Il conducente deve evitare l’investimento del pedone che è già sulla carreggiata

In tema di reati connessi alla circolazione stradale, integra il reato di lesioni colpose la condotta del conducente di un veicolo che investa un pedone in autostrada quando quest'ultimo già si trovi sulla carreggiata nel momento in cui l'agente abbia percepito la sua presenza, atteso che in tale situazione appare prevedibile la pur imprudente intenzione dello stesso pedone di attraversare la carreggiata ed è dunque dovere del conducente porre comunque in atto le manovre necessarie ad evitare il suo investimento. Occorre, tuttavia, valutare se l’allerta avrebbe potuto rendere prevedibile, nel caso concreto, la presenza di una persona ferma nel pieno centro della carreggiata.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24217, depositata il 5 giugno 2015. L’onere della prova Nel caso in cui si verifichi un sinistro stradale, cui siano connessi reati di lesioni colpose o di omicidio colposo, occorre dare la prova diretta e/o indiretta che l’imputato sia incorso nella violazione di una regola cautelare ad esempio, di quella che vieta l’eccesso di velocità . A tal fine, è necessario che le risultanze della consulenza tecnica, disposta dal Pubblico Ministero in questi casi, siano intrinsecamente dotate di attendibilità, oltre che di valore tecnico-scientifico. Nello specifico, è necessario misurare la velocità ante sinistro dei veicoli coinvolti, al fine di verificare che gli stessi, al momento dell’incidente, circolassero al di sotto del limite massimo consentito nel tratto di strada incriminato ciò al fine di valutare la sussistenza del ragionevole dubbio, e che tale velocità fosse conforme a quanto previsto dal vigente Codice della Strada. i principi del giusto processo Anche nei reati in tema di circolazione stradale, il giusto processo di cui alcuni ancora oggi dimenticano o non hanno mai percepito l’esistenza detta regole precise per il Giudice che, per condannare, deve essere certo della colpevolezza dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio, e deve quindi fondare la sua decisione su fatti certi, senza niente dare per accertato, se non ciò che risulti saldamente acquisito agli atti. Erra, pertanto, il Giudice di primo grado che erroneamente ponga, a fondamento della propria decisione di condanna, una consulenza tecnica la quale – per le ragioni sopra esposte – debba ritenersi del tutto errata sotto il profilo scientifico, o comunque inficiata dalla presenza del c.d. ragionevole dubbio”, sancito dall’art. 533 c.p.p e la valutazione del caso concreto. In passato, la Suprema Corte di Cassazione, in un caso analogo a quello oggetto della sentenza in commento, aveva stabilito che qualora il pedone sia fermo sulla piazzola di sosta, la particolare conformazione dell'autostrada quale sede destinata al traffico veloce consentirebbe legittimamente al conducente di escludere l'intenzione del pedone di attraversare la carreggiata, trattandosi di comportamento in tali condizioni non prevedibile. Pertanto, in siffatta ipotesi, la responsabilità penale del conducente andrebbe esclusa. Più in generale, occorre tenere conto della complessiva dinamica dell’incidente, così come ricostruita dai consulenti tecnici d’ufficio e di parte , soprattutto al fine di valutare la sussistenza di un concorso di colpa, tale da consentire di escludere un addebito di responsabilità in via esclusiva del sinistro occorso. Ad esempio, ove il conducente oltrepassi la linea divisoria della carreggiata destra ad una velocità moderata, il soggetto proveniente dall’opposto senso di marcia ha comunque la possibilità di frenare per tempo, evitando l’impatto con l’autovettura che sopraggiunge, effettuando immediatamente le possibili manovre d’emergenza. Presupposto dell’effettuazione delle dovute manovre di emergenza è l’andatura ad una velocità entro il limite massimo consentito, tale da garantire lo spazio sufficiente per frenare ed evitare l’incidente, arrestandosi prima dell’impatto. In tali casi, l’evento lesivo o mortale è almeno parzialmente riconducibile, con nesso di causalità diretto, alla concorrente condotta colposa della vittima del reato. La causalità della colpa. Per accertare il nesso causale, occorre un doppio controllo. Non basta, infatti, verificare l’esistenza di una legge statistica astrattamente applicabile al caso singolo è altresì necessario un giudizio di alta