Il nuovo testo della norma codicistica è applicabile ai giudizi cautelari in corso di esecuzione?

La norma che definisce l’ambito della motivazione sul punto relativo alle esigenze cautelari, ossia l’art. 274 c.p.p., appartiene alla sfera del diritto processuale, dunque soggiace alla regola 'tempus regit actum', non potendosi dunque ritenere carente di motivazione il provvedimento che abbia trascurato di esaminare profili delle esigenze cautelari non contemplati nella norma vigente nel momento in cui è stato pronunciato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30508, depositata il 15 luglio 2015. Il caso. Il Tribunale della libertà di Cagliari annullava parzialmente l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di F.L. dal gip presso il medesimo Tribunale in particolare, i Giudici della cautela da un lato ritenevano insussistente la gravità indiziaria ex art. 273 c.p.p. in relazione ad alcuni capi di imputazione, dall’altro confermavano il titolo custodiale in relazione ad un solo capo di imputazione afferente il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 e ritenevano sussistente l’esigenza cautelare di cui alla lettera c dell’art. 274 c.p.p Avverso tale ordinanza l’indagato ricorreva per cassazione deducendo vizi motivazionali del provvedimento impugnato in particolare, la mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, avendo omesso il Tribunale di valutare adeguatamente le circostanze fattuali della specifica vicenda processuale che avrebbero dovuto propendere per un giudizio di insussistenza della concretezza ed attualità delle esigenze la contraddittorietà della motivazione in quanto altri soggetti coindagati per il medesimo capo di imputazione avevano riacquistato la piena libertà o comunque avevano beneficiato degli arresti domiciliari. La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte, con la sentenza de qua , ha analizzato il problema della applicabilità, al caso di specie, del nuovo testo dell’art. 274 c.p.p. – così come recentemente modificato dalla l. n. 47/2015 – che richiede l’ attuale pericolo che l’indagato commetta gravi delitti, tra gli altri, della stessa specie di quello per cui si procede, aggiungendo che l’attualità e la concretezza del pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede . In altri termini, la Suprema Corte si è soffermata ad analizzare il problema della applicabilità del novum alla vicenda cautelare in corso di esecuzione. I limiti al sindacato di legittimità in sede cautelare. Il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi alla applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. Donde, ciò vale anche per l’individuazione dei limiti del sindacato di legittimità rispetto al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che è censurabile in questa sede soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato. L’applicabilità della nuova disciplina cautelare. Secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, in ambito processuale cautelare è vigente il principio del tempus regit actum , il quale comporta che a la nuova norma disciplina il processo dal momento della sua entrata in vigore b gli atti compiuti nel vigore della legge previgente restano validi c la nuova disciplina, quindi, non ha effetto retroattivo. Ora, nel caso di specie, i Supremi Giudici hanno ritenuto che la norma che definisce l’ambito della motivazione sul punto relativo alle esigenze cautelari, ossia l’art. 274 c.p.p., appartenga alla sfera del diritto processuale, dunque soggiaccia alla regola tempus regit actum , non potendosi dunque ritenere carente di motivazione il provvedimento che abbia trascurato di esaminare profili delle esigenze cautelari non contemplati nella norma vigente nel momento in cui è stato pronunciato. In ogni caso, e fermo restando ciò, il Supremo Consesso ha chiarito come il provvedimento impugnato è comunque esente da vizi di motivazione sia in merito al requisito della concretezza del pericolo di reiterazione criminosa sia in merito al requisito della attualità, peraltro già recepito quale presupposto implicito della misura cautelare dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore della precedente normativa. Le vicende cautelari dei coindagati non incidono sul proprio procedimento cautelare. La Suprema Corte ha chiarito come ogni procedimento cautelare è del tutto autonomo rispetto agli altri procedimenti incidentali de libertate , ancorché innestati nel medesimo processo, e che la frammentazione che ne deriva implica, per il margine di discrezionalità del giudice nella verifica delle singole posizioni, una diversità di valutazioni e di decisioni provvisorie e strumentali che non riflettono una valutazione complessiva della vicenda e sono inidonee ad influenzarsi reciprocamente.