Il ne bis in idem sussiste nel caso di assoluta identità del fatto storico

In tema di giudicato penale, ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l'identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona.

Lo ha stabilito la I sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31208, depositata il 17 luglio 2015. E’ possibile valutare aspetti particolari dello stesso fatto In generale, è legittimo assumere, come elemento di giudizio autonomo, circostanze di fatto raccolte nel corso di altri procedimenti penali, pur quando questi si siano conclusi con sentenze irrevocabili di assoluzione. Questo perché la preclusione del giudizio impedisce soltanto l'esercizio dell'azione penale per il fatto-reato che di quel giudicato ha formato oggetto, ma non la possibilità di una rinnovata valutazione delle risultanze probatorie acquisite nei processi ormai conclusisi, una volta stabilito che quelle risultanze probatorie possono essere rilevanti per l'accertamento di reati diversi da quelli già giudicati. Infatti l'inammissibilità di un secondo giudizio per lo stesso reato non vieta di prendere in considerazione lo stesso fatto storico, o particolari suoi aspetti, per valutarli liberamente ai fini della prova concernente un reato diverso da quello giudicato, in quanto ciò che diviene irretrattabile è la verità legale del fatto-reato, non quella reale del fatto storico. In altri termini, l'inammissibilità di un secondo giudizio per lo stesso reato, non vieta di prendere in considerazione il medesimo fatto storico per valutarlo ai fini della prova di altro reato, anche nell'ambito dello stesso processo e nei confronti del medesimo imputato. nel limite del divieto di bis in idem. Nella decisione in commento, i giudici della I sezione Penale non si discostano dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il principio del ne bis in idem impedisce al giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali, indipendentemente dalla qualificazione attribuita al fatto. In altre decisioni, la Suprema Corte ha statuito che per medesimo fatto, ai fini dell'applicazione del principio del ne bis in idem di cui all'art. 649 c.p.p., deve intendersi identità degli elementi costitutivi del reato, considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica, ma anche in quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente più disposizioni di legge. Peraltro, la preclusione del ne bis in idem non opera ove tra i fatti già irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia configurabile un'ipotesi di concorso formale di reati , potendo in tal caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, salvo che nel primo giudizio sia stata dichiarata l'insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell'imputato. La casistica sul divieto di doppio giudizio per lo stesso fatto. In tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, la Cassazione ha ritenuto che non possa invocarsi il principio del ne bis in idem quando la partecipazione all'associazione venga desunta anche dalla commissione di altro reato per il quale sia già intervenuta condanna definitiva, in quanto l'inammissibilità di un secondo giudizio impedisce al giudice di procedere contro lo stesso imputato per il medesimo fatto, già giudicato con sentenza irrevocabile, ma non gli preclude di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo liberamente ai fini della prova di un diverso reato. In un altro caso, la Corte ha escluso la sussistenza del ne bis in idem , atteso che l'imputato era stato processato per l'indebito utilizzo di tessera bancomat e della sottrazione della stessa. Per la Corte, il delitto di furto della carta bancomat concorre con quello di cui all'art. 12, l. n. 143/91, limitatamente alla ipotesi dell'indebito utilizzo del medesimo documento, in quanto si tratta di condotte eterogenee sotto l'aspetto fenomenico, verificandosi la seconda quando la prima è ormai esaurita e non trovando, l'uso indebito, un presupposto necessario ed indefettibile nell'impossessamento illegittimo. Ed ancora, in un’ ulteriore fattispecie, la Corte ha ritenuto l'identità del fatto di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio in presenza del rinvenimento di un ulteriore quantitativo di sostanza stupefacente diverso rispetto a quello già scoperto nel corso della medesima perquisizione - medio tempore interrotta per ragioni di forza maggiore - e detenuto dall'imputato nelle medesime circostanze di tempo e di luogo riferite al quantitativo già precedentemente trovato. Quanto al caso di omicidio preterintenzionale, il Tribunale della libertà ha escluso l'identità del fatto, rilevante ai fini della preclusione di cui all'art. 649 c.p.p., nel caso che le lesioni, per le quali si sia già proceduto, abbiano solo successivamente determinato la morte della persona offesa dalla condotta dell'agente

