Le consulenze raccontano due storie diverse: il gup non può mettere subito la parola fine alla vicenda

A meno che gli elementi siano palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 22055, depositata il 26 maggio 2015. Il caso. Il gup di Potenza dichiarava di non doversi procedere, perché il fatto non sussiste, nei confronti di alcuni dirigenti medici e infermieri, accusati della morte di un paziente per aver sottovalutato una crisi ipoglicemica di cui era risultato affetto quest’ultimo. Il giudice, valorizzando gli esiti della perizia svolta in sede di udienza preliminare, da cui riteneva di poter escludere il nesso eziologico tra la morte del paziente ed il suo stato ipoglicemico, di cui veniva anche esclusa la sussistenza. Invece, non venivano condivisi gli esiti della consulenza tecnica del pm, ritenuti frutto di un giudizio non compiuto e corretto. Il Procuratore Generale ricorreva in Cassazione, sostenendo che il giudice avrebbe esorbitato dai propri poteri valutativi in presenza di prove contraddittorie, nel caso di specie la perizia di ufficio e la consulenza tecnica del pm, il gup avrebbe dovuto rimettere al dibattimento la questione della responsabilità. Contraddizione degli elementi. La Corte di Cassazione ricorda che l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi legittimanti la sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 425, comma 3, c.p.p., devono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili in giudizio, per cui, a meno che gli elementi siano palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Situazione palese di innocenza. Perciò, il gup deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito l’art. 425, comma 3, c.p.p., infatti, altro non è se non la conferma che il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non è l’innocenza, bensì l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio . Le consulenze tecniche erano opposte. Nel caso di specie, dalla decisione impugnata si rileva semplicemente una sintetica e sostanzialmente apodittica adesione ad uno dei contributi scientifici, senza un’analisi globale di tutte le consulenze. Il giudizio di inattendibilità della consulenza chiesta dal pm era basato su considerazioni non attinenti al tema discusso. In questo modo, a fronte di elementi contraddittori, il giudice ha esorbitato dai propri poteri valutativi la disamina dei contributi tecnici non appare tale da escludere la necessità del dibattimento . Le diversità evidenti di prospettazione, riguardo all’accertamento della causa della morte ed al rilievo eziologico del comportamento omissivo contestato, devono trovare sviluppo nel contraddittorio delle parti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e dispone la trasmissione degli atti al tribunale di Potenza.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 16 aprile – 26 maggio 2015, n. 22055 Presidente Brusco – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto II Procuratore generale di Potenza ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe con cui il Gip del Tribunale di Potenza ha dichiarato non doversi procedere perché il fatto non costituisce reato nei confronti di omissis in relazione al reato di cui agli articoli 113 e 589 c.p., ai medesimi contestato, nella qualità da ciascuno ricoperta di dirigenti medici [i primi tre] e di infermieri [gli altri] in servizio presso il C. di Rionero in Vulture, per il decesso dei paziente N.V. [omissis]. Secondo l'imputazione, che si fondava anche sugli esiti della consulenza tecnica svolta dal PM, veniva addebitata la sottovalutazione di una crisi ipoglicemica da cui era risultato affetto il paziente, non adeguatamente apprezzata e contrastata, anche attraverso un puntuale monitoraggio, in termini efficienti rispetto all'insorto coma ipoglicemico che aveva portato, a seguito di arreso cardio-circolatorio, al decesso dei paziente. Il Giudice supportava la propria decisione, valorizzando in modo sintetico e sostanzialmente per relationem gli esiti della perizia svolta in sede di udienza preliminare, da cui riteneva di poter escludere il nesso eziologico tra la morte dei paziente e il suo stato ipoglicemico. Sul punto, anzi, sempre con la medesima tecnica motivazionale, veniva esclusa finanche la sussistenza dello stato