Il reato è prescritto ma il ricorso per cassazione è inammissibile: che fare? La parola alle Sezioni Unite

Va rimessa alle Sezioni Unite la soluzione del contrasto registratosi in giurisprudenza in ordine alla rilevabilità d’ufficio della prescrizione del reato maturata prima della pronuncia della sentenza di appello e non dedotta, né rilevata in quel grado di giudizio o nei motivi di ricorso.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la ordinanza n. 28790 depositata il 7 luglio 2015. Quando il reato si è prescritto in appello”. L’occasione per fare chiarezza sui poteri di rilevazione d’ufficio della Suprema Corte è offerta dalla vicenda giudiziaria d’un soggetto condannato per rapina e porto d’arma bianca. Il secondo reato, di natura contravvenzionale, si era prescritto, rileva la Corte, prima ancora della sentenza di appello. Soltanto che nessuno, né la Corte territoriale, né la difesa, lo aveva fatto rilevare. Il ricorso per cassazione, però, a giudizio della Corte andrebbe dichiarato inammissibile per aspecificità dei motivi dedotti. Che fare rispetto alla già maturata prescrizione? Sul punto vi sono due diverse, e opposte, correnti di pensiero. L’orientamento più indulgente”. Ci permettiamo di battezzarlo così poiché esso consente la deduzione d’ufficio della prescrizione maturata prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, sfuggita all’attenzione sia della corte di appello, sia della difesa. Un nutrito gruppo di sentenze, alcune molto recenti datate 2014 della Terza Sezione aderiscono a questa interpretazione delle norme processuali e sostanziali di riferimento. La ragione su cui si basano queste decisioni è molto pratica decorrendo il tempo imposto dalla legge ai fini della prescrizione del reato, viene del tutto meno l’interesse dello stato alla punizione dello stesso. Ciò costituisce un meccanismo automatico e non comporta l’esercizio di una valutazione di merito”. Ergo, è consentito alla Cassazione, anche in difetto di una specifica deduzione con i motivi di ricorso, far valere la prescrizione con una sentenza di natura meramente ricognitiva”. L’opposta soluzione. Altrettanto recenti decisioni, però, non si mostrano affatto d’accordo con l’orientamento sopra descritto. In buona sostanza, ad avviso dell’orientamento che nega la possibilità di rilevare la prescrizione maturata prima della decisione d’appello in presenza di un ricorso per cassazione inammissibile, vi è un rilievo troncante l’inammissibilità congenita del ricorso impedisce ed inibisce la possibilità di rilevare il decorso del tempo fissato per la prescrizione del reato. Se il ricorso è inammissibile, infatti, non si accede” al grado del giudizio di legittimità. La Suprema Corte, in presenza di un ricorso così viziato, non può fare altro che limitarsi a rilevarne l’inammissibilità e non deve andare oltre. Una ormai storica sentenza delle Sezioni Unite conosciuta come sentenza Bracale” del 2005 individua una serie di ipotesi, contemplate nel codice di rito, in presenza delle quali il giudice di legittimità può – posto un ricorso per cassazione irrimediabilmente viziato – spingersi oltre la mera declaratoria di inammissibilità tra queste vi è la morte dell’imputato causa di estinzione del reato , o la sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della norma incriminatrice. Non vi è la maturata prescrizione. L’invocazione delle Sezioni Unite. Vi è, dunque, un forte contrasto ermeneutico sull’argomento in esame. La Suprema Corte, riunita nel massimo consesso, dovrà adesso chiarire la portata dei poteri di rilevazione officiosa” nel giudizio di legittimità, con specifico riferimento al caso prospettato reato già prescritto prima della decisione di appello. Se dovesse prevalere la tesi della valutazione sostanzialistica dell’argomento in esame, ci si dovrebbe aspettare una decisione di conferma del primo dei due indirizzi in contesa”. Non avrebbe senso, infatti, impedire la declaratoria della prescrizione a causa di un vizio di natura squisitamente processuale. Opposta soluzione potrebbe, invece, essere adottata se dovesse prevalere una interpretazione più formalistica dei paletti d’ingresso al giudizio di legittimità. Staremo a vedere.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 giugno – 7 luglio 2015, n. 28790 Presidente Fiandanese – Relatore Macchia Osserva Con sentenza del 14 luglio 2014, La Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Tarante, ha confermato la sentenza emessa il 22 ottobre 2010 dal Tribunale di Taranto, con la quale R.M. era stato condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 800 di multa quale imputato del delitto di rapina aggravata e porto di coltello. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta che le dichiarazioni della persona offesa non siano state in alcun modo riscontrate in punto di attendibilità. Si ribadiscono, nella sostanza, le stesse deduzioni già poste a fondamento dell'appello e motivatamente disattese dai giudici di quel grado di giudizio, censurandosi la mancata acquisizione delle riprese dell'impianto di video sorveglianza. Si lamenta, infine, la concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza e non di prevalenza sulle aggravanti, e la mancata applicazione del minimo edittale. Il ricorso, ad avviso di questo Collegio, dovrebbe essere dichiarato inammissibile, in quanto le censure proposte, oltre che essere fortemente orientate verso un non consentito riesame del merito, finiscono per essere in larga misura meramente reiterative delle stesse questioni agitate in appello e motivatamente disattese dai giudici del grado, senza che i relativi apporti argomentativi abbiano poi formato oggetto di una autonoma ed articolata critica impugnatoria, in tal modo finendo per incorrere nel vizio di aspecificità. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell'affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione ex plurimis, Cass., Sez. I, 30 settembre 2004, Burzotta Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2002, Notaristefano Cass., Sez. IV, 11 aprile 2001 Cass., Sez. IV, 29 marzo 2000, Barone Cass., Sez. IV, 18 settembre 1997, Ahmetovic . Va peraltro precisato che, nella specie, pur tenendo conto dei periodi di sospensione, la contravvenzione di cui all'art. 4 della legge n. 110 del 1975 risulta prescritta prima della pronuncia della sentenza di appello. Ebbene, sul punto specifico, relativo alla possibilità o meno di rilevare e dichiarare in Cassazione la prescrizione del reato intervenuta prima della sentenza di appello ma non rilevata né eccepita in quella sede o nei motivi di ricorso, ove questo sia inammissibile, è dato registrare un contrasto di giurisprudenza. La III sezione penale, con decisione assunta alla udienza pubblica del 30 ottobre 2014 dep. 16 gennaio 2015 , n. 2001, Fasciana, Rv. 262014, ha avuto modo di affermare che La prescrizione del reato maturata prima della pronuncia della sentenza impugnata e mai invocata dall'imputato o dal suo difensore, può essere rilevata d'ufficio in sede di legittimità anche quando i motivi del ricorso siano ritenuti inammissibili . La sentenza in esame si inserisce nel solco di quell'orientamento giurisprudenziale più recente da ultimo, Sez. Ili, n. 46969 del 22 maggio 2013, Ratto, Rv. 257868 in precedenza, Sez. II, 7.7.2009 n. 38704, Ioime, Rv. 244809 Sez. V, 17.9.2012 n. 42950, Xhini, Rv. 254633 per il quale va ritenuto possibile, pur in presenza di ricorso affetto da inammissibilità originaria, procedere ad immediata declaratoria della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell'impugnata sentenza, anche se la questione non sia stata dedotta dalla difesa nel grado di appello. Secondo questo avviso giurisprudenziale è infatti possibile assimilare il caso della prescrizione maturata prima delle conclusione della fase di merito ad altre specifiche ipotesi nelle quali il giudice, pur in presenza di una impugnazione inammissibile, conserva il potere/dovere di rendere una pronunzia che non sia solo meramente enunciativa della predetta inammissibilità come, per esempio, nei casi in cui si renda necessario dichiarare l'estinzione del reato per morte dell'imputato o l'incostituzionalità della norma incriminatrice della quale si dovrebbe fare applicazione. In tale prospettiva, in particolare secondo le espresse enunciazioni della sentenza n. 46969/13, l'interpretazione propugnata non si porrebbe almeno non completamente in contrasto con quell'insegnamento delle Sezioni Unite SS. UU., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, Rv. 231164 che richiama proprio l'esistenza di tale gruppo di ipotesi costituenti eccezione alla regola, in quanto implicanti un potere/dovere di cognizione da parte del giudice dell'impugnazione inammissibile gruppo all'interno del quale la sentenza della terza sezione postula l'inclusione anche del caso di prescrizione maturata prima della sentenza di appello ed ivi non rilevata né dedotta. Per l'indirizzo in questione, infatti, con il decorso del tempo viene meno l'interesse dello Stato a esercitare la pretesa punitiva, senza che vi sia un apprezzamento in concreto del giudicante, ma sulla base di un automatico meccanismo presuntivo in base al quale il trascorrere del tempo comporta l'estinzione del reato. Esisterebbe allora - ai fini della possibile delibazione del giudice investito di un ricorso inammissibile - una sostanziale differenza tra la prescrizione maturata prima della sentenza di appello, da un lato, e quella maturata dopo di essa o, addirittura, dopo la proposizione del ricorso per cassazione, dall'altro la prima, infatti, in quanto venuta ad esistenza