Tallona la conducente di un’automobile che finisce fuori strada procurandosi lesioni: dolose o colpose?

Dolo eventuale e colpa cosciente presuppongono entrambi il profilo della ‘previsione’ dell’evento, mentre un aspetto centrale per distinguere i due diversi elementi psicologici dell’agente è dato dalla ‘volizione’, con particolare riferimento all’adesione ponderata e consapevole rispetto all’evento nel caso in cui questo si verifichi o, almeno alla dimostrazione – anche a mezzo indicatori – che l’agente si è confrontato con la specifica categoria di evento verificatosi in concreto.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28169/15, depositata il 2 luglio. Il caso. L’imputato era stato condannato dal Tribunale di Roma, con sentenza confermata in Corte d’appello, per i reati di lesioni aggravate dolose dopo la riqualificazione dall’accusa originaria di tentato omicidio aggravato , danneggiamento e violazione delle regole del c.d.s. Nel dettaglio, nella sentenza impugnata si chiarisce la dinamica del sinistro che portava alle lesioni. L’imputato aveva posto in essere una condotta intimidatrice e contraria alle norme cautelari di cui al c.d.s. ad esempio, non rispettando la distanza di sicurezza con il veicolo che precedeva , seguendo e incutendo timore con gesti intimidatori alla conducente di un’autovettura che lo precedeva e, quindi, tamponando il veicolo con il suo autocarro. La donna perdeva il controllo del veicolo, che si ribaltava, e finiva fuori strada. Gli accertamenti riscontravano una frenata di circa 8,5 metri da parte dell’autocarro condotto dall’imputato, circostanza che era ritenuta decisiva per confermare le dichiarazioni della persona offesa che aveva affermato che l’imputato la seguiva senza rispettare la distanza di sicurezza e l’aveva tallonata. Dolo eventuale o colpa cosciente? Argomento centrale del ricorso è la ritenuta configurabilità di lesioni colpose in luogo di quelle dolose e ciò sulla scorta del fatto che la motivazione non avrebbe offerto sufficienti valutazioni in ordine al più grave dolo che avrebbe avvinto l’autore del reato. Emergeva infatti che il tamponamento non era finalizzato al ribaltamento dell’auto, circostanza negata dalla stessa persona offesa che escludeva – dal punto di vista causale – che sia stato l’urto provocato dall’autocarro a provocare lo sbandamento. Tuttavia, la condotta molesta dell’imputato arrecava fastidio alla conducente del veicolo che lo precedeva in quanto la seguiva e le faceva gesti minacciosi, di fatto stringendola sul lato della strada e speronandola. Ultimo atto, però, è quello di una frenata da parte del conducente dell’autocarro al fine di evitare l’impatto violento con l’auto che era finita fuori strada, stante la perdita di controllo della conducente. Per i giudici di merito, le condotte ascrivibili all’imputato sono quelle sorrette da dolo eventuale, perché, ponendo in essere la condotta intimidatrice e contraria alle regole del Codice della Strada, l’agente avrebbe volontariamente accettato il rischio che la conducente dell’automobile perdesse il controllo dell’auto e, quindi, il verificarsi degli eventi di lesioni e di danneggiamento che ne erano seguiti. La frenata impone di rallentare” sull’esame dell’elemento soggettivo. Per la Suprema Corte, la sentenza impugnata non chiarisce come sia riconoscibile un atteggiamento psichico che riveli un’adesione all’evento per il caso che si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta eventuale, appunto della condotta tenuta dall’imputato. Ne deriva un vizio di motivazione. Anzi, esaminando il caso sotto la lente offerta dalla sentenza nota come Thyssenkrupp Cass., sez. Unite Penali, n. 38343/14 e, in particolare con riferimento al comportamento successivo al reato, per la Cassazione, è da sottolineare come la frenata posta in essere dall’imputato costituisca un atteggiamento potenzialmente idoneo a motivare in ordine all’insussistenza di una consapevole adesione all’evento lesivo, quindi, detto in altri termini, nel senso di escludere il dolo eventuale. Limitatamente al reato di lesioni dolose, la sentenza è stata annullata con rinvio per nuovo esame. L’adesione all’evento. La Corte ha fatto applicazione dei principi indicati dalle Sezioni Unite che hanno evidenziato come, ai fini della configurabilità del dolo eventuale non basta la previsione del possibile verificarsi dell’evento, essendo invece necessario che l’evento sia considerato come prezzo eventuale da sostenere per il raggiungimento di un risultato. Oltre all’accettazione del rischio, per parlarsi di dolo eventuale, è necessaria anche l’accettazione del danno o della lesione, quale possibile prezzo del risultato desiderato. Il dolo eventuale è dunque l’atteggiamento psichico che indica una qualche adesione all’evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza – non direttamente voluta – della propria condotta. Occorre guardare al reale atteggiamento psichico che, sulla base di una chiara visione delle cose e delle prospettive della propria condotta, esprima una scelta