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 – 15 luglio 2015, numero 30508 Presidente D’Isa – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza in data 17/03/2015, ha parzialmente annullato in relazione ai capi d'imputazione nnumero 1, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale in data 9/02/2015, che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di F.L. , ed ha confermato la misura cautelare nei confronti dell'indagato in relazione al capo d'imputazione numero 10, ritenendo sussistente la gravità indiziaria in ordine al reato di cui all'articolo 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309. 2. F.L. propone ricorso per cassazione censurando l'ordinanza impugnata con unico motivo per contraddittorietà e mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari. Il ricorrente deduce che il Tribunale ha omesso di valutare che i fatti in contestazione risalgono al 2012 e che l'indagato si è astenuto da qualsiasi condotta illecita, pur essendo a conoscenza del procedimento penale a suo carico, quando è stata annullata la prima ordinanza applicativa di misura cautelare emessa nel 2014 nell'ambito del presente procedimento. Il Tribunale, si assume, ha ritenuto la sussistenza dell'ipotesi di cui all'articolo 274 lett.c cod. procomma penumero sulla base di precedenti penali risalenti e interamente espiati con misura alternativa alla detenzione mai violata, e non ha valutato la possibilità di ulteriori modalità applicative degli arresti domiciliari, quale l'utilizzo del cosiddetto braccialetto elettronico. La motivazione è, secondo il ricorrente, contraddittoria perché soggetti che rispondono del medesimo capo d'imputazione hanno riacquistato la libertà o beneficiato degli arresti domiciliari. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. È opportuno muovere dal principio secondo il quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all'applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Sez. 5, numero 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 Sez. 6, numero 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178 . Ciò vale certamente per l'individuazione dei limiti del sindacato di legittimità rispetto al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che è censurabile in questa sede soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato Sez. 1, numero 795 del 06/02/1996, Di Donato, Rv.204014 . Rigorosamente entro tale perimetro, pertanto, possono essere esaminate le doglianze del ricorrente, come innanzi indicate, alla luce del contenuto dell'ordinanza impugnata con la quale il Tribunale del riesame, per quel che attiene alla valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto attuali le esigenze di cui alla lett. c dell'articolo 274 cod. procomma penumero ed ha ritenuto inadeguata la misura degli arresti domiciliari. 3. Non può trascurarsi che il nuovo testo dell'articolo 274 cod.proc.penumero , come modificato dalla recente legge 16 aprile 2015, numero 47, entrata in vigore in data 8 maggio 2015, richiede l'”attuale” pericolo che l'indagato commetta gravi delitti, tra gli altri, della stessa specie di quello per cui si procede, aggiungendo che l'attualità e concretezza del pericolo non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede”. Ci si deve porre, dunque, il problema dell'applicabilità del novum alla vicenda cautelare in corso di esecuzione, allorché vi sia sollecitazione della parte che richieda, come nel caso in esame, l'annullamento della misura, dunque investa il giudice dell'impugnazione cautelare, nella vigenza delle modifiche normative, a pronunciarsi in merito alla legittimità della misura in corso di esecuzione. 4. Si rendono necessarie, sul punto, alcune considerazioni. 4.1. In seguito all'entrata in vigore del decreto-legge 23 febbraio 2009, numero 11, conv. con mod. dalla legge 23 aprile 2009, numero 38, che ha modificato l'impianto codicistico e, in particolare, l'articolo 275 cod.proc.penumero , con l'ampliamento del catalogo dei reati per i quali vale la presunzione legale di adeguatezza della sola custodia carceraria poi oggetto di una serie di pronunce d'illegittimità costituzionale che ne hanno via via ridotto l'ambito di applicazione , la Corte di Cassazione a Sezioni Unite Sez. U, numero 27919 del 31/03/2011, Ambrogio, Rv. 250196 si è pronunciata sulla questione del fenomeno successorio di leggi processuali penali e sugli effetti di tale fenomeno sui procedimenti cautelari in corso. Il canone tempus regit actum , si legge nella pronuncia delle Sezioni Unite, costituisce la traduzione condensata dell'articolo 11 R.D. 16 marzo 1942, numero 262 Disposizioni sulla legge in generale, cosiddette preleggi ed enuncia a che la nuova norma disciplina il processo