Casa abitata da quattro uomini, rinvenuti 300 grammi di cocaina: vacilla l’ipotesi del concorso nel reato di spaccio

Fragile la tesi accusatoria secondo cui i quattro uomini, originari del Marocco, fossero codetentori della sostanza stupefacente. Non è sufficiente, in questa ottica, il richiamo alla consapevolezza della presenza della droga in casa.

Blitz in un appartamento, dove vivono, in affitto, quattro immigrati, originari del Marocco. E l’esito delle perquisizioni effettuate dagli uomini delle forze dell’ordine è inequivocabile vengono rinvenuti oltre 300 grammi di cocaina, ‘spacchettati’ in numerosi involucri di plastica, occultati in diversi posti della casa. Inevitabile l’accusa di detenzione finalizzata allo spaccio. Ma, nonostante tutti e quattro gli extracomunitari fossero consapevoli della droga presente nell’abitazione, è fragile l’ipotesi del concorso” nel reato. Plausibile, in sostanza, che ognuno stesse lavorando per sé Cass., sent. n. 21604/2015, Sezione Terza Penale, depositata oggi . Droga a casa. Nessun dubbio, però, hanno manifestato i giudici di merito per questi ultimi, difatti, tutti e quattro i cittadini marocchini sono colpevoli del reato di detenzione a fine di spaccio della sostanza stupefacente rinvenuta nella loro abitazione. Consequenziali le condanne quattro anni di reclusione e 20mila euro di multa per uno dei quattro stranieri, e sei anni di reclusione e 40mila euro di multa per gli altri tre. In sostanza, tutti colpevoli per la detenzione degli involucri contenenti sostanza stupefacente , sebbene nascosti in posti diversi dell’appartamento. Per i giudici, difatti, è difficile sostenere la tesi secondo cui i quattro uomini, se unici detentori , portassero con sé cocaina e denaro, poiché i quantitativi della prima e l’entità del secondo non lo permettevano, se non correndo rischi gravissimi . Detenzione. Chiarissima, quindi, la visione adottata tra Tribunale e Corte d’appello l’ipotesi concorsuale trova ampio e convincente riscontro probatorio nella constatazione che lo stupefacente era suddiviso in molteplici involucri, sparsi in ogni luogo dell’abitazione , ossia mobiletto del soggiorno, giacca in pelle, valigia e calzino riposto in un comodino . E stesso ragionamento vale anche per le somme di denaro, anche ingenti, rinvenute nell’abitazione circa 2mila euro all’interno delle tasche di due giacche appese in un armadio, e 16mila euro in un pacchetto di plastica sotto a un letto . Nonostante tutto, però, la tesi proposta dalla difesa, ossia che tutti e quattro gli uomini erano consapevoli della presenza dello stupefacente ma agivano singolarmente, non pare affatto campata in aria, ribattono ora i giudici della Cassazione. Conseguenza logica è la riapertura della battaglia giudiziaria, con un approfondimento ad hoc sull’ipotesi del concorso dei quattro extracomunitari. Su questo fronte bisognerà tenere presente che i quattro uomini non hanno dedotto di non essere a conoscenza che gli altri tre soggetti dimoranti nell’appartamento detenessero sostanza stupefacente , bensì hanno sostenuto che questa conoscenza non integrava una ipotesi di concorso nella detenzione, ma di sola connivenza non punibile . E di fronte a tale obiezione i giudici d’appello si sono limitati a parlare di codetenzione , senza però specificare in che cosa sarebbe consistito per ogni singolo inquilino il contributo partecipativo, materiale o morale, alla condotta criminosa degli altri , e limitandosi a fare riferimento ad una attività di custodia dello stupefacente quando il detentore usciva dall’appartamento . Troppo fragile, almeno per ora, l’impianto accusatorio che ha portato alla contestazione del concorso dei quattro uomini nel reato di detenzione a fini di spaccio della droga rinvenuta nell’appartamento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 marzo – 25 maggio 2015, n. 21604 Presidente Mannino – Relatore Franco Svolgimento del processo Con sentenza del 21.11.2013 il giudice del tribunale di Bologna, a seguito di giudizio abbreviato, dichiarò M.K., N.A., Z.A., e E.A. colpevoli dei reato di cui all'art. 73 d.p.R. 309 del 1990, per avere detenuto a fine di spaccio 4 involucri dì plastica blu conte nenti sostanza stupefacente tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 2,33 custoditi in un piccola scatola metallica per caramelle nella tasca interna della giacca indossata da M.K., nonché n. 11 involucri in plastica blu contenenti sostanza stupefacente dei tipo cocaina per un peso com plessivo lordo di grammi 6,43, n. 4 involucri in plastica blu contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 26,62, n. 9 involucri in plastica blu contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 5,21, un grosso involucro di cellophane, carta blu e bianca più un secondo involucro più piccolo in carta bianca contenenti entrambi sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 265,26, tutti custoditi ed occultati all'interno della dimora in uso agli imputati, e condannò M.K., esclusa la recidiva e con la dimi nuente del rito, alla pena di anni 4 di reclusione ed € 20.000,00 di multa con dannò N.A., Z.A. e E.A., esclusa la recidiva e con la diminuente del rito, alla pena di anni 6 di reclusione ed € 40.000,00 di multa. Ritenne la corte d'appello che vi fosse concorso di tutti gli imputati - che dimoravano nell'appartamento dove fu rinvenuta la droga - nella detenzione di tutti gli involucri di sostanza stupefacente, sebbene nascosti in posti diversi, per ché tutti i posti erano agevolmente aggredibili da chiunque e non poteva ipo tizzarsi che, uscendo, gli interessati, ove unici detentori, portassero con sé cocai na e denaro poiché i quantitativi della prima e l'entità del secondo non lo per mettevano se non correndo rischi gravissimi , mentre non rilevava la provenien za della droga da due diversi campioni. M.K. propone personalmente ricorso per cassazione de ducendo violazione degli artt. 110, 162 bis cod. pen., 192, comma terzo, cod. proc. pen., 73, commi 1 e 5, d.P.R. 309 del 1990. Lamenta manifesta illogicità della motivazione sulla sussistenza dei concorso fra i 4 imputati, mentre gli ele menti citati a sostegno dell'ipotesi accusatoria concorsuale rivelano al contrario un'attività illecita individuale. Infatti, la diversa dislocazione dello stupefacente e del denaro, in diverse giacche, mobili e stanze, unitamente alla differente qualità dello stupefacente in assenza peraltro di reperimento di sostanza da taglio , de pongono per ritenere che le attività di traffico di stupefacente fossero condotte singolarmente da ognuno di essi. Le dichiarazioni degli imputati sul punto sono suffragate da elementi esterni di riscontro. E' manifestamente illogica la motiva zione laddove afferma che le sostanze fossero situate in posti aggredibili da chi unque mentre calzini, tasche interne di giacche posizionate in armadi privati, comodini personali erano i luoghi di detenzione varia delle diverse droghe seque strate. Allo stesso modo, la differente consistenza di denaro reperita in diversi luoghi testimonia che l'attività di narcotraffico fosse gestita dagli imputati sepa ratamente. L'ipotesi di concorso eventuale postula una medesimezza dell'ele mento psicologico, che per il ricorrente non è provata. La sostanza stupefacente a lui riconducibile integra poi l'ipotesi lieve di cui all'art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990. Lamenta infine che non è motivata la scelta di accogliere ì motivi di appello sul trattamento sanzionatorio limitatamente agli altre tre impu tati. Del resto la diversa entità di pena comminata depone per ritenere una diffe rente partecipazione. Non è poi adeguatamente motivata la mancata concessio ne delle attenuanti generiche. N.A., a mezzo dell'avv. Donata Malmusi, propone ricorso per cassazione deducendo 1 erronea applicazione della legge penale, vizio di motivazione, travisamento del fatto e mancata dichiarazione di assoluzione per carenza della prova. Ricorda che egli era stato scarcerato da pochi giorni dopo una detenzione di sei anni e si trovava ad alloggiare temporaneamente in quell'appartamento non avendo trovato altra sistemazione. Gli altri imputati avevano ammesso la propria responsabilità scagionando invece il N Non sono state valutate la mancan za di stanziamento nell'immobile e la conoscenza superficiale degli altri occupanti. 