razionale e che, rapportato all’evento lesivo, implichi ponderata e consapevole adesione all’eventualità che l’evento si verifichi. In sintesi, occorre dimostrare che l’agente si è confrontato con la specifica categoria di evento verificatosi in concreto. Quali parametri per individuare il dolo eventuale. Nella fondamentale sentenza Thyssenkruupp, i giudici di legittimità, consapevoli della difficoltà di scandagliare il foro interno dell’autore di un reato, specie se in discussione vi è l’accertamento di sfumature che separano il dolo eventuale dalla colpa cosciente, hanno offerto alcuni indicatori da utilizzare. Tra questi, innanzitutto, si è richiamata la c.d. prima formula di Frank, secondo cui, per ritenere sussistente il dolo eventuale o dolo indiretto occorre verificare se l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della certa verificazione dell’evento. In altri termini, il giudice potrà utilizzare con esito risolutivo tale criterio quando sia in possesso di informazioni idonee ad esperire il giudizio controfattuale e a rispondere con sicurezza alla domanda avente ad oggetto ciò che l’agente avrebbe fatto qualora avesse conseguito la previsione della sicura verificazione dell’evento collaterale rispetto alla propria condotta. La Suprema Corte ha poi fornito un elenco di indicatori di orientamento la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa ad es. in caso di violazione di norme cautelari dove quanto più grave ed estrema è la violazione di condotta standardizzate tanto più può aprirsi alla prospettiva dolosa la personalità e pregresse esperienze dell’agente la durata e ripetizione dell’azione una condotta durevole, studiata, ponderata è indicativa della sfera volitiva comportamento successivo al reato fine della condotta e sua compatibilità con le conseguenze collaterali probabilità di verificazione dell’evento conseguenze negative anche per l’autore contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione il contesto illecito denuncia uno stato di radicale antagonismo rispetto alla legge . Sull’asserito errore di contestazione della recidiva. Con memoria l’imputato aveva sostenuto l’erronea applicazione dell’istituto della recidiva. La Corte di Cassazione, dopo aver dato atto dell’inammissibilità in quanto la questione costituisce motivo nuovo, quindi inammissibile, perché non aveva ad oggetto capi o punti della decisione impugnata già enunciati nell’originario atto di impugnazione, esclude comunque il ricorrere dell’estinzione. In proposito ricorda che l’estinzione del reato patteggiato opera ope legis , tuttavia richiede un provvedimento del giudice dell’esecuzione che accerti la ricorrenza dei presupposti, accertamento che, nel caso esaminato, è mancato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 aprile – 2 luglio 2015, n. 28169 Presidente Lombardi – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 14/01/2011, il Tribunale di Roma, per quanto è qui di interesse, ha dichiarato M.F. responsabile del reato di cui agli artt. 582, primo comma, 585, primo comma, 577, primo, comma, n. 4 in relazione all'art. 61, primo comma, n. 1 , 81 cod. pen. così riqualificata l'originaria imputazione di tentato omicidio aggravato in danno di N.C.A. , del figlio O.B. e di M.T. , del reato di cui all'art. 635, comma secondo, n. 1 , cod. pen. capo d , del reato di cui all'art. 189, commi 1 e 6, c.d.s capo f e del reato di cui all'art. 189, commi 1 e 7, c.d.s. capo g - reati commessi il 31/07/2007 - condannandolo, ritenuta la recidiva specifica e la continuazione tra i reati indicati, alla pena di giustizia. Con sentenza del 17/10/2013, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione M.F. , attraverso il difensore avv. S. Capalbo, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen Il primo motivo lamenta erronea applicazione della legge penale con riferimento alla qualificazione dei fatti, in quanto la fattispecie astrattamente configurabile nei confronti del ricorrente è quella di lesioni colpose. I testi hanno confermato l'esistenza di una frenata del camion di mt. 8,50 in un tratto di strada di soli mt. 35 circa e la stessa consulenza dell'ing. F. conduce a delineare una condotta al massimo colposa. Il secondo motivo denuncia mancata assunzione di una prova decisiva e vizi di motivazione. La Corte di appello ha omesso di motivare sulle valutazioni svolte dal perito e, in modo contraddittorio, ha fatto riferimento a un contributo casualmente dato dall'imputato, così valutando come colpose le sue condotte. I testi di cui era stato chiesto l'esame avrebbero riferito sul percorso dell'imputato, che non ha seguito la persona offesa in OMISSIS , in quanto stava percorrendo detta strada per ragioni di lavoro. La Corte di appello, inoltre, ha omesso di valutare l'intervenuto risarcimento dei danni in favore delle persone offese e ha travisato i mezzi di prova, in quanto la consulenza dell'ing. F. trova pieno conforto nella deposizione dei testi, mentre quella dell'ing. D.A. non è attendibile in quanto nessun teste è stato in grado di ricostruire la dinamica dell'incidente. La sentenza impugnata ha omesso di indicare elementi decisivi per il ribaltamento dell'auto sulla quale viaggiavano le persone offese una delle quattro ruote dell'auto era un ruotino la guidatrice indossava una sola scarpa l'esito esiguo delle lesioni e del danni all'autovettura lo spazio del sinistro pari solo a 35 mt. . 