Agente penitenziario “a disposizione” di organizzazione criminale: sospeso dal servizio e agli arresti domiciliari

Sussiste il pericolo di recidiva a carico dell’indagato, agente penitenziario accusato di aver trasgredito i doveri d’ufficio in favore di detenuti e dietro dazione o promessa di utilità, anche nel caso in cui lo stesso sia stato sospeso in via disciplinare dal servizio, quando risulti che vi sono concrete possibilità che i contatti criminosi avvengano anche al di fuori del circuito penitenziario.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 22061, depositata il 26 maggio 2015. Il caso. L’indagato, sottoposto alla misura cautelare personale degli arresti domiciliari, era un agente della polizia penitenziaria. L’accusa provvisoria lo vedeva destinatario di un’indagine per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio aggravata e per detenzione ai fini di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana. Emessa l’ordinanza cautelare da parte del gip, il provvedimento veniva confermato dal Tribunale del Riesame di qui, il ricorso proposto alla Corte di Cassazione che, però, viene rigettato. All’indagato era contestato di aver commesso il reato con una condotta consistente nell’erogazione di favori ad alcuni detenuti, alcuni di loro legati a consessi di stampo mafioso, in cambio di denaro e altre utilità. In particolare, l’indagato avrebbe procurato mp3, cocaina, orologi, ostriche e liquori. Ad accusarlo vi erano le chiamate in correità di altri agenti penitenziari e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia detenuti presso il carcere. Il termine previsto dalla legge per la protezione dei collaboratori di giustizia. La provenienza di alcune dichiarazioni accusatorie giocava un ruolo nella censura riguardante l’utilizzabilità delle dichiarazioni. Infatti, veniva richiamato il termine di 180 giorni, previsto dall’art. 16 quater d.l. n. 8/1991 per sostenere l’inutilizzabilità delle dichiarazioni effettuate successivamente dai collaboratori di giustizia. La Corte, rigettando l’eccezione preliminare, ha precisato che il suddetto termine è dettato, oltre che ai fini della concessione delle misure speciali di protezione, delle circostanze attenuanti e dei benefici penitenziari aventi come destinatari i collaboratori, anche per individuare le dichiarazioni utilizzabili ex art. 194 c.p.p. E tuttavia ciò non esclude che le dichiarazioni rese decorso tale termine siano comunque utilizzabili nella fase delle indagini preliminari e soprattutto per l’emissione di misure cautelari così, SSUU n. 1149/2008 . Nessuna selezione del materiale. Al Tribunale del Riesame devono pervenire tutti gli atti presentati a sostegno della richiesta di misura cautelare, senza che il pm possa selezionare il materiale. Diversamente opinando, il giudizio di riesame sarebbe alterato da una trasmissione parziale o frazionata di atti e ne sarebbe pregiudicato il contraddittorio. Non solo. Oltre agli atti su cui si è formata la decisione cautelare devono essere trasmessi gli elementi sopravvenuti a favore dell’indagato. La giurisprudenza ha ritenuto che possano essere prodotti anche ulteriori elementi a carico così come gli esiti delle indagini difensive possono essere prodotti dall’indagato. Inoltre, anche gli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza possono essere valutati dal Tribunale del Riesame. Nessuna violazione del contraddittorio se la difesa può esaminare la documentazione integrativa. Nel caso scrutinato la difesa aveva potuto esaminare la documentazione integrativa prodotta e, segnatamente, il verbale contenente le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia e utilizzata per sostenere la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato. Non può, pertanto, affermarsi che vi sia stata lesione del contraddittorio e del diritto di difesa e ciò in quanto la difesa è stata messa nelle condizioni di rappresentare eventuali esigenze difensive e invece aveva ritenuto di non avvalersene. Gravità indiziaria. Le ragioni addotte dal Tribunale del Riesame a sostegno della pronuncia di rigetto dell’impugnazione avverso l’ordinanza applicativa derivano da un analitico esame delle chiamate in reità e dall’indicazione di elementi di riscontro estrinseco delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. L’ordinanza del Tribunale infatti descriveva il contenuto delle chiamate in reità dei collaboratori di giustizia richiamando il riconoscimento fotografico effettuato dagli stessi in direzione dell’indagato. Particolareggiate erano inoltre le descrizioni delle