2 erronea applicazione della legge penale, mancanza di motivazione e mancata qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990 e mancata esclusione dell'ipotesi concorsuale. Osserva che il dato quantitativo non esclude l'ipotesi lieve trattandosi pur sempre di sostanza codetenuta e con un basso principio attivo. In ogni modo doveva valutarsi solo la quantità della sostanza di cui aveva la disponibilità. 3 violazione di legge e vizio di motivazione sulla determinazione della pe na mancata concessione delle attenuanti generiche mancata concessione dell'attenuante del concorso minoritario ex art. 114 cod. pen. eccessività del trattamento sanzionatorio. Z.A. e E.A., a mezzo dell'avv. Alessandro Cristofori, propongono ricorso per cassazione deducendo violazione degli artt. 125, 192 cod. proc. pen., 110, 62 bis, 132 cod. pen., 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990, affermazione di responsabilità concorsuale in contrasto con le ri sultanze del verbale di arresto. Lamenta che la corte d'appello ha immotivata mente ritenuto la responsabilità di ogni occasionale transeunte nell'immobile, li mitandosi a richiamare la sentenza di primo grado con frase di stile, e senza considerare che la sostanza è stata rinvenuta in allocazioni differenti ed anche occultate in diversi ambienti dell'appartamento. Inoltre la droga proveniva da due diverse partite e vi era differenza di composizione e di principio attivo. II più grande quantitativo di gr 265,2 si trovava all'interno di un calzino occultato in un comodino. Non è spiegato come tale quantitativo possa essere ricondotto allo Z. che deteneva specifici gr 6,43 di droga in una piccola scatola. Osserva poi che entrambi i ricorrenti avevano richiesto il patteggiamento. La corte d'appello si limita a rilevare l'inaccoglibilità della richiesta di Z., men tre ha dimenticato dì prendere in considerazione l'istanza di riproposizione di ap plicazione della pena fatta in primo grado senza il consenso del PM da E Vi è sul punto omissione assoluta di motivazione. Lamentano che è stata erroneamente e immotivatamente esclusa l'ipotesi lieve di cui all'art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990. Osservano infine che la corte d'appello ha espressamente affermato che e rano analoghe le posizioni, le condotte criminose, e la pericolosità criminale, per tutti e quattro gli imputati, e ciò nonostante ha inflitto agli altri tre coimputati una pena nettamente inferiore a quella inflitta a M Censura inoltre manifesta illogicità della motivazione sulla mancata conces sione delle attenuanti generiche. Motivi della decisione I ricorsi sono fondati perché effettivamente appare manifestamente illogica la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta sussistenza dei concorso di tutti gli imputati nella detenzione di tutta la sostanza stupefacente rinvenuta nell'appartamento dove gli stessi dimoravano. La sentenza impugnata afferma che l'ipotesi concorsuale trova ampio e convincente riscontro probatorio nel fatto che lo stupefacente era suddiviso in molteplici involucri sparsi in ogni luogo dell'abitazione, ovvero 11 involucri sul mobiletto del soggiorno, quattro grossi involucri in una giacca in pelle, nove all'interno della valigia, due, di cui uno consistente, in un calzino riposto in un comodino. Analogamente per le somme di danaro, anche ingenti, rinvenute per circa € 2.000 all'interno delle tasche di due giacche appese in un armadio e altra di euro 16.000 in un pacchetto di plastica sotto a un letto . Più precisamente, dal capo di imputazione risulta che si trattava di 4 involu cri di plastica blu contenenti sostanza stupefacente tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 2,33 custoditi in un piccola scatola metallica per caramelle nella tasca interna della giacca indossata da M.K., nonché n. 11 involucri in plastica blu contenenti sostanza stupefacente dei tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 6,43, n. 4 involucri in plastica blu contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 26,62, n. 9 involucri in plastica blu contenenti sostanza stupefa cente del tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 5,21, un grosso involucro di cellophane, carta blu e bianca più un secondo involucro più piccolo in carta bianca