dal momento della sua entrata in vigore b che gli atti compiuti nel vigore della legge previgente restano validi c che la nuova disciplina, quindi, non ha effetto retroattivo. Il principio tempus regit actum risponde ad esigenze di certezza e significa, in primo luogo che, di regola, la norma vigente al momento del compimento di ciascun atto ne segna definitivamente le condizioni di legittimità. Ma se l'atto compiuto non si esaurisce nel momento in cui si compie ed estende nel tempo i suoi effetti, occorre verificare quale sia la regola applicabile se, durante il tempo in cui si estendono gli effetti di un atto, la norma regolatrice muti. In materia di misure cautelari personali la citata pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che il momento genetico della misura cautelare, disciplinato dagli articolo 273 e 275 cod.proc.penumero , comporta la pronuncia di un'ordinanza che dispone l'applicazione di una misura cautelare che è atto istantaneo ma naturalmente destinato a produrre effetti protratti nel tempo. La protrazione dell'effetto restrittivo o limitativo della libertà personale indotto dalla misura cautelare necessita di verifica ed è regolata dall'articolo 299 cod.proc.penumero . Altro è, però, revocare o modificare una misura cautelare in atto in base ad un rinnovato apprezzamento del quadro indiziario e cautelare, altro è intaccare retroattivamente lo statuto normativo che aveva governato l'atto genetico e ne aveva definitivamente determinato le condizioni di legittimità ”. In base ai principi che regolano la legalità penale, desunti dall'articolo 25 Cost., dall'articolo 7 CEDU e dagli articolo 1 e 2 cod. penumero , la giurisprudenza costituzionale Corte Cost. numero 265 del 25 maggio 2010 numero 15 del 14 gennaio 1982 e la giurisprudenza della CEDU Corte EDU 17 settembre 2009, Scoppola comma Italia , hanno indotto la Corte Suprema a ribadire che nell'ordinamento processuale, tanto meno nell'ambito delle misure cautelari, non è rinvenibile un principio di irretroattività della norma meno favorevole né un principio di retroattività della norma più favorevole, imponendosi dunque una preliminare, corretta valutazione circa l'appartenenza della normativa sopravvenuta alla sfera del diritto penale sostanziale o processuale. La Corte di Cassazione ha, dunque, affermato il principio secondo il quale la nuova norma modificativa in senso peggiorativo della disciplina che regola l'applicazione di una misura cautelare non debba incidere sul provvedimento già in essere, non tanto in virtù dell'applicazione del principio di irretroattività della legge meno favorevole, quanto piuttosto perché travolgerebbe retroattivamente l'atto genetico della misura restrittiva della libertà e la disciplina legale che ne aveva legittimato l'adozione, in contrasto con il principio tempus regit actum . 4.2. Successivamente, la Corte di legittimità ha esaminato l'ipotesi di ius superveniens rappresentato dalle innovazioni normative apportate dalla legge 9 agosto 2013, numero 94, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 1 luglio 2013, numero 78, contenente Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena” in base alla quale, a seguito della interpolazione del testo dell'ari . 280, comma 2, cod.proc.penumero , il limite di pena per l'applicabilità della custodia cautelare in carcere è stato innalzato da quattro a cinque anni di reclusione, fatta salva la deroga per il delitto di finanziamento illecito dei partiti politici di cui all'articolo 7 legge 2 maggio 1974, numero 195. A seguito della predetta modifica normativa, la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, con la conseguente inapplicabilità di siffatta tipologia di misura coercitiva alle ipotesi di reato sanzionate con la pena della reclusione sino al limite edittale massimo di quattro anni. In tale occasione, la Corte ha ritenuto che, pur in assenza di una specifica disposizione transitoria, la modifica normativa in esame fosse senz'altro applicabile ai procedimenti cautelari in corso al momento dell'entrata in vigore della legge, venendo in rilievo, nel caso in esame, la trasformazione di un profilo essenziale di legittimità della misura della custodia cautelare in carcere, ossia quello dotato di valenza propriamente costitutiva”, inerente alle sue condizioni generali di applicabilità, la cui presenza non può, per qualsiasi ragione, venir meno in corso di esecuzione, se non al prezzo di un'inammissibile violazione del quadro costituzionale dei presupposti e delle condizioni di legalità delle limitazioni che possono essere tassativamente imposte alle libertà della persona ex articolo 13, comma 2, Cost., comma 2, e articolo 272 cod.proc.penumero . La pronuncia ha specificato che non vengono in rilievo, in