3. Con memoria depositata il 13/04/2015, il difensore dell'imputato - premesso che solo successivamente al deposito del ricorso e, in particolare, dal 31/01/2015 è nato l'interesse del ricorrente al riconoscimento della prescrizione - lamenta l'erronea applicazione dell'art. 99, secondo comma, cod. pen. in relazione all'art. 106 cod. pen. e all'art. 445, comma 2, cod. proc. pen. la precedente condanna posta a fondamento della recidiva è rappresentata da una sentenza di applicazione della pena su richiesta del 03/10/1995, irrevocabile il 18/11/1995, sicché i relativi reati andavano dichiarati o comunque ritenuti estinti al 18/11/2000, risultando così erronea il riconoscimento della recidiva, in assenza della quale il termine di prescrizione è maturato il 31/01/2015. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento, nei termini di seguito indicati, con esclusivo riferimento al reato di lesioni. 2. In via preliminare, deve essere esaminata la questione posta dalla difesa con la memoria sopra indicata. Rileva il Collegio che, indipendentemente dalla qualificazione operata dalla stessa memoria, con essa è stato dedotto un motivo nuovo ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., motivo, tuttavia, inammissibile in quanto non ha ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata enunciati nell'originario atto di impugnazione ai sensi dell'art. 581, lett. a , cod. proc. pen. Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998 - dep. 20/04/1998, Bono ed altri, Rv. 210259 . La doglianza, peraltro, risulterebbe comunque manifestamente infondata al lume del consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'effetto estintivo legato al decorso del termine ex art. 445 cod. proc. pen., quantunque ope legis, richiede pur sempre un provvedimento del giudice - il cui intervento nel caso di specie non risulta neppure dedotto dal ricorrente - che verifichi la sussistenza dei presupposti di legge Sez. 5, n. 37237 del 09/07/2010 - dep. 19/10/2010, Reina, Rv. 248646 , spettando al giudice dell'esecuzione accertare e dichiarare l'estinzione del reato qualora sussistano i presupposti di legge, attivando, a tal fine, tutti gli accertamenti necessari nell'ambito dei poteri previsti dall'art. 666, comma 5, cod. proc. pen. così, richiamando Corte cost., ord. n. 107 del 1998, Sez. 1, n. 49987 del 24/11/2009 - dep. 30/12/2009, Diamanti, Rv. 245968 . Rilevata, dunque, la non accoglibilità della censura in esame, deve escludersi il perfezionamento della prescrizione dei reati ascritti all'imputato. 3. Il primo motivo, invece, è fondato restando assorbito il secondo nei termini di seguito indicati. 3.1. In premessa rileva il Collegio che la motivazione della sentenza impugnata deve essere valutata al lume della recente pronuncia delle Sezioni unite Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri intervenuta proprio sul tema dei rapporti tra dolo eventuale e colpa cosciente, rimarcando la centralità, nel primo, della dimensione volitiva dell'elemento soggettivo del reato. Infatti, hanno affermato le Sezioni unite par. 43.2. che se la previsione è elemento anche della colpa cosciente, è sul piano della volizione che va ricercata la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente”, laddove la colpevolezza per accettazione del rischio non consentito corrisponde alla colpevolezza propria del reato colposo, non alla più grave colpevolezza che caratterizza il reato doloso” ai fini della configurabilità del dolo eventuale, pertanto, non basta la previsione del possibile verificarsi dell'evento è necessario anche — e soprattutto — che l'evento sia considerato come prezzo eventuale da pagare per il raggiungimento di un determinato risultato” nel dolo eventuale, infatti, oltre all'accettazione del rischio o del pericolo vi è l'accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno, della lesione, in quanto essa rappresenta il possibile prezzo di un risultato desiderato”. Nella prospettiva tracciata dalle Sezioni unite par. 50 , dirimente, ai fini della configurabilità del dolo eventuale, è un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta della propria condotta”, sicché riveste decisivo rilievo che si faccia riferimento ad un reale atteggiamento psichico che, sulla base di una chiara visione delle cose e delle prospettive della propria condotta, esprima una scelta razionale e, soprattutto, che esso sia rapportato allo specifico evento lesivo ed implichi ponderata, consapevole adesione ad esso, per il caso che abbia a realizzarsi”. Nella consapevolezza della complessità dell'accertamento giudiziale dell'elemento soggettivo del reato, le Sezioni unite hanno indicato alcuni indizi o indicatori del dolo eventuale nella sintesi offertane dalla massima Rv. 261105 , le Sezioni unite hanno affermato che per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'iter e l'esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali a la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa b la personalità e le pregresse esperienze dell'agente c la durata e la ripetizione dell'azione d il comportamento successivo al fatto e il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali f la probabilità di verificazione dell'evento g le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione h il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento cd. prima formula di Frank . 