probabilità logica, in base al quale verificare l’attendibilità, in concreto, della legge statistica individuata. Bisogna cioè verificare che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione doverosa omessa, ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, considerate – inoltre – le prove processuali, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non si sarebbe verificato, sarebbe avvenuto molto dopo, o avrebbe avuto minore intensità lesiva. Se c’è ragionevole dubbio circa la certezza processuale” del nesso causale insufficienza, contraddittorietà e/o incertezza probatoria , deve quindi esserci assoluzione ai sensi dell’ art. 530, comma 2, c.p.p

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 maggio – 5 giugno 2015, n. 24217 Presidente Sirena – Relatore Iannello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4/11/2010 il Tribunale di Nocera Inferiore assolveva, con la formula perché il fatto non costituisce reato, L.G. dal delitto di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, a lui ascritto per avere cagionato la morte di G.C. in conseguenza del sinistro stradale verificatosi lungo la carreggiata sud dell'autostrada omissis in data omissis , condannandolo invece per i reati di fuga e omissione di soccorso stradale art. 189, commi 6 e 7, cod. strada . L'incidente si era verificato in un tratto di autostrada rettilinea, con il manto stradale nella norma, privo di impedimenti visivi, ma anche di illuminazione sia naturale per mancanza di luna che artificiale. Secondo quanto accertato dal Tribunale, G.C. , percorrendo detto tratto autostradale alla guida della propria Renault Clio, dopo avere superato a velocità sostenuta la vettura che lo precedeva, improvvisamente perdeva il controllo del mezzo e, dopo aver urtato il guardrail di destra, effettuava alcuni testacoda e impattava anche contro il guardrail di sinistra, fermandosi quindi dopo circa 100 m nella corsia di sinistra, in posizione leggermente obliqua rispetto all'asse stradale la Renault Clio rimaneva in completa avaria e in particolare lo era l'impianto elettrico, che non consentiva di azionare i dispositivi di segnalazione visiva il G. , privo di giubbotto o di altro indumento catarifrangente, scendeva dalla vettura, nella quale invece rimaneva la passeggera M.V. , e avvertiva i soccorsi attraverso un telefono cellulare prestatogli dagli occupanti dell'autovettura che aveva poco prima superato questi ultimi, nell'allontanarsi, lo invitavano ripetutamente a spostarsi su una piazzola di emergenza, ma il G. rimaneva sulla carreggiata e anzi si collocava sulla linea di mezzeria, piegato nel vano finestrino della Clio, lato passeggero, a conversare con la M. in quel frangente sopraggiungeva il L. che, alla guida di una Fiat Punto, con a bordo il passeggero C.C. , percorreva l'autostrada nella stessa direzione e nella corsia di destra, ma con la parte sinistra in prossimità della linea di mezzeria, a velocità non superiore ai 90 km/h, facendo uso dei soli anabbaglianti la detta vettura colpiva il G. che veniva sbalzato di alcuni metri più avanti e che, all'impatto con la sede stradale, decedeva sul colpo il L. dopo l'impatto proseguiva la marcia, arrestandosi solo dopo circa 600 m sopraggiungeva infine altra vettura che impattava a sua volta con la Renault Clio dalla quale nel frattempo era scesa la M. per prestare soccorso alla vittima , spostandola in avanti di alcuni metri e sulla corsia di destra. Così ricostruito l'incidente, il Tribunale riteneva l'imputato esente da responsabilità per l'evento mortale sulla base di queste considerazioni - l'imputato viaggiava ad una velocità di 90 km/h, inferiore a quella massima _ consentita di 110 km/h - non poteva egli mantenere una velocità inferiore, in particolare quella di 40 km/h, indicata dal consulente tecnico di parte civile in ragione del mancato uso degli abbaglianti, in quanto così facendo avrebbe costituito intralcio alla circolazione, violando il disposto dell'art. 141, comma 6, cod. strada - egli non solo non aveva l'obbligo di utilizzare i fari abbaglianti ma il loro uso gli era anzi vietato dall'art. 153, comma 3, cod. strada, in quanto diversamente avrebbe potuto abbacinare i conducenti delle vetture marcianti in senso opposto - l'uso dei proiettori di profondità, peraltro, in assenza di un significativo contrasto tra l'oggetto illuminato dello sfondo, non avrebbe con certezza garantito la tempestiva percezione dell'ostacolo e l'arresto del veicolo - ne discendeva, secondo il primo giudice, che la ragione unica per cui non era stato possibile evitare l'impatto con il G. era da individuarsi nel fatto di costui che, avendo provocato per sua colpa il primo sinistro e ponendo così in essere una condizione necessaria delle successive collisioni, era rimasto sulla carreggiata privo di strumenti che ne segnalassero la presenza, costituendo un ostacolo assolutamente imprevedibile e inevitabile. 