tal caso, le implicazioni legate alle affermazioni di principio desumibili dalla precedente pronuncia delle Sezioni Unite, poiché in quel caso la modifica normativa era destinata ad incidere in malam partem sull'ambito di applicabilità delle restrizioni alla sfera della libertà personale, laddove, nell'ipotesi in questione, le modifiche processuali hanno inciso sulle stesse condizioni generali di legalità delle possibili limitazioni dello status libertatis , determinando un'oggettiva situazione di favore nella valutazione della regolarità del vincolo imposto alla libertà personale dell'indagato. La Corte ha soggiunto che Anche sotto altro, ma connesso profilo, del resto, pare impossibile anche solo prospettare una situazione di continuità temporale nell'applicazione della misura imposta, atteso che il vizio ontologico che in tal guisa si manifesta per via normativa e viene a colpire lo stesso fondamento costitutivo di una misura cautelare che non può più ritenersi legittimamente irrogata, sia pure per ragioni strettamente legate agli effetti del c.d. ius superveniens, non ne consentirebbe un prolungamento di efficacia neanche quale presupposto per la sostituzione con altra misura coercitiva prevista dalla legge ” Sez. 6, numero 48462 del 08/10/2013, Staffetta, Rv. 258042 . 4.3. In una successiva pronuncia, la Corte ha precisato che il contrasto tra le due precedenti sentenze era solo apparente, sottolineando comunque che la pronuncia delle Sezioni Unite, pur relativa ad un caso di lex superveniens più sfavorevole, non sembrava aver posto limiti, in materia processuale, al principio del tempus regit actum principio da interpretare non solo nel senso che il giudice deve applicare la legge regolatrice del processo in vigore nel momento in cui compie un determinato atto indipendentemente dalla data in cui il reato è stato commesso , ma comporta altresì che legittimità e regolarità dell'atto precedentemente compiuto, ossia specificamente l'oggetto del giudizio di legittimità, debbano essere valutate alla stregua della normativa allora vigente, senza che possano assumere rilievo successive modifiche della regola processuale. Ritenendo che il differente dictum delle due pronunce potesse essere composto considerando le differenze tra i due casi da ricercare nella natura sostanziale o processuale dell'intervento normativo piuttosto che negli effetti più o meno sfavorevoli della legge successiva , la Corte ha valutato che la sopravvenienza presa in esame dalle Sezioni Unite avesse chiaramente natura processuale perché regolava le modalità applicative della misura , mentre nel caso esaminato dalla Sesta Sezione il cambiamento influiva sulle stesse condizioni di applicabilità e cioè su un presupposto sostanziale, di legalità, della misura cautelare. Ha, quindi, ritenuto che anche una norma del codice di procedura, destinata ad applicarsi nel corso del processo, possa avere natura, anche solo in parte, sostanziale, laddove intervenga sulle condizioni di applicabilità e, quindi, di permanenza di una misura che incide sullo status libertatis del soggetto Sez. 5, numero 31839 del 10/06/2014, Florio, Rv. 260139 . 4.4. La questione in esame è stata, dunque, nuovamente affrontata dalle Sezioni Unite della Corte, dopo la pubblicazione, avvenuta il 5 marzo 2014, della sentenza della Corte costituzionale numero 32 del 2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articolo 4-bis e 4-vicies ter decreto-legge 30 dicembre 2005, numero 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, numero 49, al fine di verificare se la reviviscenza di un trattamento sanzionatorio differenziato in ragione della natura della sostanza stupefacente incida sui termini della custodia cautelare in carcere. In questa pronuncia vi è un importante richiamo alla già citata decisione della Corte EDU Grande Camera del 17 settembre 2009, Scoppola e. Italia nella parte in cui ha ritenuto che l'articolo 442, comma 2, cod. procomma penumero , ancorché contenuto in una legge processuale, sia norma di diritto penale sostanziale, in quanto, il paragrafo 2 dell'articolo 442 è interamente dedicato alla severità della pena da infliggere quando il processo si è svolto secondo questa procedura semplificata”. Si tratta, perciò, di una norma che rientra nel campo di applicazione dell'articolo 7, p.1, CEDU, che, secondo la più recente interpretazione della Corte di Strasburgo, comprende anche il diritto dell'imputato di beneficiare della legge penale successiva alla commissione del reato che prevede una sanzione meno severa di quella stabilita in precedenza” . La sentenza delle Sezioni Unite in esame ha, dunque, chiarito che il principio di retroattività della lex mitior va ricondotto, in via generale, alle norme concernenti le fattispecie