ipoglicemico, che, peraltro, veniva considerato risolto già dalla moglie del paziente, con la somministrazione di glucosio in os. Venivano non condivisi gli esiti della ct del PM, ritenuti frutto di un giudizio non compiuto e corretto, se non altro perché [i ct] concludevano per la responsabilità anche del primario del reparto per culpa in vigilando, quando invece assente dalla struttura da lui diretta . Con il ricorso il Procuratore generale sostiene che il giudice avrebbe esorbitato dai propri poteri valutativi, non applicando correttamente la regola di giudizio che deve essere adottata all'esito dell'udienza preliminare. In presenza di prove contraddittorie [perizia di ufficio e consulenza tecnica del PM] avrebbe dovuto rimettere al dibattimento la questione della responsabilità. Sono state depositate memorie difensive nell'interesse degli imputati con le quali sono state contestate le argomentazioni dei ricorrente. Considerato in diritto L'impugnazione va apprezzata tenendo conto che, in sede di legittimità, il controllo sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere, ex articolo 606, comma 1, lettera d o lettera e , c.p.p., non può avere per oggetto gli elementi acquisiti dal pubblico ministero, ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d'insieme degli elementi acquisiti e nell'escludere che l'accusa sia sostenibile in giudizio. Il giudice di legittimità, dunque, ha il compito di verificare se il giudice dell'udienza preliminare abbia fatto un corretto esercizio del suo potere di prognosi riguardo agli eventuali sviluppi del processo, e, cioè, alla possibilità per il giudizio dibattimentale di offrire elementi di prova ulteriori ovvero di consentire l'acquisizione metodologicamente più affidabile, perché nel contraddittorio delle parti, di elementi in precedenza assunti unilateralmente dati tali da pervenire a risultati conoscitivi che permettano di chiarire la vicenda oggetto del giudizio ed al pubblico ministero di sostenere l'accusa ai fini della eventuale pronuncia di condanna. Solo se tale verifica abbia offerto esiti sicuramente negativi, nel senso che se ne sarebbe potuta arguire una superfluità ovvero una inutilità del passaggio dei processo alla successiva fase del giudizio dibattimentale, e di tanto il giudice dell'udienza preliminare abbia dato adeguata e logicamente coerente contezza, alla Cassazione resta preclusa ogni possibilità di censura della decisione adottata e, tanto meno, una rilettura dei dati informativi acquisiti durante le indagini, anche se eventualmente integrati nel corso dell'udienza preliminare Sezione VI, 25 giugno 2013- 6 agosto 2013 n. 34095, Proc. Rep. Trib. Avellino in proc. Biondo ed altri . In questa prospettiva, ovviamente, il giudice di legittimità non può, quindi, verificare il puntuale rispetto dei parametri di cui all'articolo 192 c.p.p., anche perché, diversamente, finirebbe con l'assumere un compito di merito, in quanto anticipatorio delle valutazioni sulla prova da assumere. Ciò si porrebbe in contraddizione insanabile con la possibilità di revoca della sentenza da parte dello stesso giudice per le indagini preliminari, ove sopravvengano o vengano scoperte nuove prove da combinare eventualmente con quelle già valutate articolo 434 c.p.p. , con il rischio che, in tal caso, la decisione della Cassazione potrebbe addirittura pregiudicare l'esito di un eventuale giudizio Sezione VI, 28 marzo 2013- 28 agosto 2013 n. 35668, Proc. Rep. Trib. Napoli in proc. Abbamonte ed altri . Ciò significa che non compete al giudice di legittimità analizzare la maggiore o minore attendibilità dei contrastanti elaborati tecnici introdotti nel processo. Non è inutile ricordare, del resto, che, in virtù dei principi del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, il giudice ha la possibilità di scegliere, fra le varie tesi scientifiche prospettate da differenti periti di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purchè dia conto, con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicchè, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di legittimità di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale. La Cassazione, infatti, non può interloquire sulla maggiore o minore attendibilità scientifica degli apporti scientifici esaminati dal giudice, ossia non deve stabilire