Emissione di fatture per operazioni inesistenti: il profitto ingiusto non può essere rinvenuto nell’evasione di imposta che ne deriva

La Corte di Cassazione interviene sull’impossibilità di far riferimento all’evasione di imposta conseguita dall’utilizzatore delle fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti per individuare il profitto ingiusto del reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 30168/15, depositata il 14 luglio, interviene sull’individuazione del profitto ingiusto del reato di emissione di fatture soggettivamente inesistenti. Il caso. Due uomini, indagati per il reato di emissione di fatture inesistenti in concorso con i formali emittenti le fatture stesse, presentavano richiesta di riesame al Tribunale di Firenze avverso il provvedimento del gip del medesimo Tribunale che disponeva nei loro confronti il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, deducendo l’impossibilità di configurare il profitto in relazione al reato di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 e la conseguente mancata individuazione del profitto medesimo. Inoltre, lamentavano il mancato previo accertamento dell’impossibilità di procedere al sequestro in parola nei confronti delle società formalmente emittenti le fatture stesse. Il Tribunale rigettava la richiesta di riesame, sul presupposto che, pur essendo incontestabile l’impossibilità di configurare un profitto in relazione alla fattispecie di reato ipotizzata, il fatto poteva essere riqualificato ex art. 2 d.lgs. n. 74/2000 Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti , che dal processo verbale di constatazione emergeva che l’imposta evasa era stata indicata con precisione per ogni annualità, e che i beni delle società erano irrisori. Avverso tale pronuncia di rigetto ricorrevano per cassazione gli indagati, denunciando l’erronea applicazione dell’art. 521 c.p.p. in ordine alla diversa qualificazione del fatto. Il profitto ingiusto non può essere rinvenuto nell’evasione d’imposta. Constatando che con l’incolpazione provvisoria era stata contestata ai ricorrenti la violazione dell’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 per concorso nell’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, la Corte di Cassazione, se da un lato ha confermato l’insussistenza di un’incompatibilità ontologica tra la fattispecie richiamata e la confisca per equivalente, dal momento che nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa, d’altro canto ha ritenuto che per individuare il profitto non possa farsi riferimento all’evasione di imposta conseguita da chi abbia poi utilizzato le fatture relative ad operazioni inesistenti. Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, infatti, non può avere ad oggetto i beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché l’art. 9 d.lgs. n. 74/2000 – che esclude la configurabilità di concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale – impedisce l’applicazione del principio solidaristico al caso di specie. Rendendosi conto di tale carenza, prosegue la Corte, il Tribunale aveva provveduto a riqualificare il reato provvisoriamente contestato in quello di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000, violando così il principio di correlazione, dal momento che la contestazione originaria ne è risultata stravolta e, conseguentemente, i ricorrenti non avevano avuto modo di difendersi sulla nuova imputazione. Per tale ragione, quindi, la Corte ha ritenuto di annullare senza rinvio il provvedimento impugnato e, conseguentemente, il decreto di sequestro, con restituzione di beni sequestrati agli aventi diritto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 aprile – 14 luglio 2015, numero 30168 Presidente Mannino – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 5/8/2014 il Tribunale di Firenze rigettava la richiesta di riesame proposta da P.A. e T.M. avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dal G.i.p. di Tribunale di Firenze il 27/6/2014. Premetteva il Tribunale che il G.i.p. aveva disposto il sequestro per equivalente dei beni dei predetti, indagati per il reato di cui all'articolo 8 D.Lvo 74/2000 emissione di fatture per operazioni inesistenti per un valore complessivo di Euro 250.000,00 ciascuno somma pari alle imposte evase . Tanto premesso, riteneva il Tribunale destituita di fondamento la richiesta di riesame. Quanto alla dedotta impossibilità di configurare il profitto in relazione al reato di cui all'articolo 8 potendo il risparmio di imposta realizzarsi a favore dell'utilizzatore delle fatture , assumeva il Tribunale che l'ipotesi inizialmente contestata nell'incolpazione provvisoria potesse essere diversamente qualificata in quella di cui all'articolo 2 D.Lvo 74/2000 risultando evidente dalla c.numero r. l'utilizzazione delle fatture da parte della società Promox Italia s.r.l. e della Effetti srl. La G.d.F. aveva, inoltre, accertato che le fatture erano