2. La Corte d'appello di Salerno, con sentenza del 5/11/2013, in accoglimento del gravame proposto dal Procuratore distrettuale e dalle parti civili e in riforma sul punto della sentenza di primo grado, dichiarava l'imputato colpevole anche del delitto di omicidio colposo e, concessegli le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, lo condannava alla pena di otto mesi di reclusione rideterminando quella per i reati di cui al capo b di imputazione in nove mesi di reclusione, per una complessiva pena inflitta pari a un anno e cinque mesi di reclusione condannava altresì l'imputato e la compagnia d'assicurazioni responsabile civile, in solido, al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede. Rimarcava la Corte in premessa che tale decisione non discendeva da una diversa valutazione del materiale probatorio ma piuttosto da una diversa applicazione al fatto, immutato nella ricostruzione e sulla base degli stessi elementi probatori, delle regole di logica e di diritto. Reputava, infatti, che erroneamente il Tribunale avesse considerato decisiva l'osservanza da parte dell'imputato dei limiti massimi di velocità, posto che ciò non lo esimeva dal rispetto delle regole generali in tema di velocità stabilite dell'art. 141 cod. strada che impongono al conducente, indipendentemente dal rispetto dei limiti massimi di velocità, di commisurare l'andatura alla situazione concreta del traffico, del veicolo, ed alle condizioni di visibilità. Altrettanto erroneamente, secondo la Corte, il Tribunale aveva ritenuto che una ulteriore limitazione della velocità avrebbe comportato intralcio alla circolazione, dovendosi piuttosto considerare che la testé richiamata regola generale di cui all'art. 141 cod. strada non soffre eccezioni in relazione al tipo di strada percorsa e va dunque osservata anche in autostrada. Infine, secondo la Corte, il Tribunale aveva erroneamente interpretato la regola contenuta nell'art. 153 cod. strada affermando che l'imputato non potesse usare, in quel tratto di autostrada, gli abbaglianti rilevava infatti che al contrario, fuori dai centri abitati, in ogni caso di scarsa visibilità, è facoltà del conducente di tenere accesi i proiettori di profondità, quando l'illuminazione esterna manchi o sia insufficiente nel caso di specie l'imputato viaggiava di notte, fuori dal centro abitato, in assenza di illuminazione naturale o artificiale e non ricorreva nessuna delle ipotesi di divieto di uso degli abbaglianti, posto che si trovava in una autostrada le cui carreggiate erano divise da doppio guardrail e procedeva inoltre nella corsia di destra, con conseguente minore rischio di abbagliamento dei veicoli marcianti in senso opposto. Alla luce di tali considerazioni, osservava quindi la Corte che la velocità mantenuta dall'imputato, sebbene rispettosa dei limiti massimi imposti in quel tratto d'autostrada, di fatto non era tale da consentirgli l'arresto della vettura nei limiti dello spazio visivo goduto, obiettivamente ridotto rispetto a quello fruibile stante il deliberato uso degli anabbaglianti in luogo dei proiettori di profondità. Ciò in violazione della regola cautelare desumibile dalla disciplina richiamata, complessivamente interpretata, secondo la quale la velocità del veicolo deve essere rapportata direttamente alla lunghezza del campo visivo, più ampio o più ridotto, secondo il tipo di luci accese e con indubbio rilievo causale rispetto all'evento, che infatti avrebbe potuto essere evitato se l'imputato avesse usato i proiettori di profondità o, in alternativa, avesse tenuto una velocità inferiore e commisurata alle concrete condizioni di visibilità. In tal caso, infatti, egli - secondo la Corte - avrebbe potuto avvistare per tempo l'ingombro sulla sede stradale ed evitarlo attraverso le opportune manovre, o arrestando completamente la marcia o, più semplicemente, mantenendosi più strettamente sulla destra, essendo invece risultato che egli viaggiava con la parte sinistra del proprio veicolo oltre la linea di mezzeria o, quanto meno, a ridosso della stessa. Dava atto la Corte che il G. , con la sua condotta colposa, aveva indubbiamente posto in essere il fattore causale originario di rischio ostruzione della carreggiata e dei successivi eventi riteneva però che tale condotta colposa, seppure sinergica, non poteva ritenersi da sola sufficiente a determinare l'evento, non essendo qualificabile come atipica e eccezionale, ma potendo bensì collocarsi nell'ambito della prevedibilità. L'ostacolo costituito dalla sua vettura ferma e dalla sua presenza sulla sede stradale accanto alla stessa, non poteva considerarsi improvviso poiché entrambi si trovavano da tempo sulla sede stradale, né imprevedibile poiché, nel caso della circolazione stradale, in condizioni di scarsa visibilità, il conducente non può fare ragionevole affidamento sulla mancanza di ingombro da parte di altri veicoli essendo piuttosto agevolmente prevedibile che, proprio a causa delle particolari condizioni atmosferiche, qualche veicolo possa ingombrare la carreggiata. L'evitabilità della collisione era poi dimostrata dal fatto che nelle stesse condizioni di tempo e di luogo molti altri automobilisti, che avevano preceduto il L. , l'avevano evitata. Soggiungeva che ad evitare l'impatto sarebbe stato sufficiente da parte dell'imputato una leggera correzione verso destra della direzione di marcia manovra possibile ed esigibile, tanto più alla velocità dichiarata. Al contrario, com'era desumibile dall'assenza di tracce di frenata, dalla deposizione della teste C.C. e dalle dichiarazioni dello stesso imputato, questi non aveva frenato, non aveva moderato la velocità, non aveva corretto la direzione di marcia se non all'ultimo, non aveva posto in essere alcuna manovra realmente atta ad evitare l'impatto poiché, evidentemente, non aveva avvistato per tempo l'ingombro e ciò non perché gli fosse impossibile ma solo per un suo deficit di attenzione, aggravato dalla condotta di guida tenuta in violazione di regole specifiche imposte dal codice della strada e dalla generale prudenza. 3. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione L.G. , per mezzo del proprio difensore, sulla base di due motivi. 3.1. Con il primo deduce vizio di motivazione per non avere la Corte d'appello tenuto adeguatamente conto delle argomentazioni utilizzate dal giudice di primo grado e in particolare del fatto che, come evidenziato dal Tribunale, il mancato utilizzo dei fari abbaglianti e l'adeguamento della velocità conseguente a tale scelta non avevano formato oggetto di contestazione specifica nel capo d'imputazione, così violando l'obbligo di motivazione rafforzata imposto in caso di riforma di sentenza assolutoria e correlativamente violando la regola che consente il giudizio di penale responsabilità solo ove possa ragionevolmente escludersi ogni percorso causale alternativo. 3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge. Lamenta che la Corte ha omesso di adeguatamente valutare l'imprevedibilità della condotta colposa della vittima e la capacità della stessa di porsi quale causa da sola sufficiente a produrre l'evento. Sostiene che contrariamente ai criteri di logica e del senso comune la Corte si è spinta a qualificare come prevedibile la condotta dell'investito il quale si trovava a piedi nella corsia di sorpasso del tratto autostradale in orario notturno. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei sensi appresso precisati. La sentenza impugnata - nel ribaltare l'esito assolutorio del primo grado di giudizio - non soddisfa i più rigorosi oneri motivazionali in tal caso imposti, rivelando anzi diversi aspetti di criticità riguardo all'applicazione dei principi che, nel nostro ordinamento, sovrintendono alla responsabilità per colpa, in particolare per quel che attiene alla violazione delle regole cautelari ritenute rilevanti e applicabili alla fattispecie colpa in senso oggettivo all'efficacia causale di tale violazione rispetto all'evento causalità della colpa alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento da parte dell'agente modello colpa in senso soggettivo . 4.1. Sotto il primo profilo occorre invero rilevare che l'affermazione secondo cui nella specie l'imputato avrebbe violato la norma di cui all'art. 141 comma 2 cod. strada - la quale impone al conducente di conservare sempre il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile ” - non sembra misurarsi adeguatamente con il seguente complesso di circostanze, emergenti dalla stessa pacifica descrizione della dinamica del sinistro ed invece tenute presenti dal primo giudice a l'autovettura condotta dall'imputato percorreva la corsia di destra della autostrada, in sé sgombra da ostacoli e segnatamente non occupata dalla autovettura incidentata, la quale si trovava ferma, in avaria, sulla corsia di sinistra, di sorpasso, in posizione leggermente obliqua rispetto alla linea di mezzeria b l'imputato non ha impattato con l'autovettura incidentata come invece risulta aver fatto altra autovettura sopraggiunta subito dopo e l'ha dunque evitata non appare pertanto conferente il richiamo della citata regola cautelare almeno in quanto rapportata all'ingombro costituito dall'autovettura l'abbia o meno avvistato, è certo che l'imputato l'ha comunque evitato in tal senso neppure può attribuirsi rilievo al fatto che l'autovettura dell'imputato procedesse a ridosso della linea di mezzeria secondo la ricostruzione accreditata in sentenza, l'altra - quella che la linea fosse in parte superata - essendo invece formulata in termini dubitativi , trattandosi di condotta in sé non vietata e che, comunque, non ha nemmeno essa impedito al conducente di evitare l'impatto con l'autovettura ferma nella corsia di sorpasso c l'autovettura condotta dal L. procedeva alla velocità di 90 km/h che, in autostrada, destinata al traffico veloce, non può a priori considerarsi andatura imprudente e inadeguata anche nelle condizioni descritte, dovendosi al contrario reputare pericolosa una andatura ancora più contenuta, sia pure al solo ipotetico scopo di verificare l'esistenza di eventuali feriti ed eventualmente prestare soccorso operazione certamente commendevole, ma da compiersi con la massima cautela ed evitando in particolare improvvise e brusche decelerazioni o arresti in grado di porsi a propria volta quali improvvisi e imprevedibili intralci alla circolazione v. Sez. 4, n. 11507 del 24/03/1988, Puppo, Rv. 179808 Sez. 4, n. 858 del 26/03/1969, Merli, Rv. 112741 d ciò che l'imputato, evidentemente, non ha preveduto né evitato è stata piuttosto la presenza, sulla carreggiata, del conducente dell'autovettura incidentata, fermo, da tempo, in prossimità della linea di mezzeria, intento a conversare con la donna rimasta all'interno dell'abitacolo è questa però una circostanza che, per la sua evidente atipicità e antiteticità rispetto alla disciplina della circolazione in autostrada e alle più elementari norme di prudenza e cautela, da un lato, non può considerarsi compresa tra le evenienze che la regola cautelare violata è volta a governare, dall'altro, non può ritenersi sarebbe stata sicuramente evitata ove tale regola fosse stata rispettata nei termini ipotizzati dal giudice a quo . 4.2. Quanto meno manca al riguardo - venendosi così al secondo dei profili suindicati, quello della causalità della colpa - una attenta e adeguata verifica, attraverso un congruo giudizio controfattuale, dell'efficacia salvifica del c.d. comportamento alternativo lecito . Nulla nel ragionamento della Corte dimostra, infatti, con minima coerenza logica, che anche ad una andatura sensibilmente inferiore ai 90 km/h, il descritto ostacolo avrebbe potuto essere avvistato in tempo ed evitato. Sul punto, invero, la Corte territoriale esprime un convincimento apoditticamente affermativo, non supportato da alcuna argomentazione, invece necessaria tanto più in considerazione della particolare posizione dell'autovettura descritta in sentenza come leggermente obliqua rispetto alla linea di mezzeria, il che giustifica il dubbio che essa potesse nascondere almeno in parte la sagoma della persona ferma accanto ad essa e della vittima, ferma a parlare, attraverso il finestrino, con la donna rimasta nel sedile anteriore a fianco del posto di guida e, pertanto, anche presumibilmente chinato. Per analoghe ragioni si rivela evanescente sul piano logico l'ulteriore fondamento motivazionale indicato in sentenza, circa la configurabilità anche di una concorrente violazione dell'obbligo di attenzione e diligenza nella guida che, secondo la Corte, avrebbe impedito all'imputato di avvedersi, sia pure in extremis , della presenza del pedone fermo accanto alla vettura incidentata, sulla mezzeria della carreggiata, e di attuare una manovra di emergenza. Premesso che si ammette in sentenza che una manovra di emergenza sia stata in ultimo ” in realtà tentata dal prevenuto, si rivela comunque dirimente il rilievo che, anche in tal caso, manca una adeguata verifica controfattuale, ossia una coerente e adeguata dimostrazione sul piano logico dell'assunto che una maggiore attenzione nella guida, in ipotesi mancata, avrebbe consentito di avvedersi, nelle condizioni date, con maggiore anticipo, della presenza del pedone e di compiere con maggiore successo tale manovra. 4.3. Le suesposte considerazioni rivelano vieppiù il loro peso sul versante propriamente soggettivo della colpa, quello cioè della prevedibilità ed evitabilità dell'evento, nelle condizioni date, da parte del c.d. agente modello . È noto al riguardo che il giudizio di prevedibilità vale a specificare il contenuto dell'obbligo di diligenza altrimenti astratto solo se il pericolo del verificarsi di un evento dannoso è prevedibile o riconoscibile dal modello d'agente tenuto presente, il soggetto può essere obbligato a rispettare quelle specifiche regole cautelari idonee ad evitare il prodursi del fatto dannoso. Ebbene occorre muovere al riguardo dalla non contestabile premessa che, in via di principio, la presenza di un pedone al centro della carreggiata di un'autostrada non può, di regola, considerarsi circostanza prevedibile v. Sez. 4, n. 41029 del 24/09/2008, Moschiano, Rv. 241476 , rendendosi pertanto normalmente inesigibile una attenzione del conducente spinta al punto da scandagliare ogni angolo del tratto percorso alla verifica della eventuale presenza di pedoni, sulla cui assenza egli ha invece motivo di fare pieno affidamento è stato al riguardo condivisibilmente affermato che l'affidamento nella regolarità della condotta dei conducenti di autoveicoli assume un diverso valore secondo che la circolazione si svolga su autostrada o su strada ordinaria motivo per il quale è stata ritenuta imprudente e non prevedibile la manovra di spinta di autoveicolo in avaria in tempo di notte su autostrada, in misura maggiore rispetto ad analoga manovra eseguita su strada ordinaria Sez. 4, n. 8258 del 14/02/1974, Puma, Rv. 128438 . La presenza di una autovettura in panne nella corsia di sorpasso può certamente, in astratto, costituire motivo di allarme circa le condizioni di sicurezza del tratto di autostrada impegnato da quella autovettura. Si tratta, però, di valutare i tempi di una tale doverosa allerta e se la stessa avrebbe potuto rendere prevedibile, nel caso concreto, la presenza di una persona ferma alla destra dell'autovettura, nel pieno centro della carreggiata, e indurre ad una diversa condotta di guida, al qual fine occorre tener conto del fatto che l'autovettura si trovava per l'appunto nella corsia di sinistra, diversa da quella percorsa dei tempi di avvistamento della stessa in tali condizioni della posizione obliqua dell'autovettura e di quella della vittima della scarsa illuminazione della strada del carattere, anche in tale contesto, comunque in grado massimo imprudente e inopinato della condotta della vittima. Se questi sono gli elementi di possibile rilievo nella specie ai fini della imputazione soggettiva dell'evento, la loro ponderazione - implicando un giudizio prettamente di merito - non può però essere operata da questa Corte, occorrendo in questa sede arrestarsi al rilievo della mancanza di una adeguata valutazione nella sentenza impugnata di tutti i predetti aspetti. Il giudice del rinvio vi dovrà dunque provvedere alla luce di una attenta considerazione di tutte le circostanze del caso concreto sempre che il tema non risulti assorbito dalla soluzione che sarà data agli altri passaggi logici dei quali s'è sopra rilevata analoga carenza motivazionale . 5. Per tutte le considerazioni che precedono deve pertanto pervenirsi all'annullamento della sentenza impugnata - limitatamente al capo a di imputazione, sull'altro concernente i reati di fuga e omissione di soccorso stradale non essendo stata proposta impugnazione - con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, competente ai sensi dell'art. 623, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., per nuovo esame sui punti sopra indicati alla stessa va altresì demandato il regolamento tra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo a , con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, cui demanda il regolamento delle spese anche del presente giudizio di cassazione.