penali e le sanzioni ivi previste, con esclusione delle norme processuali, che invece trovano il loro primo principio di riferimento nel diverso canone normativo del tempus regit actum di cui all'articolo 11 disp. prel. cod. civ. con la precisazione che le situazioni esaurite o il passaggio in giudicato della sentenza di condanna potranno sopportare il vaglio di ulteriori valutazioni attraverso l'analisi del filtro di ragionevolezza riconducibile alla considerazione di ulteriori interessi confliggenti, come affermato, positivamente, in tema di prescrizione con fa sentenza numero 393 del 2006 della Corte Costituzionale, in modo tale che l'esegesi applicativa delle norme aventi valore procedurale potrà trovare una ponderazione di sistema nelle previsioni cui per il cittadino sono legati interessi di natura prettamente sostanziale, primo fra tutti quello alla libertà, che trova il suo presidio costituzionale nell'articolo 13 Cost. ”. Ad ulteriore specificazione, nella sentenza si ancorano i criteri di determinazione dei termini di durata della custodia cautelare alla disciplina sanzionatoria del reato non potendosi trascurare il carattere sostanziale dell'afflittività delle misure cautelari personali e la tutela dello status libertatis con le relative implicazioni di carattere costituzionale che lo presidiano ” e si richiamano Sez.U, numero 4 del 28/01/1998, Sassosi, e Sez. U, numero 5 del 28/01/1998, Bonanno, numero m., in cui si sono annessi all'interrogatorio di garanzia interessi di natura prettamente sostanziale, primo tra tutti, quello alla libertà del cittadino. La pronuncia presenta anche un importante sviluppo dei principi affermati nella sentenza Ambrogio, laddove ha ricostruito l'iter della giurisprudenza di legittimità a proposito dei rapporti tra applicazione della normativa intertemporale e actus che va focalizzato ed isolato, sì da cristallizzare la disciplina giuridica ad esso riferibile. In particolare, il concetto di atto deve essere rapportato allo stesso grado di atomizzazione che presentano le concrete e specifiche vicende disciplinate dalla norma processuale coinvolta nella successione. L'atto cioè va considerato nel suo porsi in termini di autonomia rispetto agli altri atti dello stesso processo, dovendosi avere riguardo anche alle dimensioni temporali in cui si colloca, per modulare correttamente il parametro intertemporale e stabilire se sia applicabile il vecchio o il nuovo regime, tra cui quello che ha carattere strumentale e preparatorio rispetto ad una successiva attività del procedimento, con la quale va a integrarsi e completarsi in uno spazio temporale anch'esso più o meno ampio, dando luogo ad una fattispecie processuale complessa. La regola tempus regit actum non può dunque non tenere conto della variegata tipologia degli atti processuali e va modulata in relazione alla differente situazione sulla quale questi incidono e che occorre di volta in volta governare Sez, U, numero 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236535 Sez. U, numero 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221401 Sez. U, numero 7232 del 07/07/1984, Cunsolo, Rv. 165565 v. inoltre Corte cost, sent. numero 26 del 2007 ”. 4.5. Recentemente, essendo entrata in vigore, nelle more della fissazione del ricorso per cassazione, la legge 11 agosto 2014 numero 117, che ha convertito con mod. il decreto-legge 26 giugno 2014, numero 92, modificando, fra gli altri, l'articolo 275 comma 2-bis cod. procomma penumero , che oggi prevede che non possa applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere ove il giudice ritenga che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni, previsione derogabile solo per alcune tipologie di reato e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione di cui all'articolo 284, comma 1 cod. procomma penumero ”, la Corte di Cassazione ha rilevato d'ufficio lo ius superveniens ed annullato con rinvio l'ordinanza cautelare, ritenendo che s'imponesse una nuova valutazione, di competenza del giudice di merito cautelare, al fine di apprezzare se, in relazione alla specificità e gravità dell'addebito in rapporto al nuovo apparato sanzionatorio previsto dal d.P.R. numero 309 del 1990 per le cosiddette droghe leggere tra cui la marijuana , sussistesse la concreta possibilità che la pena finale irrogata all'indagato potesse o meno rimanere contenuta entro il limite triennale stabilito dall'articolo 275, comma 2-bis cod. procomma penumero , con le conseguenti determinazioni in tema di scelta della misura cautelare Sez. 6, numero 41124 del 19/09/2014, Sardini, Rv. 260336 . 