3.2 La definizione dei rapporti tra dolo eventuale e colpa cosciente operata dalla sentenza n. 38343/14 delle Sezioni unite rende ragione della sussistenza, nei termini di seguito indicati, del vizio motivazionale della sentenza impugnata. La Corte di appello ha motivato circa la sussistenza dell'elemento psicologico rilevando che l'imputato ha posto in essere una condotta intimidatrice e contraria al codice della strada accettando volontariamente almeno il rischio che la conducente potesse perdere il controllo dell'utilitaria da lei guidata e il verificarsi degli eventi di lesioni e di danneggiamento capi a e d , facendo poi riferimento al contributo casualmente” dato alla causazione del sinistro. Ricostruendo, in adesione alla sentenza di primo grado, la dinamica dei fatti, la Corte di appello ha poi esaminato la questione - rimarcata anche dal ricorso in esame - della traccia di frenata di circa 8,5 metri, osservando che essa conferma quanto riferito dalla persona offesa, ossia che l'imputato la seguiva con l'auto senza rispettare la distanza di sicurezza, ossia tallonandola sempre richiamando la sentenza di primo grado, la Corte di merito ha altresì rilevato che l'imputato non si limitò a seguire la donna e ad incuterle timore con gesti intimidatori con la mano, ma tamponò l'autovettura, così come indicato nel capo di imputazione e dimostrato incontrovertibilmente dalla presenza di tracce dell'autocarro sulla parte posteriore dell'auto della persona offesa. Pur conformandosi alla sentenza di primo grado, il giudice di appello non si è tuttavia puntualmente confrontato con le valutazioni conclusive svolte dal primo giudice all'esito della ricognizione dei vari elementi di prova pag. 19 , valutazioni alla luce delle quali ha rilevato che M. non ha tamponato l'autovettura in fase di accelerazione con l'intento di provocarne il ribaltamento” circostanza, questa, confermata dalla stessa persona offesa, che ha negato che sia stato l'urto con l'autocarro a provocare lo sbandamento della propria autovettura , ma ha arrecato fastidio alla N. , che lo precedeva alla guida della Seat Marbella, inseguendola, facendole gesti minacciosi, stringendola sul lato della strada e speronandola, ma ha poi frenato per evitare l'impatto violento con la vettura che era finita fuori strada in quanto la conducente stessa aveva perso il controllo del veicolo”. Nei termini sintetizzati, la motivazione della sentenza impugnata, anche alla luce di quella della conforme sentenza di primo grado, non è idonea a dar conto della sussistenza del dolo del reato di lesioni. Attraverso il riferimento all'accettazione del rischio del verificarsi dell'evento da parte di M. e a fortiori quella alla casualità della causazione del sinistro la Corte di appello non ha dato atto della riconoscibilità, in capo all'imputato, di un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta della propria condotta” Sez. U, n. 38343 del 2014 cit. . La sussistenza del vizio si apprezza anche alla luce degli indicatori del dolo eventuale individuati dalle Sezioni unite e, in particolare, di quelli desumibili dal comportamento successivo al fatto sotto questo profilo, la sentenza di primo grado ha esplicitamente posto in correlazione la frenata dell'autocarro con la volontà dell'imputato di evitare un violento impatto con l'autovettura finita fuori strada, atteggiamento, questo, potenzialmente idoneo a dar conto dell'insussistenza di una consapevole adesione dell'imputato all'evento lesivo. Pertanto, mentre le doglianze del ricorrente non compromettono la tenuta logico-argomentativa della sentenza impugnata con riferimento al reato di danneggiamento anteriore al ribaltamento dell'auto e, secondo la ricostruzione della vicenda delineata dalla sentenza di primo grado, non finalizzato a tale evento e dei reati ex artt. 189 c.d.s. contestati e, sostanzialmente, non investiti dalle censure del ricorrente , la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di lesioni, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame sul punto da compiersi sulla base di una puntuale ricostruzione dei fatti e della dinamica dell'accaduto anche in relazione alla necessaria disamina delle valutazioni del primo giudice e degli elementi dallo stesso valorizzati e alla luce dei principi affermati dalla sentenza n. 38343 del 2014 delle Sezioni unite. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso.