Manca il parere del Procuratore nazionale antimafia: il provvedimento è nullo

La richiesta di modifica della misura di custodia cautelare da parte di un collaboratore di giustizia per i reati di criminalità organizzata di tipo mafioso richiede, a pena di nullità, l’acquisizione del parere del Procuratore nazionale antimafia prima della decisione del giudice.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 22079, depositata il 26 maggio 2015. Il caso. A seguito del provvedimento con cui il Gip di Napoli aveva respinto l’istanza diretta ad ottenere la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, due imputati ricorrono per cassazione. Secondo il Tribunale erano ancora sussistenti le esigenze cautelari nei confronti dei due accusati in riferimento alla gravità delle condotte criminose e, inoltre, la collaborazione intrapresa con la giustizia non era stata ancora valutata, quindi non vi era nessun motivo per ottenere la sostituzione della misura cautelare. La decisione vincolante del procuratore nazionale antimafia. I due imputati si difendevano deducendo l’insussistenza delle esigenze cautelari a seguito delle intervenute collaborazioni e dichiarazioni auto accusatorie, dimostrando quindi ogni tipo di distacco dal mondo criminale. Successivamente, gli stessi sottolineavano come il Tribunale non aveva compiuto alcuna valutazione circa la sussistenza della pericolosità limitandosi a rigettare l’appello senza prendere visione del parere del procuratore della direzione nazionale antimafia. Per questo motivo la Corte di Cassazione ritiene fondati i ricorsi, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 marzo – 26 maggio 2015, n. 22079 Presidente Conti – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto e diritto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli ha rigettato gli appelli proposti da F. e A. L. contro il provvedimento dei 7 ottobre 2014 con cui il G.i.p. presso lo stesso Tribunale aveva respinto l'istanza diretta ad ottenere la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Secondo il Tribunale permangono le esigenze cautelari nei confronti di entrambi gli imputati in relazione alla gravità delle condotte criminose ad essi contestate artt. 416-bis c.p. e 12-quinquies legge n. 356/1992, nonché artt. 74 e 73 d.P.R. 309/1990 e, inoltre, si precisa che la collaborazione con la giustizia intrapresa dai L. non risulta sia stata ancora oggetto di valutazione sicché, allo stato, non può costituire motivo per ottenere la sostituzione della misura cautelare. 2. Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione. 2.1. L'avvocato C. S., nell'interesse di F. L., ha dedotto un unico motivo in cui censura l'ordinanza del Tribunale per avere ritenuto ancora sussistenti le esigenze cautelari nonostante l'intervenuta e fattiva collaborazione resa dall'imputato, che ha reso importanti dichiarazioni etero e auto accusatorie, dimostrando una chiara e netta rescissione da ogni rapporto con il contesto criminale. Sotto un diverso profilo denuncia la violazione dell'art. 16-nonies comma 4 dei d.l. 15.1.1991, n. 82, che prevede l'applicabilità dei regime degli arresti domiciliari a chi collabora fattivamente con l'autorità giudiziaria. Peraltro, il Tribunale non ha compiuto alcuna seria valutazione in ordine alla pericolosità dei L., limitandosi a rigettare l'appello sul presupposto formale della mancanza del parere del procuratore della direzione nazionale antimafia. 2.2. A. L. ha presentato personalmente il ricorso deducendo anch'egli vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, che il Tribunale ha ritenuto in mancanza del parere dei procuratore della Direzione nazionale antimafia. Inoltre, il ricorrente sottolinea come lo stesso G.i.p. abbia comunque riconosciuta l'avvenuta rescissione dall'associazione e l'utilità delle dichiarazioni rese in sede di collaborazione, sicché non si comprende in cosa consista la ritenuta pericolosità. 3. I ricorsi sono fondati nei limiti di seguito indicati. 3.1. Dalla stessa ordinanza impugnata risulta che il Tribunale ha deciso sugli appelli presentati - respingendoli - nonostante la mancanza del parere del procuratore della direzione nazionale antimafia e della relazione sul buon operato dei due collaboratori, ritenendo che una tale omissione non fosse altrimenti rimediabile. Si osserva al riguardo che questa Corte ha ritenuto che nel procedimento relativo alla richiesta di modifica o di revoca della misura della custodia cautelare a carico di un collaboratore di giustizia per reati di criminalità organizzata di tipo mafioso, la decisione del giudice presuppone, a pena di nullità, la previa acquisizione del parere del procuratore nazionale antimafia, in base a quanto prevede l'art. 16-octies d.l. 15 gennaio 1991 n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 cfr., Sez. II, 26 marzo 2014, n. 15933, Maviglìa Sez. VI, 26 maggio 2011, n. 28018, Spagnuolo . La norma si riferisce genericamente al giudice che procede, sicché non vi è ragione di ritenere che non si applichi anche al giudice dell'appello cautelare, che qualora verifichi la mancanza del parere prescritto deve, prima di decidere, acquisirlo, al fine di accertare l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso e di poter pienamente valutare il rispetto degli impegni assunti dal collaboratore. Nella specie, il Tribunale di Napoli ha deciso senza procedere a tale integrazione, di conseguenza la mancanza del parere del procuratore nazionale antimafia determina la nullità del provvedimento. 4. L'ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1-ter disp.att. c.p.p. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli per nuovo esame. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1-ter disp. att. c.p.p.