5. Sulla base di tali premesse, il Collegio ritiene, dunque, imprescindibile ribadire quanto fissato dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 265 del 25 maggio 2010 a proposito della natura processuale dell'istituto della custodia cautelare rispetto alla pena La custodia cautelare deve soddisfare esigenze proprie del processo diverse da quelle di anticipazione della pena, tali da giustificare, nel bilanciamento di interessi meritevoli di tutela, il temporaneo sacrificio della libertà personale di chi non è stato ancora giudicato colpevole in via definitiva ”. Ma, secondo l'indirizzo interpretativo da ultimo chiaramente indicato dalle Sezioni Unite, il principio tempus regit actum che regola il diritto processuale ed il principio di inviolabilità della libertà personale sancito dall'articolo 13 Cost. impongono al giudice il seguente, duplice, compito a definire di volta in volta se le norme di cui si discute, ancorché regolatrici del processo, appartengano o meno alla sfera del diritto penale materiale, o meglio subiscano una diretta incidenza nella loro conformazione dall'attrazione nella sfera sostanziale, dovendo in tale caso prevalere il principio della irretroattività della legge meno favorevole ed il correlato obbligo di applicazione della lex mitior , b verificare se si sia di fronte ad una situazione cautelare patologica , per un vizio assoluto, al di là del dato formale, di natura sostanziale, prodottosi come tale sin dall'origine, o riconosciuto durante la fase interessata dalla impugnazione, riconducibile ad un atto che non ha esaurito i suoi effetti. 6. Volendo trarre, con riferimento al caso concreto, le conseguenze di quanto sinora affermato, il Collegio ritiene che la norma che definisce l'ambito della motivazione sul punto relativo alle esigenze cautelari, ossia l'articolo 274 cod.proc.penumero , appartenga alla sfera del diritto processuale, dunque soggiaccia alla regola tempus regit actum , non potendosi dunque ritenere carente di motivazione il provvedimento che abbia trascurato di esaminare profili delle esigenze cautelari non contemplati dalla norma vigente nel momento in cui è stato pronunciato. 6.1. Giova, in ogni caso, sottolineare ad abundantiam che il provvedimento impugnato è esente da vizi di motivazione sia in merito al requisito della concretezza del pericolo di reiterazione criminosa sia in merito al requisito dell'attualità, peraltro già recepito quale presupposto implicito della misura cautelare dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore della precedente normativa tra le molte, Sez. 6, numero 52404 del 26/11/2014, Alessi, Rv. 261670 Sez. 4, numero 49112 del 21/11/2013, Lombardo, Rv. 257880 , e che il giudice non si è limitato ad evocare la gravità del titolo di reato né la sola personalità dell'indagato, ma ha espressamente richiamato l'elevata capacità a delinquere testimoniata dai gravi precedenti penali, anche specifici, indicativi di una insensibilità alla funzione rieducativa di pene già espiate e la determinazione a delinquere nella stessa materia. Nell'ordinanza si è rimarcato il carattere professionale dell'attività illecita svolta dall'indagato, desumendola dall'aver affidato il pacco contenente la droga ad un corriere ignaro del suo contenuto e dalle modalità adottate per il confezionamento della sostanza stupefacente, ritenendo il Tribunale che il rilevante valore di essa fosse sintomatico del collegamento dell'indagato con ambienti ed esponenti di rilievo nel settore del narcotraffico e che la commissione dei fatti nel dicembre 2012 fosse avvenuta in epoca ancora recente per ritenere attenuato il pericolo di recidiva, esaminando specificamente anche il profilo concernente l'inadeguatezza di misure diverse dalla custodia cautelare in carcere. 6.2. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non sono dunque riscontrabili vizi di motivazione sul punto relativo alle esigenze cautelari, tanto meno in relazione al giudizio espresso con riferimento ai coindagati. Giova ricordare che ogni procedimento cautelare è del tutto autonomo rispetto agli altri procedimenti incidentali de libertate , ancorché innestati nel medesimo processo, e che la frammentazione che ne deriva implica, per il margine di discrezionalità del giudice nella verifica delle singole posizioni, una diversità di valutazioni e di decisioni provvisorie e strumentali che non riflettono una valutazione complessiva della vicenda e sono inidonee ad influenzarsi reciprocamente Sez. 2, numero 5165 del 04/11/1999, Candela, Rv. 214667 . 7. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato segue, a norma dell'articolo 616 cod. procomma penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deve essere disposto inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'articolo 94, comma 1-ter disp. att. cod.proc.penumero . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall'articolo 94 comma 1 ter disp. att. c.p.p