contenenti entrambi sostanza stupefacente del tipo cocaina per un peso complessivo lordo di grammi 265,26, tutti custoditi ed occultati all'interno della dimora in uso agli imputati. Ora, la sentenza impugnata non spiega perché questa singolare modalità di custodia delle sostanze stupefacenti suddivise in tanti involucri diversi sistemati e nascosti in tanti posti diversi giacche, mobili, stanze, calzini, tasche interne di giacche posizionate in armadi privati, comodini personali sarebbe un riscontro della ipotesi concorsuale anziché un riscontro dell'altra ipotesi ricostruttiva so stenuta dalle difese, secondo cui, se tutti e quattro gli imputati concorrevano nella detenzione di tutte le sostanze, non ci sarebbe una logica spiegazione che invero non viene fornita dalla corte d'appello al fatto che i codetentori avevano diviso e nascosto in quel modo la sostanza. La sentenza impugnata poi afferma che si deve dissentire dalle difese laddove affermano che si trattava di droga e di danaro nascosti , poiché tutti i posti erano agevolmente aggredibili da chiunque . A parte che non si spiega che si intende per posto aggredibile e perché un posto aggredibile smetterebbe di essere un posto nascosto, la motivazione contrasta con lo stesso capo di im putazione dove si specifica appunto che gli involucri rinvenuti erano tutti occul tati all'interno della dimora . Parimenti manifestamente illogica è poi l'affermazione che l'ipotesi difensiva dovrebbe respingersi perché non può ipotizzarsi che, uscendo, gli interessati, ove unici detentori, portassero con sé cocaina e danaro poiché i quantitativi della prima e l'entità del secondo non lo permettevano se non correndo rischi gravis simi. Ben può affermarsi che, aldilà dell'eventuale fiducia reciproca, non avrebbe ro potuto confidare nel loro ritrovamento a fronte di così rilevanti valori . Gli imputati, infatti, non avevano dedotto di non essere a conoscenza che gli altri tre soggetti dimoranti nell'appartamento detenessero sostanza stupefacente, bensì che questa conoscenza non integrava una ipotesi di concorso nella detenzione ma di sola connivenza non punibile. Secondo la giurisprudenza In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, nel concorso di persona punibile è richiesto, invece, un contributo partecipativo - morale o materiale - alla condotta criminosa altrui, caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concor suale alla realizzazione dell'evento illecito Sez. VI, 29.10.2013, n. 47562, Spi nelli, Rv. 257465 Sez. IV, 12.12.2013, n. 4055 del 2014, Benocci, Rv. 258186 Sez. V, 22.3.2013, n. 2805 del 2014, Grosu, Rv. 258953 . Ora, la corte d'appello si è limitata a parlare di codetenzione, ma non ha specificato in che cosa sarebbe consistito - per ciascuno degli imputati - il con tributo partecipativo materiale o morale alla condotta criminosa degli altri. Potrebbe sembrare - ma ciò non emerge con chiarezza dal testo della motivazione - che la corte d'appello abbia voluto riferirsi ad una attività di custodia dello stupefacente quando il detentore usciva dall'appartamento, ma in questo caso si tratterebbe di una motivazione meramente congetturale perché non è spiegata quale sarebbe la differenza rispetto all'ipotesi in cui il detentore abitasse da solo e comunque non è indicato da dove si trarrebbe la prova della coscienza e volon tà di ciascuno di svolgere attività di custodia, così arrecando un contributo con corsuale alla realizzazione dell'evento illecito. Non è poi chiaro il significato dell'affermazione che E., che secondo la difesa avrebbe avuto il possesso esclusivo di gr 265 circa di stupefacente e di € 16.000, era pregiudicato per un reato in materia di sostanze stupefacenti com messo nel 2011, e era quindi conosciuto e oggetto di possibile controllo da parte delle forze dell'ordine. Se si è inteso dire che era improbabile che E. portas se con sé tutto lo stupefacente e il denaro in suo possesso quando usciva, la cir costanza sarebbe irrilevante perché non dimostra necessariamente che tutti gli altri svolgessero attività di custodia ed avessero coscienza e volontà di svolgerla. Le difese avevano eccepito che un elemento probatorio contrario all'ipotesi della codetenzione era il