Travisamento del fatto o della prova?

Il tema del travisamento del fatto o della prova e la relazione con l'errore di fatto revocatorio rappresenta un tema che ha acquisito ancora maggiore importanza dopo la l. n. 18/2015 che ha modificato la legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Ed infatti, ai sensi del comma 3 dell'art. 2 costituisce colpa grave proprio il travisamento del fatto o delle prove.

Inoltre, le categorie appena richiamate sono intimamente connesse ai limiti del sindacato della Corte di Cassazione ed infatti, sebbene il ricorso per cassazione consenta un controllo di legittimità della decisione impugnata la tendenza dei ricorrenti è sempre stata quella di tentare di sottoporre alla Suprema Corte la rivalutazione del materiale probatorio attraverso il vizio di motivazione. Diviene, quindi, sempre più importante cercare di comprendere quale sia il contenuto che la Suprema Corte attribuisce alle categorie del travisamento del fatto o della prova. Il travisamento della prova. In quest'ambito assume particolare importanza la sentenza emessa dalla sez. I Penale della Cassazione il 20 luglio 2015, n. 31406, poiché approfondisce il tema, sollecitata da un ricorso con il quale era stato denunciato un travisamento della prova oltre alla carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Orbene, ricorre il travisamento della prova quando esiste una palese divergenza del risultato probatorio rispetto all'elemento di prova emergente dagli atti processuali . In questo caso, non si chiede, quindi, alla Suprema Corte di rivalutare il fatto attività incompatibile con il sindacato di legittimità , ma si constata che esiste nella motivazione una informazione probatoria contraddetta da uno specifico atto processuale. Il travisamento della prova, quindi, si colloca nel contesto del vizio di motivazione ed infatti, l'obbligo di fedeltà della motivazione agli atti processsuali e probatori ha assunto un rilievo centrale dopo la l. n. 46/2006. La verifica del dato probatorio non equivoco. Ecco allora che, per riprendere quanto recentemente affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 10749/2015 in campo civile, non occorre valutare la prova, ma occorre verificare se esiste un dato probatorio non equivoco e insuscettibile di essere interpretato in modo diverso o alternativo e purché sia decisivo. Motivazione logicamente non contraddittoria. In altri termini, per non essere cassata la motivazione non deve risultare logicamente incompatibile con altri atti del processo dei quali il ricorrente ha l'onere di indicare in termini specifici ed esaustivi nei motivi posti a base del ricorso per cassazione. Non è quindi sufficiente un mero contrasto” degli atti processuali con particolari accertamenti e valutazioni del giudice ovvero con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti, ma occorre che quegli atti richiamati siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Peraltro, il controllo sulla motivazione si risolverà in ogni caso in una valutazione di carattere necessariamente unitario globale sulla reale esistenza della motivazione e sulla permanenza della resistenza logica del ragionamento del giudice.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 maggio – 20 luglio 2015, n. 31406 Presidente Siotto – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Il 23 gennaio 2014, all'esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Trento, in composizione monocratica, dichiarava K.O. e B.M. colpevoli del reato previsto dall'art. 4 l. n. 110 del 1975 per avere portato fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, il B. una pietra e il K. un bastone. 2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, gli imputati, i quali lamentano violazione di legge e carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, travisamento della prova in ordine agli elementi posti a base dell'affermazione di penale responsabilità, alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato e ritenuto in sentenza, all'esclusione della legittima difesa. Osserva in diritto Il ricorso proposto dai due ricorrenti è manifestamente infondato. Il suo esame impone una triplice premessa. 1. Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all'inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione Sez. U., n. 25080 del 28 maggio 2003 . 2. Alla luce della nuova formulazione dell'art. 606, lett. e , c.p.p., così come novellato dall'art. 8 della 1. 20 febbraio 2006 n. 46, il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia a sia effettiva e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata b non sia manifestamente illogica , in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica c non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute d non risulti logicamente incompatibile con altri atti del processo indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per cassazione in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico Sez. 6, n. 10951 del 15 marzo 2006 . Non è, dunque, sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente contrastanti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità né che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l'analisi di un complesso di elementi di segno non univoco e l'individuazione, nel loro ambito, di quei dati che - per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un'unica spiegazione - sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento. È, invece, necessario che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l'esistenza di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Il giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti atti del processo . Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi - anche a fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi atti del processo e di una correlata pluralità di motivi di ricorso - in una valutazione, di carattere necessariamente unitario e globale, sulla reale esistenza della motivazione e sulla permanenza della resistenza logica del ragionamento del giudice. Al giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell'ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l' iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione. 3. La categoria logico-giuridica del travisamento della prova deve essere tenuta distinta da quella concernente il vizio di travisamento del fatto . La prima, infatti, a differenza del secondo, implica non una rivalutazione del fatto, che è incompatibile con il giudizio di legittimità, ma la constatazione che esiste una palese divergenza del risultato probatorio rispetto all'elemento di prova emergente dagli atti processuali e che, quindi, una determinata informazione probatoria utilizzata in sentenza, oggetto di analitica censura chiaramente argomentata, è contraddetta da uno specifico atto processuale, pure esso specificamente indicato. La recente riformulazione dell'art. 606 lett. e c.p.p. ad opera dell'art. 8 della l. n. 46 del 2006, non confermando l'indeclinabilità della regola preclusiva dell'esame degli atti processuali ed ammettendo un sindacato esteso a quelle forme di patologia del discorso giustificativo riconoscibili solo all'esito di una cognitio facti ex actis , colloca il vizio di travisamento della prova, cioè della prova omessa o travisata, rilevante e decisiva, nel peculiare contesto del vizio motivazionale, attesa la storica inerenza di esso al tessuto argomentativo della ratio decidendi Cass. Sez. VI, 20 marzo 2006, rv. 233621 Cass., Sez. I, 9 maggio 2006, rv. 233783 Cass., Sez. II, 23 marzo 2006, rv. 233460 Cass., Sez. V, 11 aprile 2006, rv. 233789 Cass., Sez. IV, 28 aprile 2006, rv. 233783 Cass., Sez. Ili, 12 aprile 2006, rv. 233823 . In virtù della novella legislativa del 2006 viene ad assumere, pertanto, pregnante rilievo l'obbligo di fedeltà della motivazione agli atti processuali/probatori, risultandone valorizzati i criteri di esattezza, completezza e tenuta informativa e, al contempo, rafforzato quell'onere di indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto a sostegno del singolo motivo di ricorso, che già gravava sul ricorrente ai sensi dell'art. 581 lett. c c.p.p Il vizio di prova omessa o travisata sussiste, peraltro, soltanto quando l'accertata distorsione disarticoli effettivamente l'intero ragionamento probatorio e renda illogica la motivazione, per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio trascurato o travisato, secondo un parametro di rilevanza e di decisività. 3. Esaminata in quest'ottica la motivazione della sentenza impugnata si sottrae alle censure che le sono state mosse dai ricorrenti che hanno denunciato, da un lato, la carenza, l'illogicità e l'intrinseca contraddittorietà della motivazione e, dall'altro, hanno ricondotto alla categoria logico-giuridica della prova omessa o travisata non l'omessa pronunzia su un significativo dato processuale o probatorio né la palese divergenza del risultato probatorio rispetto all'elemento di prova emergente dagli atti processuali, bensì l'erronea valutazione di attendibilità e concludenza dell'elemento probatorio, avvenuta in violazione delle regole ermeneutiche che devono presiedere la struttura logica della motivazione in fatto. Il provvedimento impugnato, con motivazione all'evidenza esente da manchevolezze, evidenti incongruenze o da interne contraddizioni e con puntuale e corretto richiamo alle risultanze processuali, ha illustrato il complesso degli elementi verbali di perquisizione e sequestro, indagini di polizia giudiziaria posti a base dell'affermazione di penale responsabilità degli imputati. In realtà, i ricorrenti, pur denunziando formalmente una violazione di legge in riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all'art. 192, comma 2, c.p.p., non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso travisamento del fatto, chiedono la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia - come nella specie - una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della coscienza e volontà dei ricorrenti di portare, senza giustificato motivo, l'uno K. un bastone e l'altro B. una pietra. 4. La sentenza impugnata è, all'evidenza, esente da censure anche nella parte in cui ha ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi della contravvenzione contestata, tenuto conto delle caratteristiche degli oggetti portati dai ricorrenti e della loro naturale destinazione all'offesa alla persona, avuto riguardo alle circostanze di tempo e di luogo Sez. 1, n. 503 del 3 dicembre 1993 Sez. 5, n. 43348 del 10 luglio 2008 . 5. Del tutto in conferenti, avuto riguardo alla tipologia del reato contestato, è la prospettazione dell'esimente della legittima difesa, fondata su di una non consentita lettura alternativa dei fatti a fronte di un coerente impianto motivazionale. 6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l'assenza di colpa nella proposizione dell'impugnazione Corte Cost. sent. n. 186 del 2000 , al versamento ciascuno della somma di mille Euro alla cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento ciascuno della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.