L’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui se prevedibile

I giudici di legittimità riaffermano un principio già noto in materia di circolazione stradale. La violazione di una norma cautelare, seppure collegata ad un comportamento imprudente altrui, determina comunque responsabilità se non si dimostra che manca qualsiasi addebito di colpa specifica o di colpa generica. In particolare, il principio di affidamento in materia di circolazione stradale trova temperamento nel principio per il quale si ravvisa comunque responsabilità dell’utente anche in caso di comportamento imprudente altrui qualora tale comportamento risulti prevedibile.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione, sez. IV Pen., n. 31242 depositata il 17 luglio 2015. La ricostruzione dell’incidente. Il caso prospettato innanzi ai giudici di legittimità nella commentata sentenza concerne un episodio di omicidio colposo per violazione delle norme del Codice della Strada ed, in particolare, dell’art. 154, comma 1, lett. a Cambiamento di direzione o di corsia o altre manovre . Il ricorrente, nello svoltare a sinistra, pur avendo apprezzato il sopraggiungere di un motoveicolo in sorpasso, completava la manovra comportando la brusca frenata del motoveicolo e l’occorso omicidio del conducente dello stesso. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, il ricorrente non avrebbe prestato la giusta attenzione nell’effettuare la manovra di svolta a sinistra. Egli avrebbe dovuto assicurarsi di non creare pericolo od intralcio ad altri conducenti, tenendo conto della posizione, della distanza e della direzioni di quest’ultimi, secondo la lettera dell’art. 154 cds. Il ricorrente oppone, tuttavia, che la manovra di arresto non avrebbe evitato lo scontro tra l’autovettura ed il motociclo, il quale è da addebitarsi a parere della difesa alla frenata violenta del motoveicolo. Si tratterebbe dunque di un evento imprevedibile ed inevitabile. La causalità della colpa. Il giudici di legittimità specificano nella sentenza in commento che nulla può sindacarsi in riferimento alla ricostruzione della dinamica dell’incidente così come posta dai giudici di merito. Il giudizio di legittimità infatti non è un giudizio che può sindacare il merito. Ritengono corretta giuridicamente la decisione, poiché conforme al principio per il quale l’utente della strada è esente da responsabilità, nel caso di infortunio di terzo, se si prova che la condotta dello stesso sia immune da qualsiasi addebito di colpa specifica o di colpa generica. Nel caso di specie, i giudici hanno peraltro accertato che la violazione della norma cautelare di cui all’art. 154 cds da parte del ricorrente ha determinato il rischio di incidente stradale che la norma mirava a prevenire. Il principio di affidamento. La condotta del ricorrente, dunque, a parere dei giudici di legittimità ha svolto un ruolo efficiente nell’eziologia dell’incidente tale per cui corretta è stata la ricostruzione giuridica da parte dei giudici di merito, pur nella consapevole condotta colposa concorrente della vittima. Le norme del Codice della Strada impongono per loro natura doveri di diligenza e prudenza, anche allorquando gli accadimenti siano determinati da comportamenti altrui. L’evenienza che un conducente si affidi al fatto che altro conducente si atterrà alle norme sulla circolazione stradale, qualora mal riposta, costituisce ex se condotta negligente. Il principio di affidamento, infatti, in materia di circolazione stradale trova temperamento nel principio per il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di un altro utente se rientra nel limite della prevedibilità.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 giugno – 17 luglio 2015, n. 31242 Presidente Brusco – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto V.M. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole dei reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale in danno di P.N., conducente di un motoveicolo che, provenendo da tergo, nell'intraprendere una manovra di sorpasso dell'autoveicolo del V., a sua volta intento a cambiare direzione di marcia, per svoltare in una strada a sinistra, aveva perso il controllo del motoveicolo, a seguito di una brusca frenata, effettuata per evitare l'autoveicolo dell'imputato, finendo con l'urtare tale autoveicolo, sì da riportare lesioni poi rivelatesi mortali. L'addebito era articolato valorizzandosi, da parte del giudice di appello, in modo conforme a quanto apprezzato dal primo giudice, certamente i profili di colpa della conducente del motoveicolo che aveva effettuato un tentativo di sorpasso in presenza di espresso divieto, ad una velocità non adeguata e in violazione dei limiti-, ma anche il decisivo comportamento colposo dell'imputato, il quale, avendo, per sua stessa ammissione, apprezzato il sopraggiungere del motoveicolo, mentre era intento all'effettuazione della manovra di svolta, aveva deciso di proseguire nel completamento della manovra, mentre avrebbe dovuto semmai arrestare la marcia del proprio autoveicolo, sì da consentire alla conducente del motoveicolo di completare la manovra, sfilandosi a destra o a sinistra, anche perché non sopraggiungevano altri veicoli. Dalla ricostruzione dell'incidente, secondo i giudici di merito, so r doveva far discendere un giudizio positivo in ordine ai profili di colpa contestati all'imputato, il quale, alla guida del proprio veicolo, nell'intraprendere una manovra di svolta a sinistra, non aveva prestato la dovuta attenzione ai veicoli che sopraggiungevano da tergo, come impostogli dall'articolo 154, comma 1, lettera a , dei codice della strada, secondo cui