La pizzeria produce vapori nauseabondi, il reato è permanente

La contravvenzione prevista e punita dall’art. 674 c.p. getto pericoloso di cose , quando abbia per oggetto l’illegittima emissione di gas, vapori, fumi atti ad offendere, imbrattare o molestare le persone, connessa all’esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo, assume il carattere della permanenza, non potendosi ravvisare la consumazione di definiti episodi in ogni singola emissione di durata temporale non sempre individuabile.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27562, depositata il 1° luglio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Campobasso condannava un imputato per il reato ex art. 674 c.p. getto pericoloso di cose l’uomo, nell’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande come accertato nel periodo tra giugno e novembre 2009 , aveva provocato l’emissione nell’atmosfera di fumi e vapori nauseabondi, causando così disagio ai condomini dello stabile, che erano costretti a tenere le finestre chiuse. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando innanzitutto violazione del principio del ne bis in idem . Dopo aver rilevato che, trattandosi di una pizzeria funzionante ininterrottamente, il reato ipotizzato era di natura permanente, deduceva di essere già stato condannato nel 2012 per i fatti contestati. Inoltre, dagli accertamenti disposti, era emerso il buon funzionamento delle attrezzature poste in essere per la riduzione degli odori e dei fumi, per cui doveva essere esclusa la punibilità. Reato permanente. La Corte di Cassazione ricorda che la contravvenzione prevista e punita dall’art. 674 c.p., quando abbia per oggetto l’illegittima emissione di gas, vapori, fumi atti ad offendere, imbrattare o molestare le persone, connessa all’esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo, assume il carattere della permanenza, non potendosi ravvisare la consumazione di definiti episodi in ogni singola emissione di durata temporale non sempre individuabile. Di conseguenza, se la sentenza di primo grado ha accertato la permanente attualità dell’attività produttiva in termini non diversi da quelli del momento della contestazione, quanto a strumenti di produzione, la permanenza nel reato deve ritenersi cessata con la pronuncia di tale sentenza. Tuttavia, nel caso di specie, la sentenza passata in giudicato del 2012 aveva ad oggetto fatti commessi fino al 2007 trattandosi di contestazione chiusa”, la permanenza doveva ritenersi, quindi, cessata già prima della sentenza alla data indicata nell’imputazione . Invece, il caso in commento riguardava fatti accertati tra giugno e novembre 2009, per cui si trattava di una condotta successiva che, come tale, non poteva essere coperta dal precedente giudicato. Normale tollerabilità. Inoltre, l’evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori è apprezzabile a prescindere dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c. immissioni . Il limite deve essere accertato rigorosamente, come avvenuto nel caso di specie i giudici di merito avevano ampiamento argomentato in ordine al superamento della normale tollerabilità, come constatato anche dagli agenti di polizia municipale che si erano recati sul posto uno dei quali si era anche sentito male . Il ricorrente, invece, si limitava a riproporre doglianze in fatto, riguardo al buon funzionamento dell’impianto, o irrilevanti, come ad esempio il mancato consenso da parte dei condomini all’installazione di una canna fumaria. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 aprile – 1 luglio 2015, numero 27562 Presidente Mannino – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1.La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza del 21/10/2014, rigettava l'appello proposto da M.D.G. avverso la sentenza dl Tribunale di Campobasso, resa il 24/09/2012, con la quale il predetto, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena sospesa alle condizioni di legge di giorni 10 di arresto per il reato di cui agli articolo 81 cpv. e 674 cod.penumero , nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile. Nel disattendere i motivi di appello, rilevava la Corte territoriale che, alla luce della giurisprudenza di legittimità, fosse configurabile il reato contestato. Dalle risultanze processuali era emerso che l'imputato, nell'esercizio dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, aveva provocato l'emissione nell'atmosfera di fumi e vapori nauseabondi, al punto da determinare disagio in tutti i condomini dello stabile, che erano costretti a tenere le finestre chiuse. L'intollerabilità dei fumi e degli odori era stata constatata anche dagli agenti della Polizia Municipale, Brunale e Scala. In ordine alla insussistenza del dedotto bis in idem ex articolo 649 cod.proc.penumero con riferimento alla sentenza numero 131/2012, la Corte si limitava a richiamare le condivisibili argomentazioni dei primo giudice. La pena, infine, era congrua ed adeguata. 2. Ricorre per cassazione M. M.D.G., a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione dell'articolo 649 cod.proc.penumero II ricorrente era stato tratto a giudizio per aver provocato, nell'esercizio di un'attività di ristorazione bar-pizzeria , emissioni di vapori e fumo, come accertato il 30 giugno ed il 3 novembre 2009. Trattandosi di una pizzeria funzionante ininterrottamente, il reato ipotizzato era di natura permanente. Peraltro le date indicate nel capo di imputazione non corrispondevano all'effettivo tempus commíssi delicti, riferendosi esse al controllo operato dagli agenti di polizia. Tali fatti erano stati già giudicati con la sentenza della Corte di Appello del 8/3/2012, irrevocabile il 24/4/2012, per cui ci si trovava in presenza della violazione di principio dei ne bis in idem. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione l'illegittima emissione di gas, vapori, fumi, connessa all'esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo si configura come reato permanente, non potendosi ravvisare la commissione di distinti reati per ogni singola emissione. Con il secondo motivo denuncia la violazione degli articolo 81 e 674 cod.penumero Da tutti gli accertamenti disposti dall'Arpa era emerso il buon funzionamento delle attrezzature poste in essere per la riduzione e prevenzione degli odori e dei fumi impianto di areazione e deodorizzazione dei fumi prodotti . L'attività di ristorazione ricade, ai sensi dell'articolo 272 D.L.vo, 156/06, nell'elenco delle attività in deroga che non necessitano di autorizzazione. Peraltro il M.D.G., uniformandosi all'attestato protocollo numero 7790 dl 13/11/2006 rilasciato dalla Regione Molise, era disponibile alla installazione di una canna fumaria, con superamento di almeno un metro il colmo di tetti, ma dai condomini dello stabile era stato impedito di realizzare detto accorgimento. Non poteva, pertanto, attribuirsi al ricorrente alcuna responsabilità in ordine al reato ascritto. Con il terzo motivo eccepisce la intervenuta prescrizione dei reato alla data dei 3/11/2014. Considerato in diritto 1.I1 ricorso è manifestamente infondato. 2.Quanto all'eccepita violazione del principio del ne bis in idem, non c'è dubbio che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, la contravvenzione prevista e punita dall'articolo 674 cod.penumero , quando abbia per oggetto l'illegittima emissione di gas, vapori, fumi atti ad offendere o imbrattare o molestare le persone, connessa all'esercizio di attività economiche e legata al ciclo produttivo, assuma il carattere della permanenza, non potendosi ravvisare la consumazione di definiti episodi in ogni singola emissione di durata temporale non sempre individuabile. Ne segue che, se la sentenza di primo grado abbia accertato la permanente attualità dell'attività produttiva in termini non diversi da quelli dei momento della contestazione, quanto a strumenti di produzione, la permanenza nel reato deve ritenersi cessata con la pronuncia di detta sentenza cfr. ex multis Cass.sez.1 numero 9293 del 10/08/1995 . 2.1. II ricorrente omette, però, di considerare che la sentenza passata in giudicato, come rilevato dal Tribunale, alla cui motivazione rinvia la Corte territoriale e come peraltro non risulta contestato , aveva ad oggetto fatti commessi fino all'11/12/2007 pag.3 sent.Trib . Trattandosi dì contestazione chiusa , la permanenza doveva ritenersi, quindi, cessata già prima della sentenza alla data indicata nell'imputazione. I fatti per cui si procede risultano accertati, invece, il 30 giugno ed il 3 novembre 2009. Trattasi quindi di una condotta successiva che, come tale, non può essere coperta dal precedente giudicato. 3. In ordine al secondo motivo, va ricordato che per il reato di cui all'articolo 674 cod. penumero ,l'evento dì molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori è apprezzabile a prescindere dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex articolo 844 c.c. Cass. Sez. 3 numero 34896 del 14.7.2011 e più di recente Cass. Sez. 3 numero 37037 in tema di immissioni olfattive . E' comunque necessario che venga accertato, in modo rigoroso, il limite in questione. I Giudici di merito hanno ampiamente argomentato in ordine al superamento di siffatta normale tollerabilità. Già il Tribunale aveva accertato che l'imputato, nell'esercizio dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, avesse provocato l'emissione di fumi e vapori nauseabondi. Che l'emissione fosse nauseabonda ed atta a molestare era stato direttamente constatato anche dagli Agenti di Polizia municipale, Brunale e Scala quest'ultimo, nel corso del sopralluogo veniva, addirittura, colto da un attacco di nausea -pag.2 sent.Trib. La Corte territoriale nel confutare i rilievi difensivi, ha ribadito che dalle risultanze processuali emergesse, in modo inequivocabile, l'emissione nell'atmosfera di fumi e vapori nauseabondi pag.4 sent.app. . 3.1.II ricorrente, anziché censurare siffatte argomentazioni, ripropone doglianze in fatto in ordine al buon funzionamento dell'impianto di areazione e deodorizzazione , oppure irrilevanti quanto al mancato consenso da parte dei condomini alla installazione di una canna fumaria . 4. II ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell'articolo 616 cod.proc.penumero ed infine alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile e che si liquidano come da dispositivo. Va solo aggiunto che l'inammissibilità dei ricorso preclude la possibilità di dichiarare ex articolo 129 comma 1 cod.proc.penumero cause di non punibilità Peraltro la eccepita prescrizione non è ancora maturata, non tenendo conto il ricorrente dei periodi di sospensione della stessa, intervenuti nel corso dei giudizio. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende, nonché al rimborso delle spese del grado in favore della parte civile, D.G.M., che liquida in complessivi euro 3.000,00,oltre accessori di legge.