condotte ascritte all’indagato che, insieme ad altro agente penitenziario, avrebbe introdotto in carcere variegati beni destinati ai detenuti orologi, ostriche, liquori, mp3, cocaina. Il Tribunale aveva ritenuto genuine ed intrinsecamente coerenti e precise le dichiarazioni accusatorie, in quanto espressione di esperienze di vita all’interno del carcere vissute in prima persona dai dichiaranti. Inoltre, le dichiarazioni erano state riscontrate anche da altri elementi descrittivi di condotte scorrette messe in atto dall’indagato. Infatti l’indagato aveva subito una condanna disciplinare, in particolare, per avere installato all’interno dei locali del MOF ufficio per la manutenzione ordinaria del fabbricato , dove avevano accesso tre detenuti lavoranti, una telecamera e un monitor che riprendevano i locali dell’ufficio e settori sensibili” dell’istituto e, precisamente, un cancello costituente passaggio obbligato per l’accesso alla sezione detentiva e il corridoio di collegamento tra alcune sezioni. Inoltre, l’indagato aveva procurato ad un collega un mazzuolo per distruggere alcune bottiglie di liquori illecitamente nascoste nel magazzino dei detenuti. Ulteriori dichiarazioni arricchiscono il quadro indiziario. Successivamente all’emissione dell’ordinanza cautelare, un collaboratore di giustizia dichiarava che l’indagato insieme ad altro agente era a disposizione” dell’organizzazione criminale di chi il dichiarante aveva fatto parte e aveva riconosciuto fotograficamente l’agente indagato. Il verbale di tali dichiarazioni era stato prodotto all’udienza davanti al Tribunale del Riesame dal pubblico ministero ed era oggetto dell’eccezione preliminare di cui si è detto. La motivazione non è carente. La Corte di Cassazione, dopo aver ricordato che al giudice di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, ha precisato che l’esame verte sulla congruenza della motivazione in punto valutazione degli elementi indizianti da svolgersi secondo i parametri della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Ciò premesso, la Suprema Corte ricorda che la richiesta di riesame ha la peculiare funzione di controllare la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali previsti dal codice di rito e ai presupposti cui è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. Ne deriva che la motivazione del provvedimento del Tribunale del Riesame deve essere strutturalmente conformata al modello delineato per la motivazione della sentenza, previo adattamento alle esigenze della pronuncia cautelare che è fondata su indizi e tende all’accertamento di una qualificata probabilità di colpevolezza. Limiti del sindacato di legittimità. La Corte richiama il consolidato approdo che precisa come il giudizio di legittimità circa la sussistenza di esigenze cautelari è censurabile solo se siano riscontrabili violazioni di specifiche norme oppure mancanza o manifesta illogicità della motivazione rilevabili dal testo del provvedimento. Questo è il perimetro entro cui possono essere esaminate le censure del ricorrente. Esigenze cautelari attuali. Il Tribunale del riesame ha ritenuto che si dovesse dare valore alla continuità nel tempo delle condotte illecite di favoritismo nei confronti dei detenuti risultanti a carico dell’indagato. Inoltre era valutata negativamente l’assenza di segni di resipiscenza nonché i precedenti illeciti disciplinari. Questi elementi rendevano attuale l’esigenza di evitare la reiterazione criminosa. Erano stati valorizzati i risultati della perquisizione personale in danno dell’indagato presso la cui abitazione erano stata rinvenuta la pistola di ordinanza munita di un caricatore e relative cartucce diversi da quelli di ordinanza, nella sua autovettura erano stati rinvenuti due bossoli del medesimo calibro non consentito, nonché una serie di armi micidiali abusivamente detenute e alcune chiavi tipicamente in uso presso gli istituti penitenziari, una delle quali alterata ed idonea ad aprire anche cancelli di reparti diversi destinati ai detenuti. Questo compendio portava a ritenere la grave e persistente infedeltà dell’indagato ai doveri istituzionali nonché l’attitudine dello stesso a trasgredire le regole essenziali di segretezza e cautela derivanti dalle mansioni attribuite. Altre misure inadeguate. Le meno afflittive misure cautelari erano ritenute non adeguate rispetto all’esigenza di fronteggiare il pericolo di recidiva. Era infatti giudicato indispensabile privare l’indagato di quella libertà di movimento idonea a ristabilire – anche all’esterno del circuito penitenziario – quei pericolosi contatti di cui si era mostrato capace. Il pericolo di recidiva Il giudizio prognostico, ricorda la Corte, deve avere riguardo alle specifiche modalità e circostanze del fatto sintomatiche dell’inclinazione del soggetto a commettere reati della stessa specie e, in generale, alla personalità dell’indagato, anche alla luce di precedenti penali e giudiziari, così di ogni elemento enunciato dall’art. 133 c.p deve essere concreto. Devono sussistere elementi concreti nel senso di non meramente congetturali e tali da indurre ad affermare che, verificandosi un’altra occasione, l’indagato possa commettere reati della stessa specie di quello per cui si procede. Il tempo trascorso. Ulteriore requisito che deve comporre la motivazione dell’ordinanza cautelare, è l’indicazione del tempo trascorso dalla commissione del reato. Il legislatore ha voluto porre l’accento sulla pregnanza del periculum preso in considerazione, periculum che deve attualizzarsi in proporzione diretta con il tempus commissi delicti . È infatti pacifico che alla maggiore distanza temporale tra i fatti e la misura richiesta corrisponda un proporzionale affievolimento delle esigenze cautelari. Nel caso in esame, l’obbligo di motivazione è stato rispettato dal Tribunale del Riesame che ha esaminato la natura e la lontananza del tempo dei fatti facendosi carico di valutare l’attualità del pericolo di recidiva alla luce della personalità dell’indagato incline all’infedeltà ai doveri istituzionali. Adeguati solo gli arresti domiciliari. Nel caso di specie, l’unica misura cautelare ritenuta adeguata era quella degli arresti domiciliari anche se concomitanti con la misura disciplinare della sospensione del servizio dato quest’ultimo che, secondo la prospettazione difensiva, avrebbe permesso di attenuare la misura con altra meno afflittiva dell’obbligo di permanenza domiciliare. I giudici hanno, in proposito, fatto buon governo del principio interpretativo secondo cui, nei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sul pericolo di reiterazione dei delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede non è impedito dalla circostanza che l’incolpato è stato sospeso dall’ufficio o dalla funzione nell’esercizio della quale ha compiuto la condotta criminosa. Il giudice deve indicare in modo puntuale e logico le circostanze di fatto che rendono probabile che l’indagato possa continuare a realizzare condotte criminose analoghe mentre è insufficiente rinviare alla temporaneità della misura disciplinare. Tale obbligo è stato osservato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 aprile – 26 maggio 2015, numero 22061 Presidente Bianchi – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 18/11/2014 ha confermato il provvedimento di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo tribunale in data 22/10/2014 nei confronti di M.M. , indagato per corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio aggravata ex articolo 319 e 321 cod. penumero e per detenzione a fini di cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana. Le condotte ipotizzate a carico di M.M. si sostanziano in comportamenti contrari ai doveri di ufficio dei quali si sarebbero resi responsabili anche altri appartenenti alla Polizia Penitenziaria presso due istituti di pena di , consistenti nella erogazione di favori ad alcuni detenuti, anche legati a consessi di stampo mafioso, in cambio di denaro o altre utilità. 2. Nella richiesta di riesame il difensore dell'indagato aveva dedotto, tra l'altro, la mancanza di gravi indizi di colpevolezza, in quanto il costrutto accusatorio si fondava esclusivamente su chiamate in correità generiche e comunque de relato dei collaboratori di giustizia B.G. , R.F. e C.N. , peraltro contraddette secondo la difesa dal fatto che i collaboratori non lo avessero definito con il soprannome di omissis con cui era noto, dal fatto che il M. avesse ottenuto due volte il trasferimento per incompatibilità dall'ufficio per la Manutenzione Ordinaria del Fabbricato MOF , in cui entrambi prestavano servizio, del collega S. , già coinvolto in inchieste penali, dall'assenza di riscontro alle asserite controprestazioni illecite che avrebbe ricevuto o all'asserita detenzione di stupefacenti. 