false. E su tale diversa qualificazione gli indagati si erano anche difesi. In ordine alla mancata individuazione del profitto del reato, riteneva il Tribunale che dal processo verbale di constatazione emergesse che l'imposta evasa e quindi il profitto era stata indicata con precisione per ogni annualità. Infine, in ordine al mancato previo accertamento della impossibilità di procedere al sequestro del profitto del reato nei confronti delle società, rilevava il Tribunale che nell'informativa del 22/10/2013 si dava atto che i beni della Promox fossero irrisori e che in analoga situazione versasse la Effetti srl. 2. Ricorrono per cassazione F.A. e T.M. , a mezzo del difensore, denunciando la erronea applicazione dell'articolo 521 cod.proc.penumero in ordine alla diversa qualificazione del fatto. Le contestazioni mosse dall'accusa riguardavano l'emissione di fatture per operazioni inesistenti in concorso con i formali emittenti le fatture stesse vale a dire la ditta Mega Pubblicità , la ditta De Rosa , la ditta Giuggioli Piero e Catia . Con la richiesta di riesame era stato evidenziato che, in relazione alla fattispecie di reato ipotizzata articolo 8 D.L.vo 74/2000 , non potesse configurarsi un profitto del reato, con conseguente impossibilità di procedere al sequestro. Il Tribunale, pur condividendo siffatta indiscutibile propettazione, ha ritenuto di riqualificare il fatto ex articolo 2, violando però il principio di correlazione risultando modificata l'imputazione nei suoi elementi strutturali ed essenziali la condotta prevista dall'articolo 8 è infatti completamente diversa da quella prevista dall'articolo 2 . Nell'incolpazione provvisoria era invero chiaramente descritto il concorso dei ricorrenti, con le tre società di comodo, nella emissione delle fatture mentre non vi era alcun riferimento alla utilizzazione delle stesse da parte del F. e del T. e neppure all'eventuale evasione di imposta. Il Tribunale quindi, nel dare una diversa qualificazione giuridica, ha ritenuto un fatto nuovo e diverso da quello per cui era stata esercitata l'azione cautelare, con conseguente violazione del diritto di difesa. Con il secondo motivo denunciano la incongruenza ed illogicità della motivazione in ordine alla illegittimità del sequestro per mancata individuazione del profitto del reato. È pacifico che il sequestro per equivalente possa essere disposto solo nei limiti del profitto illecitamente conseguito, per cui il Giudice ha l'obbligo di indicare con precisione l'imposta evasa ma tale indicazione mancava nel decreto di sequestro . Il Tribunale, nel rigettare l'eccezione, non ha tenuto conto che anche nel verbale di constatazione mancava qualsiasi indicazione in ordine all'importo delle imposte asseritamente evase risultando indicati solo i maggiori imponibili accertati a carico della Promox e della Effeti , per cui non è dato comprendere come si sia pervenuti all'importo di Euro 250.000,00. Non si comprende neppure se siffatta somma sia stata calcolata prendendo in considerazione le imposte evase dal soggetto emittente le fatture eventualmente derivanti dall'omessa iva dovuta oppure le imposte risparmiate dagli utilizzatori. Con il terzo motivo denunciano l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 321 cod.proc.penumero e 322 ter cod.penumero , non essendo stata effettuata alcuna valutazione di corrispondenza tra il profitto eventualmente conseguito ed il valore dei beni sottoposti a sequestro. Con il quarto motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 322 ter cod.penumero e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla omessa verifica della impossibilità di procedere al sequestro diretto del profitto del reato nei confronti delle due società. Con il quinto motivo, infine, denunciano la violazione dell'articolo 9 D.L.vo 74/2000 in ordine alle deroghe in materia di concorso nel reato. Successivamente all'emissione dell'ordinanza del Tribunale è stato notificato agli indagati l'avviso di conclusione delle indagini ex articolo 415 bis cod.proc.penumero in cui si conferma l'imputazione ex articolo 8 D.L.vo 74/2000, non essendo evidentemente stata accolta la diversa qualificazione giuridica indicata dal Tribunale. Pur nella consapevolezza che la diversa qualificazione giuridica non produca effetti oltre il procedimento cautelare, si prospetta comunque l'eventuale violazione dell'articolo 9. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. 2. È pacifico riconoscendolo lo stesso Tribunale che, con l'incolpazione provvisoria, fosse stata contestata ai ricorrenti la violazione degli artt. 110, 81 cpv. c.p., 8 D.L.vo numero 74/2000. Tale reato sanziona chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Ed infatti agli indagati si contestava il concorso nella emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. Si trattava, quindi, della emissione di siffatte fatture per consentire a terzi l'evasione di imposte. 