accollo, sia di comportamento inerte, sia di opposizione, la posizione del debitore accollante non è indifferente ed in relazione ad essa, in funzione degli effetti scaturenti dal contratto, pur non potendo incidere sull'accollo, esso terzo beneficiario può assumere, per tutelare al meglio il credito, plurimi comportamenti, che devono essere improntati, all'evidenza, ai doveri di diligenza relativi alla qualità di operatore particolarmente qualificato, con la verifica, innanzitutto, della posizione del debitore accollante. 4.2. Va, in particolare, evidenziato che non meritano censura le valutazioni svolte nell'ordinanza impugnata, in merito alle circostanze da ritenersi sintomatiche, nella peculiare fattispecie in esame, di una condotta negligente della banca e segnatamente quella che, nel caso di cooperativa edilizia, a differenza di altri modelli societari, l'assegnazione degli alloggi direttamente in capo ai singoli soci, con frazionamento dell'originaria ipoteca, determina, di fatto, lo svuotamento del patrimonio della società per il raggiungimento dell'oggetto, sicché, venendo meno di fatto la garanzia patrimoniale del debitore originario, diventa fondamentale la valutazione del profilo del debitore - accollante, nonché quella che, avendo la banca ricorrente scelto nel momento di sofferenza , determinato dal mancato pagamento dei ratei da parte della M. , di non procedere giudizialmente nei confronti della Cooperativa, avrebbe operato una sostanziale liberatoria del primo contraente il mutuo , con la conseguenza che era ancor più importante l'accertamento della posizione della predetta accollante. 5. Il ricorso va, pertanto, respinto ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.