3. M.M. propone ricorso per cassazione censurando l'ordinanza impugnata per i seguenti motivi a con preliminare eccezione, si deduce l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da D.G. in quanto versate in atti solo nel corso dell'udienza di riesame, in assenza dell'indagato rinunciante alla presenza in udienza, nonché in quanto intervenute oltre il limite temporale dei 180 giorni dall'inizio della collaborazione imposto dall'articolo 16 quater del decreto-legge 15 gennaio 1991, numero 8 b con un primo motivo si deduce che gli argomenti esposti nel provvedimento impugnato in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non introducono elementi nuovi tali da superare le censure mosse dalla difesa in ordine alla carenza assoluta di riscontri oggettivi alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, unica fonte indiziaria utilizzata nei confronti del ricorrente con riguardo al reato di corruzione. I collaboratori, si assume, non riferiscono eventi corruttivi appresi direttamente, ma esclusivamente circostanze apprese de relato ovvero frutto di mere supposizioni personali. A fronte di tali dichiarazioni, gli elementi di riscontro utilizzati dal tribunale sarebbero deboli, non potendosi considerare valido riscontro le sanzioni disciplinari in cui è incorso M.M. , in quanto vertenti su fatti completamente diversi. Nel ricorso si lamenta che nessun rilievo sia stato attribuito alla circostanza che, nel periodo in cui prestava servizio alla MOF, M.M. non poteva avere rapporti con i detenuti né poteva controllare i pacchi in entrata, di competenza di altro reparto. Analoga assenza di riscontri presenterebbe la contestata fattispecie di spaccio di sostanza stupefacente, avendo peraltro i collaboratori indicato con assoluta genericità la presunta detenzione di sostanze stupefacenti c con un secondo motivo si deduce l'omessa motivazione circa la permanenza del rischio di recidiva per circostanze risalenti al 2009, non potendo argomentarsi tale permanenza dal rinvenimento nel domicilio del ricorrente di armi comuni da sparo non denunciate, la cui provenienza è stata ampiamente dimostrata, né dal rinvenimento di una chiave atta ad aprire i reparti interni del carcere, trattandosi di strumento di lavoro utilizzato dal M. , regolarmente in servizio fino al momento dell'arresto, in assenza di riscontri oggettivi della asserita artificiosità della chiave. Il ricorrente si duole del fatto che non sia stata attribuita rilevanza al fatto che dal 2009 non avesse più avuto ingresso all'interno delle sezioni del carcere, essendo stato impiegato esclusivamente alla block house, prima porta e seconda porta, senza contatti diretti con i detenuti d con un terzo motivo si lamenta che il Tribunale abbia ritenuto adeguata la misura degli arresti domiciliari, privando di valore l'assunto difensivo tendente a dimostrare che la sospensione dal servizio adottata ai sensi dell'articolo 7, comma 1, d.lgs. 30 ottobre 1992, numero 449 potesse scongiurare il rischio di recidivanza. Il riferimento alla temporaneità del provvedimento disciplinare sarebbe criticabile, in quanto si tratta di argomento non sufficiente per giustificare l'adozione della misura cautelare, né sarebbe condivisibile il riferimento alla posizione del coindagato S.G. , attualmente in stato di libertà, laddove per evitare il contatto con la struttura carceraria è sufficiente la misura del divieto di avvicinamento al carcere. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto chiarire le ragioni per le quali si dovesse ritenere adeguata unicamente la misura degli arresti domiciliari. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Con riguardo all'eccezione sollevata in via preliminare, premesso che il termine sancito dall'articolo 16 quater decreto-legge numero 8/1991 è effettivamente dettato, oltre che ai fini della concessione delle misure speciali di protezione, delle circostanze attenuanti e dei benefici penitenziari, anche per individuare le dichiarazioni utilizzabili ai sensi dell'articolo 194 cod.proc.penumero , ciò non esclude che le dichiarazioni rese oltre tale termine siano utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, in particolare ai fini della emissione delle misure cautelari personali e reali Sez. U, numero 1149 del 25/09/2008, dep. 2009, Magistris, Rv. 241882 . 2.1. Né l'eccezione può ritenersi fondata sotto il profilo della lesione del diritto di difesa, sebbene non sia dubbio che la questione circa la possibilità che il Pubblico Ministero arricchisca il quadro conoscitivo del Tribunale del riesame attraverso la produzione di nuovi elementi di prova, attiene al rispetto del contraddittorio nel procedimento di riesame e, quindi, indirettamente alla tutela del diritto di difesa della persona indagata Sez. 4, numero 33659 del 19/05/2010, Calo1, Rv. 248344 . 