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 marzo – 17 luglio 2015, n. 31208 Presidente Siotto – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Con ordinanza emessa in data 6 giugno 2014 il Tribunale di Milano - quale giudice della esecuzione - rigettava l'istanza proposta da A.N. , tendente alla revoca della sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 25 maggio 2011 con cui era stata applicata la pena di giorni venti di reclusione a titolo di aumento per la riconosciuta continuazione con fatti già giudicati dalla Corte di Appello di Milano in data 20 aprile 2009 sentenza irrevocabile il 23 aprile 2010 . In fatto, con la prima decisione divenuta irrevocabile - quella emessa dalla Corte di Appello nel 2009 - A.N. era stato ritenuto responsabile di alcune rapine e del reato di evasione continuata” dagli arresti domiciliari, descritto al capo n. 34, per fatti avvenuti tra il OMISSIS e il OMISSIS . Con la seconda decisione, divenuta irrevocabile il 23 giugno 2011, ad A.N. era stata applicata la pena per due condotte di evasione dagli arresti domiciliari la prima avvenuta il OMISSIS e la seconda il OMISSIS . Ad avviso del Tribunale, che premette la corrente nozione per cui l'identità del fatto - di cui all'art. 649 cod.proc.pen. - sussiste solo in presenza di coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta condotta, evento, nesso causale , i fatti di evasione giudicati in data 25 maggio 2011 sono ulteriori e diversi” rispetto a quali ricompresi nella sentenza del 20 aprile 2009, posto che nel primo procedimento l'imputazione riguardava le evasioni commesse in occasione” e connessione teleologica con le singole rapine. Non poteva pertanto dirsi ricompreso, nel primo accertamento, l'intero periodo” intercorso tra il OMISSIS e il OMISSIS . Tale ricostruzione sarebbe confermata dal fatto che nel secondo procedimento lo stesso imputato ha chiesto ed ottenuto l'applicazione di pena in continuazione. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - con personale sottoscrizione - A.N. , deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione. Nel ricorso si contesta la esattezza della ricostruzione in fatto e in diritto del rapporto esistente tra le due decisioni irrevocabili. Nella prima ipotesi - quella decisa dalla Corte di Appello nel 2009 - si trattava di reato continuato commesso dal OMISSIS ” e pertanto tale decisione sottintende il mancato rientro dell'A. presso la abitazione ove era ristretto per l'intero periodo in questione, comprensivo dei due specifici episodi di evasione contestati nel secondo procedimento. La prima sentenza, pertanto, ingloba - secondo il ricorrente - i singoli fatti oggetto della seconda decisione, in contrasto con quanto ritenuto dal giudice dell'esecuzione. 3. Il ricorso è in parte fondato, per le ragioni che seguono. 3.1 La premessa in diritto contenuta nel provvedimento impugnato risulta corretta, posto che per medesimo fatto va inteso - sul piano naturalistico - l'accadimento storico che presenti caratteri di assoluta identità in riferimento a condotta, evento e nesso causale sul punto, tra le molte, Sez. V n. 16703/2009, rv 243330 . Al fine di apprezzare, tuttavia, la ricorrenza o meno di tale sovrapponibilità delle vicende oggetto di giudizio va fatto riferimento alla intervenuta descrizione del fatto” nelle imputazioni poste a confronto. Ora, nel caso della sentenza emessa dalla Corte di Appello in data 20 aprile 2009 divenuta irrevocabile per prima la contestazione delle diverse condotte di evasione è - indubbiamente - posta in correlazione logica e storica con i singoli episodi di rapina contestualmente giudicati, nel senso che si è ritenuto violato” il regime degli arresti domiciliari più volte da qui la ritenuta continuazione e in occasione” delle condotte di rapina tenute dal OMISSIS in poi sino al 28 dicembre dello stesso anno . Da tale tecnica descrittiva del reato di evasione derivano due essenziali conseguenze. La prima è che non si tratta di una condotta unica con effetti permanenti – come adombrato nel ricorso - ma di più condotte. La seconda è che per riempire il vuoto descrittivo dello specifico capo di imputazione sugli eventi di evasione dovrà farsi riferimento alle date in cui risultano consumate le singole rapine oggetto di giudizio il capo di imputazione, circa la data delle singole condotte di evasione è formulato per relationem agli altri capi . Ora, dall'esame complessivo delle imputazioni di rapina risulta, in effetti, ricompreso il giorno OMISSIS capi 14 e 27 ma non risulta ricompreso il giorno OMISSIS . Trattasi dei due giorni rilevanti in riferimento alla descrizione dei fatti oggetto di giudizio nel secondo procedimento. Da ciò derivano, in parziale accoglimento del ricorso, le seguenti considerazioni. 3.2 Per quanto riguarda il solo episodio di evasione dagli arresti domiciliari commesso il OMISSIS lo stesso era già ricompreso nella decisione emessa dalla Corte di Appello di Milano il 20 aprile 2009 e sussiste, pertanto, in tale parte, la violazione del divieto di secondo giudizio, a nulla rilevando la modalità di definizione del secondo procedimento con applicazione pena su richiesta . A differenza del mero vizio processuale che non sopravvive al giudicato , infatti, la violazione del ne bis in idem è deducibile in fase esecutiva, essendovi previsione normativa tipica, rappresentata dall'art. 669 cod.proc.pen L'applicazione di tale norma, peraltro, può essere - nel caso in esame – realizzata in via diretta da questa Corte di legittimità, non essendo necessario procedere ad annullamento con rinvio. Vi è infatti espressa richiesta della parte di revoca della decisione emessa il 25 maggio 2011 e ciò consente di provvedere ad eliminare - data la parziale fondatezza della doglianza - la parte di pena corrispondente al fatto” che al momento della decisione era in realtà colpito da improcedibilità per precedente giudicato. Si tratta, come si è detto, della pena relativa alla violazione di legge avvenuta in data 19 dicembre 2007, consistente in giorni dieci di reclusione ciò perché per i due episodi del tutto analoghi era stata applicata la pena di giorni venti di reclusione, in continuazione sul precedente giudicato . Va pertanto, in accoglimento parziale del ricorso, emesso il dispositivo che segue. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente al fatto commesso in data 19 dicembre 2007 e per l'effetto revoca la sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 25.5.2011 n. 6418/11 nei confronti di A.N. limitatamente al medesimo fatto ed elimina la relativa pena che determina in giorni dieci di reclusione.