3.Non c'è dubbio che non via sia incompatibilità ontologica tra la fattispecie di cui all'articolo 8 D.L.vo 74/2000 e la confisca per equivalente. È vero che l'articolo 1 comma 143 L.244/07, dopo aver elencato i reati tributari, stabilisce che si osservano in quanto applicabili le disposizioni dell'articolo 322 ter c.p Tale inciso viene adoperato, però, anche in relazione all'articolo 640 quater Nei casi di cui agli artt. 640, secondo comma, numero 1, 640 bis e 640 ter secondo comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, si osservano in quanto applicabili, le disposizione contenute nell'articolo 322 ter eppure si tratta di fattispecie in cui il profitto ingiusto costituisce elemento costitutivo del reato. Del resto, se vi fosse assoluta incompatibilità ontologica, l'articolo 8 non sarebbe stato proprio richiamato nell'articolo 1 comma 143 cit Peraltro, come affermato da questa Corte, In tema di sequestro preventivo, nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa cfr. Cass. sez. 2 numero 45389 del 6/11/2008 . Certo è, però, che, per individuare il profitto, non può farsi riferimento all'evasione di imposta conseguita da chi abbia poi utilizzato le fatture relative ad operazioni inesistenti. Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può, invero, essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime drogatorio previsto dall'articolo 9 D.L.vo numero 74/2000 escludendo la configurabilità di concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo Cass. sez. 3 numero 42641 del 26/09/2013 . 3.1. Il G.i.p., con il provvedimento in data 27/06/2014, aveva disposto il sequestro preventivo di beni del patrimonio di T.M. e F.S. per un valor equivalente a 250.000,00 Euro per ciascuno in relazione all'ipotesi di reato di cui all'incolpazione provvisoria sopra indicata, assumendo che sussistesse il fumus dei reati di cui all'articolo 8 D.L.vo 74/2000, emergendo dalle indagini della G.d.F. l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. Non indicava, però, in alcun modo quale fosse il profitto conseguito dal T. e dal F. in relazione all'emissione delle fatture che sarebbero state utilizzate da altri per evadere le imposte. 3.2. Il Tribunale, rendendosi conto di tale carenza essendo evidente che il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti di per sé non può generare alcun profitto costituito dal risparmio dell'imposta evasa , riteneva di riqualificare il reato di cui alla contestazione provvisoria in quello ex articolo 2 D.L.vo. 74/2000. È indubitabile che competa al Tribunale del riesame il potere di riqualificazione, purché, però, non vi sia mutamento del fatto. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la verifica dell'osservanza del principio di correlazione va condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta che realizza l'ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione venga mutata nei suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell'originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l'imputato non ha avuto modo di difendersi cfr. ex multis Cass. penumero sez. 6, 8/6/1998 numero 67539 . Sicché l'immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità d'effettiva difesa cfr. sez. 6 numero 35120 del 13/6/2003 . Si ha, quindi, violazione del principio di correlazione se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa cfr. Cass. sez. 6 numero 12156 del 5/3/2009 . 3.3. Non può revocarsi in dubbio che il fatto descritto nell'articolo 8 emissione di fatture per operazioni inesistenti sia radicalmente diverso da quello di cui all'articolo 2 utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti , sanzionando il primo l'emittente ed il secondo l'utilizzatore delle fatture. Con la conseguenza che anche il destinatario di una misura cautelare reale debba diversamente apprestare la sua difesa, dovendo nel primo caso contestare l'emissione delle fatture e nel secondo caso l'utilizzazione delle stesse. Il Tribunale ha ritenuto, apoditticamente, che gli indagati avessero avuto la possibilità di difendersi in ordine alla diversa contestazione. Irrilevante in proposito è il richiamo alla c.numero r. del 22/10/2013, non essendovi alcuna correlazione tra l’accertamento, in sede di verifica, da parte della G. di F. della utilizzazione delle fatture relative ad operazioni inesistenti con la possibilità di apprestare la linea difensiva in relazione alla diversa rispetto all'originaria incolpazione ipotesi di reato ritenuta dal Tribunale. 4. Rimanendo assorbita ogni altra doglianza, il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato senza rinvio. Conseguentemente va annullato il decreto di sequestro, con restituzione dei beni sequestrati agli aventi diritto. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro ed ordina la restituzione dei beni sequestrati agli aventi diritto. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui all'articolo 626 cod.proc.penumero .