2.2. Va ricordato che, a seguito delle modifiche introdotte con legge 8 agosto 1995, numero 332, grava sul Pubblico Ministero l'obbligo di presentare al giudice anche gli elementi a favore dell'indagato, nonché le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate, così ampliandosi le garanzie per la persona sottoposta ad indagini ed incrementandosi gli spazi di conoscenza attribuiti al giudice nella fase del controllo sul provvedimento de libertate. Allo stesso tempo risulta potenziato il procedimento di riesame, che acquista maggiore efficienza e rapidità, soprattutto attraverso l'effetto caducatorio dell'ordinanza determinato dall'inosservanza del termine perentorio previsto dall'articolo 309, comma 5, cod.proc.penumero . E la trasmissione degli atti al Tribunale a norma del predetto articolo 309, comma 5, cod.proc.penumero finisce per assicurare anche l'operatività del contraddittorio. Infatti, al Tribunale del riesame pervengono tutti gli atti in precedenza presentati a sostegno della richiesta di misura cautelare, senza che il Pubblico Ministero possa compiere alcuna selezione del materiale, altrimenti il giudizio di riesame verrebbe alterato da una trasmissione frazionata o parziale di atti, con conseguente pregiudizio per lo stesso contraddittorio per la definizione del termine & lt elementi& gt rinvenibile nell'articolo 291, comma 1, cod.proc.penumero , cfr. Sez. 2, numero 7610 del 09/02/2006, Noto, Rv. 233160 . 2.3. D'altra parte, oltre agli atti sui quali si è formata la decisione cautelare, l'articolo 309, comma 5, cod.proc.penumero prescrive che siano trasmessi anche gli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato e la giurisprudenza ha ritenuto legittima anche la produzione di elementi a carico Sez. 3, numero 15108 del 11/02/2010, Sabatelli, Rv. 246601 Sez. 6, numero 15899 del 09/03/2004, Fallace, Rv. 228875 , a cui si contrappongono gli esiti delle indagini difensive che l'indagato può introdurre nel giudizio di riesame. 2.4. L'articolo 309, comma 9, cod.proc.penumero prevede, poi, che il giudice del riesame decida anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza” e non può escludersi che, anche con riferimento a tali elementi, debba essere assicurato il contraddittorio sul contenuto indiziario e sul fondamento dei presupposti cautelari, nel rispetto del diritto di difesa dell'indagato Sez. 6, numero 53720 del 25/09/2014, Folchetti, Rv. 262092 tale obiettivo presuppone che il soggetto interessato sia posto nelle condizioni di difendersi concretamente attraverso la conoscenza degli atti e, dove non sia possibile esaminare preventivamente gli atti depositati nella cancelleria del giudice a quo e del giudice del riesame, occorre garantire che l'indagato non si trovi a dover interloquire su un elemento sfavorevole presentato dal Pubblico Ministero solo all'udienza camerale, dunque oltre il termine perentorio di cinque giorni previsto dall'articolo 309, comma 5, cod.proc.penumero . È, peraltro, possibile che un elemento inesistente al momento della richiesta della misura cautelare possa sopravvenire nel prosieguo delle indagini, sicché parrebbe difficile ipotizzare una sua inutilizzabilità nello stesso procedimento di riesame, avente ad oggetto la misura in precedenza richiesta. In questi casi non è possibile parlare di inefficacia della misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 10, cod.proc.penumero in quanto la trasmissione degli atti è stata tempestiva e la produzione tardiva riguarda un singolo atto, inoltre non vi è spazio neppure per ipotizzare un caso di inutilizzabilità dell'atto, perché una tale sanzione processuale - che peraltro è una categoria che riguarda le prove in dibattimento - non è prevista da alcuna disposizione. 2.5. Deve, allora, ritenersi che la produzione all'udienza di riesame di elementi a carico dell'indagato, che non siano stati posti a base della richiesta di misura cautelare, possa incidere sul diritto di difesa, configurando una causa di nullità ai sensi dell'articolo 178, comma 1, lett. c , cod.proc.penumero in relazione all'assistenza dell'indagato, in tutti i casi in cui questi non sia messo nelle condizioni di difendersi concretamente. In altri termini, in presenza di tali produzioni il Tribunale del riesame deve assicurare il rispetto pieno del contraddittorio tra le parti, assegnando all'indagato un congruo termine a difesa analoga soluzione è stata indicata con sentenza delle Sezioni Unite in materia di appello cautelare, cfr. Sez.U, numero 18339 del 31/03/2004, Donelli, Rv.227357 . 