L’omesso versamento di IVA all’importazione integra contrabbando doganale?

L’omesso pagamento di IVA all’importazione su natante proveniente dalle Isole Cayman Stato con il quale esiste un trattato UE che sancisce una sorta di unione doganale di libero commercio non integra il reato di contrabbando doganale, ma solo l’omesso versamento di IVA all’importazione, che costituisce un tributo interno e non una tassa ad effetto equivalente ad un dazio doganale.

Questo il principio ribadito dalla Sezione III della Cassazione nella sentenza n. 28251/15, depositata il 3 luglio. Contrabbando sì o contrabbando no? . Sottostante al caso in esame vi è una questione giuridica che ha, nel corso degli ultimi anni, interessato diverse volte la Suprema Corte di Cassazione. La giurisprudenza più datata di legittimità riteneva, infatti, che nella contestazione del reato di cui al d.p.r. n. 43/73, artt. 292, 293 e 295, ben potesse ricomprendersi l'IVA all'importazione che è uno dei diritti di confine, avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta esclusivamente alla dogana in occasione della relativa operazione di imputazione. La sottrazione dell'IVA all'importazione è, quindi, sottrazione ad un diritto doganale di confine, sanzionata esclusivamente dalla legge doganale come reato di contrabbando sul punto Cass., sez. III Penale, n. 1298/92 . L’impostazione più risalente si fonda sul rilievo che il d.p.r. n. 633/72, all’art. 70, in tema di applicazione dell’IVA all’importazione, prevede che si applichino, per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine. Sotto il profilo concreto, nel caso di specie appare decisiva l’applicazione o meno della disciplina del contrabbando stante la confisca obbligatoria prevista ex art. 301 d.p.r. n. 43/73. La questione che ha occupato la Cassazione nella pronuncia in commento concerne, infatti, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria ex art. 301 d.p.r. 43/73 di un natante proveniente dalle Isole Cayman, che risultava aver stazione nelle acque comunitarie per oltre 18 mesi ed in conseguenza ritenuto oggetto di importazione, con doveroso versamento delle imposte previste per tali casi. Dalle Isole Cayman niente contrabbando. La provenienza di un bene dalle Isole Cayman, considerate un paradiso fiscale per l'esenzione dalle imposte concessa – si dice – fin dai tempi di re Giorgio III del Regno Unito , indurrebbe chiunque a pensare ad una evidente ipotesi di contrabbando. Quando poi il bene oggetto della importazione è una imbarcazione di lusso ormeggiata in Costa Smeralda, la conclusione parrebbe necessitata. Eppure proprio la vicenda, riportata con ampio eco di stampa, del sequestro del maxi Yacht di uno dei più noti imprenditori italiani, battente bandiera delle Isole Cayman e ormeggiato nel nord della Sardegna, dovrebbe dettare prudenza nel trarre conclusioni affrettate si veda Cass., n. 46591/11 . Infatti, come rileva nel proprio atto di impugnazione il ricorrente, le Isole Cayman hanno aderito al Trattato di Lisbona del 2009, stipulato dai paesi d’oltre mare e dalla UE, che istituisce una sorta di unione doganale di libero commercio che impone l’abolizione di dazi doganali, come peraltro è avvenuto, seppur con altri accordi, fra la UE e la Svizzera ovvero la Repubblica di San Marino. Ed è proprio la totale assimilabilità del caso in esame con i precedenti giurisprudenziali che avevano avuto ad oggetto episodi di importazione dalla Svizzera da ultimo Cass., n. 45468/14 e San Marino Cass., n. 33161/13 a guidare gli Ermellini alla conclusione che non di contrabbando trattasi, ma di eventuale mero omesso versamento di tributo interno. Il fondamento nel diritto comunitario. Alla radice del caso in esame e dei precedenti appena menzionati, vi è un importante principio statuito a livello comunitario. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con sentenza del 25 febbraio del 1988, causa n. 299 del 1986, ha infatti statuito che l'IVA all'importazione costituisce un tributo interno e non una tassa ad effetto equivalente al dazio doganale. Di conseguenza, tale tributo è compatibile con il principio di neutralità dell'imposta sancito con l'art. 95 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, il cui scopo è quello di garantire la libera circolazione delle merci nell'ambito comunitario, con l'eliminazione di tributi interni aventi effetti discriminatori tra merci nazionali e merci comunitarie importate, ad una duplice condizione a che la merce importata non sia soggetta a doppia imposizione nel Paese d'esportazione ed in quello d'importazione b che l'infrazione relativa all'IVA all'importazione non sia sanzionata più severamente di quella relativa agli scambi interni. Orbene, la Cassazione ha osservato come tra il Trattato UE e gli Accordi intercorsi con Svizzera, San Marino e, per quanto rileva nel caso di specie, Isole Cayman, esista sostanziale identità di ratio , in quanto espressione del medesimo principio della libera circolazione delle merci, con conseguente obbligo per i paesi contraenti di abolizione dei dazi doganali anche se di natura fiscale. L’avvenuta soppressione dei dazi doganali non impedisce tuttavia allo Stato di sostituire il dazio con una tassa interna. Tale deve dunque essere ritenuta l’imposizione Iva all’importazione dalle Isole Cayman mero tributo interno compatibile con la neutralità fiscale imposta dal Trattato, a condizione che a la merce importata non sia soggetta a doppia imposizione b l'infrazione relativa all'IVA all'importazione non sia sanzionata più severamente rispetto a quella per l'IVA operante sugli scambi interni. La pronuncia di annullamento. Appare allora evidente la contrarietà a tali, invero ormai consolidati, principi di quanto sostenuto dal Tribunale di Tempio Pausania quale Giudice del riesame, laddove ha affermato che per le importazioni dalle Isole Cayman è comunque dovuta l’IVA all’importazione, la quale è da intendersi quale diritto di confine ai sensi dell’art. 34 del T.U.L.D. , con conseguente riconducibilità dell’omesso versamento al delitto di contrabbando e necessaria applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del bene contrabbandato. La pronuncia del Tribunale del riesame di Tempio Pausania viene, dunque, annullata senza rinvio dai Giudici della Suprema Corte, con conseguente restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto. É vero, infatti, che il mancato pagamento dell’Iva all’importazione che opera come mero tributo interno può pur sempre costituire violazione dell’art. 70 d.p.r. n. 633/72, come si chiarisce nella massima, ma ciò a condizione che la merce introdotta nel territorio nazionale non sia soggetta a doppia imposizione, e cioè non sconti in Italia una imposta già pagata all’estero. É evidente, infatti, che la doppia imposizione determinerebbe un trattamento discriminatorio tra le merci importate e le merci nazionali, in palese contrasto con lo spirito di neutralità commerciale imposto dall’Accordo stipulato anche con le Isole Cayman.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 maggio – 3 luglio 2015, numero 28251 Presidente Franco – Relatore Pezzella Ritenuto In Fatto 1. Con ordinanza emessa in data 22 ottobre 2014 e depositata il giorno successivo, il Tribunale di Tempio Pausania, in sede di riesame di misure cautelari reali, rigettava la richiesta di riesame proposta da K.E. in data 15 ottobre 2014, del decreto di sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., dell'imbarcazione Proton , dal GIP, presso il Tribunale di Tempio Pausania emesso il 25 settembre 2014 2. Ricorre K.E. a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, comma 1, disp. att, cod. proc. penumero a. ERRONEA APPLICAZIONE, EX.ART. 606 COMMA 1 LETT. B C.P.P. DELLA LEGGE PENALE SOSTANZIALE IN RIFERIMENTO ALLA RITENUTA CONFIGURABILITÀ DEL DELITTO DI CONTRABBANDO P. e P. DAGLI ARTT. 216, 292 DPR 23.01.1973 N. 43 IN RIFERIMENTO ALL'ART. 562 LETT. E REG.CEE N. 2454/93. Il ricorrente rimarca l'assoluta insussistenza del delitto di contrabbando alla K. ascritto e lamenta che il Giudice del merito abbia glissato sui rilievi mossi dalla difesa in sede di riesame in ordine al fatto che il natante sequestrato, originario delle Isole Cayman, fosse esentato dal pagamento dei diritti di confine in virtù1 degli accordi contenuti nel Trattato di Lisbona del 2009 stipulato dai Paesi d'oltremare ivi incluse le Isole Cayman e l'Unione Europea, trattato che sanciva una sorta di unione doganale di libero commercio, con conseguente esenzione