anteriormente alla conclusione della fase di merito, impone o comunque avrebbe dovuto imporre al giudice di rilevarla in ossequio a quel meccanismo automatico previsto dal legislatore che postula per il giudice di merito un mero atto di ricognizione Cass., Sez. V, 11.7.2011 n. 47024, Varane, 251209 . Nello stesso solco giurisprudenziale si è espressa, in precedenza, anche Sez. 3, Sentenza n. 52031 del 6 novembre 2014, dep. 15 dicembre 2014, Rahman, Rv. 261709, che, in una fattispecie relativa a fatto di lieve entità di sostanze stupefacenti trasformato da elemento circostanziale a fattispecie autonoma di reato, ha ribadito la possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione, maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, e che non avrebbe potuto essere dedotta o rilevata nel giudizio di merito in quanto costituente effetto dello jus superveniens , che, modificando il regime sanzionatorio in senso più favorevole all'imputato, ha ridotto i limiti edittali della pena e conseguentemente il termine prescrizionale del reato. Un recentissimo arresto, successivo alla sentenza Fasciana, sembra aderire all'impostazione, precisando tuttavia che il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata, non rilevata dal giudice d'appello, pur se non dedotta con il ricorso per cassazione e nonostante l'inammissibilità di quest'ultimo, ma solo se, a tal fine, non occorre alcuna attività di apprezzamento delle prove finalizzata all'individuazione di un dies a quo diverso da quello indicato nell'imputazione contestata e ritenuto nella sentenza di primo grado. Sez. 2, n. 4986 del 21 gennaio 2015, dep. 3 febbraio 2015, Piccininni e altri, Rv.262322 . All'interno della giurisprudenza della Corte si rinviene, tuttavia, un difforme indirizzo - formatosi proprio sull'insegnamento delle Sezioni Unite Bracale e poi consolidatosi con alcune pronunce delle Sezioni semplici Sez. I, 4.6.2008 n. 24688, Rayyan, Rv. 240594 Sez. Ili, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, Rv. 244999 - secondo cui l'inammissibilità originaria del ricorso per cassazione preclude invece ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, anche se maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice. Secondo le ricordate Sezioni Unite, in particolare, la manifesta infondatezza va annoverata tra le cause di inammissibilità intrinseche al ricorso, la cui metodica di accertamento è assolutamente conforme a quella indispensabile per dichiarare le altre cause di inammissibilità previste dall'art. 606, comma 3, c.p.p. con la conseguenza che, se dunque anche la dichiarazione di inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso si risolve in una absolutio ab instantia derivante dalla mera apparenza dell'atto di impugnazione, un ricorso manifestamente infondato si tradurrebbe in uno strumento esorbitante, oltre che al di fuori di ogni ragionevolezza, ove si volesse ad esso attribuire una tale forza propulsiva da consentirne l'utilizzazione per conseguire una dichiarazione di non punibilità anche derivante dal decorso del tempo, nonostante l'incontrovertibile pretestuosità pure se soltanto oggettiva dei motivi, tanto da porsi come dato ontologicamente incompatibile con il favor rei ”. Recentemente, in favore di tale soluzione si sono espresse - Sez. 6, n. 25807 del 14 marzo 2014, dep. 16 giugno 2014 , Rizzo ed altro, Rv. 259202 che, giudicando anche in questo caso in una fattispecie relativa al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti di lieve entità al quale era stata applicata la circostanza attenuante prevista dall'art. 73, comma quinto, del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo introdotto dalla legge n. 49 del 2006, prima che, nelle more del giudizio di cassazione, lo stesso diventasse, per effetto del D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. con modd. nella legge 21 febbraio 2014, n. 10, figura autonoma di delitto ha affermato il principio secondo cui L'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare d'ufficio l'estinzione del reato per prescrizione, quand'anche maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata nel giudizio di merito - Sez. 1, n. 6693 del 20 gennaio 2014, dep. 12 febbraio 2014, Cappello, Rv. 259205, per la quale L'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità di far valere e di rilevare d'ufficio l'estinzione del reato per prescrizione, anche se maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello e non dedotta dal ricorrente. Fattispecie relativa ad inammissibilità per manifesta infondatezza . Tenuto conto del perdurare del contrasto, già più volte segnalato dall'Ufficio del Massimario, si reputa necessario rimettere il ricorso alle Sezioni Unite. P.Q.M. Visto l'art. 618 cod. proc. pen Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.