2.6. Ma nel caso in esame, dal verbale dell'udienza del 18 novembre 2014, la cui consultazione è consentita dalla natura della censura, a seguito della produzione del verbale contenente le dichiarazioni rese in data 13 novembre 2014 dal collaboratore di giustizia D.G. , utilizzato per sostenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, si legge che il difensore esaminata la documentazione integrativa, nulla osserva”. Tanto è sufficiente per escludere che, nel caso concreto, vi sia stata lesione del contraddittorio e del diritto di difesa, essendo stata la parte messa in condizioni di rappresentare eventuali esigenze difensive e avendo ritenuto di non avvalersene. 3. Il primo motivo di ricorso è infondato. 3.1. Il Tribunale, nell'ordinanza impugnata, ha ripercorso il contenuto delle chiamate in reità dei collaboratori di giustizia B.G. e R.F. , in particolare richiamando il riconoscimento fotografico dai medesimi effettuato con la precisazione da parte di entrambi che nella fotografia il M. non indossava - come di solito - gli occhiali . I collaboratori avevano descritto in maniera particolareggiata alcune condotte ascrivibili al M. , unitamente all'agente S.G. , che nel 2009 avrebbe procurato mp3, cocaina, orologi ed altro, dietro corrispettivo, a taluni detenuti presso la Casa Circondariale di omissis , aggiungendo il B. che nel 2010 si era personalmente rivolto al M. , il quale gli aveva rappresentato di non potersi muovere” in quel momento in quanto oggetto di particolare vigilanza da parte della direzione, che lo aveva sorpreso con i materassi pieni di ostriche, mp3, liquori, ed aggiungendo il R. che l'agente aveva fatto entrare anche sostanze stupefacenti in carcere. 3.2. Il giudice del riesame, sottolineando l'inconsistenza dell'assunto difensivo in merito ad un possibile errore di persona, ha ritenuto che tali dichiarazioni etero-accusatorie fossero genuine, intrinsecamente coerenti e precise, riferissero un'esperienza di vita all'interno del carcere personalmente vissuta dai dichiaranti ed avessero autonomamente introdotto nel giudizio elementi tra loro sovrapponibili, come la natura dei prodotti consegnati dall'agente ai detenuti, il carattere remunerato di tali favori, l'epoca di consumazione delle condotte. Simili dichiarazioni, si legge nel provvedimento, si inserivano in un più ampio quadro descrittivo di condotte corruttive attuate da appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria delle Case Circondariali di omissis e omissis , confermato anche da altri collaboratori quali L.G. e A.N. , ed erano per tale motivo ancora più credibili. 3.3. Quali elementi di riscontro il Tribunale ha enucleato l'accertamento di condotte scorrette del M. negli anni in questione, sfociate in condanna disciplinare in particolare, nel dicembre 2009 egli aveva abusivamente installato all'interno dei locali del MOF, ai quali avevano accesso tre detenuti lavoranti, una telecamera ed un monitor atti a riprendere i locali dell'ufficio stesso e settori sensibili” dell'istituto un cancello costituente passaggio obbligato per l'accesso alle sezioni detentive ed il corridoio di collegamento tra alcune sezioni , ed aveva procurato ad altro agente un mazzuolo per distruggere alcune bottiglie di liquore illecitamente nascoste presso il magazzino dei detenuti. 3.4. Secondo il Tribunale, tale quadro indiziario è stato arricchito dalle dichiarazioni rese in data 13 novembre 2014, ossia successivamente all'emissione dell'ordinanza custodiale, dal collaboratore di giustizia D.G. . Il relativo verbale è stato prodotto dal Pubblico Ministero nel corso dell'udienza del riesame e riporta quanto riferito dal collaboratore a proposito di un altro agente di polizia penitenziaria, oltre al S. , che era a disposizione” dell'organizzazione criminale di cui lo stesso dichiarante aveva fatto parte, riconosciuto nell'immagine fotografica del M. . 3.5. Risulta evidente, dalla sommaria enunciazione delle ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della pronuncia di rigetto, che la gravità indiziaria è stata desunta sulla base di un'analitico esame delle chiamate in reità, senza omettere di indicare gli elementi di riscontro estrinseco alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, non spettando alla Corte di Cassazione, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, compito diverso da quello di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. 