dai dazi doganali relativi alle importazioni dei prodotti originari dei paesi contraenti. E che l'esenzione dai dazi doganali del natante battente bandiera delle Isole Cayman fosse una circostanza pacifica ed incontestata emergerebbe per tabulas continua il difensore ricorrente dalla stessa nota dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Sassari del 23 settembre 2014. Ebbene, ci si duole che il giudice del riesame, mutuando acriticamente il parere consultivo dell'Agenzia delle Dogane, abbia ritenuto che l'Iva all'importazione fosse da ritenersi a tutti gli effetti un diritto di confine , giusto il disposto dell'articolo 34 TULD. Si tratterebbe di una tesi errata alla luce della copiosa giurisprudenza comunitaria cfr. Causa numero 299/86, sezione VI della Corte di Giustizia CE, procedimento penale a carico di Rainer Drexl, domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d'Appello di Genova e di un'imponente serie di giudicati, costanti, di questa Corte di legittimità secondo cui l'Iva all'importazione ha natura di tributo interno con conseguente inapplicabilità della violazione contenuta nel DPR numero 43 del 1973, con specifico riferimento alla fattispecie incriminatrice ex DPR numero 43, articolo 292, tanto sul rilievo che il rinvio, dal DPR numero 633del 1972, articolo 70 alle leggi doganali, è operato solo quaod poenam . Per la giurisprudenza comunitaria l'Iva all'importazione, richiesta dallo Stato Italiano, ha natura di tributo interno, e può considerarsi compatibile con l'ordinamento comunitario e con il principio di neutralità fiscale soltanto alla duplice condizione che a la mercé importata non sia soggetta a doppia imposizione nel Paese d'esportazione ed in quello d'importazione b l'infrazione relativa all'Iva all'importazione non sia sanzionata più severamente di quella relativa agli scambi interni vengono richiamate, ex plurimis, le sentenze di questa Corte numero 1172/2013, numero 34256/2012, numero 33161/2013 e numero 13040/2014 . Si sostiene che l'Iva non può minimamente ricomprendersi nei diritti di confine onde l'evasione della stessa non può minimamente integrare il delitto di contrabbando. Giova infine rimarcare che, in ogni caso, secondo il ricorrente, che nella fattispecie che ci occupa non è stata minimamente varcata la soglia di punibilità in tema di omesso versamento di Iva id est Euro 50.000,00 ai sensi dell'articolo 10 ter D.lvo numero 74/2000 . b. ERRONEA APPLICAZIONE, EX ART. 606 COMMA 1 LETT. B C.P.P., DELLA LEGGE PENALE SOSTANZIALE IN RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM CAUTELARE. L'ordinanza del Tribunale del Riesame appare, altresì, viziata secondo quanto si sostiene in ricorso per la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla denunciata violazione del ne bis in idem cautelare atteso che, nel caso che ci occupa detto principio sarebbe stato apertamente violato, considerato che gli elementi nuovi posti alla base della nuova misura cautelare rispetto a quella revocata solo alcuni giorni prima non potevano essere considerati idonei a superare lo sbarramento del giudicato cautelare. Ciò in ragione del fatto che dagli stessi, tra l'altro, nulla di nuovo emergeva rispetto alla prospettazione accusatoria utilizzata per ottenere la prima misura cautelare. Il difetto e, quantomeno, la contraddittorietà della motivazione emergerebbe con decisa evidenza considerando una serie di ulteriori incisi tratti dal provvedimento impugnato che vengono riportati in ricorso. Vi sarebbe una motivazione apodittica e apparente, laddove, ci si duole, alla luce della riportata giurisprudenza, la stessa si sarebbe dovuta occupare di giustificare la necessarietà della misura reale per l'accertamento del fatto del reato nonché la proporzionalità della stessa in relazione a tutte le emergenze processuali acquisite e non limitarsi ad un esame superficiale o sommario degli elementi acquisiti. Chiede pertanto che questa Corte annulli l'ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge. Considerato In Diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato e, pertanto, risultandone assorbito anche il secondo, vanno annullati senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di tempio Pausania il 25.9.2014, dovendosi disporre la restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto. 2. Ed invero, come si evince dal provvedimento impugnato, gli accertamenti congiunti hanno consentito di dimostrare che l'imbarcazione, in violazione alla normativa doganale dell'Unione Europea, ha stazionato nelle acque comunitarie per un periodo superiore ai 18 mesi consentiti trascorso tale periodo, l'imbarcazione doveva essere importata con pagamento delle imposte previste. Occorreva, dunque, pagare l'IVA all'importazione. Tuttavia, come ricorda il ricorrente, questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che in tali casi non può configurarsi il reato di contrabbando doganale artt. 292, 293 e 295 d.P.R. 23 gennaio 1973, numero 43 ipotizzato a carico della ricorrente, mentre è configurabile il reato di evasione dell'I.V.A. all'importazione artt. 70 del d.P.R. 26 ottobre 1972, numero 633 , che, per la sua natura di tributo interno, non rientra tra i diritti di confine, cfr. in ultimo, questa sez. 3, numero 34256 del 12.7.2012 Pierino rv. 253661 e le più recenti sez. 3, numero 13040 del 17.1.2014, Emendatori e sez. 3 numero 45468 del 25.6.2014, Rosati, rv. 260963 in relazione all'Accordo tra la Comunità Europea e la Repubblica di San Marino . 3. Come ricorda la richiamata sentenza 34256/2012 la giurisprudenza più datata di questa Corte riteneva che nella contestazione del reato di cui agli artt. 292, 293 e 295 DPR 43/1973 ben potesse ricomprendersi l'IVA all'importazione ritenendola uno dei diritti di confine, avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta esclusivamente alla dogana in occasione della relativa operazione di imputazione. La sottrazione dell'IVA all'importazione è, quindi, sottrazione ad un diritto doganale di confine, sanzionata esclusivamente dalla legge doganale come reato di contrabbando così questa sez. 3 nella sentenza numero 1298/1992 . Tale impostazione è stata, tuttavia, da tempo superata perché in contrasto con lo stesso dato normativo che rimanda alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine soltanto quoad poenam l'articolo 70 DPR 26-10.1972 prevede, infatti, che si applicano, per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine . Si è dunque costantemente affermato da oltre un decennio che l'imposta sul valore aggiunto ha natura di tributo interno che, è, comunque, dovuta anche nell'ipotesi di abolizione dei dazi doganali. La questione è stata più volte esaminate in relazione alle merci importate da vari Stati con cui sono intercorsi accordi come visto San Marino, ma anche la Confederazione Elvetica a seguito dell'Accordo 19.12.1992 tra la CEE e la Svizzera con cui sono stati aboliti i dazi doganali in senso proprio e le tasse ad effetto equivalente, cfr. ex multis, sex. 3 numero 17432/2005 ove si rileva che l'accordo anzidetto, il quale in base all'articolo 228 del Trattato CEE è vincolante sia per le istituzioni comunitarie che per gli Stati membri, prevede il divieto e la soppressione graduale ma ormai compiuta dei dazi doganali all'importazione e delle tasse ad effetto equivalente artt. 3 e 6 , ma non dell'IVA all'importazione, trattandosi d'imposta il cui presupposto economico e finanziario è del tutto diverso da quello dei dazi doganali e non costituisce duplicazione di questi pur essendo per motivi di opportunità e di politica fiscale accomunata agli stessi nel sistema di riscossione e nel regime sanzionatorio . 4. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con sentenza del 25 febbraio del 1988, causa numero 299 del 1986, ha statuito che l'IVA all'importazione costituisce un tributo interno e non una tassa ad effetto equivalente al dazio doganale. Di conseguenza tale tributo è compatibile con il principio di neutralità dell'imposta sancito con l'articolo 95 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, il cui scopo è quello di garantire la libera circolazione delle merci nell'ambito comunitario, con l'eliminazione di tributi interni aventi effetti discriminatori tra merci nazionali e merci comunitarie importate, ad una duplice condizione a che la mercé importata non sia soggetta a doppia imposizione nel Paese d'esportazione ed in quello d'importazione b che l'infrazione relativa all'IVA all'importazione non sia sanzionata più