se la tesi accolta sia esatta, ma solo se la spiegazione fornita sia spiegata in modo razionale e logico. Ciò in quanto la Corte di legittimità non è giudice del sapere scientifico, giacchè non detiene proprie conoscenze privilegiate essa, in vero, è solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine alla affidabilità delle informazioni che vengono utilizzate ai fini della spiegazione del fatto Sezione IV, 13 maggio 2011, persona offesa Monopoli in proc. Di Palma ed altri . Individuati i limiti del controllo di legittimità, si devono peraltro ribadire quelli valutativi del giudice dell'udienza preliminare. Al riguardo, vale ricordare che, secondo affermazioni ormai consolidate, la sentenza di non luogo a procedere, dopo le modifiche subite dall'articolo 425 c.p.p. a seguito della legge 16 dicembre 1999 n. 479 non ha più finalità meramente procedurali, perché consente una vera e propria valutazione di merito dell'accusa, sebbene solo per finalità preliminari e cioè al fine di consentire al giudice di decidere se prosciogliere l'imputato con una sentenza stabile ma non irrevocabile ovvero rinviarlo a giudizio innanzi al giudice dibattimentale. In questa prospettiva, peraltro, l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi legittimanti la sentenza di non luogo a procedere articolo 425, comma 3, c.p.p. devono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili in giudizio, con la conseguenza che, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di non colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Di tale che, il giudice dell'udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato solo in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito l'articolo 425, comma 3, c.p.p., infatti, altro non è se non la conferma che il criterio di valutazione per il giudice dell'udienza preliminare non è l'innocenza, bensì l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio Sezione IV, 2 luglio 2013- 22 ottobre 2013 n. 43198, Proc. Rep. Trib. Trento ed altri in proc. Berghella . In ossequio a questi principi, la sentenza appare meritevole di annullamento perché adottata esorbitando dai limiti consentiti dalla norma al giudice dell'udienza preliminare. La stessa lettura della decisione evidenzia non un'appropriata disamina dei diversi contributi scientifici, ma una sintetica e sostanzialmente apodittica adesione ad uno di questi, con un giudizio di inattendibilità rispetto all'altro contributo basato su considerazioni non immediatamente conferenti al tema in discussione [che non era quello della responsabilità del primario, che a quanto consta, era già stata definita separatamente]. In questa prospettiva, a fronte di elementi contraddittori [gli esiti dei contributi tecnici, diametralmente opposti], il giudicante adottando la soluzione liberatoria ha esorbitato dai propri già segnalati limitati poteri valutativi. Il giudice dell'udienza preliminare, in vero, - contemperando l'obbligo dell'esercizio dell'azione penale articolo 112 della Costituzione con i criteri di economia processuale imposti dall'articolo 111 della Costituzione, deve aprire all'ulteriore corso anche se si trova in presenza di elementi probatori insufficienti o contraddittori, i quali però appaiano destinati, con ragionevole previsione, ad essere chiariti nel dibattimento mentre deve pronunciare la sentenza di non luogo a procedere solo in presenza della ragionevole mancanza delle condizioni su cui fondare una prognosi favorevole all'accusa ossia laddove risulti l'impossibilità di sottoporre con successo la tesi accusatoria al vaglio dibattimentale. Nella specie, la disamina dei contributi tecnici non appare tale da escludere la necessità del dibattimento, laddove, a prescindere da ogni ulteriore approfondimento, le diversità evidenti di prospettazione, in ordine già all'accertamento della causa della morte ed al rilievo eziologico dei comportamenti omissivi addebitati al personale medico e infermieristico, possono trovare adeguato sviluppo nel contraddittorio delle parti. Sotto questo profilo, merita accoglimento il ricorso del Procuratore generale laddove questi ha censurato lo straripamento del Giudice dai poteri concessigli dall'articolo 425 C.P.P. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Potenza per l'ulteriore corso.