3.6. Ad ulteriore specificazione, non si ravvisano le dedotte carenze motivazionali anche in considerazione del fatto che la richiesta di riesame, mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la specifica funzione di sottoporre a controllo la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati nell'articolo 292 cod.proc.penumero ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo e che la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all'articolo 546 e cod.proc.penumero , con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove ma su indizi, e tendente all'accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza Sez. U, numero 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 conforme, dopo la novella dell'articolo 606 cod.proc.penumero , Sez. 4, numero 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460 Sez. 4, numero 22500 del 3/05/2007, Terranova, Rv. 237012 . 4. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, attinenti all'analisi delle esigenze cautelari, possono essere esaminati congiuntamente si tratta di censure infondate. 4.1. È opportuno muovere dal principio secondo il quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all'applicazione di misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Sez. 5, numero 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 Sez.6, numero 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178 . 4.2. Ciò vale certamente per l'individuazione dei limiti del sindacato di legittimità rispetto al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che è censurabile in questa sede soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato Sez. 1, numero 795 del 06/02/1996, Di Donato, Rv.204014 . Rigorosamente entro tale perimetro, pertanto, possono essere esaminate le doglianze del ricorrente, come innanzi indicate, alla luce del contenuto dell'ordinanza impugnata con la quale il Tribunale del riesame, per quel che attiene alla valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto attuali le esigenze di cui alla lett. c dell'articolo 274 cod. proc. penumero ed ha ritenuto adeguata la misura degli arresti domiciliari. 4.3. Con riferimento all'attualità delle esigenze cautelari, il Tribunale ha ritenuto, tra l'altro, che la continuità nel tempo delle illecite condotte di favoritismo nei confronti dei detenuti risultanti a carico dall'indagato e la circostanza che tali condotte fossero maturate indipendentemente dall'assegnazione del M. a reparti nei quali non si è in contatto con i detenuti, valutate unitamente alla mancanza di segni di resipiscenza ed ai precedenti illeciti di carattere disciplinare, rendessero attuale l'esigenza di evitare la reiterazione criminosa. Con specifica attenzione all'attualità delle esigenze di cautela, il Tribunale ha richiamato gli esiti della perquisizione personale eseguita il 30 ottobre 2014, che aveva condotto a rinvenire nell'abitazione dell'indagato la pistola di ordinanza munita di un caricatore e relative cartucce diversi da quelli di ordinanza, due bossoli del medesimo calibro non consentito nella sua autovettura, una serie di armi micidiali abusivamente detenute ed alcune chiavi tipicamente in uso agli istituti penitenziari, una delle quali artatamente alterata ed idonea ad aprire, oltre i locali del MOF ai quali era in origine destinata, anche diversi cancelli di reparto destinati ai detenuti, da ciò desumendo la grave e persistente infedeltà del M. ai doveri istituzionali e l'attitudine a trasgredire quelle essenziali regole di segretezza e cautela derivanti dalle mansioni rivestite. 4.4. Con riferimento all'adeguatezza di altre misure, il Tribunale, pur richiamando la temporaneità della sospensione disciplinare, che può venir meno in caso di cessazione della misura custodiale, ha comunque fornito motivazione in merito all'inadeguatezza di altre misure meno afflittive rispetto all'esigenza di fronteggiare il pericolo di recidivanza, evidenziando come fosse necessario privare l'indagato di quella libertà di movimento idonea a ristabilire, anche all'esterno del circuito penitenziario, i pericolosi contatti dei quali si era mostrato capace. 5. Tanto premesso, ad avviso del Collegio, i rilievi mossi dal ricorrente in relazione alla motivazione offerta per evidenziare il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie sono infondati. Il giudizio prognostico relativo al pericolo di recidiva deve avere riguardo alle specifiche modalità e circostanze del fatto, indicative dell'inclinazione del soggetto a commettere reati della stessa specie e, in generale, alla personalità dell'indagato, da valutare alla stregua dei suoi precedenti penali e giudiziari, all'ambiente in cui il delitto è maturato, nonché alla vita anteatta, come pure ad ogni altro elemento compreso fra quelli enunciati nell'articolo 133 cod. penumero . 