i conducenti che intendono eseguire una manovra per immettersi nel flusso della circolazione, per cambiare direzione o corsia, per invertire il senso di marcia, per fare retromarcia, per voltare a destra o a sinistra, per impegnare un'altra strada, o per immettersi in un luogo non soggetto a pubblico passaggio, ovvero per fermarsi, devono assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi. Con il ricorso si deduce l'illogicità e la contraddittorietà della decisione di condanna, sostenendosi in primo luogo, attraverso una diversa ricostruzione dell'incidente, l'impraticabilità della manovra di arresto della marcia, che, si argomenta, non avrebbe impedito l'impatto in secondo luogo, sempre attraverso una riferita diversa valutazione degli elementi di fatto [qui, si citano alcune foto allegate alla perizia del PM], si sostiene che non vi sarebbe stato impatto diretto tra i due veicoli, mentre l'incidente sarebbe stato da ricondurre solo alla frenata violenta del motoveicolo, che avrebbe portato il mezzo ad impennarsi, per poi precipitare casualmente sul lunotto posteriore del veicolo in terzo luogo, in ordine ai profili di colpa, si sostiene l'imprevedibilità e l'inevitabilità dell'evento. E' stata depositata memoria difensiva nell'interesse dell'imputato a sostegno delle ragioni esposte nel ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Vale osservare che si è in presenza di una duplice affermazione di responsabilità, adeguatamente motivata, che non può essere qui sindacata, avendo i giudici del merito fatta satisfattiva applicazione dei principi vigenti in materia. Tra l'altro, il giudice di secondo grado, pur confermando la sentenza di primo grado, ha sottoposto a complessiva rivisitazione il compendio probatorio, valorizzando in modo particolarmente significativo anche i profili della colpa della vittima. In questa prospettiva, soccorre utilmente il principio pacifico secondo cui, ovviamente, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione Sezione IV, 5 dicembre 2007, Proc. Rep. Trib. Forlì in proc. Benelli nonché, Sezione IV, 12 dicembre 2008, Spinelli . Con la conseguenza che, a fronte di una disamina ampiamente argomentata, le diverse prospettazioni del ricorrente si risolvono in censure sull'apprezzamento del compendio probatorio, opinabili, sicuramente improponibili in sede di legittimità. Non può rinnovarsi qui la ricostruzione dell'incidente, tanto meno attraverso un richiamo, comunque generico, non foss'altro che per le conseguenze che se ne vorrebbero trarre, ad alcune fotografie allegate agli atti. La decisione, del resto, oltre che congruamente motivata, è giuridicamente corretta, siccome rispettosa del principio secondo cui, in materia di responsabilità da circolazione veicolare, l'utente della strada nel caso di infortunio subito da terzo va esente da penale responsabilità solo se sta provato che la sua condotta fu immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica osservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline , che della colpa generica negligenza, imprudenza, imperizia , presentandosi in tal caso la condotta medesima quale semplice occasione dell'evento v. Sezione IV, 19 settembre 2006, Minim . E va ancora soggiunto che i giudici di merito, nell'argomentare la condanna, non si sono limitati a considerare la violazione colposa addebitata al conducente del veicolo, ma ne hanno considerato adeguatamente il ruolo efficiente, così in sostanza riscontrando positivamente il fatto che la violazione cautelare suddetta aveva in effetti determinato il concretizzarsi proprio del rischio che essa mirava a prevenire c.d. causalità della colpa ergo, il rischio conseguente al sopraggiungere di veicoli, magari procedenti a velocità non adeguata, tali da rendere inevitabile un incidente, proprio del tipo di quello verificatosi. Ampiamente motivato è quindi il giudizio sulla condotta colposa e sul rilievo efficiente di questa ai fini della verificazione dell'incidente. Non ci si è limitati, quindi, ad un generico e aspecifico giudizio sulla violazione delle norme di cautela, ma si è verificato il ruolo efficiente di tale violazione nella eziologia dell'occorso, pur a fronte della condotta colposa concorrente della vittima. Mentre in questa ottica è chiaramente inconferente il tema evocato in ricorso delle modalità dell'urto [diretto o no] avvenuto tra i due veicoli, rilevando l'incidenza fattuale della condotta del conducente nella eziologia dell'occorso. In questa ottica, è stato ulteriormente rispettato il principio, con argomenti in fatto incensurabili, secondo cui I' utente della strada, nel caso di infortunio subito da un terzo anche per colpa di questi, potrebbe andare esente da responsabilità solo se provi che la sua condotta fu immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica, sì da presentarsi in tal caso la condotta medesima quale semplice occasione dell'evento. Ciò si spiega in quanto le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, cosicchè la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente il principio dell'affidamento, infatti, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilità Sezione IV, 20 febbraio 2015, Gennari . Principio qui calzante, in ragione della condotta colposa addebitata all'imputato, il quale, nell'intraprendere la manovra di svolta, pur accortosi del sopraggiungere dei motoveicolo come emerge, soprattutto dalla descrizione del fatto contenuta nella sentenza di primo grado non aveva saputo tenere una condotta di guida [secondo il giudice, l'arresto del veicolo] essenziale per evitare l'incidente. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.