severamente di quella relativa agli scambi interni. Questa Corte di legittimità, sempre con riferimento all'Accordo con la Confederazione Elvetica cfr. sez. 3, 13 aprile 1994 Antoci sez. 3 numero 6049 del 1998, Rossini, numero 22555 del 2002 , ha già evidenziato una sostanziale identità di ratio tra gli artt. 3 e 6, che sopprimono i dazi doganali all'importazione e le tasse ad effetto equivalente, e l'articolo 95 del Trattato, giacché entrambe le composite disposizioni normative sono l'espressione dello stesso principio di libera circolazione delle merci ed ha sottolineato che, mentre l'articolo 95 del Trattato vieta agli Stati membri di applicare direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati imposte interne di qualsiasi natura superiori a quelle applicate sui prodotti nazionali similari, l'articolo 4 dell'Accordo con la Confederazione Elvetica stabilisce che le disposizioni relative alla graduale soppressione dei dazi doganali all'importazione sono applicabili anche ai dazi doganali a carattere fiscale e aggiunge che le parti contraenti possono sostituire con una tassa interna un dazio doganale a carattere fiscale o l'elemento fiscale di un dazio doganale . In sostanza, come si rileva condivisibilmente nella citata sentenza 34256/2012 di questa sezione, l'Accordo con la Svizzera ma mutatis mutandis anche quelli similari con altri Stati da un lato estende la soppressione dei dazi doganali anche a quelli di carattere fiscale, ma, dall'altro, allo Stato che abbia soppresso un dazio fiscale concede la facoltà di sostituire il dazio soppresso con una tassa interna. 5. In caso di merci sottratte al pagamento dell'IVA all'importazione, perciò non è integrato il reato di contrabbando, ma può configurarsi quello di cui all'articolo 70 D.P.R. numero 633 del 1972 a condizione però che la mercé introdotta non sia soggetta a doppia imposizione e cioè non sconti in Italia un'imposta già pagata all'esportazione. La doppia imposizione, infatti, introducendo un trattamento discriminatorio tra merci nazionali e merci importate, violerebbe il principio di neutralità commerciale dell'imposta voluto dall'articolo 4 dell'Accordo e perciò sarebbe inapplicabile per contrasto con l'Accordo stesso, il quale come già detto, a norma dell'articolo 228 del Trattato, è vincolante, non solo per le istituzioni Comunitarie, ma anche per gli Stati membri. La prova di avere assolto il tributo nel Paese di provenienza deve essere fornita dall'importatore. La sentenza di questa stessa sezione numero 10677 del 2004 non ha contrastato, infatti, l'orientamento consolidato dianzi esposto, ma ha escluso la configurabilità del reato di cui all'articolo 70 perché si è ritenuta provata in quella fattispecie la doppia imposizione. Anzi l'orientamento tradizionale è stato ribadito anche dalla seconda sezione di questa Corte con la decisione numero 43473 del 2004 conforme questa sez.3 numero 36198 del 4.7.2007 che sottolinea come, trattandosi di tributo interno e escluso il contrasto del regime dell'IVA all'importazione e le relative sanzioni con l'articolo 95 del Trattato CE in materia di libera circolazione . 6. Sussiste, dunque, la lamentata violazione di legge laddove il provvedimento impugnato, errando, afferma che secondo quanto affermato dall'Agenzia delle Dogane, per le importazioni dalle Isole Cayman è comunque dovuta l'iva all'importazione, la quale è da intendersi quale diritto di confine ai sensi dell'articolo 34 del TULD e conclude che a nulla rileva la circostanza che la Sagamar Marine Limited abbia provveduto ad effettuare il pagamento della somma di Euro 54.000,00, in quanto, essendo sempre prevista dall'articolo 301 del TULD per il reato di contrabbando la confisca obbligatoria del bene contrabbandato, occorre non solo e non più garantire il pagamento dei diritti di confine, ma assicurare il conseguimento del valore del bene da confiscare in favore dello Stato all'esito del processo. Al fine di garantire tale pretesa la società avrebbe, dunque, dovuto pagare la somma di Euro 200.000,00, cifra corrispondente al valore dell'imbarcazione oggetto di sequestro . P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Tempio Pausania il 25.9.2014 e dispone restituirsi quanto in sequestro all'avente diritto.