5.1. A detti elementi, all'evidenza, il giudice può fare riferimento congiuntamente o alternativamente, così che la negativa valutazione della personalità dell'indagato ben può fondarsi sugli specifici criteri oggettivi indicati dall'articolo 133 cod. penumero , tra i quali rientrano, appunto, la gravità del reato e le modalità della sua commissione, senza che il giudice sia tenuto a motivare singolarmente sulla ricorrenza di tutti gli elementi valutativi previsti dal predetto articolo Sez. 5, numero 2416 del 19/05/1999, Marchigiani, Rv. 214230 . 5.2. D'altra parte, il parametro della concretezza, cui si richiama l'articolo 274 lett. c cod. proc. penumero , non si identifica con quello dell' attualità” del pericolo derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, dovendo, al contrario, il predetto requisito essere, riconosciuto alla sola condizione necessaria e sufficiente che esistano elementi concreti” cioè non meramente congetturali sulla base dei quali possa affermarsi che l'indagato possa, verificandosene l'occasione, commettere reati della stessa specie di quello per cui si procede, ossia che offendono lo stesso bene giuridico Sez. 1, numero 25214 del 03/06/2009, Pallucchini, Rv. 244829 Sez. 1, numero 10347 del 20/01/2004, Catanzaro, Rv. 227227 . 5.3. Ed è indubbio che, alla luce di un pacifico insegnamento giurisprudenziale, in tema di misure coercitive, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l'attualità e l'intensità dell'esigenza cautelare, comporti un rigoroso obbligo di motivazione, sia in relazione al requisito dell'attualità, sia in relazione alla scelta della misura Sez. 6, numero 20112 del 26/02/2013, Strassil, Rv. 255725 Sez. 2, numero 47416 del 30/11/2011, Pantano, Rv. 252050 Sez. 6, numero 27865 del 10/06/2009, Scollo, Rv. 244417 Sez. 2, numero 21564 del 08/05/2008, Mezzatenta, Rv. 240112 . Il legislatore ha, infatti, avvertito la necessità di inserire, nell'articolo 292, comma 2, lett. c cod.proc.penumero - come novellato ad opera della legge 8 agosto 1995, numero 332 - tra i requisiti che obbligatoriamente devono comporre la motivazione dell'ordinanza cautelare, anche lo specifico riferimento, quanto alle esigenze che giustificano la misura, alla valutazione del tempo trascorso dalla commissione del reato” ciò sta a significare che la pregnanza del periculum di volta in volta preso in considerazione, deve necessariamente attualizzarsi” in proporzione diretta con il tempus commissi delicti , sull'ovvio presupposto che, alla maggior distanza temporale dei fatti, ineluttabilmente finisca di regola per corrispondere un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela Sez. U, numero 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377 . 5.4. Riguardata alla luce di tali criteri, la valutazione operata dal giudice del riesame che, per ipotesi gravemente indiziarie di fatti commessi a distanza di cinque anni dalla richiesta di misura cautelare, si è fatto carico di valutare l'attualità del pericolo di recidiva alla luce della personalità incline all'infedeltà ai doveri istituzionali manifestata dall'indagato e dell'abusivo quanto ingiustificato possesso di armi e munizioni nonché chiavi alterate idonee ad aprire diversi cancelli della Casa Circondariale, risulta rispettosa del suindicato rigoroso obbligo di motivazione, avendo esaminato criticamente proprio la natura e la lontananza nel tempo dei fatti. 5.5. Contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, il Tribunale ha, poi, specificamente affrontato, come detto, anche il tema dell'adeguatezza della sola misura degli arresti domiciliari, anche in concomitanza con la misura disciplinare della sospensione dal servizio, nel pieno rispetto del principio interpretativo a mente del quale, nei reati contro la Pubblica Amministrazione, il giudizio di prognosi sfavorevole sul pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede non è impedito dalla circostanza che l'incolpato sia stato sospeso dall'ufficio o dalla funzione, nell'esercizio dei quali ha realizzato la condotta criminosa, ma il giudice deve fornire puntuale e logica indicazione delle circostanze di fatto che rendono probabile che questi possa continuare a porre in essere analoghe condotte criminose, non essendo a tal fine sufficiente argomentare dalla temporaneità della misura disciplinare Sez. 6, numero 23625 del 27/03/2013, Pastore, Rv. 256261 Sez. 2, numero 15606 del 22/03/2013, Mascitti, in motivazione . 6. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato segue, a norma dell'articolo 616 cod.proc.penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.