fatto che la droga rinvenuta proveniva da due diverse partite e presentava differenze di composizione e di principi attivi. La corte d'ap pello ha ritenuto che si trattasse di una cosa naturale e riferibile ad acquisti o approvvigionamenti operati in tempi diversi . La motivazione appare apodittica ed inconferente, in quanto non è indicato perché si dovrebbe presumere che gli acquisti e gli approvvigionamenti in tempi diversi fossero stati fatti da tutti gli imputati in concorso tra loro. Quanto al N., la corte d'appello ha omesso di prendere in considerazio ne le specifiche doglianze dedotte con l'appello, e precisamente la circostanza che egli era uscito da pochi giorni da una detenzione carceraria di sei anni e di morava solo temporaneamente nell'appartamento in questione, che era l'unico che aveva trovato che mancavano segni di stanziamento nell'immobile e che ri sultava la conoscenza solo superficiale con gli altri che tutti gli altri imputati a vevano ammesso la rispettiva responsabilità per la sostanza da ciascuno detenu ta ed avevano tutti scagionato il N. confermando le sue dichiarazioni che egli aveva pacificamente ammesso di essere a conoscenza della detenzione da parte degli altri, e quindi connivente, ma non codetentore. La corte d'appello ha desunto la prova della consapevolezza e volontà del concorso con gli altri nella detenzione di tutte le sostanze stupefacenti nel fatto che al momento del con trollo da parte della polizia il N. avrebbe cercato di allontanarsi gettando per terra le chiavi. La motivazione della sentenza impugnata sul N., quindi, non appare congrua ed adeguata anche perché, da un lato, non ha esaminato e valu tato le eccezioni svolte con l'impugnazione omettendo di rispondere alle stesse e, da un alto lato, non ha spiegato perché doveva sicuramente escludersi l'ipotesi alternativa che il suo comportamento era ragionevolmente spiegato dal fatto che non volesse essere coinvolto perché aveva da pochi giorni finito di scontare sei anni di detenzione e che era a conoscenza che nell'appartamento gli altri dimoranti detenevano sostanze stupefacenti. Se quindi è logica l'affermazione che tale comportamento non poteva non dimostrare che egli co noscesse la presenza di stupefacente nell'appartamento, l'affermazione stessa non è invece idonea a fornire la prova certa che egli avesse anche la volontà di impedire l'accesso della polizia nell'appartamento e di concorrere nell'occultamento della droga. La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio, per vizio di motiva zione, in ordine alla ritenuta sussistenza di un concorso di tutti gli imputati nella detenzione di tutta la droga rinvenuta nell'appartamento. Di conseguenza restano allo stato assorbiti ma non preclusi i motivi dei di versi ricorsi relativi al mancato riconoscimento dell'ipotesi lieve di cui all'art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990, la cui configurabilità, qualora in sede di rin vio non venisse rinvenuta e motivata la prova certa dell'ipotesi concorsuale, do vrà essere valutata con riferimento alla sostanza stupefacente detenuta da cia scun imputato. Del pari assorbiti allo stato ma non preclusi restano i motivi relativi alla determinazione della pena, al riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella di cui all'art. 114 cod. pen. E' peraltro fondato il motivo con cui si denuncia manifesta illogicità della motivazione laddove la corte d'appello, pur avendo affermato che erano analo ghe le posizioni, la condotta criminosa e la pericolosità criminale per tutti e quat tro gli imputati, ha poi irragionevolmente inflitto al Mouhammed una pena supe riore a quella inflitta agli altri. E' invece infondato il motivo con cui si deduce che la corte d'appello avrebbe omesso di esaminare anche la richiesta dell'E. di rideterminazione della pe na ex art. 444 cod. proc. pen. nella misura richiesta in primo grado senza il con senso del PM, perché la corte d'appello, a pag. 14, sub C , ha rigettato la richie sta di entrambi Z. e E. . La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Bologna. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazioneannulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'ap pello di Bologna.